Roma, 19 ottobre: Fuori Alfredo dal 41 bis! Chiudere il 41 bis! Presidio al tribunale di sorveglianza in occasione dell’udienza per Alfredo Cospito

Riceviamo e diffondiamo:

 

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Fuori Alfredo dal 41 bis! Chiudere il 41 bis!

Presidio al Tribunale di Sorveglianza

Il 19 ottobre si terrà presso il Tribunale di Sorveglianza di Roma unudienza riguardante la permanenza di Alfredo Cospito in 41 bis.

Il caso di Alfredo Cospito rappresenta un esempio di vendetta di classe. Lo Stato, nei panni della procura di Torino, ha ripetutamente richiesto la condanna all’ergastolo ostativo per un anarchico. La sentenza contro il compagno da parte della Corte di Cassazione nel luglio 2022 per “strage contro la sicurezza dello Stato” (la cosiddetta “strage politica”, art. 285 c. p.) in riferimento a una strage senza strage attribuita senza prove, ha dato la misura del tentativo di annientamento in corso nei confronti di un rivoluzionario. Solo pochi mesi prima, a maggio, Alfredo Cospito veniva infatti trasferito dal circuito dell’Alta Sicurezza al regime del 41 bis in quanto reo di intrattenere rapporti con il movimento anarchico e in particolare con alcune pubblicazioni. Se la condanna per “strage politica” ha rappresentato il culmine di un crescente impegno di antiterrorismo e procure per esorcizzare lo spettro dell’anarchismo d’azione, il trasferimento in 41 bis ha espresso nitidamente il monito repressivo dello Stato in primo luogo contro il movimento anarchico e rivoluzionario.

Questa mobilitazione ha avuto il merito di svelare a molti che il 41 bis – carcere di guerra in tempi di guerra permanente dispiegata a livello globale – è tortura di Stato. La mobilitazione ha quindi smascherato la funzione di repressione politica svolta dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo (DNAA) e ha evidenziato come in Italia sia in corso un’offensiva contro-insurrezionale preventiva nei confronti degli antagonisti e in particolare degli anarchici. Un attacco che si sta manifestando tramite le continue inchieste per associazione sovversiva, lo sgombero degli spazi occupati, l’aumento delle pene per i reati politici, l’utilizzo costante delle misure cautelari e di quelle di prevenzione (in primo luogo la sorveglianza speciale), la criminalizzazione e il tentativo di soppressione della stampa rivoluzionaria, il ritorno in auge dei reati di opinione.

Con la condanna all’ergastolo e l’imposizione del 41 bis lo Stato intendeva seppellire in carcere a vita il compagno. Dopo l’esito dell’udienza in Corte Costituzionale del 18 aprile, cui è seguita il giorno successivo l’interruzione dello sciopero da parte di Alfredo, questo intento non è stato conseguito. Attraverso lo sciopero della fame ad oltranza di Alfredo, lo sciopero realizzato da altri prigionieri e prigioniere e le iniziative internazionali in solidarietà, è stata scongiurata la condanna all’ergastolo ostativo, raggiungendo così uno degli obiettivi della mobilitazione.

Il nostro compagno però permane nel regime detentivo del 41 bis, pertanto la mobilitazione non può dirsi conclusa.

Durante lo sciopero della fame – quando le sue parole sono riuscite a oltrepassare la coltre di isolamento delle carceri di Bancali e Opera – Alfredo ha sempre ribadito di non aver lottato solo per sé, ma per tutti i detenuti in 41 bis e per sviluppare la solidarietà con gli anarchici, i comunisti e i rivoluzionari reclusi in tutto il mondo. Il carcere speciale – nelle molteplici forme adottate dagli Stati – serve per separare i detenuti considerati più pericolosi, e quelli più coscienti e politicizzati, dal resto della popolazione detenuta. La sua funzione è quella impedire proteste, radicalizzazioni, rivolte, di impedire cioè che si realizzi una presa di coscienza da parte della massa del corpo detenuto e quindi che si materializzi una lotta nelle carceri, parte integrante di un più complessivo movimento di emancipazione sociale. Tra i dispositivi di carcerazione speciale, il 41 bis – carcere nel carcere – serve per annientare i nemici dello Stato. Rappresenta quindi l’apice dell’apparato repressivo, ma è collegato a cascata a tutte le manifestazioni della repressione che garantiscono il dominio di classe: per questo è importante capire che questo strumento di oppressione ci riguarda tutti e tutte.

L’Europa è in guerra. L’Italia fornisce armi e sostegno allo Stato ucraino e in ogni guerra a un fronte esterno corrisponde un fronte interno. Questa situazione comporta un aumento della repressione teso a garantire l’ordine e la tenuta della società, scaricando sugli sfruttati i costi del conflitto. In Italia questo processo si manifesta tramite la diminuzione dell’offerta di lavoro, l’aumento della precarietà, l’incremento nei costi dei generi di prima necessità, dell’energia e del carburante, l’insostenibilità del rapporto tra stipendi e costo degli affitti.

Tutto questo si inserisce all’interno di una crisi sistemica in corso da anni e governata da una classe politica integralmente figlia della dottrina neoliberista, che prevede l’insediarsi di un modello sociale fondato su un crescente divario tra ricchi e poveri e sulla trasformazione dei problemi sociali in problemi di ordine pubblico. Il nesso tra l’insediamento di questo modello di società, l’aumento della repressione e l’aumento della popolazione detenuta è evidente.

La stessa repressione che colpisce anarchici e rivoluzionari quindi si rivolge anche a tutti gli altri sfruttati, per mantenerli nella miseria e impedirgli di lottare per migliorare le condizioni di vita. Tra le più recenti manifestazioni della feroce guerra di classe intrapresa dai padroni in questo paese citiamo alcuni esempi.

La strage dei migranti nel mar Mediterraneo: che è responsabilità del governo italiano e delle istituzioni comunitarie dell’Unione Europea in combutta con i governi nord africani.

La criminalizzazione dei minorenni e delle loro famiglie: attraverso il recente “Decreto Caivano”, si inasprisce la politica reazionaria della “tolleranza zero”. Interi settori della società sono condannati alla povertà, all’esclusione sociale, al carcere dalla nascita.

La militarizzazione del territorio: aumenta la delega ai militari per la gestione dell’ordine pubblico. Le recenti maxioperazioni di polizia nei quartieri-ghetto indicano che la risposta dello Stato al cosiddetto disagio sociale è l’occupazione militare.

L’instaurazione della società del controllo digitale: si impediscono le possibilità di movimento, di espressione, di scelta tramite l’imposizione di dispositivi o processi tecnologici (si vedano, ad esempio, ZTL, Green pass, telecamere, come pure le scienze convergenti e l’intelligenza artificiale).

L’attacco ai lavoratori: attuato tramite limitazioni al diritto di sciopero, precettazioni, montature contro i sindacalisti, attacchi della polizia a picchetti e blocchi. Gli operai vengono condannati a morte per aumentare i profitti, come testimonia la strage di Brandizzo.

Estendere la solidarietà tra gli oppressi è fondamentale per respingere questi attacchi.

La lotta di Alfredo contro il 41 bis è stata, è e sarà un esempio per rilanciare la lotta contro la repressione e il carcere. Rifiutando resa e compromessi, ha dato slancio a una solidarietà di classe, internazionalista e rivoluzionaria.

Di fronte alla repressione non ci interessa rassicurare e impietosire i borghesi, ma reagire e unirsi contro i nemici: lo Stato e il capitale.

Presidio solidale: giovedì 19 ottobre, via Triboniano, Roma, alle ore 09:00.

Assemblea di solidarietà con Alfredo Cospito e i prigionieri rivoluzionari

Roma, ottobre 2023