Linee guida del capo della polizia contro la solidarietà alle persone recluse
RIVOLTE IN CARCERE E PRESIDI DI PROTESTA, LE LINEE GUIDA DEL CAPO DELLA POLIZIA
di Lorenza Pleuteri
A un anno dalle proteste che causarono la morte di 13 detenuti, una circolare riservata stabilisce le procedure per reprimere sommosse e azioni violente e per contrastare i picchetti. Critiche e perplessità dai direttori dei penitenziari. I dubbi che basti un atto amministrativo per disciplinare competenze in carico a soggetti diversi
Pianificazione a monte, a livello provinciale. Attivazione diretta dei comandanti della polizia penitenziaria, scavalcando i direttori delle carceri, da parte dei questori. Impiego dei reparti Mobili, gli ex celerini, da schierare in caso di rivolte e di manifestazioni di protesta, con una attenzione particolare alle iniziative organizzate da anarchico-insurrezionalisti. Elicotteri e idranti, protezione aerea e navale. Coinvolgimento delle Direzioni investigative antimafia, delle teste di cuoio di Nocs e Gis e pure dei militari dell’operazione Strade sicure. A quasi un anno dalle violente rivolte in decine di case di reclusione e dalla morte di 13 detenuti – una strage senza precedenti – qualcosa si muove.
LA CIRCOLARE DEL CAPO DELLA POLIZIA
Lo Stato risponde con un atto amministrativo, che codifica procedure e sinergie per prevenire e soprattutto per reprimere future sommosse e azioni di supporto. Con una circolare datata 29 gennaio, tenuta riservata e destinata a far discutere, il capo della polizia Franco Gabrielli stabilisce le modalità di pianificazione dei servizi e gli interventi da attuare in caso di agitazioni e ribellioni dietro le sbarre e di proteste interne o esterne. E attribuisce responsabilità e compiti alle istituzioni e ai soggetti in campo, alla luce delle prerogative generali di prefetti e questori e delle consolidate competenze in materia di ordine pubblico e sicurezza.
DOMANDE, CRITICHE E CONSENSI
I rappresentanti dei dirigenti della polpenitenziaria promuovono le “linee guida”, come vengono definite nell’intestazione del documento, 11 pagine in tutto. Dalla platea dei direttori dei penitenziari e dagli addetti ai lavori si levano voci critiche e preoccupate, in forma anonima. I dissidenti hanno paura a scoprirsi. Ma le domande poste si rincorrono. Basta “solo” una circolare per regolare interventi così delicati e complessi? Non sarebbe serviti almeno dei decreti ministeriali, se non una legge ad hoc? Il capo della polizia ha tutta questa autonomia decisionale oppure ha concordato il testo con i referenti politici del Governo uscente o con i vertici dell’Amministrazione penitenziaria? È vero che le direttive sono in contrasto con la normativa sulle mansioni e le responsabilità dei direttori di carcere? E che cosa ne pensa la neoministra della Giustizia Marta Cartabia?
L’ELABORAZIONE DELLE LINEE GUIDA
Argomenta Gabrielli, nella premessa: le rivolte, la maxievasione di Foggia [2] e i tentativi di fuga «hanno fatto avvertire unanimemente l’esigenza di un più ampio, integrati e pianificato coinvolgimento tecnico-operativo di tutti i soggetti istituzionali deputati a garantire la sicurezza sia all’interno, sia all’esterno degli istituti penitenziari, con l’impiego, ove necessario, anche delle polizie locali e delle strutture destinate al soccorso pubblico e sanitario». Da qui l’emanazione delle linee guida, lo strumento scelto per delineare «scenari definiti secondo un criterio di crescente minaccia (dalle iniziative di dissenso poste in essere in prossimità della struttura penitenziaria fino all’intervento eccezionale al suo interno) cui corrispondono schemi procedurali individuati al fine di consentire una rapida, efficiente ed omogenea azione e di contrasto». Niente sarà più lasciato all’iniziativa dei singoli, a soluzioni improvvisate o a iniziative estemporanee, al buon senso di chi in carcere ci sta da anni. Tutto andrà pianificato.
IL RUOLO DI PREFETTI E QUESTORI
La declinazione in sede locale delle direttive del capo della polizia è demandata ai prefetti, chiamati a mettere a punto Pianificazioni generali provinciali con il supporto dei Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza , «sentite le competenti autorità penitenziarie (direttore di istituto e comandante della polizia penitenziaria locale)» e con il contributo informativo e propositivo del Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria e dei magistrati di sorveglianza. I questori saranno invece tenuti ad occuparsi della attuazione tecnico-operativa di questi piani di sicurezza, con i consueti “tavoli” di concertazione aperti ai comandanti dei reparti locali della polizia penitenziaria, a detective e analisti del Nucleo investigativo centrale e agli ufficiali dell’esercito, nelle località dove i militari effettuano servizi di vigilanza. La gestione degli eventi critici dovrà procedere su un duplice binario: misure di primo intervento e controllo esterno e intervento eccezionale all’interno dei singoli istituti.
L’ATTENZIONE PER GLI ANARCO-INSURREZIONALISTI
Le manifestazioni di protesta sotto le mura delle carceri, «specie se di matrice anarchico-insurrezionalista», vengono considerate «eventi tali da incidere sull’ordine e sulla sicurezza della struttura penitenziaria» e faranno scattare contromisure ad hoc. Il questore potrà avviare contatti con il comandante della polizia penitenziaria (e non anche il direttore dell’istituto coinvolto, o almeno questo non è stato esplicitato nella circolare), mettere in campo in il reparto Mobile, far levare elicotteri, disporre l’utilizzo di mezzi dotati di idranti.
POLIZIOTTI E CARABINIERI DENTRO LE CARCERI
L’impiego di poliziotti, carabinieri e finanzieri dentro le strutture penitenziarie è previsto dal regolamento penitenziario ed è richiamato dalla circolare. Considerato «di natura assolutamente eccezionale», viene ammesso «con il verificarsi di eventi non ordinari, non gestibili con le risorse interne e che non richiedano un intervento immediato». Se il direttore di un carcere in rivolta chiederà aiuto e rinforzi, tramite il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria o attraverso il prefetto, la gestione e la responsabilità degli interventi passeranno nelle mani del questore. E sarà lui, pure in questo caso, ad avviare contatti con il comandante degli agenti dell’istituto (e anche qui il direttore scompare dalla scena) e a valutar se affidargli il comando delle operazioni o farlo affiancare da un suo funzionario. Non si esclude, nemmeno dentro i penitenziari, l’impiego del reparto Mobile.
L’USO DELLA FORZA FISICA E LE ARMI
La circolare di Gabrielli richiama il passaggio della riforma penitenziaria che ammette l’uso della forza fisica e dei mezzi di coercizione per prevenire e impedire atti di violenza, evasioni, resistenze. Non è chiaro se il direttore di un carcere in rivolta dovrà o potrà dare l’autorizzazione a portare armi anche al personale di polizia esterno o unicamente al personale intero, come è già previsto. Non si fa cenno al divieto di forme di violenza e tortura, nonostante le denunce e gli esposti presentati da detenuti che raccontano di abusi e di maltrattamenti durante e dopo le sommosse.
IL PLAUSO DEI COMANDANTI DELLA POLIZIA PENITENZIARIA
Daniela Caputo, segretaria dell’Associazione nazionale dirigenti e funzionari di polizia penitenzia, in un comunicato spende parole positive per le direttive di Gabrielli: “Esprimiamo grande apprezzamento per le linee guida sugli interventi in caso di manifestazioni di protesta e disordini negli istituti penitenziari. Si tratta di una circolare di portata eccezionale. Per la prima volta, anche se con ritardo, l’autorità di pubblica sicurezza considera la polizia penitenziaria operativamente parte integrante del sistema pubblica sicurezza».
I TIMORI E LE RISERVE DEI DIRETTORI DI ISTITUTO
Rosario Tortorella, segretario nazionale del Sindacato direttori penitenziari, giura di non essere al corrente né della circolare né delle posizioni critiche e preoccupate che si registrano negli ambienti carcerari. “Non la conosco. Non l’ho letta. A noi non l’hanno mandata. E non abbiamo avuto segnali di dissenso da parte di nostri iscritti”. Alcuni direttori, invece, rumoreggiano, restando per ora nelle retrovie. L’ordinamento vigente – ricordano – prevede che siano loro stessi a dover «salvaguardare costantemente le condizioni di ordine e disciplina negli istituti penitenziari, nel pieno rispetto della dignità della persona e per il soddisfacimento delle esigenze di sicurezza della collettività», il tutto «avvalendosi de1l personale penitenziario e non venendo esautorati dal questore o da un suo collabortore».
Altre considerazioni critiche, e una domanda polemica, dal fronte degli addetti ai lavori. «Il capo della polizia ha fatto tutto da solo oppure ha scritto la circolare almeno con l’assenso del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, se non dei ministri competenti? Se così non fosse, avrebbe commesso una invasione di campo senza precedenti, entrando in competenze proprie dell’amministrazione penitenziaria. Gabrielli liquida il potere dei direttori come residuale. Dovrebbero chiamare rinforzi e poi sparire. Invece ai direttori compete il pieno esercizio delle responsabilità attribuite dalla legge, con la collaborazione piena del personale di polpenitenziaria e prima ancora con la partecipazione ai tavoli tecnici convocati nelle questure, da cui sembrano tagliati fuori».