SPID nelle biblioteche bolognesi

Riceviamo e diffondiamo:

SPID nelle biblioteche bolognesi

Come si legge in avviso nella pagina del catalogo (Opac) delle biblioteche pubbliche bolognesi, dal «30 gennaio cambieranno le modalità di accesso allo Spazio personale: gli utenti in possesso di Identità Digitale dovranno autenticarsi tramite credenziali SPID/CIE/CNS» (in realtà gli utenti coinvolti sono tutti, non solo quelli già «in possesso» di Spid: il messaggio è fuorviante). Fin qui era invece possibile fare richiesta “online” di prestito tramite una semplice coppia Username/Password attribuita al momento dell’iscrizione alle biblioteche. La notizia va certamente circoscritta, come si vedrà qui di seguito; nondimeno è spiacevolemente vera.

Di solito nelle biblioteche di pubblica lettura le richieste si possono fare anche direttamente “al banco”, dicendo all’operatore/operatrice che libro si vuole, magari la collocazione, oppure prelevando direttamente il libro dallo scaffale. Ma questo, appunto, “di solito”. In altre biblioteche la prassi consolidata è ormai quella di far inserire la richiesta online dal proprio “profilo” nelle pagine del catalogo, e solo in seguito prelevare il libro e registrare il prestito. Inoltre, il gruppo dirigente (comunale e universitario e regionale) del settore cultura e biblioteche spinge fortemente, e da anni, verso uno spostamento online di sempre più servizi (richiesta prestito, prenotazione, richiesta di proroga, di informazioni…). Quello che non si può “digitalizzare” poi lo si “macchinizza”: Sala Borsa, la principale bibioteca comunale, ha ridotto fortemente il personale indirizzando l’utenza alle macchine per l’“autoprestito”.

In questa miscela di macchinizzazione, disintermediazione e digitalizzazione, l’applicazione dello Spid alla richiesta di libri in prestito sarà sempre più massiva. Un’eccezione all’uso dello Spid che ancora permane, quella destinata alla “comunità” universitaria (chi ha un accesso online universitario può fare a meno dello Spid), è ovviamente destinata a consumarsi in breve tempo.

Ovviamente questo provvedimento non ha una ratio bibliotecaria, ma solo politica. La frusta dell’innovazione deve colpire ovunque, e senza tregua. La profilazione deve essere puntuale; vogliamo sapere che gialli legge il nonno, quali classici la zia, ed essere certi che siano proprio loro a volerli, esserne digitalmente certi. Vogliamo esserne certi anche se ancora non sappiamo cosa farcene, di quei dati. Ma la cosa più paradossale è che nella vulgata “di sinistra”, a cui la dirigenza culturale della “città più progressista d’Italia” certamente aderisce, chi non ha o non vuole usare lo Spid è quasi certamente un “complottista”, un “terrapiattista”, e quindi, si sospetta, pure un po’ “trumpiano” quando persino non “fascista”. E qual è la cura dei “fascisti” (immaginari)? La conosciamo bene dai social: acculturarsi, “leggere un libro”. Non è quindi paradossale che sia proprio nel campo del “leggere libri” che si disincentivi proprio chi più ne avrebbe bisogno, quantomeno nella favolistica rappresentazione di un “fascismo degli incolti”? Lasciamo l’ardua sentenza a quegli antropologi che studiano il pensiero magico progressista.