Ecologia radicale: un’immersione nella Francia sabotata

Traduciamo e pubblichiamo questo articolo uscito il 9 novembre sul quotidiano francese «Le Figaro» e ripreso dal blog anarchico sansnom. Si tratta di un caso esemplare di come le intenzioni poliziesche dei giornalisti si rivelino talvolta istruttive per i partigiani della liquidazione sociale.

Ecologia radicale: un’immersione nella Francia sabotata

Incendi dolosi di centraline elettriche di antenne 3G/4G e di ripetori in Savoia, armadi di fibre incendiati con degli pneumatici nel Finistère, cavi tranciati nel Var o nell’Isère, sabotaggi di siti protetti in nome della «giustizia sociale» a Cahor e nell’Alta-Garonna… Ecco la cartina di una Francia sabotata dai grupposcoli dell’ultrasinistra e dell’ecologia radicale che «Le Figaro» svela in esclusiva .

Tracciata dal ministero dell’Interno, essa offre l’inquietante panorama di una violenza clandestina condotta in nome della difesa del pianeta. Secondo questo rapporto vertiginoso, non meno di 104 azioni violente sono state repertoriate su tutto il territorio in meno di un anno, tra il 1° gennaio e il 30 ottobre scorso. Tra le infrastrutture prese di mira figurano essenzialmente dei ripetitori, ma anche le installazioni di fibra ottica.

Non sempre rivendicate, con gruppi stile «commando», le azioni sono commesse da settori conosciuti dai servizi di intelligence. Come per esempio gli 8 danneggiamenti perpetrati il mese scorso in alcuni paesini della Haute-Vienne e della Creuse, sul versante della «montagna del Limousin», diventato un «feudo» dell’ultrasinistra. Alcuni fatti sono talmente gravi da risultare sconcertanti, come le tre azioni coordinate portate a termine il 18 ottobre scorso per tranciare dei cavi sottomarini intercontinentali. «Questo raid, al centro di un’inchiesta giudiziaria, è stato perpetrato in quindici minuti e ha provocato un danno enorme, che si calcola in milioni di euro», si sfoga un poliziotto. Una quindicina di azioni mirate contro i parchi eolici costruiti in Nouvelle-Aquitaine e in Bourgogne-Franche-Comté completano questa radioscopia di un eco-estremismo che avanza a malapena mascherato.

«Cultura della clandestinità»

Affermano gli analisti del ministero dell’Interno: prendendo di mira le telecomunicazioni, gli attivisti intendono distruggere un settore che percepiscono come uno strumento di sorveglianza dello Stato che, in particolare attraverso il 5G, vorrebbe realizzare uno spionaggio di massa. Se prendono di mira l’energia, questo corrisponderebbe alla volontà di combattere l’«ordine elettrico», considerato responsabile, sempre secondo la vulgata rossa e nera, di asservire la popolazione. «Questi attivisti sono passati da un’ecologia rivendicativa a un’ecologia radicale, decodifica per “Le Figaro” l’ispettore generale Bertrand Chamoulaud, padrone del Service central du renseignement territorial (SCRT). Per molti militanti, le marce pacifiche e i volantinaggi non servono più a nulla, né per influire sulle decisioni dei politici o delle grandi società che inquinano, né per far applicare i trattati internazionali».

Mentre i dirigenti del mondo sono riuniti per la COP27 a Sharm el-Sheikh, in Egitto, per cercare di frenare il surriscaldamento, gli ultras della causa ambientale passano all’azione con tutti i mezzi. E si gettano, per infiltrarle meglio, su tutte le mobilitazioni locali contro i parchi eolici, i progetti di «grandi bacini» d’acqua oppure i raccordi autostradali, come nei pressi di Strasburgo. «Molto spesso, la contestazione parte da semplici cittadini scontenti, prima di essere raggiunta da gruppi più costituiti, che se ne appropriano, analizza Bertrand Chamoulaud. Le forme di azione, più incisive di un tempo, s’inscrivono in una cultura che risale allo smontaggio del McDo di Millau nel 1999 da parte dei sostenitori di José Bové, così come alla distruzione dei campi di OGM da parte dei falciatori volontari. Ormai la disobbedienza civile ha ceduto il passo a un vocabolario più militare, più forte e più violento».

Il gruppo Extinction Rebellion illustra questa metamorfosi inquietante: richiamandosi alla nonviolenza fin dalla sua creazione, i suoi membri s’incatenano a delle grate e conducono azioni di «visibilità mediatica», fino a quando la frangia radicale, soprattutto nelle grandi città, esorta la base a passare alla violenza. A Lione, nel marzo del 2021, i suoi militanti invadono la sede sociale di Bayer, prima d’imbrattare gli uffici per protestare contro gli insetticidi neonicotinoidi. A Grenoble, nell’ambito della “Rino”, cioè della «ribellione di novembre», assaltano il cantiere di un centro commerciale e tentano di distruggere dei mezzi inserendo sabbia nei serbatoi. «Si tratta di sabotaggio vero e proprio», si mormora tra i Servizi, laddove si constata che «il cambiamento di rotta va di pari passo con la strategia di dissimulare e di confondersi allo scopo di sfuggire alle forze dell’ordine. Attraverso canali criptati, gli attivisti si scambiano consigli contro i pedinamenti e su come non farsi identificare. Questa cultura della clandestinità, spinta all’estremo, richiama un’altra epoca…». Tra le righe, anche se sanno che nell’aria non c’è a priori la volontà di assassinare dei padroni, i Servizi fanno riferimento agli anni di piombo e allo spettro terroristico di Action Directe, che ha insanguinato gli anni Settanta. Nell’attesa di un Sol dell’avvenire tinto di verde, i più determinati attaccano le forze dell’ordine di uno «Stato di polizia» che aborrono. «Ai classici black block possono unirsi i blue block simbolo del riscaldamento e i white block vestiti da imbianchini, nota un inquirente. Poco importa l’abbigliamento, il loro scopo è far molto male con delle bocce, dei razzi segnalatori o delle molotov».

Quindici giorni fa, per la battaglia nei dintorni del «bacino» agricolo di Sainte-Soline, nelle Deux-Sèvres, il cocktail è stato esplosivo: Extinction Rebellion, chiamato anche «XR», si è unito ai veterani di Soulèvement de la Terre, che si sono fatti le ossa a Notre-Dame-des-Landes. Come ha rivelato «Le Figaro» del 1° novembre scorso, alcuni membri della DefCo, la Difesa Collettiva, gruppuscolo collocato anch’esso all’ultrasinistra e con base a Rennes, hanno fatto il viaggio nelle Deux-Sèvres per «spaccare il gendarme». Il loro slogan? «Poiché esiste una sola giustizia, bisogna combatterla». Dalla logorrea anticapitalista, i nuovi radicalizzati sono passati a una tattica più consapevole che chiamano «ecosabotaggio» per cercare di silurare l’apparato di Stato e l’organizzazione democratica. Qualche centinaio di numero, essi sono molto mobili sul territorio. Quanto al rischio di contagio, questo è ben reale se lo si giudica attraverso la presenza di circa 130 associazioni intorno ai «bacini» delle Deux-Sèvres.

Una «resistenza civile» rivendicata

Sul fronte di una «resistenza civile» rivendicata, il collettivo Dernière rénovation [Ultimo rinnovo], nuovo arrivato nella galassia contestatrice, continua nei suoi gesti ad effetto. Lunedì, i suoi adepti hanno bloccato il raccordo parigino durante una trentina di minuti per denunciare il sotto-investimento in materia di rinnovo termico nel voto di bilancio. Esasperati, gli automobilisti hanno dovuto sloggiare gli intrusi seduti sull’asfalto, invitandoli a «levarsi dai piedi». La stessa collera si era impadronita degli utenti della circonvallazione parigina in aprile, quando gli attivisti avevano già paralizzato la circolazione incollandosi le mani sul bitume. A fine ottobre, una giovane irriducibile è stata fermata al museo d’Orsay mentre cercava di lanciare della zuppa su una tela di Gauguin per attirare l’attenzione del pubblico sul «crollo sociale» che incomberebbe. In precedenza, la stessa aveva l’intenzione di incollarsi il viso contro un altro capolavoro, probabilmente la celebre tela di Vincenti Van Gogh Autoritratto a Saint-Rémy. Poco prima, all’Opera Bastille, un giovane, questa volta, si era attaccato per il collo con un lucchetto per biciclette a una scala che costituiva un elemento scenografico. I copioni sono sempre più sornioni. L’ipotesi di un’escalation non è esclusa dai Servizi, i quali registrano che dei militanti italiani sono passati all’uso di temporizzatori per innescare degli incendi.

Secondo i poliziotti specializzati nella «sovversione violenta», non c’è alcuna ragione che questa febbre dell’ecologia radicale si abbassi prima dei Giochi Olimpici 2024.

(«Le Figaro», 9 novembre 2022)