Lettera di Nat: In sciopero della fame dal 24 ottobre

Un anno, due mesi e 24 giorni.

E’ il tempo che è trascorso dal mio arrivo a Piacenza, tempo pieno di vuoto, tempo speso ad addomesticare tutti i propri sensi, nella sperimentazione di un’autodisciplina che permetta di trasformare alchemicamente lo spreco di una vita in esperienza formativa. Non ho mai cercato il conflitto, nonostante la quotidianità, qui, sia la riproposizione costante di occasioni di scontro; ove abbia opposto le mie ragioni a questo sistema di neutralizzazione dell’individuo, ho cercato di farlo con “educazione”, nel forzato rispetto dei ruoli, tentando di fare mie, o se non altro mie armi, quelle stesse illogiche dinamiche che i carcerieri issano a propria bandiera: regole, diritti, doveri, protocolli. E non lo dico certo per farmene un vanto, tutt’altro: ma l’esperienza umana, in galera, è talmente distante da un qualsivoglia buon senso, senso comune, o semplicemente senso qualsiasi, che bisogna giocare la partita anche sapendo bene che è truccata. E ciò nonostante è stato inevitabile, con il solo riaffermare e preservare la mia dignità, il crearsi di un rapporto di manifesta inimicizia con alcuni graduati e dirigenti di questa prigione, senza stupore e senza sforzo, per gli stessi ruoli assegnatici dalla natura e i posti a sedere assegnatici dalla vita e dalle scelte personali. E dunque la solerzia di alcune guardie particolarmente comprese nel proprio ruolo, calorosamente spalleggiate dalla comandante dell’istituto, ha fatto sì che i contenuti della mia corrispondenza privata, anche scaduto il primo provvedimento di censura nel dicembre 2019, privati non fossero mai, in barba a ciò che dice il codice penale. Particolare dispetto suscitavano immagini iconiche e A cerchiate, a riprova della profondità d’analisi che caratterizza il loro operato sempre, per non parlare delle esplicite manifestazioni di solidarietà. Ben fragili e miseri devono essere “l’ordine e la sicurezza dell’istituto” (questa la motivazione in calce ai trattenimenti) se una cartolina o la foto di una scritta su un muro li possono mettere in pericolo. E’ stato dunque su sollecito del carcere di Piacenza, se non dietro sua esplicita richiesta (questo non lo posso sapere) che il 16/09/2020 mi viene notificato un secondo provvedimento di censura della durata di sei mesi firmato dal GIP. Ho scelto di ricorrervi tramite avvocato, ed ancora una volta fare buon viso a cattivo gioco, e attendere pazientemente che fissino una data per il ricorso, e tutta la trafila. Nel frattempo però, ai miei carcerieri sembra passata la voglia di fare il loro lavoro, e così l’ufficio comando, che si occupa della mia posta, se si fa vedere lo fa una volta a settimana, o anche più raramente. La posta in uscita non esce, quella in entrata si accumula sulle loro scrivanie. Perfettamente in linea con lo spirito da statali pressapochisti con cui dirigono l’intero carcere, e ad ulteriore conferma (se mai ce ne fosse bisogno) del carattere punitivo e ritorsivo del provvedimento, visto che quello che scrivo/ricevo in fondo non interessa neanche. Ben altro ci vuole per fiaccare il mio morale, ma è particolarmente irritante il fatto che nel non-luogo teoricamente deputato ad insegnarci a viva forza il rispetto della legge, i loro codici valgano quanto la carta straccia, ed è a mio avviso sbagliato tacere l’arbitrarietà ignorante con cui fanno il loro brutto mestiere.

Per questo motivo, e visto che le circostanze non lasciano intravedere un cambiamento di rotta, ho deciso che inizierò uno sciopero della fame a partire da sabato 24 ottobre e per il tempo che mi sembrerà opportuno. E’ una battaglia personale, che forse lascerà il tempo che trova, che forse denoterà una mancanza di fantasia da parte mia, ma che mi sembra doverosa. Chi ha voglia, nel frattempo, di continuare a intasare l’ufficio comando di comunicazioni più o meno futili, basta che mi scriva, è il benvenuto, che non si dica che non si guadagnano il loro stipendio zuppo di sangue.

Mi mancate tutti.

Salud y anarquìa,

Nat