Con Gaza nel cuore, contro guerra e repressione
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In attesa di ragionamenti più articolati, pubblichiamo questo volantino distribuito durante il corteo a Rovereto del 22 febbraio. A fianco di un chiaro posizionamento sul genocidio a Gaza e contro la militarizzazione del fronte interno (dal DDL elmetto e manganello ai processi o inchieste per “terrorismo” nei confronti di compagne e compagni), esso contiene – se così si può chiamare – una proposta, tanto necessaria nella sua formulazione quanto difficile nella sua declinazione pratica: spodestare con un movimento dal basso tutti coloro che hanno scommesso sulla guerra in Ucraina. Dai produttori di armi agli speculatori sull’energia, dai giornalisti in divisa ai partiti – Fratelli d’Italia, PD, Lega, 5 Stelle… -, tutti quelli che sono saliti sul treno della distruzione-ricostruzione bellica, treno dal quale il nuovo padrone Trump li sta scaraventando a terra per andare da solo all’incasso. In tale direzione dovrebbero muovere i nostri sforzi antimilitaristi, internazionalisti e disfattisti. Una direzione opposta, non c’è bisogno di sottolinearlo, da quella di chi contrasta il DDL (ex) 1660 organizzando le piazze con i guerrafondai del PD, i loro reggicoda (Cgil, Arci) e i loro collaboratori alternativi (AVS). Muti – dal primo all’ultimo – sulla stretta di mano tra Matterella e Herzog, conferma e rinnovo, sui cadaveri e sulle rovine di Gaza, dell'”amicizia tra Italia e Israele”. Che il genocidio e la guerra spacchino in due la società!
Con Gaza nel cuore, contro guerra e repressione
Mentre il nostro amico e compagno Juan è sotto processo con l’accusa di «atto con finalità di terrorismo» per un’azione che ha danneggiato l’ingresso della Scuola di Polizia di Brescia nel 2015; mentre il partigiano palestinese Anan Yaeesh si trova in carcere a Terni insieme a Juan con l’accusa di «terrorismo» per aver partecipato alla resistenza contro soldati e coloni israeliani nei territori occupati della Cisgiordania; mentre a 12 anarchici e anarchiche si notifica l’ennesima inchiesta per «associazione con finalità di terrorismo» condotta dalla Procura di Trento; mentre il governo Meloni vuole introdurre nel Pacchetto Sicurezza il reato di «terrorismo della parola», Mattarella stringe la mano del capo di Stato israeliano Isaac Herzog, rinnovando «l’amicizia tra Italia e Israele». Herzog è lo stesso che aveva dichiarato – in una conferenza stampa del 12 ottobre 2023, una settimana dopo l’inizio dei bombardamenti a Gaza – che non c’erano palestinesi innocenti, che tutti gli abitanti della Striscia erano complici, bambini compresi. Se la nozione di terrorismo ha ancora il significato storico di violenza indiscriminata contro i civili, esiste oggi un terrorismo più esplicito e feroce di quello compiuto dallo Stato d’Israele? Come se non fosse bastato l’appoggio mediatico, economico, tecnologico e militare fornito dalle istituzioni occidentali (e italiane) al genocidio del popolo palestinese, l’amicizia rinnovata con Israele dopo l’assassinio di oltre ventimila bambini a Gaza è un’infamia che niente e nessuno potrà mai cancellare. Nelle parole della scrittrice palestinese Samah Jabr: «ferita, dolorante, in lacrime e tradita, Gaza un giorno risorgerà dalle macerie e ci guarderà negli occhi».
Poco dopo aver proposto di costruire a Gaza dei resort di lusso deportando più di due milioni di palestinesi, Trump ha cominciato le trattative con Putin per “congelare” il conflitto in Ucraina, tagliando fuori dai negoziati sia Zelenski – prima servo utile, oggi ferro vecchio da rimpiazzare – sia l’Unione Europea, le cui classi dirigenti avevano scommesso tutto sulla guerra contro la Russia. Al punto che l’8 giugno 2023 l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi aveva dichiarato al MIT di Boston: «Se Kiev non vince la guerra, sarà la fine dell’Unione Europea». Per tre anni ci hanno raccontato che le sanzioni e l’invio di armi in Ucraina avrebbero sconfitto la Russia (nascondendo, dietro la libertà e il diritto all’autodeterminazione dei popoli, gli interessi del complesso scientifico-militar-industriale occidentale). Ora che il nuovo padrone statunitense ha chiarito senza fronzoli che in realtà si trattava di una guerra di potenza per ridefinire le sfere di influenza e di una guerra di rapina delle gigantesche ricchezze minerarie ucraine, traiamo delle conclusioni dal discorso di Draghi. Hanno voluto la guerra (costata agli ucraini centinaia di migliaia di morti e alle classi sfruttate europee miseria e militarizzazione sociale). E l’hanno persa. Da chi si è arricchito con gli armamenti a chi continua a speculare sull’energia, da Fratelli d’Italia al PD…, dobbiamo spodestarli tutti con un vasto movimento dal basso. E poi?
Per quanto ci riguarda, per non sprofondare in una nuova guerra mondiale o in una società-macchina del controllo totale, dobbiamo batterci per delle comunità ecologiche, decentrate, basate sulla reciprocità delle decisioni e dei compiti, in cui niente e nessuno – né uno Stato né un padrone né un computer – ci sgravi del peso di pensare e di assumerci la responsabilità delle nostre azioni.
Rovereto, 22 febbraio 2025
anarchiche e anarchici