Aggiornamenti e considerazioni su “Scripta Scelera”. Il processo di Massa entra nel vivo
Riceviamo e diffondiamo:
Qui il testo in pdf: scripta-scelera-29-marzo-alcune-considerazioni-imp
Entra nel vivo il processo con giudizio immediato contro quattro inquisiti nell’operazione Scripta Scelera. Prossime udienze. Alcune considerazioni
Il 29 marzo si è tenuta la prima vera e propria udienza dibattimentale del processo con giudizio immediato in corso al tribunale di Massa contro Gaia, Gino, Luigi e Paolo, attualmente agli arresti domiciliari restrittivi per l’operazione Scripta Scelera contro il quindicinale anarchico internazionalista “Bezmotivny”.
Per contestualizzare, ricordiamo che la fissazione del giudizio immediato nei confronti di una parte degli indagati deriva da una richiesta di stralcio parziale nelle accuse e nelle posizioni del procedimento: su dieci inquisiti, a Massa sono appunto imputati in quattro, solo in riferimento ad alcuni capi d’accusa (artt. 414, 270 bis 1 e 278 c. p.) e con l’esclusione degli altri (artt. 270 bis c. p. e 16 della legge n. 47/1948).
Prima di dare un quadro di quanto avvenuto il 29 marzo (si veda il testo che segue), diamo due buone notizie. Anzitutto, come pubblicato in un aggiornamento a parte con allegato uno degli articoli sotto accusa, “L’etica del capitalismo. E la nostra”, la misura cautelare per Michele – obbligo dimora con rientro notturno dalle 21:00 alle 06:00 – è cessata per decorrenza termini il 29 marzo, dopo quasi otto mesi, di cui uno trascorso agli arresti domiciliari per via di un aggravamento (cfr. “Operazione Scripta Scelera: liberato un compagno per decorrenza termini. L’etica del capitalismo rimane sempre la stessa”). Il GIP, a fronte della richiesta del PM Manotti (custodia cautelare in carcere per i dieci indagati), aveva stabilito la misura cautelare per il compagno solo in relazione agli artt. 414 (istigazione a delinquere) e 270 bis 1 c. p. (circostanza aggravante della finalità di terrorismo), mentre il riesame di Genova l’aveva confermata ma senza l’aggravante. Quest’ultimo aspetto, non senza “resistenze” da parte del tribunale, ha infine determinato un periodo più breve nella decorrenza della misura.
Di conseguenza, oltre ai quattro ai domiciliari restrittivi, attualmente una compagna si trova all’obbligo di dimora con rientro notturno dalle 19:00 alle 07:00 congiunto all’obbligo di firma tre giorni a settimana, uno all’obbligo di dimora con rientro notturno negli stessi orari, due all’obbligo di dimora (dopo la revoca del rientro notturno a dicembre), due a piede libero.
In secondo luogo, al termine dell’udienza del 29 marzo il giudice – senza un’opposizione specifica da parte del PM – ha stabilito che per le prossime udienze gli imputati possano recarsi al tribunale di Massa e fare ritorno nelle proprie abitazioni con mezzi propri, senza la scorta di DIGOS (Gaia, Gino e Paolo) e di polizia penitenziaria (come per Luigi in quest’ultima udienza). Questa disposizione, che potrebbe sembrare un segno di “distensione”, arriva dopo alcuni mesi in cui il processo – sebbene disposto con giudizio immediato assecondando la frenesia della DDAA di Genova – stentava a entrare nella fase dibattimentale vera e propria. In questo contesto era maturata la disposizione della scorta, una scelta già di per sé inconsueta per degli imputati agli arresti domiciliari, peraltro contraddittoria nel caso specifico, visto che i compagni si erano già spostati senza scorta in altre circostanze inerenti l’operazione. Inoltre, è accaduto che durante il tragitto venissero fatti transitare per delle caserme e perquisiti. Secondo il PM, che pure inizialmente adduceva motivi differenti (di “sicurezza dell’ordine pubblico”, ecc.), ai fini delle esigenze cautelari la possibilità di spostarsi con mezzi propri non poteva essere consentita siccome lungo il percorso avrebbero potuto ipoteticamente portare avanti delle attività editoriali. Questa realistica lettura veniva evidentemente condivisa dal giudice, il quale senza troppe storie stabiliva la scorta. Anzi, in vista dell’udienza dell’8 marzo disponeva per Luigi il collegamento in videoconferenza dal carcere di Bologna (cfr. Luigi Palli, “Dichiarazione in videoconferenza all’udienza dell’8 marzo presso il tribunale di Massa”), al fine di “punirlo” dopo due testi che il compagno ha fatto uscire dai domiciliari restrittivi (tale motivazione è stata espressamente riportata).
L’imposizione della videoconferenza a un compagno ai domiciliari è stato un precedente del tutto inedito, su cui desumiamo che il giudice abbia deciso di “retrocedere” al fine di non acutizzare o rendere più evidenti le già palesi contraddizioni politiche soggiacenti al processo. Così, dopo l’8 marzo veniva nuovamente disposta la traduzione di Luigi con la scorta (però di penitenziaria) e, infine, il 29 la scorta è stata appunto revocata per tutti e quattro.
Nel frattempo, chissà che questi operosi compagni durante i viaggi verso Massa non riescano a costruire qualche rudimentale macchinario per la stampa e non possano produrre almeno un numero unico.
Dopo un’udienza minore che si terrà ad aprile, inerente il conferimento dell’incarico sulla trascrizione delle intercettazioni, le prossime udienze dibattimentali saranno tra maggio e luglio. Ne riportiamo la calendarizzazione: 24 maggio, ore 15:00 (da quest’udienza dovrebbe iniziare a relazionare la DIGOS di La Spezia); 25 giugno, ore 15:00 (DIGOS); 5 luglio, ore 15:00. Entro la fine dell’estate il processo di primo grado dovrebbe giungere a termine, secondo le intenzioni del giudice.
Riportiamo qui di seguito le coordinate del conto per la cassa di solidarietà: carta postepay numero: 5333 1711 9250 1035 – IBAN: IT12R3608105138290233690253 – intestataria: Ilaria Ferrario. E segnaliamo che per qualsiasi problema con la cassa è disponibile un’apposita casella e-mail. Allo stesso indirizzo è possibile richiedere copia di testi in solidarietà e dichiarazioni inerenti l’operazione repressiva o contattarci per organizzare iniziative benefit e dibattiti: solidaliscriptascelera@paranoici.org (per quanto concerne il numero speciale di “Bezmotivny” pubblicato a gennaio, è invece possibile farne richiesta a permillemotivi@insiberia.net).
Alcune considerazioni sul processo in corso a Massa
Nel corso dell’udienza del 29 marzo presso il tribunale di Massa hanno relazionato, al fine di esporre la genesi delle attività di indagine, l’ispettore Canosa e il sostituto commissario Ardolino, afferenti al “Servizio per il Contrasto dell’Estremismo e del Terrorismo Interno” della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione (l’organo di coordinamento di tutte le DIGOS). Si tratta di alcune tra le figure che hanno tenuto “il filo” dell’indagine e stilato una serie di informative riepilogative con cui riassumere il lavoro degli zelanti agenti della DIGOS di La Spezia. Canosa si è concentrata sulla composizione della redazione, la stampa, la presunta “capacità istigatoria” o la valenza “apologetica” di alcuni testi, in relazione a una serie di articoli pubblicati – con particolare enfasi sui testi rivendicativi nonché sugli editoriali e altri articoli inerenti la guerra e il comparto bellico –, mentre Ardolino ha maggiormente esposto delle valutazioni circa la storia della Federazione Anarchica Informale, il ruolo di alcune pubblicazioni anarchiche rivoluzionarie negli ultimi anni e l’apporto a queste pubblicazioni da parte di alcuni compagni reclusi, spesse volte esulando dal contesto “in esame”, ossia dalla redazione del quindicinale e dagli altri compagni coinvolti in Scripta Scelera.
Per quanto riguarda nello specifico gli articoli, particolare attenzione viene posta sulla pubblicazione dei testi rivendicativi o informativi di azioni dirette, attacchi esplosivi e incendiari, danneggiamenti (articoli da cui deriverebbe “l’impulso apologetico e istigatorio” del quindicinale). Come in altri recenti procedimenti – primo fra tutti Scripta Manent – gli inquirenti intendono rappresentare la pubblicazione di un comunicato o di qualsiasi testo rivendicativo inerente azioni intraprese da anarchici come equivalente a un’attività “istigatoria”, con finalità di terrorismo, o come immediatamente sintomatica di un intento “apologetico” di delitti o reati terroristici o contro la “pubblica incolumità”.
Pur essendo stato abrogato l’art. 272 c. p. (propaganda e apologia sovversiva o antinazionale), che consentiva di processare ed eventualmente condannare quanti ad esempio davano spazio a comunicati riguardanti azioni, lo strumento giuridico che oggi è in grado di reintegrare un’accusa di “apologia di uno o più delitti” et similia è il sempreverde art. 414 c. p. (istigazione a delinquere), i cui commi tre e quattro possono, in ipotesi, elasticamente ricomprendere sia la pubblicazione di un comunicato sia l’espressione di sostegno nei confronti di azioni rivoluzionarie. Si vedano in tal senso tutta una serie di ulteriori procedimenti instaurati nell’ultimo decennio in varie città con esiti alterni, partendo sempre da Genova con il processo contro un compagno per il testo “A chi non si dissocia” del 2012 (pubblicato in critica a chi, con “I puntini sulle i”, volle prendere le distanze dall’azione contro l’ingegner Adinolfi, AD di Ansaldo Nucleare), fino alla più recente indagine della procura torinese sulla mobilitazione in solidarietà con Alfredo Cospito, contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo, con la relativa richiesta di emissione di misure cautelari (comprendente una serie di accuse di istigazione per alcuni interventi durante iniziative in strada, per i quali era stato tra l’altro richiesto l’arresto in carcere per un compagno, la pubblicazione della canzone “Genova era in fiore”, una presenza in aula nel tribunale di Torino).
Pertanto, se da un lato riscontriamo il continuo impiego del reato di istigazione a delinquere – “in purezza” o con la circostanza aggravante della finalità di terrorismo – in riferimento alla pubblicazione di innumerevoli testi ritenuti “apologetici”, dall’altro osserviamo la prosecuzione senza soluzione di continuità delle attività di indagine volte a “smantellare” le pubblicazioni ritenute espressione della “propaganda istigatrice”, di quel “meccanismo di propaganda istigatoria” che come per magia condurrebbe alla realizzazione di azioni rivoluzionarie.
Analogamente e sulla falsariga di quanto esposto con maggiore dovizia di dettagli nel procedimento Sibilla a proposito del giornale anarchico “Vetriolo”, in Scripta Scelera – che tra l’altro “condivide” con Sibilla tre indagati, due dei quali redattori di “Vetriolo” – viene appunto “ripescato” questo concetto di “propaganda istigatrice”. Secondo una curiosa interpretazione in voga presso alcuni centri repressivi e goffamente riportata anche nel corso dell’udienza del 29 marzo, i redattori di alcune pubblicazioni anarchiche (l’ultima edizione di “Croce Nera Anarchica”, “Vetriolo” e appunto “Bezmotivny”) avrebbero un certo grado di responsabilità nella realizzazione di alcune azioni contro strutture e figure dello Stato e del capitale, perché queste azioni si sarebbero sviluppate sulla base dei “principi orientativi” esposti in alcuni articoli, quindi traendo slancio dalla “capacità istigatoria” delle pubblicazioni stesse. Se per quanto concerne Sibilla, nel contesto della precedente indagine curata dalla procura di Milano ed ereditata da quella perugina era stata svolta una comparazione più dettagliata, a livello semantico e lessicale, tra una serie di articoli e alcuni testi rivendicativi al fine di rilevare delle coincidenze o analogie, in Scripta Scelera gli inquisitori pare non si siano impegnati più di tanto. Canosa in particolare ha ammesso in più di un’occasione come si siano limitati a stilare un elenco di azioni ed episodi avvenuti in Italia dopo l’inizio delle pubblicazioni di “Bezmotivny”, pertanto ritenendo bastevole e assiomatico il solo nesso temporale, rilevando successivamente delle espressioni o dei concetti comuni tra i vari testi. Il nesso “istigatorio” si evidenzierebbe quindi da espressioni ripetute o “tipizzanti” (ad esempio, “guerra sociale”), da altri concetti spesse volte impiegati in una molteplicità di testi, dal riscontrare la presenza di riflessioni o considerazioni sui medesimi argomenti (le tecno-scienze, l’internazionalismo, il già menzionato comparto bellico, la solidarietà con gli anarchici reclusi).
Esponendo un elenco di eventi al fine di delineare suggestivamente la “chiave di lettura” investigativa, Canosa e Ardolino hanno riferito nello specifico di alcuni episodi, azioni e testi rivendicativi presenti nel quindicinale che avrebbero a loro dire un nesso di causalità con specifici articoli precedentemente usciti in “Bezmotivny”. Dopo l’imbarazzante riferimento a come alcuni articoli avrebbero “istigato” delle scritte murali su una filiale Unicredit a Carrara, altre in solidarietà con il compagno Claudio Lavazza in Piemonte o, ancora, l’affissione di striscioni in varie località, Canosa è stata prontamente esortata dal PM, così come poco dopo anche dal giudice, a relazionare su eventi violenti (“beh, ma qui stiamo parlando di imbrattamenti…”). Sono stati quindi elencati, specialmente, alcuni attacchi incendiari contro antenne-ripetitori e strutture delle telecomunicazioni avvenuti nell’area di Genova nel corso del 2021, con i relativi testi rivendicativi – anch’essi pubblicati nel quindicinale –, e i più recenti comunicati da parte di nuclei e gruppi aderenti alla Federazione Anarchica Informale, riguardanti l’attacco, tramite pacco-bomba, contro l’AD di Leonardo a Roma da parte della Brigata Augusto Masetti (giugno 2022) e l’attacco contro il tribunale di Pisa da parte del Gruppo di Solidarietà Rivoluzionaria – Consegne a domicilio (febbraio 2023).
Come ammesso nell’ambito del controesame degli avvocati della difesa, per le azioni evocate nel corso delle relazioni di Canosa e Ardolino (non contestate nel presente procedimento) non è stato arrestato, perseguito o condannato alcun compagno. Pertanto è evidente come, a fronte delle difficoltà esistenti nell’identificare dei responsabili precisi, vi sia comunque da parte delle forze repressive un tentativo di attaccare i compagni che perseverano nel difendere la giustezza dell’azione e, come nel caso di “Bezmotivny”, non hanno alcun timore nel pubblicare testi rivendicativi. Come già riportato in alcuni testi riguardanti questa e altre vicende, il monito che si intende dare è il seguente: a fronte delle azioni di attacco contro strutture e figure dello Stato e del capitale, o il silenzio o la condanna (cfr. Veronica, Francesco, “No, non abbiamo imparato la lezione”, 23 agosto 2023).
Nell’ambito delle “attività di contrasto” a questa fantasmatica “propaganda istigatrice”, il racconto degli inquisitori delinea i contorni di una supposta onnipotente capacità di chiudere per decreto le pubblicazioni sotto accusa: “Croce Nera Anarchica”, “Vetriolo” e “Bezmotivny” avrebbero cessato di esistere dopo le menzionate operazioni e durante l’udienza si è perfino arrivato ad affermare che non esisterebbero altre pubblicazioni anarchiche coeve al quindicinale sotto accusa in Scripta Scelera (secondo Ardolino le uniche degli ultimi anni sarebbero “KNO3”, “Croce Nera Anarchica”, “Vetriolo” e “Bezmotivny”). Appurato che – se non vi fossero coinvolti dei compagni con delle misure cautelari – ci sarebbe più che altro da ridere, è la realtà stessa a incaricarsi di smentire queste affermazioni, dato che se “CNA” e “Vetriolo” hanno proseguito le pubblicazioni oltre le operazioni con i rispettivi numeri 3 e 7, “Bezmotivny” ha invece sospeso la propria poco prima di Scripta Scelera (cfr. Senzamotivo, “Come si cambia? Sospendiamo la pubblicazione del giornale”, in “Bezmotivny”, anno III, n. 12, 17 luglio 2023), per poi uscire a dicembre con un numero speciale a cura di compagni in varie località. Per quanto riguarda l’esistenza di altre pubblicazioni coeve al quindicinale, e in generale di altre oltre a quelle elencate, non ci soffermeremo certo qui a evidenziare come la pubblicistica del movimento anarchico sia sempre consistente.
Sulla scorta di queste osservazioni si inquadrano anche i continui riferimenti ad Alfredo Cospito, condotti enfatizzando il contributo del compagno al quindicinale, consistito nientemeno che in un unico articolo inedito (cfr. Alfredo Cospito, “Su streghe, terrorismi e altre questioni”, in “Bezmotivny”, anno I, n. 5, 12 aprile 2021), e tentando maldestramente di spacciare per inediti usciti nel quindicinale degli articoli già noti e pubblicati altrove. Questi riferimenti hanno costellato alcune ore dell’udienza e hanno avuto il “culmine” nell’apodittica e ripetuta affermazione secondo cui “Bezmotivny è il giornale di Alfredo Cospito”.
Su questo punto un approfondimento si rende necessario. Non possiamo infatti dimenticare come sia stato anche a causa di un procedimento principalmente rivolto contro una pubblicazione – la già menzionata indagine Sibilla – che il compagno è stato trasferito in regime detentivo di 41 bis (cfr. Adriano, Federica, Francesco, Matteo, Michele, Paolo, Sara, “Inchiesta Sibilla e 41 bis all’anarchico Alfredo Cospito: presa di posizione di alcuni indagati”, dicembre 2022). Procedimento Sibilla che, al momento, non è ancora giunto alla fase istruttoria e pare parcheggiato in un binario morto dopo i due annullamenti delle misure cautelari da parte del tribunale del riesame di Perugia e una procura che sembra non trovare il coraggio né per iniziare il processo né per dichiarare l’archiviazione. Riferendosi a Sibilla, ovviamente durante l’udienza il PM ha chiesto unicamente il deposito dell’ordinanza contenente l’esito dell’udienza in corte di cassazione sulle misure cautelari, che annullava con rinvio il primo pronunciamento del riesame.
Si badi bene che quanto denunciamo non ha niente di paradossale o di contraddittorio, la natura fantasmatica e circense è propria del reato di istigazione ed è proprio ai fini della prestidigitazione che viene scelta dalla polizia politica e dalle procure antiterrorismo sempre più spesso in Italia. Nonostante Sibilla sia al momento ferma, Alfredo Cospito non esce dal 41 bis e, nel mentre, la suggestione della presunta influenza del famigerato prigioniero sulla redazione di un nuovo giornale favorisce nuove indagini per istigazione. Un circolo potenzialmente infinito dove lo scopo ultimo appare decisamente smascherato: ammutolire i rivoluzionari, chiudendo i giornali e murando vivi i prigionieri. Su questo aspetto, senza soffermarsi sui nodi tecnico-giuridici dei procedimenti nei quali il compagno è coinvolto (Scripta Manent e Sibilla), sia Canosa che Ardolino hanno mostrato un’inusitata franchezza nell’esporre i motivi soggiacenti al trasferimento in 41 bis: la prima affermando come ciò sia avvenuto al fine di interrompere la partecipazione di Alfredo al dibattito nel movimento anarchico, il secondo sostenendo come siano state determinanti le “posizioni di lotta intransigente” che aveva espresso durante gli ultimi anni di reclusione.
L’operazione Scripta Scelera è pertanto l’ultima di una serie di vicende che stanno caratterizzando questi ultimi anni di repressione anti-anarchica, approfondendone ulteriormente alcuni dei “cardini”, che sintetizziamo come segue:
a) mettere all’angolo tout court il sostegno alle ragioni dell’azione rivoluzionaria, demonizzando forsennatamente la pubblicazione di comunicati, testi rivendicativi, ecc. (si badi che la semplice pubblicazione di un testo di per sé non equivale a una condivisione integrale e particolare, semmai può implicare la volontà di non far prevalere una censura), cercando quindi di “disincentivare” chiunque possa anche solo considerare di dare spazio a tali testi (questo è un monito che si intende dare con Scripta Scelera e pure con Scripta Manent, per quanto concerne le imputazioni riguardanti “CNA” e i siti internet);
b) porre i bastoni tra le ruote, farla finita anzitempo con qualsivoglia elaborazione di prospettive rivoluzionarie adeguate ai tempi, quindi tentando di isolare quanti – a fronte di una situazione “di movimento” arretrata sotto questo punto di vista – si possano attestare su percorsi comprensivi di un’analisi e un approfondimento critico della realtà sociale e delle concezioni metodologiche che il movimento anarchico si è dato (si veda il procedimento Sibilla, che come detto ha coinvolto preminentemente il giornale anarchico “Vetriolo”);
c) a fronte di anni in cui le accuse di istigazione a delinquere aggravate non comportavano misure cautelari (fino al primo tentativo del 2021, con l’operazione Sibilla) e specialmente perché i tempi di guerra lo richiedono, forze di polizia, procure antiterrorismo e alcune componenti della magistratura stanno a nostro avviso lavorando per “normalizzare” l’impiego delle misure cautelari nell’ambito di eventuali future inchieste più o meno mirate su specifiche pubblicazioni (l’operazione Scripta Scelera è scattata ad agosto, pertanto siamo a otto mesi di misure, stabilite dal GIP anche per il reato associativo di cui all’art. 270 bis c. p. e mantenute inalterate dal riesame solo per gli artt. 414, 270 bis 1 e 278 c. p.).
Naturalmente non possiamo attestarci su una lettura “atomizzata” dei singoli aspetti fino a qui esposti stringatamente. Crediamo sia invece preferibile tentare di darne una lettura il più possibile complessiva. Il piano repressivo manifestatosi con i procedimenti degli ultimi anni (al di là delle accuse specifiche) è una prosecuzione, un’espressione ineludibile del piano inclinato verso la guerra, globale e dispiegata contro qualsivoglia iniziativa o resistenza proletaria, verso cui ci stanno conducendo gli Stati e gli organismi del capitale internazionale. D’altronde che tra manovre belliche e censura interna sussistano dei legami strettissimi non siamo certo i primi a dirlo, da una parte come dall’altra della barricata. In tal senso, ad esempio, ci pare che cercare di favorire il radicamento di una mentalità censoria nei confronti delle nostre pubblicazioni, oltre a giovare oggettivamente all’isolamento dei rivoluzionari in generale, si ponga come un tassello di una censura più ampia, intesa a livello sociale, con cui si intende impedire lo sviluppo di “grumi” di coscienza, di possibilità di coinvolgimento nella lotta, specialmente in un contesto dove si richiede anzitutto una rigorosa aderenza alle ragioni dello Stato, che poi sono da sempre quelle della guerra. A ciò va intrecciandosi, tra l’altro, il costante operato di demonizzazione nei confronti della lotta rivoluzionaria e di classe nella seconda metà del secolo scorso, posto in essere in primo luogo con la mistificazione spesse volte dietrologica dei grandi e piccoli media e in misura minore con l’ausilio di alcuni traditori dell’epoca impiegati alla bisogna per ulteriori squallide operazioni mediatiche.
Guerra e censura, quindi. Ma non solo. Perché l’attuale situazione, piuttosto che sospingerci a chiuderci sulle manovre repressive che non cesseranno di coinvolgerci, a ripiegare sui nostri problemi (poi, chi ha detto che sono solo nostri?), dovrebbe stimolarci a riflettere sulla guerra e sulle possibilità rivoluzionarie esistenti in tempi di guerra. E il nostro intervento rivoluzionario internazionalista pensiamo debba anzitutto basarsi sulla verifica delle nostre concrete possibilità di lotta. Problema non da poco, su cui meditare attentamente.
Alcuni indagati e solidali