Intelligenza artificiale è guerra

Riceviamo e diffondiamo questo volantino, distribuito durante la contestazione del convegno «Uomo o macchina? Le neuroscienze e l’Intelligenza Artificiale» tenutosi nella Facoltà di Psicologia e Scienze Cognitive di Rovereto sabato 16 marzo. Al convegno partecipavano, tra gli altri, tecnoscienziati dell’Istituto Italiano di Tecnologia e della Fondazione Bruno Kessler.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE È GUERRA


Il convegno di oggi
«Uomo o macchina? Le neuroscienze e l’Intelligenza Artificiale» si propone «una discussione sul futuro dell’intelligenza artificiale, l’etica nella tecnologia e le potenziali applicazioni nel campo della salute mentale e del benessere cognitivo».

Con la presenza qua fuori, portiamo un contributo alla discussione e partecipiamo a modo nostro a un «dialogo critico su uno dei temi più stimolanti e attuali del nostro tempo».

Attuale lo è senz’altro: per cosa viene infatti impiegata nel concreto l’IA?

Lo sviluppo dell’IA è una priorità strategica degli eserciti di tutto il mondo e il motivo per cui ha ingenti finanziamenti anche dal comparto bellico (la Fondazione FAIR sull’IA, ad esempio, ha tra i suoi patner Fondazione Bruno Kessler, ITT e Leonardo).

OpenAI ha recentemente concesso l’utilizzo militare di ChatGPT, ma soprattutto l’IA attualmente viene impiegata a Gaza per pianificare bombardamenti su case, scuole e ospedali.
Sempre in Palestina il sistema d’apartheid che lo Stato d’Israele riserva alla popolazione palestinese si basa su l’IA, su check-point automatizzati e su sistemi di riconoscimento biometrico.

C’è chi ha detto che, rispetto al Sudafrica dell’apartheid propriamente detto, la sola differenza in Palestina è che il regime afrikaneer non aveva gli strumenti tecnici per rendere effettivo il proprio controllo, mentre quello sionista li ha.

Questi strumenti tecnici non sono nati dal nulla, sono frutto di ricerche e di sperimentazioni anche in contesti “civili”, rendendo pressoché nulla la distinzione tra “civile” e “militare”.

Pensiamo a Palantir, un’azienda che si occupa di trattamento dati tramite IA: lo fa per quanto riguarda i dati sanitari dei cittadini occidentali, lo fa per quanto riguarda i dati dei palestinesi nei territori occupati da Israele.

Per questo motivo i sanitari britannici hanno protestato per chiedere la rescissione dell’accordo milionario tra Palantir e il loro Servizio Nazionale Sanitario.

Del resto, anche in un ambito come quello sanitario, l’IA è una tecnologia “verticale”, l’esatto opposto di un’idea “orizzontale” di sanità del territorio, che parta da una conoscenza diretta e da un’indagine delle cause strutturali delle malattie.

A che serve avere i dati trattati dall’IA sui tumori nelle valli trentine, se non si interviene rispetto al ruolo strutturale dei pesticidi nell’agricoltura industriale (ora 4.0) e al peso delle monoculture?

A che serve sapere delle correlazioni statistiche rispetto a mortalità e piombo tetraetile, se non si fermano i cantieri dell’Alta Velocltà nelle aree inquinate di Trento Nord?

Alla domanda «Umano o macchina?» il capitalismo contemporaneo risponde con il progetto di tramutare l’uomo/donna in macchina, con la promessa illusoria di togliere i limiti dell’umanità stessa (morte, sofferenza, malattia) ma in realtà imponendo quelli della macchina: l’obbedienza senza scelta.
Se questa tendenza non si impone è solo per le resistenze a cui va incontro.
Resistenze che vediamo nell’imponente movimento che si oppone al genocidio a Gaza: blocchi dei porti, picchetti ai magazzini, occupazione di scuole e università, contestazione dei centri di ricerca, sabotaggio delle fabbriche d’armi…

Per noi, che viviamo in Trentino, opporsi al genocidio a Gaza significa contrastare la ricerca complice che fa capo a FBK e Università di Trento, che in parte verte sull’IA e ha fatto sì che Trento ospitasse ieri il G7 sull’Intelligenza Artificiale.

Significa, in altre parole, affermare la nostra umanità attraverso una scelta etica.

solidali con la resistenza palestinese