Parole per Alfredo Cospito durante un processo a Lecco
Riceviamo e diffondiamo:
Si è svolto oggi, giovedì 1° febbraio, il processo in primo grado a 3 compagnx accusati di manifestazione non autorizzata per il presidio per Alfredo del 28 gennaio del 2023 a Lecco.
Due compagnx hanno colto quest’occasione per leggere due dichiarazioni spontanee al processo, per ribadire la solidarietà ad Alfredo e a tutti i detenuti rinchiusi nel regime di 41 bis.
Abbiamo voluto in questo modo rilanciare la lotta contro il carcere e il 41 bis anche nelle loro aule, anche grazie alla folta presenza in aula.
Il processo si è concluso con tre assoluzioni!
Di seguito le due dichiarazioni:
Qui in pdf: dichiarazioni processo a lecco (1)
Voglio prendere parola in questo processo per continuare a contribuire al dibattito che lo sciopero della fame di Alfredo Cospito ha creato lo scorso anno, riportando anche in questi luoghi, come i tribunali, il discorso sui regimi carcerari di tortura che lo Stato italiano utilizza.
Per prima cosa voglio sottolineare che Alfredo si trova ancora oggi in quella mordacchia medievale del 41 bis, e il mio pensiero non può che andare a lui anche in questo momento.
Quindi, visto che mi si processa perché il 28 gennaio 2023 ho deciso di scendere in piazza a Lecco, insieme a decine di altre persone, per portare solidarietà e vicinanza ad Alfredo, allora già in sciopero della fame da oltre 100 giorni, e a quelle oltre 750 persone che vivono sulla propria pelle il regime di tortura del 41 bis, mi sembra giusto riportare anche in quest’aula ciò che ho detto da un megafono quel giorno in piazza.
Alfredo è un compagno anarchico rivoluzionario, che ha deciso, dal 20 ottobre 2022, di intraprendere uno sciopero della fame ad oltranza per la declassificazione dal 41 bis dopo aver vissuto sulla propria pelle l’orrore di questo regime. La sua lotta ha svegliato chi, per anni, non si è accorto di quello che avveniva nelle segrete di stato del 41 bis. Anche solo per questo non posso che ringraziarlo della sua indomita passione per la libertà. Ha intrapreso questa lotta innanzi tutto per sé stesso; tuttavia, da anarchico, ha voluto anche portare la sua lotta personale sul piano politico, scoperchiando il vaso di Pandora di questa forma di tortura legale italiana a nome di tutti i detenuti nella sua stessa condizione.
Ma cos’è il 41 bis?
Il 41 bis è un regime carcerario adottato nel 1992, come provvedimento temporaneo e di carattere emergenziale, a seguito delle stragi mafiose di quegli anni. Col tempo lo stato italiano lo ha risistemato a suo piacimento, ampliandone l’applicazione a molte categorie di prigionieri. Il 41 bis, caso forse unico nel mondo, è uno strumento di tortura decretato per legge. Il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, in accordo con la procura Antimafia e il Garante per i detenuti, regolamenta la vita delle prigioniere e dei prigionieri entrando in ogni istante della loro giornata; isolamento totale per 23 ore al giorno, 3-4 libri al massimo da tenere in cella, una sola ora di colloquio al mese solo con i familiari dietro un vetro divisorio e parlando con un citofono, censura della corrispondenza, divieto di ricevere informazioni sui propri interessi o sul proprio territorio addirittura dai quotidiani (gli articoli “non adatti” vengono ritagliati dalle guardie), e molto altro. Queste restrizioni nulla hanno a che fare con questioni di sicurezza: rappresentano invece delle vessazioni gratuite, la vendetta dello stato. In pratica si vuole seppellire vivo il prigioniero, annichilendolo e umiliandolo.
Contro tutto questo Alfredo ha lottato con l’unico mezzo che gli rimaneva, il proprio corpo.
Citando Alfredo:
“La mia lotta contro il 41 bis è una lotta individuale da anarchico, non faccio e non ricevo ricatti. Semplicemente non posso vivere in un regime disumano come quello del 41 bis, dove non posso leggere liberamente quello che voglio, libri, giornali, periodici anarchici, riviste d’arte e scientifiche e di letteratura e storia. L’unica possibilità che ho di uscire è quella di rinnegare la mia anarchia e vendermi qualcuno da mettere al posto mio. Un regime dove non posso avere alcun contatto umano, dove non posso più vedere o accarezzare un filo d’erba o abbracciare una persona cara. Un regime dove le foto dei tuoi genitori vengono sequestrate. Seppellito vivo in una tomba, in un luogo di morte. Porterò avanti la mia lotta fino alle estreme conseguenze, non per un “ricatto” ma perché questa non è vita.”
Per tutto questo, a prescindere da quello che si deciderà in questo processo, continuerò a portare le mie idee e la mia parola nelle strade e nelle piazze.
Per la liberazione di Alfredo Cospito
Per l’abbattimento del regime di tortura del 41 bis
Contro ogni galera
Michael
Oggi sono qui, accusata di essere fra gli promotori di una manifestazione non autorizzata in solidarietà al compagno anarchico Alfredo Cospito avvenuta il 28 gennaio 2023 a Lecco.
In quel momento Alfredo era in sciopero della fame dal 20 ottobre 2022,contro il regime di 41 bis a cui era stato sottoposto dal maggio 2022.
Non mi compete e non mi interessa l’esito dell’accusa di cui sopra, mi preme invece affermare, oggi come allora, la mia solidarietà alla lotta di Alfredo contro il regime di tortura legalizzata in cui è tutt’ora rinchiuso.
In quell’occasione sono scesa in piazza, ho parlato e ho volantinato, come in molte altre occasioni, in altre città, in presidi e cortei.
Ho espresso la mia preoccupazione per la vita di Alfredo, trasferito due giorni dopo dalla sezione 41 bis del carcere di Bancali (SS) al reparto sanitario 41 bis del carcere di Opera (MI), a causa dell’aggravamento delle sue condizioni di salute.
Ho preso posizione contro il regime di detenzione in cui, lui e molti altri prigionieri, si trovano, un regime dove la vita è deprivata della vita stessa: ogni momento della giornata è regolamentato e monitorato dai carcerieri; si ha una sola ora d’aria al giorno dove la socialità è condivisa con altre massimo 3 persone scelte dal carcere; si possono tenere
solo un massimo di 4 libri in cella e i giornali e la posta vengono censurati; non c’è possibilità di vedere il cielo, perché le finestre hanno le bocche di lupo, o di toccare un filo d’erba, perché il passeggio è in uno spazio angusto con alte mura e fitte grate sopra; si hanno i colloqui con i familiari solo per un’ora al mese, ma senza nessun contatto umano o
affettivo, il vetro divisorio e il citofono impediscono abbracci o anche solo una carezza; per non parlare dello spazio in cui si trascorrono 23 ore della giornata, stanze di 3,5 m x 1,5 m, con branda, sedia, tavolino e wc, non c’è spazio per muoversi o camminare.
Di fronte a questa tortura della deprivazione sensoriale, psicologica, culturale e affettiva come non esporsi con la propria persona contro il regime di tortura del 41 bis?
Io oggi come ieri continuo a portare con la mia voce, i miei pensieri e le mie azioni questa lotta di giustizia sociale, in solidarietà ad Alfredo e a tutti coloro che ancora subiscono quel regime.
Oggi come ieri ripeto: fuori Alfredo dal 41 bis, fuori tutti/e dal 41 bis.
Maya