Dichiarazione sull’inizio del processo con giudizio immediato contro quattro anarchici indagati nell’operazione Scripta Scelera
Riceviamo e diffondiamo: Solidarietà alle anarchiche e agli anarchici sotto processo!
Dichiarazione sull’inizio del processo con giudizio immediato contro quattro anarchici indagati nell’operazione Scripta Scelera
Qui il pdf:
dichiarazione scripta scelera gennaio 2024
Prendiamo pubblicamente la parola in occasione dell’inizio del processo contro Gaia, Gino, Luigi e Paolo anzitutto per esprimere loro la nostra completa vicinanza. Siamo certi che questi mesi agli arresti domiciliari – con l’isolamento imposto dalle restrizioni, quindi l’interdizione di ogni tipo di contatto con gli affetti più cari – non li hanno piegati. In questo periodo nel quale siamo stati distanti, non è venuto meno l’affetto che proviamo per loro.
Prendiamo quindi la parola perché vogliamo ribadire la nostra ferma opposizione al tentativo di suddivisione del procedimento cosiddetto Scripta Scelera che ci vede coinvolti in dieci indagati, tutti accusati degli artt. 270 bis, 414, 270 bis 1 c. p. (e in quattro anche per l’art. 278 c. p.) in riferimento alla redazione, pubblicazione e distribuzione del quindicinale anarchico internazionalista “Bezmotivny”. Questo procedimento è stato contraddistinto da due richieste di arresto in carcere per i dieci indagati da parte del pubblico ministero della procura di Genova. A seguito della seconda di queste richieste, risalente a marzo 2023, il GIP ha ordinato, ad agosto, nove misure cautelari, fra le quali figurano gli arresti domiciliari restrittivi per i quattro compagni che oggi vengono processati per gli artt. 414, 270 bis 1 e 278 c. p., l’obbligo di dimora nel comune di residenza con rientro notturno per altri cinque, mentre un compagno è rimasto indagato a piede libero.
Data la natura unitaria dell’inchiesta in tutte le fasi che fin qui si sono succedute, la decisione di “spezzettare” il procedimento in più tronconi è un imbarazzante tentativo politico di frantumare e fiaccare la solidarietà, di diluire la mobilitazione in difesa della stampa anarchica e la stessa iniziativa degli imputati al processo. Tentativo di giungere, per così dire alla chetichella, a una qualche condanna che possa fungere da ulteriore precedente da utilizzare in futuro contro la pubblicistica anarchica e rivoluzionaria, assolvendo inoltre a una funzione di monito nei confronti della residua stampa “dissenziente”. In gioco c’è l’agibilità delle nostre pubblicazioni. Quelli contestati in questa sede sono capi d’accusa che la vostra stessa giustizia formalmente definisce “reati d’opinione”. Pertanto il processo che si apre oggi è un processo oggettivamente politico, in quanto si discuterà della facoltà degli anarchici di avere delle pubblicazioni, soprattutto l’agibilità o meno di scrivere quello che vogliamo noi e non quello che ci concedono le cariatidi della censura.
Vi è di più. La decisione di operare uno “stralcio” parziale in vista del processo, ovvero di escluderci da esso in un primo momento – pur senza archiviare la nostra posizione e anzi nel perdurare delle misure cautelari che ci coinvolgono –, è uno scandalo anche secondo i principi della vostra giustizia. Alcune delle tematiche che verranno discusse nel tribunale di Massa a partire da oggi, hanno un contenuto sia astratto che concreto che ci riguarda e che pregiudicherà la nostra posizione in futuro. Quando gli esponenti della polizia politica, che hanno studiato con tanta solerzia i vari numeri del giornale, sfileranno in aula e discetteranno sulla natura di “Bezmotivny”, non ci saranno i nostri avvocati a controinterrogarli, né ci saremo noi a poter fare eventuali dichiarazioni. Lo stesso accadrà quando si discuterà di un articolo che si presume redatto a più mani anche dai sottoscritti. Per non parlare del deposito delle intercettazioni e della loro trascrizione. La stessa GIP che si è prestata a questo pasticcio, accogliendo la richiesta di giudizio immediato da parte del pubblico ministero solo per quattro indagati, si è persino rifiutata di concederci la possibilità di assistere al processo (eccetto, naturalmente, nel caso del compagno rimasto a piede libero, per il quale tale aspetto non si pone).
Al di là dei riti tecnici, che lasciano il tempo che trovano, la sostanza è evidente a chiunque: se verrà emessa una eventuale sentenza contenente dei giudizi sul giornale a noi sfavorevoli e delle affermazioni su singoli scritti che dovessero essere giudicati “istigatori”, difficilmente un giudizio futuro potrà ribaltarla. Vuoi per pavido rispetto nei confronti di decisioni già prese da un collega, vuoi perché il tribunale di Massa è abbastanza piccolo da correre la possibilità di essere processati dallo stesso giudice, il quale a meno che non sia affetto da schizofrenia non cambierà sicuramente il proprio convincimento.
L’unico spazio che rimarrà a una eventuale difesa tecnica, sarà quello della dimostrazione della propria estraneità al giornale e ai suoi scritti, avviandoci cioè sulla strada della desolidarizzazione. Se prendiamo la parola oggi è soprattutto per rendere chiaro che questa china non la imboccheremo mai. Che sia ben chiaro che opportunisti, intriganti e saltimbanco non stanno da questo lato della barricata.
Del resto, crediamo fermamente che nessuna fiducia può essere riposta nei tribunali e nei loro servitori, che se sono a garanzia di qualcosa lo sono unicamente del principio di autorità e dell’oppressione di classe. Eppure assistere a tali acrobazie procedurali pur di colpire un giornale anarchico ci fa davvero pensare di essere di fronte alla catabasi del pensiero liberale. Poco male, abbiamo sempre apprezzato la franchezza.
Saremo altrettanto franchi. Non basteranno le perquisizioni, gli arresti, le denunce, i processi, né saranno sufficienti le più olimpioniche delle acrobazie procedurali, ad ammutolire gli anarchici. Non abbiamo alcun timore nell’affermare che siamo nemici dello Stato e del capitale. Di fronte a una società capitalista che non può che lasciare solo macerie, dove la possibilità di una guerra mondiale è sempre più incombente, una società che ha trasformato il nostro pianeta in una pattumiera, di fronte a tutto questo, le minacce della repressione sono davvero ben poca cosa. Semmai è lo Stato che teme gli anarchici, perché gli anarchici rappresentano una voce instancabile della necessità di farla finita con tutto ciò.
Una delle grandi ricchezze dell’anarchismo risiede nella tenacia, nel costante e illimitato slancio progettuale che scaturisce da un profondo desiderio di libertà. Il nostro perseverare nell’agitazione e nella propaganda anarchica è e sarà sempre un contributo alla lotta e un’espressione di questa tenacia.
Solidarietà e complicità con Gaia, Gino, Luigi e Paolo!
8 gennaio 2024
Luca Aloisi, Michele Fabiani, Francesco Rota, Veronica Zegarelli