“Pacchetto sicurezza”: il fronte interno della guerra
Riceviamo e pubblichiamo questo testo, utile per capire cosa contiene il nuovo “pacchetto sicurezza” del governo Meloni, per collocare tale attacco repressivo (in particolare contro i proletari immigrati) nel contesto di guerra in cui si inserisce e, da lì, provare a ricacciarglielo indietro.
Qui la versione in pdf:
“Pacchetto sicurezza”: il fronte interno della guerra
L’ultimo di una lunga serie
Praticamente ad ogni governo corrisponde un nuovo “pacchetto sicurezza”, cioè un insieme di norme immancabilmente volte ad inasprire le pene per alcuni reati, a introdurne di nuovi ed ad aumentare mezzi e risorse per le forze di polizia. Di volta in volta, questo è avvenuto dietro il clamore mediatico per specifici fatti di cronaca o per l’emergenza di turno.
Il “Decreto Espulsioni” del 2007 (Governo Prodi) venne promulgato dopo l’omicidio di Donatella Reggiani da parte di un uomo di cittadinanza romena, fatto da cui partì una forte campagna politica e mediatica contro l’immigrazione, che culminò nel “pacchetto sicurezza” del 2008 (Governo Berlusconi), che introduceva la possibilità per i sindaci di emettere provvedimenti in materia di “sicurezza urbana” e portava i militari in città con “Strade Sicure”. Sono seguiti vari decreti e disegni di legge, fino ai più recenti “Decreto Minniti” del 2017 (quello per intenderci che introduceva il “DASPO urbano”), i “Decreti Salvini” del 2018 (che introduceva il reato di blocco stradale per mezzo di oggetti) e i vari decreti del periodo Covid.
ll precedente del “Decreto Caivano”
Non fa eccezione l’attuale progetto di “Pacchetto Sicurezza” presentato il 15 novembre, che prende le mosse dal “Decreto Cutro” del 5 maggio 2023 (che ha potenziato i CPR) e dal “Decreto Caivano” del 15 settembre 2023, convertito in legge il 13 novembre, col titolo ““Disposizioni urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale”. Quest’ultimo decreto, strumentalizzando stupri di gruppo, compiuti da giovanissimi nell’omonimo quartiere napoletano, ha introdotto misure applicabili in tutt’altri ambiti, tra cui:
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estensione dell’avviso orale ai minori tra i 12 e 14 anni, in caso di reati con pene a partire dai 5 anni.
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estensione del DASPO Urbano ai maggiori di 14 anni.
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possibilità per il Questore di chiedere il divieto dell’utilizzo di cellulari e dispositivi di comunicazione, se questi sono serviti per le condotte che hanno determinato l’avviso orale.
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abbassamento dai 9 ai 6 anni della pena massima per procedere con il fermo, l’arresto e la custodia cautelare dei maggiori di 14 anni.
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equiparazione dei minori agli adulti per quanto concerne l’applicazione delle misure cautelari, con l’estensione del criterio di “pericolo di fuga”: aumenta così la probabilità per i minori di finire in carcere.
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genitori/tutori del minore responsabili dell’abbandono scolastico, con pena fino a due anni di reclusione e perdita assegno d’inclusione.
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possibile perdita della potestà genitoriale se un minore viene segnalato come parte di un associazione a delinquere di stampo mafioso o per lo spaccio di stupefacenti.
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possibilità per il minore, maggiore di 14 anni, di fermo, arresto e custodia cautelare «anche per ulteriori e specifiche ipotesi (come il furto aggravato, i reati in materia di porto di armi od oggetti atti ad offendere, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale, resistenza a un pubblico ufficiale, produzione e spaccio di stupefacenti)»
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aumento delle pene per il «porto ingiustificato di armi o oggetti atti ad offendere» (che passa da pene tra i 6 mesi e i 2 anni a pene tra 1 anno e 3 anni).
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facoltà di arresto in flagranza per il reato di «porto d’armi od oggetti atti ad offendere
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la pena per il reato di spaccio di stupefacenti, nei casi di lieve entità, passa da un massimo di quattro a un massimo di cinque anni.
Stretta sulle lotte, guerra aperta agli sfruttati
L’attuale “Pacchetto Sicurezza” si compone di tre diversi disegni di legge (Ddl), approvati dal Consiglio dei Ministri il 16 novembre 2023 e che ora dovranno passare dal Parlamento.
Dei tre uno è specificatamente dedicato alla “pubblica sicurezza”, mentre gli altri due fanno riferimento rispettivamente a questioni organizzative del “Comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico” e alla delega al Governo per il riordino delle funzioni e dell’ordinamento della polizia locale. Il Ddl più rilevante si chiama “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela delle Forze di Polizia nonché delle vittime dell’usura e dei reati di tipo mafioso”.
Di seguito le novità principali proposte il 16 novembre scorso:
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Il blocco stradale passa da illecito amministrativo a reato (dai 6 mesi ai 2 anni di carcere), quando commesso da più persone e organizzato preventivamente.
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introduzione del reato di rivolta in carcere e CPR, con pene che vanno da 1 anno a 5 anni per i partecipanti e da 1 anno a 8 anni per gli organizzatori.
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possibilità di revoca della cittadinanza per condanne definitive per “reati gravi” fino a 10 anni dall’ottenimento: prima era possibile fino a tre anni.
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possibilità di arresto in flagranza per porto d’armi o possesso di oggetti atti ad offendere: norma ugualmente che va a incidere sulle possibilità di autodifesa dei cortei.
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possibilità del DASPO urbano anche per chi ha precedenti per reati contro la persona o il patrimonio: è possibile vietare loro l’accesso alle stazioni di treni, bus e metropolitane.
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possibilità di trasferimento punitivo del detenuto ultraventenne (detenuto per reati commessi da minorenne) dal carcere minorile al carcere per adulti.
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possibilità per gli agenti fuori servizio di girare armati, consentendo loro di avere un arma diversa da quella d’ordinanza senza licenza
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inasprimento delle pene per chi commette reati contro le forze dell’ordine: la casistica delle manifestazioni (violenza, minaccia, resistenza e lesioni).
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inasprimento delle sanzioni «nei casi d’inosservanza delle prescrizioni impartite dal personale che svolge servizi di polizia stradale (es. inosservanza dell’obbligo di fermarsi intimato, rifiuto di esibire documenti di guida o di far ispezionare il veicolo)».
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aumento della pena per chi imbratta beni mobili o immobili pubblici.
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introduzione del reato di «detenzione di materiale con finalità di terrorismo»: da 2 a 6 anni per chiunque si procuri o detenga «materiale finalizzato a preparare atti di terrorismo», nonché la reclusione da 4 a 6 anni per chi «distribuisce, diffonde o pubblicizza materiale contenente istruzioni per la preparazione e l’utilizzo di materie esplodenti».
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introduzione del «reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui»: pena dai 2 ai 7 anni; prevista procedura più veloce per lo sgombero (anche immediato nel caso sia l’unico immobile del denunciante… caso tanto raro quanto mediatizzato).
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aggravamento del reato di istigazione a disobbedire alle leggi «se commesso al fine di far realizzare una rivolta all’interno di un istituto penitenziario, a mezzo di scritti o comunicazioni dirette a persone detenute».
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possibilità del carcere per le madri con un figlio fino a un anno d’età: attualmente non era possibile.
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introduzione del «delitto di rivolta in istituto penitenziario», insieme all’istigazione a disobbedire alle leggi diventa “reato ostativo”, che preclude cioè la concessione dei “benefici” nell’esecuzione della pena: permessi premio, semilibertà, liberazione anticipata, messa in prova, sospensione della pena.
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introduzione di un reato che punisce chi dentro i centri per il rimpatrio o altre strutture di «accoglienza o contrasto all’immigrazione illegale» partecipa o promuove rivolte: la sola partecipazione costa da 1 a 4 anni e comprende «atti di resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini impartiti dalle autorità.
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si aggiungono i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno nell’elenco dei soggetti che possono fruire dell’apprendistato.
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aggravanti nel caso di ferimento o uccisione “derivati” dalla rivolta in carcere o CPR: dal testo pare che queste si applichino ai rivoltosi anche nel caso in cui siano le forze dell’ordine a ferire o uccidere qualcuno.
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non punibilità di chi fra le forze dell’ordine usa o dispone l’utilizzo di strumenti di controllo informatico (si «estende l’esimente penale prevista dalle norme vigenti per il personale che, per le necessità delle operazioni militari, faccia uso o ordini di fare uso di armi, forza o altro mezzo di coazione fisica anche all’uso di apparecchiature, dispositivi, programmi, apparati o strumenti informatici»): in pratica si incentivano le intercettazioni extralegali.
Per quanto riguarda gli altri due decreti contenuti nel “pacchetto” ricordiamo solamente alcuni punti:
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1,5 miliardi stanziati per le assunzioni nel comparto difesa e sicurezza.
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istituzione di un fondo di circa 100 milioni di euro, per previdenza complementare dedicata, tutela legale e assicurativa e emolumenti accessori per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico.
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riordino della Polizia Locale, con un maggiore coordinamento con la Polizia di Stato.
Appare chiaro come l’intento sia quello di fornire strumenti per una dura repressione delle lotte future, facendo una sorta di calco negativo alle lotte del recente passato.
I provvedimenti sono modellati sugli ambiti e le categorie che hanno prodotto la maggiore conflittualità sociale in Italia negli ultimi tre anni: carceri, CPR, proletariato immigrato, aggregazioni giovanili (quelle che la propaganda chiama “baby gang”).
Il focus repressivo si concentra soprattutto su quel proletariato immigrato che sciopera nei magazzini, attraverso il blocco stradale e il picchetto, e si rivolta nelle carceri e nei lager per l’espulsione.
Il governo e le forze sociali di cui è espressione auspicano una società in guerra, sempre più militarizzata, dove la polizia ha la mano sempre più libera e pesante, mentre si cerca di spuntare le pratiche proprie di ogni protesta che oltrepassi la testimonianza.
Ancora prima che i Ddl del “Pacchetto Sicurezza” siano approdati in aula, già assistiamo a un rafforzarsi della repressione, come testimoniano la convalida dell’arresto in carcere per alcuni attivisti ecologisti a seguito di un blocco stradale (scarcerati dopo tre giorni) ed alcuni sgomberi di facchini della logistica.
Lottare per poter lottare
Sarebbe importante avere momenti di discussione sul “Pacchetto Sicurezza” all’interno di contesti di lotta reale, legati agli studenti che occupano per la Palestina, ai lavoratori che fanno picchetti nei magazzini, ma anche alle mobilitazioni contro la violenza di genere.
Proprio l’utilizzo strumentale della violenza di genere, espressione e pilastro di un intero sistema che gronda sangue e sopraffazione, va ribaltato: questo “Pacchetto” rafforza l’oppressione su detenute, lavoratrici, occupanti di case, donne che lottano.
Al tempo stesso, la mobilitazione in corso contro il genocidio di Gaza, che sta rivitalizzando gli ambiti studenteschi e operai, col protagonismo innegabile di donne e uomini immigrati e di “seconda generazione”, non deve essere frenata dal tintinnio di manette agitato dal governo.
Moltiplicare i blocchi, le occupazioni, le manifestazioni ingovernabili è il miglior rimedio contro la repressione presente e futura, dato che un avanzamento delle lotte è l’unico strumento che possa portare all’ordine del giorno il ritiro di questi disegni di legge.
dicembre 2023