A proposito del vostro “cappello” al testo “Novità da Hambi” – Contributo ad un inesistente dibattito

Riceviamo e pubblichiamo:

A proposito del vostro “cappello” al testo “Novità da Hambi” – Contributo ad un inesistente dibattito

A proposito del vostro “cappello” al testo Novità da Hambi vorrei dipanare una vostra perplessità sul significato del termine “abilista”. Ovviamente non ho scritto io quel testo e, altrettanto ovviamente, penso che conosciate bene il significato di quel termine, ovvero discriminare in base all’abilità, ad un handicap, ad una “diversità” fisica o psichica.

Se una persona che ha una malattia autoimmune (o altre sfighe del genere) volesse partecipare ad un incontro dovrebbe avere la certezza di non contagiarsi di Covid ma anche da altro. Allora è la comunità che dovrebbe farsi carico di proteggere in qualche modo questa persona, se si ha piacere della sua partecipazione al dibattito. Oppure dirle onestamente che le persone all’interno preferiscono rinunciare alla sua presenza, ai suoi contributi, a lui/lei stesso/a, perché non hanno intenzione di fare alcunché per proteggerlo/a.

La tutela dei fragili è presunta solo nella testa degli ignoranti e dei supponenti.

Concordo con voi sul carattere immondo dello slogan “vaccinazione antifascista”, ma che dire allora dell’altrettanto immondo slogan “libertà di contagio”? o dei consigli a contagiarsi (nei primi mesi del 2020)? Tesi sostenuta ancora oggi da qualcuno nonostante sia chiara la componente biotecnologica del Covid, così come nei cosiddetti vaccini. Perchè quando si andava a trovare gli anziani genitori si metteva la mascherina se non per proteggere un soggetto fragile amato? e i nostri compagni non vanno protetti?

Ora, cosa intendono gli estensori di quel testo per “abilismo” io non lo so, ma scrivere “Troppe volte abbiamo sentito usare questo concetto per legittimare attacchi alla libertà – e alla salute… – di tutti e di ciascuna” mi pare un po’ fantozziano quando da un’assemblea anche una sola persona non è libera di partecipare se non a repentaglio della propria salute perché chi è all’interno vuole essere libero di contagiarsi e contagiare, e/o perché non crede (ma della sua religione personalmente me ne sbatto il belino) che il Covid sia pericoloso, salvo poi protestare contro i BioLab che hanno prodotto questo e tanti altri virus.

Quando parliamo di comunità, di che tipo di comunità parliamo? Tutti/e per uno/a e uno/a per tutti/e, o ognuno pensi a sé stesso/a e tanto peggio per i presunti fragili?

Antonio