G.G.G.P. – Fedeli alla linea! Libertà per Gaia, Gino, Gigi e Paolo! Appello per la prosecuzione della pubblicazione di “Bezmotivny”

Riceviamo e diffondiamo:

Qui il testo in pdf: carrara

G.G.G.P. – Fedeli alla linea!
Libertà per Gaia, Gino, Gigi e Paolo!
Appello per la prosecuzione della pubblicazione di “Bezmotivny”

«In linea generale, ed in disaccordo con la valutazione del PM, la misura degli arresti domiciliari appare idonea a contenere la prosecuzione della pubblicazione di “Bezmotivny” e le altre attività correlate alla propaganda istigatoria.
Il contenimento in ambiente domiciliare dei principali indagati […] appare ragionevolmente in grado di ostacolare sia tutta l’attività prodromica alla realizzazione di ogni numero sia le altre attività correlate.
Certamente occorre il concorso di volontà degli indagati, a cui in ultima istanza è affidato il rispetto delle prescrizioni della misura domiciliare, è indispensabile per l’efficacia della misura.
Qualora tale concorso ci sarà, la reiterazione delittuosa sarà impedita.
In caso contrario, non resterà che l’aggravamento della misura.»

Sono le conclusioni dell’ordinanza di custodia cautelare che lo scorso 8 agosto ha portato agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico (non accora applicato per mancanza dei dispositivi) per quattro compagni anarchici di Carrara (uno di loro passerà due notti in carcere in attesa di individuazione del domicilio) e cinque obblighi di dimora con rientro in casa dalle 19 alle 7 per altri cinque, tra i quali un compagno dell’Aquila e uno di Spoleto. Parole di una chiarezza talmente esplicita da rendere difficile ogni ulteriore commento: il GIP di Genova, Riccardo Ghio, non si fa vergogna nell’affermare apertis verbis che l’obiettivo esclusivo delle misure cautelari che sta testé ordinando sia il tacitare un organo di stampa anarchico. Fa di più, nel ritenere eccessivo l’arresto in carcere (unico aspetto sul quale osa dissentire dal pubblico ministero, Federico Manotti, il quale aveva richiesto 10 mandati di arresto in carcere), afferma chiaramente che la sua prodigalità è condizionata proprio alla sospensione della pubblicazione del malefico giornale. In caso contrario, non resterà che l’aggravamento della misura.
Denunciamo da anni lo scatenarsi di una svolta autoritaria che trascende i governi e il loro colore politico, che attiene allo Stato profondo e alle sue autonome istituzioni. Una svolta che si verifica in un frangente nel quale la borghesia, pur in assenza di un conflitto sociale particolarmente acuto, appare sempre più nervosa e indisposta nei confronti di chiunque osi disturbare il manovratore. Clamorosi, non ci stancheremo mai di denunciarlo, gli arresti ordinati dalla Procura di Piacenza lo scorso anno per dei sindacalisti accusati di «estorsione» – clamorosi perché ci danno proprio l’idea psicologica di come il padronato oggi considera i suoi soldi e quelli che deve ai suoi sottoposti. Indubbiamente il fronte di sfondamento di questa svolta sta colpendo il movimento anarchico. La condanna pesantissima di Juan Sorroche, il kafkiano processo Scripta Manent (dalle perizie inutilizzabili che 15 anni dopo diventano prove schiaccianti alla riqualificazione in Cassazione per “strage politica” in assenza di morti di uno degli episodi contestati), fino alla decisione presa dal precedente governo di Unità Nazionale e difesa strenuamente dal nuovo governo della Destra di rinchiudere per la prima volta nella storia un anarchico in 41 bis. Per citare solo gli episodi più gravi.
In questa svolta la stampa anarchica appare come il bersaglio privilegiato per gli attacchi dello Stato. Con la pandemia prima e poi con la guerra in Ucraina tra NATO e Federazione Russa, il clima culturale e dell’informazione in Italia è entrato in uno stadio di omologazione di cui non si ha memoria in periodo repubblicano. Il dissenso è facilmente ridicolizzato come «complottismo», come se il pensiero unico fosse talmente forte da apparire come epistemologicamente pazzoide chiunque dica qualcosa d’altro. Con gli anarchici questa operazione non riesce, sia per la realtà dei loro ideali, i quali sono l’unica alternativa possibile a un mondo fondato sull’autorità e sulla proprietà che sta correndo a passo di marcia (letteralmente) verso l’autodistruzione, quanto perché le parole degli anarchici non restano solo parole, ma implicano l’agire. Allora scattano le manette.
Capita però molto raramente di incontrare dei magistrati talmente stupidi da essere così franchi. L’inchiesta, denominata Scripta Scelera, si presenta con l’intento ambizioso, sin dal nome, di essere il sequel di Scripta Manent, ma riesce come una brutta copia dell’inchiesta Sibilla. L’istigazione a delinquere, vale a dire il reato di opinione, è la carovana che traina entrambe le inchieste di Perugia e di Genova. Il che di per sé appare indicativo della svolta autoritaria in essere. L’inchiesta portata avanti dalla Digos di La Spezia e coordinata dalla Procura di Genova però è ancora più imbarazzante per il livello culturale degli autori – persino in senso stretto, dato che le carte sono lordate in ogni pagina di refusi, errori di semantica, di sintassi, passaggi lasciati vuoti in attesa che l’autore ritorni sul file di testo e che poi costui si dimentica di completare.
Non ci interessa smontare un teorema che è già abbastanza smontato di per sé, d’altronde non si può che essere orgogliosi dei crimini contestati ai compagni, chiunque ne sia l’autore, oltretutto trattandosi di reati di opinione. Ci sono però delle volgari falsificazioni storiche e politiche sulle quali non possiamo tacere.
In generale l’intero articolato è costituito da affermazioni apodittiche che gli autori dell’inchiesta non dimostrano, ma semplicemente raccontano. Tale compagno è «capo internazionale degli insurrezionalisti», talaltro «è il leader degli anarchici carrarini», l’altro ancora è «punto di riferimento del movimento federativista (???) umbro». Questi personaggi di fantasia compongono liberamente un romanzo, quello che accade in Italia è figlio della stessa mano narrativa (a un certo punto si scrive che la «FA Informale non ha rispetto nemmeno di Falcone e Borsellino» parlando di un imbrattamento di una lapide a Roma, e così vale per ogni altra azione avvenuta in Italia).
In questa fabula si afferma per esempio che il giornale anarchico “Vetriolo” sarebbe stato chiuso dall’Operazione Sibilla, scattata l’11 novembre 2021. Questa affermazione è una imbarazzante falsità: dopo l’operazione Sibilla “Vetriolo” ha già pubblicato un nuovo numero, segnatamente il numero 7 che reca come data l’estate del 2022 e siamo abbastanza certi che ne usciranno degli altri. Da questa sporca menzogna gli inquirenti ne fanno discendere delle altre: la solidarietà data a “Vetriolo”, la decisione di ripubblicare alcuni articoli sotto accusa, nonché quella di pubblicare le lettere dal carcere di Alfredo, di Michele dai domiciliari e di Francesco sull’Operazione Sibilla, il qualificarsi come i continuatori di “Vetriolo” (ma questo lo ha deciso il romanziere, che come sempre lo racconta ma non lo prova), dimostrerebbe agli occhi degli inquisitori che i compagni della redazione di “Bezmotivny” avessero la cognizione psicologica (il dolo) di commettere reato di istigazione a delinquere. Se ci fosse in giro ancora qualche sincero democratico, arrivati a questo punto ricorderebbe che per due volte il tribunale del riesame di Perugia ha annullato quelle misure cautelari. Ma tanto non basta e due compagni di “Vetriolo” vengono di nuovo inquisiti nella nuova operazione, sostanzialmente bissando le stesse accuse mosse loro nella precedente.
Tutto questo indubbiamente fa sorridere, ma non dobbiamo pensare che di per sé la cialtronaggine di Digos, Procura e Gip indichi un rapido eclissarsi del teorema. Non bisogna mai sottovalutare la pericolosità degli stolti. Per dirla con Oscar Wilde, meglio non discutere con un idiota, ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza. Sebbene esposto in una forma grammaticalmente illetterata e politicamente analfabeta, il sottotesto di questa operazione repressiva è molto chiaro: un attacco diretto alla solidarietà e alle idee anarchiche.
Insomma, parafrasando Ennio Flaiano, la situazione è grave ma non è seria.
L’avvitamento ossessivo su Alfredo Cospito ne dice qualcosa. Il compagno è stato trasferito in 41 bis. Chi ha pubblicato libri e giornali con lui è stato arrestato. Chi ha dato solidarietà a quei compagni, viene a sua volta arrestato (anche se questi nel frattempo vengono scagionati). Se tocchi i fili muori, ci sta dicendo lo Stato. La mattina dell’8 agosto si è raggiunto il culmine di questa strategia di rappresaglia di Stato con il sequestro di una tipografia commerciale di Avenza (Carrara). Come a dire: guai a chi ha a che fare con gli anarchici, fosse pure una transazione professionale. Dovete stargli alla larga, altrimenti passerete dei grossi guai! Si vergogni il signor Manotti e si ricordi, la prossima volta che va a fare un processo con la DIA, che quello che ha fatto ad Avenza non ha niente da invidiare all’etica mafiosa.
Dall’altro lato, le affermazioni di chi si dissocia vengono capitalizzate dagli inquisitori e vengono a far parte di un importante pezzo di inchiesta. E così troviamo la Digos di La Spezia sbavare dietro alle accuse de relato contro i nostri compagni, ricalcando per l’ennesima volta la strategia di dividere gli anarchici in «buoni» e «cattivi». Rafforzando l’inchiesta con gli atti scellerati di coloro che, al contrario, la tipografia ai nostri compagni l’hanno negata.
A tutto questo si reagisce continuando sulla nostra strada. Bisogna avere cognizione della gravità del momento, ma non possiamo permetterci di farci schiacciare in un’ottica meramente difensiva di fronte alle operazioni repressive. Tutta la storia di “Bezmotivny” ci dice l’esatto opposto. Il giornale, pur non negando mai la solidarietà ed esprimendosi con coraggio dalla parte degli indifendibili, dei rivoluzionari, dei prigionieri, pagando un prezzo altissimo per questo, ha tenuto negli anni una linea editoriale che, lungi da ogni forma di specialismo anticarcerario, ha in primo luogo qualificato positivamente quell’autodefinizione di giornale internazionalista.
Sulle colonne di “Bezmotivny” internazionalismo non ha significato solamente pubblicare le notizie dei prigionieri anarchici nel mondo e le rivendicazioni delle azioni anarchiche nel mondo. L’internazionalismo è anzitutto una posizione teorica-pratica ben precisa: significa avere una lettura delle relazioni internazionali di ostilità nei confronti di ogni Stato e di ogni interesse capitalistico nazionale. Sulla guerra in Ucraina, “Bezmotivny” è stata una voce quasi solitaria in difesa delle posizioni internazionaliste intransigenti: contro ogni Stato, a partire dal nostro; quindi per la sconfitta dell’Italia e dei suoi alleati; per la sconfitta della NATO; ribadendo che il nostro nemico non è a Mosca, ma a Roma; tutto questo senza abbandonare quegli anarchici che in Russia e in Bielorussia combattono contro il loro Stato e il loro capitalismo, pubblicando le rivendicazioni delle loro azioni. Con queste posizioni abbiamo condiviso insieme e ne siamo orgogliosi le manifestazioni del 25 aprile a Spoleto e del 1 maggio a Carrara nel 2022 – manifestazioni che sono naturalmente diventate altri capi d’accusa per 414 c.p..
Vogliamo che tutto questo vada avanti.
Lo vogliamo a dispetto delle minacce della magistratura, lo vogliamo perché a difesa della nostra sedicente «libertà di parola» la sola cosa sensata da fare è continuare ad utilizzarle, le parole. Facciamo appello al movimento anarchico affinché ci si assuma collettivamente la responsabilità di stampare un nuovo numero di “Bezmotivny”. Un numero che naturalmente sia di risposta e di provocazione verso l’ordine di censura, ma che allo stesso tempo porti avanti tutte quelle tematiche che il quindicinale di Carrara ha sviluppato in questi anni. Perché ogni passo indietro che facciamo oggi, faticheremo molto a recuperarlo domani. Soprattutto perché di quelle idee c’è urgente bisogno.
La storia ci insegna che la censura non paga mai, che dei censori ci si dimentica mentre le opere che si volevano far sparire dalla circolazione sono loro a diventare eterne. A chi nella testa ha indici di proscrizione non abbiamo niente da dire. D’altronde siete troppo stupidi per capire.

Contro la censura, perseveriamo nella propaganda anarchica!
Se provate a tapparci la bocca, vi morderemo la mano!
Solo merda per chi compila indici di proscrizione!
Difendiamo la stampa anarchica continuando a farla uscire!

Circolo Anarchico “La Faglia”
via Monte Bianco 23, Foligno
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t.me/circoloanarchicolafaglia