Trento: sentenza della “operazione senza nome”
Partiamo da una nota positiva. Ieri, 9 febbraio, sono state finalmente tolte le misure cautelari nei confronti di Agnese (obbligo di firma) e di Massimo (arresti domiciliari). Quest’ultimo, quindi, dopo due anni e tre mesi tra detenzione domiciliare e arresti domiciliari, è di nuovo libero.
L’8 febbraio, il tribunale di Trento ha emesso la sentenza di primo grado dell’“operazione senza nome” (https://ilrovescio.info/2022/02/26/trentino-operazione-repressiva-e-nuove-misure-contro-anarchici/ e https://ilrovescio.info/2022/03/05/comunicati-e-testi-di-solidarieta-riguardo-lultima-operazione-repressiva-in-trentino/). Juan è stato condannato a 3 anni, sei mesi e 20 giorni di reclusione (nonché a una multa da 8mila euro) per «atto con finalità di terrorismo» in relazione all’attacco contro il tribunale di sorveglianza di Trento avvenuto nel 2014. Agnese è stata condannata a 2 anni di reclusione per «procurata sottrazione alla pena» e per «fabbricazione di documenti falsi» in relazione alla latitanza di Juan. Massimo è stato condannato a 1 anno, un mese e 10 giorni per «tentata estorsione» in relazione al tentativo di far trasmettere da Radio 80, nell’aprile del 2020, un comunicato sulla strage e sulle torture avvenute nelle carceri italiane e in solidarietà con i prigionieri in lotta. La Procura aveva chiesto rispettivamente 5 anni per Juan, 3 anni per Agnese e 4 anni per Massimo (si trattava di un processo in abbreviato, per cui le richieste di pena erano già scontate di un terzo).
Questa la lista. Per il momento, solo qualche rapida considerazione.
È la prima volta che, in una sentenza emessa in Trentino, un danneggiamento – come quello avvenuto contro il tribunale di sorveglianza – viene aggravato dalla «finalità di terrorismo». Aggiungiamo che la pretesa «prova del DNA» contro Juan era stata completamente smontata dal perito della difesa. Il sillogismo tribunalizio è stato il seguente: visto che Juan è stato condannato a 28 anni con l’accusa di aver piazzato una pentola esplosiva davanti alla sede trevigiana della Lega, è stato lui a piazzare anche quella contro il tribunale di sorveglianza trentino quattro anni prima.
Sillogismo simile quello applicato contro Agnese. Visto che era già stata condannata per «fabbricazione di documenti falsi» nel processo “Renata”, i documenti falsi trovati a Juan in occasione della sua cattura di sicuro li ha fabbricati Agnese.
Ma l’aspetto più grottesco della sentenza di due giorni fa riguarda senz’altro la vicenda della radio. Benché sia caduta – troppa grazia – l’aggravante di «terrorismo», i giudici hanno confermato l’accusa di «tentata estorsione» nei confronti di Massimo. La difesa ha ben fatto notare che quella di estorsione è una nozione inequivocabilmente economica, lontana anni luce da un’iniziativa vòlta a far emergere, in pieno confinamento, cosa stava accadendo nelle carceri. Ma quando i fatti contraddicono la logica inquisitoriale, tanto peggio per i fatti.
Segnaliamo inoltre che Stecco, accusato dello stesso reato di Agnese, era già stato stralciato dal processo durante l’udienza precedente in quanto irreperibile, e sarà processato a parte.
Fuori dal tribunale, si è svolto un presidio in solidarietà con i compagni sotto processo e al fianco di Alfredo Cospito.
Fuori Alfredo dal 41 bis!
Solidarietà con Juan, Agnese, Stecco e Massimo!