L’antimilitarismo anarchico e i miti sulla guerra in Ucraina

 

Pubblichiamo questo importante contributo uscito su di un blog anarchico ceco nel mese di settembre. Si tratta di un testo molto chiaro nel posizionamento, articolato nel ragionamento e ampio nella panoramica delle prese di posizione a livello internazionale. Un contributo da leggere, da discutere e, soprattutto, da mettere in pratica. Quattro mesi dopo la stesura di questo testo, il conflitto tra NATO e Russia assomiglia sempre di più alla prova generale della Terza Guerra Mondiale.

Qui la fonte in italiano: https://www.autistici.org/tridnivalka/antimilitarismus-lantimilitarismo-anarchico-e-i-miti-sulla-guerra-in-ucraina/

Qui il testo in pdf: Antimilitarismo anarchico – ITA -odt

L’antimilitarismo anarchico e i miti sulla guerra in Ucraina

Introduzione di “Guerre de classe”

Consideriamo il seguente testo del blog antimilitarismus.noblogs.org uno dei più importanti contributi dell’anarchismo ceco contro la guerra e tutti i guerrafondai, che purtroppo abbondano anche nel movimento anarchico.

Il modo in cui il testo presenta i vari argomenti contro i miti sulla guerra che prevalgono nel movimento anarchico e come li raccoglie in un complesso organico di una posizione rivoluzionaria disfattista, il vigore con cui si oppone alle varie pseudo-ragioni per cui il movimento anarchico dovrebbe sostenere la guerra o una delle parti in conflitto, l’insistenza con cui sostiene la trasformazione del conflitto imperialista in un conflitto di classe come unica strada possibile verso la rivoluzione sociale e quindi l’unica vera pace, tutto ciò ne fa, dal nostro punto di vista, un documento estremamente importante del movimento rivoluzionario contemporaneo contro la guerra, anche su scala internazionale.

Tuttavia, noi costruiremmo alcune argomentazioni e giustificheremmo alcune posizioni in modo un po’ diverso, pur con la stessa conclusione: guerra alla guerra. Vorremmo qui sottolineare la categorizzazione ideologica che rimane nel testo, secondo la quale la dittatura del Capitale si articola intorno ai poli “democrazia” e “dittatura” (cfr. miti 10 e 29), categorizzazione che tende a eludere la natura profonda della dittatura sociale del Capitale che è appunto e realmente la democrazia (cioè la SUA democrazia!) come negazione dell’antagonismo di classe e della sua conflittualità.

Aggiungiamo al testo che le linee di conflitto tra il sostegno “critico” a una delle parti in conflitto e il disfattismo rivoluzionario non attraversano solo il movimento anarchico, anche se è al movimento anarchico che il testo fa riferimento. Gli stessi “miti”, gli stessi atteggiamenti e le stesse discussioni si trovano nel campo dell’ultra-sinistra in tutto il mondo. Anche lì, i rivoluzionari devono definirsi contro coloro «che sono i primi a rilasciare innumerevoli proclami e pubblicazioni con temi antimilitaristi in un momento in cui la guerra è dall’altra parte del mondo, ma quando arriva alle loro porte, iniziano a riprodurre la propaganda di guerra».

Per questo, insieme agli autori del testo, dobbiamo ribadire più volte «che essere antimilitaristi aveva senso durante la Prima Guerra Mondiale, così come ha senso nel caso dell’attuale guerra in Ucraina».

L’antimilitarismo anarchico e i miti sulla guerra in Ucraina

Originale in ceco (nonché traduzioni in inglese e in francese): https://antimilitarismus.noblogs.org/

«Noi anarchici, ovunque viviamo e qualunque lingua parliamo, siamo solidali con gli sfruttati, ovunque si trovano, e con chi vive nelle terribili condizioni della guerra. Sentiamo il dovere di sostenere ed essere solidali con le voci dei civili ma non con i partiti politici, i governi e gli Stati».1

Questo testo è un tentativo di riflettere criticamente sulle attuali tendenze militariste presenti nel movimento anarchico. Allo stesso tempo, propone prospettive antimilitariste come un modo di affrontare la guerra non solo in senso teorico, ma anche per sabotarla in pratica. È sorprendente come molte persone che si dichiarano anarchiche, con lo scoppio della guerra in Ucraina abbiano abbracciato la propaganda democratico-borghese e sostengano la mobilitazione bellica coordinata dallo Stato ucraino. Condividiamo pienamente la preoccupazione degli anarchici di Oakland, San Francisco, New York e Pittsburgh che nella loro dichiarazione hanno affermato: «Non abbiamo alcun desiderio di sentire ulteriori appelli militaristi all’escalation delle guerre interimperialiste tra gli anarchici». Siamo lieti che questa voce indignata si senta anche in altre parti del mondo, comprese le regioni dell’Europa centrale e orientale. I propagandisti della guerra cercano di rendere questa voce invisibile, di soffocarla, di emarginarla, ma essa riemerge sempre, come dimostra questo nostro contributo.

«La guerra frontale convenzionale tra eserciti contrapposti (…) è un tipo di lotta in cui si impegnano gli Stati che, richiedendo la riproduzione di forme organizzative statali, non può coesistere con la lotta rivoluzionaria», ha affermato il gruppo Antagonism2 in una delle sue analisi. Siamo d’accordo e vogliamo sviluppare la nostra critica al sostegno a una delle parti in conflitto in questo spirito, senza tuttavia perdere di vista le persone colpite dalla guerra.

La nostra riluttanza a sostenere qualsiasi tipo di esercito o di lotta militare non è una posizione moralistica passiva. Il rifiuto è anche un impegno attivo in forme di lotta diverse da quella militare, che vede i problemi da una prospettiva di classe e non da una prospettiva patriottica, nazionalista o liberaldemocratica. Non rinunciamo al nostro sostegno alle persone massacrate, traumatizzate e private delle loro case dalla guerra. Semplicemente non condividiamo la propaganda militarista che presenta il coinvolgimento in guerra come un modo costruttivo di sostenere queste persone. Non incoraggiamo le persone a non resistere all’aggressione imperialista. Ma le stiamo avvertendo che in guerra si combatte sempre contro alcuni aggressori, mentre ci si schiera con altri fornendo loro i mezzi per future aggressioni. Per questo motivo vediamo l’unica via d’uscita nella trasformazione della guerra interimperialista in una lotta rivoluzionaria, o guerra di classe.

In questo testo cerchiamo di chiarire le nostre argomentazioni confutando polemicamente i miti che leggiamo e sentiamo quando diverse persone commentano la guerra in Ucraina. Purtroppo, questi miti sono alimentati da alcuni di quelli che si dichiarano anarchici. D’altra parte, è gratificante vedere che ci sono anche molti che condividono le nostre posizioni antimilitariste, internazionaliste e rivoluzionarie-disfattiste. Ne citiamo alcuni nel nostro articolo per sottolineare il fatto che l’antimilitarismo è ancora attuale e non è solo una visione superata di teorici anarchici morti da tempo.

Alcuni anarchici dell’Europa centrale (settembre 2022)

«Nessuna battaglia può essere vinta sui libri, e la teoria senza la pratica è morta» (Immanuel Kant)

Mito 1: Non stiamo combattendo una guerra per lo Stato, ma in difesa del popolo sotto il fuoco dell’esercito imperiale.

È interessante notare come gli argomenti a sostegno della mobilitazione militare stiano gradualmente cambiando, anche se il contenuto è sempre lo stesso. Prima abbiamo sentito dire che gli anarchici nell’esercito ucraino proteggono solo le vite dei civili, ma non difendono nessuno Stato. Dopo poche settimane, si parlava già di un’alleanza tattica temporanea con le forze dello Stato, senza la quale si diceva che sarebbe stato impossibile proteggere la popolazione civile. Ora parlano di nuovo apertamente di lotta per la democrazia liberale, cioè per una particolare forma di Stato.

Tutte queste formulazioni sono destinate a convincerci che è possibile condurre una guerra borghese coordinata dalle strutture statali, ma di evitare di rafforzare queste strutture e quindi di non condurre una lotta per gli interessi della borghesia. È sempre necessario vedere ciò che sta realmente accadendo, che in alcuni casi non corrisponde a ciò che i partecipanti diretti o gli osservatori sostengono che stia accadendo. Gli anarchici nelle unità dell’esercito ucraino stanno effettivamente combattendo per lo Stato, e la loro affermazione che ciò non sta accadendo non corrisponde alla realtà. Sembra più un tentativo disperato di gestire le contraddizioni, o peggio, di dare l’impressione che in realtà non ci sono contraddizioni.

«La partecipazione degli anarchici a questa guerra come parte delle formazioni armate operanti in Ucraina, la consideriamo una rottura con l’idea e la causa dell’anarchismo. Queste formazioni non sono indipendenti, sono subordinate all’esercito ucraino e svolgono i compiti stabiliti dalle autorità. Non sollevano questioni o rivendicazioni sociali. Le speranze di portare avanti un’agitazione anarchica tra loro sono dubbie. Non c’è rivoluzione sociale da difendere in Ucraina. In altre parole, coloro che si definiscono anarchici vengono semplicemente inviati a “difendere la madrepatria” e lo Stato, svolgendo il ruolo di carne da cannone per il Capitale e rafforzando i sentimenti nazionalisti e militaristi tra le masse».3

«Va notato che diversi anarchici ucraini si sono arruolati nell’esercito per ragioni diverse. Black Flag cercò di promuovere l’agenda anarchica nel movimento militare e più in generale di difesa. Consideriamo la loro esperienza generosa, anche se fallimentare, e le ipotesi al riguardo sono state espresse da noi in un’intervista4 dei primi giorni di guerra. Altri, al contrario, preferiscono proteggere lo Stato ucraino dagli attacchi degli anarchici – quindi, li trattiamo negativamente come trattiamo lo Stato come tale.

A parole, tutti loro non sono per lo Stato, ma solo per il popolo ucraino, tuttavia non possono usare in modo rivoluzionario neppure tale retorica gesuita. Se vuoi aiutare le Forze Armate, molti dei cui soldati non hanno nemmeno protezioni personali, per non parlare di altre munizioni – ok, aiutali, prendi contatti utili per il dopoguerra, come Malatesta ha sostenuto i ribelli cubani contro la Spagna e quelli libici contro l’Italia… Ma perché se persino gli oppositori di destra di Zelensky non si fanno scrupolo nel denunciare ogni volta queste ingiustizie per minare la fiducia nelle autorità ucraine, questi al contrario difendono solo gli interessi dello Stato ucraino nei circoli libertari? Coloro che non vogliono obbedire a nessun governo non hanno ragioni per vedere tali gruppi come una vera alternativa ad esso, e coloro che amano lo Stato non hanno bisogno di questo esotismo schizofrenico – ci sono normali partiti e movimenti nazionalisti per loro».5

Mito 2: Senza operazioni militari, sarebbe impossibile proteggere le vite della popolazione ucraina e resistere all’impero russo.

È perfettamente legittimo proteggere le vite degli abitanti delle città bombardate. Tuttavia, farlo sotto forma di guerra convenzionale significa effettivamente proteggere l’integrità di uno Stato o di un altro. Inoltre, è discutibile sostenere che in questo modo si possa salvare il massimo numero di vite. La continua mobilitazione bellica porta al progressivo incrudelimento della guerra e il bilancio delle vittime aumenta. Allo stesso tempo, rimanere nel luoghi del bombardamento aumenta il rischio di morte. Inoltre, è possibile fermare i bombardamenti in modi diversi dall’invio delle proprie truppe al fronte.

L’esercito ucraino ha scelto un conflitto militare frontale che, per sua natura, non può svolgersi senza che le persone muoiano in gran numero. Non impegnarsi in una forma di lotta bellica, tuttavia, non significa sacrificare la popolazione bombardata, perché non si tratta semplicemente di rifiutare di combattere, ma anche di organizzare forme di protezione non bellica per le vite a rischio. Alcuni organizzano lo spostamento delle persone più a rischio in luoghi sicuri. Altri attaccano il potere economico, politico e militare dell’impero russo, spesso da varie località del mondo.

Gli effetti della propaganda militarista sono devastanti. Alcune persone sono arrivate a credere che la guerra condotta dallo Stato sia il modo migliore per salvare vite umane, e per di più, secondo loro, l’unico modo.

«Ci rifiutiamo di entrare in questa logica mortale e siamo al fianco di tutti i coraggiosi oppositori che in Russia e in Bielorussia, nonostante la brutale repressione della polizia, si oppongono a questa follia bellica.

Siamo solidali con tutte le diserzioni e chiediamo all’Europa di aprire le frontiere a tutti quelli che fuggono o si rifiutano di partecipare alla guerra».6

«Oh, la copertura completa del boicottaggio contro la guerra, del sabotaggio e di altre azioni dirette è l’argomento principale della nostra rubrica internazionale in inglese7 fin dai primi giorni dell’invasione su vasta scala. Insieme a questo, dovremmo capire che l’unità nazionale degli ucraini attorno al potere di Zelensky si basa solo sulla paura di una minaccia esterna. Pertanto, gli atti sovversivi contro la guerra in Russia sono indirettamente una minaccia anche per la classe dominante ucraina, ed è per questo che consideriamo un atto internazionalista sostenere queste azioni con l’informazione».8

Mito 3: L’Impero russo può essere sconfitto solo con la forza militare.

La stabilità dell’impero non è garantita solo dalla superiorità militare, ma soprattutto dalla base economica da cui dipende la macchina militare. Gli altri pilastri sono le strutture politiche e l’ideologia prevalente della classe dirigente.

L’impero russo cerca le condizioni più favorevoli in termini di commercio internazionale e influenza geopolitica. In questo senso, il suo potere si estende in tutto il mondo, non solo nelle regioni della Federazione Russa. Non è necessario essere sul fronte di guerra per minare la base dell’impero. Ad esempio, i bombardieri dell’esercito russo possono essere fermati tagliando loro le risorse di cui hanno bisogno per operare. Le risorse possono essere espropriate, distrutte, disattivate o bloccate. Le possibilità sono molte.

«Il nazionalismo e gli armamenti non sono mai risposte sociali emancipatrici, soprattutto in queste circostanze. Non forniscono alcuna prospettiva al di là della miseria; al contrario, la perpetuano e la approfondiscono. Rifiutiamo la militarizzazione del discorso pubblico e il riarmo. Non speriamo in un aumento degli armamenti, che non fanno altro che promuovere la competizione capitalistica, le corse agli armamenti globali e i conflitti regionali. La nostra prospettiva è la diserzione e lo smantellamento di tutte le attrezzature belliche».9

«La questione non è come una popolazione civile caotica e ribelle possa sconfiggere gli eserciti ben organizzati e disciplinati degli Stati capitalisti in una feroce battaglia con la forza delle armi, ma come un movimento di massa possa dall’interno paralizzare la capacità dei militari di combattere efficacemente, causando il collasso e la disintegrazione delle forze armate dello Stato».10

«(…) dopo che le truppe russe hanno per lo più perso il loro potenziale offensivo, un’ondata di malcontento sociale ha iniziato a manifestarsi anche in Ucraina (…)».11

«La domanda più importante per noi rivoluzionari e internazionalisti è: come possiamo, come classe operaia, diffondere l’opposizione a questa guerra e mostrare solidarietà a quelli della nostra classe che sono sotto il fuoco a morire per gli interessi del capitale? Il disfattismo non è pacifismo, non può permettersi di esserlo: è una difesa attiva della comunità e una resistenza all’idea di vittoria capitalista o di pace capitalista.

La pace che immaginano, se mai l’industria delle armi e il capitale la consentiranno, è già predefinita come un conflitto militare congelato o in corso. Un mulino redditizio e implacabile, che macina i corpi dei lavoratori per alimentare il potere del milionario Zelensky, sostenuto dall’Occidente, e del dittatore cleptocratico Putin».12

Mito 4: La popolazione ucraina è sotto il fuoco di un esercito russo ben armato, quindi la difesa non sarà possibile senza il supporto di armi da parte dei governi della NATO e dell’Unione Europea.

L’invasione militare dell’imperialismo di Putin può e deve essere combattuta con mezzi diversi dalla guerra. Il problema dell’argomentazione a favore della guerra è che riduce la difesa dall’aggressione imperiale a una sola opzione, la più rischiosa: lo scontro militare frontale. Non tiene in alcun conto la possibilità di disintegrare le forze militari dall’interno, direttamente da quelli che vengono reclutati per la guerra. In tutte le guerre, prima o poi si manifestano non solo tendenze alla diserzione, ma anche vari tipi di sabotaggio da parte di soldati comuni che hanno semplicemente smesso di credere che ci sia una ragione legittima per il loro impiego. Questi sabotaggi non richiedono risorse costose o armi pesanti. Tuttavia, i loro effetti distruttivi possono mettere fuori uso mostruose macchine militari o ritardare significativamente l’avanzata delle unità militari. Questi sabotaggi sono così facili da realizzare proprio perché vengono eseguiti direttamente dai membri delle unità militari, che di solito hanno un accesso relativamente facile ai punti vulnerabili delle attrezzature e delle infrastrutture belliche. A volte basta un solo dado inserito nella trasmissione.

Il problema rimane il fatto che viene speso troppo impegno nella propaganda di guerra, che dipinge tutti i soldati russi come fanatici sostenitori del regime di Putin. Sebbene trapelino informazioni sui soldati russi che non vogliono più andare in guerra, pochissime risorse sono destinate all’agitazione e alla creazione di reti per incoraggiarli a disertare e a sabotare lo sforzo bellico. Se ci sono innumerevoli iniziative per sostenere i rifugiati civili, dovrebbero essercene abbastanza per garantire la sicurezza di disertori e sabotatori. Finché lo spirito della propaganda di guerra considera tutti i soldati come fedeli fanti dello Stato, i soldati di rango saranno poco incentivati a sabotare.

Possiamo guardare all’esempio dei Makhnovisti, che conducevano un’agitazione nei ranghi degli eserciti avversari (sia bianchi che rossi), aumentando così la frequenza di diserzioni, defezioni, sabotaggi o del rivolgere le armi dei soldati comuni contro gli ufficiali. La facilità e l’efficacia delle tattiche di sabotaggio interno sono illustrate dall’esempio del sabotaggio nell’esercito americano durante la guerra del Vietnam.

Per citare il testo “Olive-Drab Rebels” [Ribelli cachi]:

«Il sabotaggio era una tattica estremamente utile. Il 26 maggio 1970, la USS Anderson si stava preparando a partire da San Diego verso il Vietnam. Ma qualcuno aveva fatto cadere dadi, bulloni e catene sull’albero dell’ingranaggio principale. Si verificò un grave guasto che causò danni per migliaia di dollari e un ritardo di diverse settimane. Diversi marinai furono accusati, ma per mancanza di prove il caso fu archiviato. Con l’intensificarsi del coinvolgimento della Marina nella guerra, il livello di sabotaggio crebbe. Nel luglio del 1972, nel giro di tre settimane, due portaerei della Marina furono messe fuori servizio da un sabotaggio. Il 10 luglio, un incendio di vaste proporzioni travolse gli alloggi dell’ammiraglio e il centro radar della USS Forestall, causando danni per oltre 7 milioni di dollari. Questo ritardò il dispiegamento della nave per oltre due mesi. Alla fine di luglio, la USS Ranger era attraccata ad Alameda, in California. Pochi giorni prima della partenza prevista per il Vietnam, un raschietto per vernici e due bulloni da 12 pollici sono stati inseriti negli ingranaggi di riduzione del motore numero quattro, causando quasi un milione di dollari di danni e costringendo a un ritardo di tre mesi e mezzo nelle operazioni per le riparazioni. Il marinaio accusato del caso è stato assolto. In altri casi, i marinai hanno gettato attrezzature dalle fiancate delle navi mentre erano in mare».13

«(…) alla NATO non interessano più o meno libertà per la popolazione ucraina, ma linee geopolitiche di difesa, mercati e sfere di influenza, e per queste sarà disposta a mettere in moto miliardi di euro e cartucce».14

Mito 5: Gli anarchici in Ucraina non possono combattere se non arruolandosi nell’esercito, perché non esiste un movimento operaio di massa con i mezzi e la capacità di organizzarsi in modo anarchico.

Secondo questa logica, quindi, potremmo sostenere che i lavoratori di tutto il mondo dovrebbero recarsi alle urne, iscriversi a partiti parlamentari e chiedere alla polizia e ai tribunali di risolvere le controversie con i datori di lavoro fino a quando non avranno la capacità di opporsi all’intero sistema democratico-burocratico con proprie forme di organizzazione di massa. È un’assurdità. È come se ci dicessero che oggi dobbiamo allearci con lo Stato ucraino per poterlo combattere in seguito.

In realtà, la disparità di forze tra lo Stato e i lavoratori esiste anche nei Paesi in cui esistono movimenti di massa della classe operaia. Gli anarchici non possono aspettare che la bilancia del potere penda a loro favore. È proprio lottando ogni giorno al di fuori delle strutture dello Stato e nonostante esse che possono cambiare l’equilibrio delle forze. Al contrario, affidarsi alle alleanze con lo Stato aiuta a consolidare la sua stessa posizione. Inoltre, questo viene fatto con l’aiuto di coloro che possono anche definirsi contrari, ma solo in senso retorico, non pratico.

Gli anarchici hanno sempre sostenuto che i mezzi devono corrispondere ai fini. Attraverso le strutture stataliste non è possibile raggiungere altro che gli obiettivi statalisti. Non si può costruire un movimento di massa esortando i lavoratori ad allearsi con gli organi dello Stato, perché così facendo impareranno ad accettarli e a sostenerli piuttosto che a definirsi contro di loro e a sovvertirli. Attraverso ogni alleanza con lo Stato, gli operai indeboliscono gradualmente la tendenza a fare affidamento sulle proprie forze e risorse. Perdono la convinzione di poter ottenere qualcosa con l’auto-organizzazione e quindi alimentano la convinzione di essere impotenti senza l’aiuto dello Stato.

Il capitolo successivo potrebbe essere un elenco di tutte le concessioni che dovrebbero essere fatte perché tale alleanza abbia luogo, mentre lo Stato fa solo una piccola concessione nel senso di “vi tollererò temporaneamente”. Ma non dà alcuna garanzia che quando, con l’aiuto degli anarchici, raggiungerà i suoi obiettivi, questa concessione non si trasformerà in una tendenza al “non ho più bisogno di voi. Quindi, come potenziali avversari, posso e voglio eliminarvi subito”.

«Putin sta cercando di estendere il suo dominio autocratico, schiacciando qualsiasi movimento di ribellione o resistenza dentro e fuori. Ora tutti i democratici occidentali cantano in coro per la difesa della libertà e della pace, ma si tratta di un’ipocrisia orchestrata: i democratici che ora invocano la pace, e le cui “operazioni di pace”, alias guerre di aggressione, rafforzano i rapporti coloniali di potere e sfruttamento con droni, bombe e occupazioni, sono gli stessi che forniscono armi ai dittatori e ai torturatori, e sono direttamente o indirettamente responsabili di massacri di rifugiati e insorti».15

«Esempi di azioni pratiche che gli anarchici possono intraprendere contro la guerra includono il contrasto alla propaganda a favore della guerra, l’azione industriale, il sabotaggio, il sostegno ai rifugiati, il mutuo soccorso e la lotta al sistema di controllo dell’immigrazione che impedisce alle persone di lasciare le zone di guerra e di stabilirsi dove vogliono, costringendole a loro volta ad affidarsi ai trafficanti di esseri umani».16

Mito 6: Non partecipando alla guerra, la classe operaia rinuncia alle armi che può usare per difendersi.

Rifiutare di sostenere la guerra borghese non significa rinunciare alle armi. Ma è importante rispondere alla domanda strategica: contro chi e come usare le armi? In questa guerra vengono utilizzati contro un blocco imperiale attualmente più aggressivo, in difesa di un altro blocco imperiale. La classe operaia viene trascinata in guerra e subisce le perdite maggiori. Questo uso delle armi è controproducente.

Ma se le armi vengono rivolte contro la borghesia, gli ufficiali militari o le strutture del potere statale (quello russo come quello ucraino), non abbiamo alcun problema. Fortunatamente, possiamo vedere casi simili anche su entrambi i lati della linea di guerra. Se la classe operaia deve versare del sangue, lo fa solo per i propri interessi, il che non equivale a sanguinare per la patria, la nazione, la democrazia o la ricchezza borghese.

Lo Stato ucraino si assicura che le forze armate siano sotto il comando centrale delle sue autorità e dell’esercito, a cui si sottomettono anche quegli “anarchici” che hanno sconsideratamente ceduto alla tendenza militarista. Si può presumere che, anche se l’esercito russo sarà sconfitto militarmente, lo Stato ucraino cercherà di disarmare la popolazione, che ora si sta armando sotto l’occhio vigile delle autorità statali. In passato, ogni volta che uno Stato permetteva agli anarchici di armarsi in misura maggiore, faceva poi tutto il possibile per disarmarli. Più di una volta gli anarchici hanno svolto il ruolo di utili idioti che hanno combattuto per gli interessi dello Stato e della borghesia, definiti erroneamente come interessi della classe operaia, per poi finire, dopo aver combattuto le loro battaglie, nelle carceri e nelle camere di tortura, davanti ai tribunali e sui campi di esecuzione delle stesse istituzioni che li hanno riforniti di armi.

«Di fronte agli orrori della guerra, è molto facile commettere un errore e invocare impotentemente la pace. Tuttavia, la pace capitalista non è pace. Questa “pace” è in realtà una guerra diversamente etichettata contro la classe operaia. In questa situazione, una posizione antimilitarista coerente implica sforzi diretti per fermare la guerra capitalista (…).

Poiché il compito di tutti i rivoluzionari in tempi di guerre capitaliste è quello di lottare contro la classe dominante e i suoi crimini militaristi, l’Iniziativa Anarco-Sindacalista continuerà a concentrarsi in questo contesto sulla resistenza a tutte le forze imperiali e capitaliste in Serbia, sulle quali la NATO ha attualmente l’influenza più forte. Lotteremo anche contro tutti i tentativi di abbandonare lo status di neutralità e di schierarsi nelle guerre condotte contro i popoli di tutto il mondo.

Allo stesso tempo, invitiamo i soldati di tutte le parti in guerra a rifiutare i comandi dei loro ufficiali e a disattivare l’amministrazione di tutti gli eserciti capitalisti. Chiediamo agli abitanti degli Stati in guerra di opporsi alla guerra e di sabotare il più possibile gli sforzi bellici dei “loro” Stati».17

«Se gli anarchici ucraini ora scelgono di difendersi con le armi – loro stessi e i loro vicini, non lo stato ucraino – allora siamo solidali con loro. Ma una posizione anarchica contro la guerra – anche contro una guerra di aggressione imperialista – non deve degenerare nella difesa di uno stato e della sua democrazia – o diventare una sua pedina. Non scegliamo la parte del male minore o quella dei governanti più democratici – perché anche queste stesse democrazie sono interessate solo alla propria espansione di potere e sono anch’esse costruite sulla repressione e sull’imperialismo».18

«Gli anarchici sono contro il militarismo non perché sono tutti pacifisti. Non hanno nulla contro il simbolo dell’arma, né possono accettare una condanna della lotta armata in generale, per usare qui questo termine strettamente tecnico che meriterebbe una larga riflessione. Invece sono pienamente d’accordo per un uso particolare delle armi: quale? Quello dove questi oggetti vengono usati per liberarsi, perché non sarà possibile nessuna liberazione in forma pacifica. Perché chi detiene il potere non sarà mai così cortese da mettersi da parte, in santa pace, senza resistere e senza cercare di mantenerlo a qualunque costo».19

«Portando alle estreme conseguenze un’analisi sulle nostre possibilità effettive di lotta non ci allontaniamo dall’impegno antimilitarista e dal problema della guerra; al contrario, siamo in grado di dare una risposta ben più precisa e significativa, un’indicazione ed un progetto di intervento ben più dettagliati di quanto non accada in questo momento che ci vede soltanto fornitori di rimasticature teoriche della classe dominante e farneticatori dozzinali di un massimalismo umanitarista che tutti possono condividere e proprio per questo nessuno è disposto a sostenere».20

Mito 7: Il coinvolgimento della popolazione ucraina nella guerra è stato forzato dall’invasione delle truppe russe.

La popolazione ucraina aveva la possibilità di scegliere, ma una parte di essa scelse l’opzione di partecipare alla guerra con la fortificazione e la difesa del territorio. Nessuno ha preso una decisione per queste persone. La scelta era legata alla forte tendenza patriottica e nazionalistica della popolazione ucraina, piuttosto che essere costretta dalle circostanze e non avere altre opzioni. In breve, i nazionalisti ucraini preferiscono scegliere la morte patriottica sul fronte di guerra piuttosto che condurre una lotta meno rischiosa ma efficace da posizioni esterne alla “patria” o all’interno del Paese, ma in modo diverso dallo scontro militare frontale.

Invece di una sconfitta militare che richiede troppe vittime, si può organizzare una resistenza diversa contro l’impero con meno vittime. Si può resistere senza morire inutilmente sul fronte di guerra.

Leggiamo di quanti soldi gli anarchici hanno raccolto per acquistare equipaggiamento militare per i soldati ucraini. Ci chiediamo quante azioni dirette di successo contro la guerra si sarebbero potute realizzare se questi fondi non fossero stati inghiottiti dalla macchina bellica? Anche da luoghi lontani dal fronte come Dresda, ad esempio, è possibile sferrare colpi all’esercito, all’economia e alla burocrazia russa. È frustrante vedere gli anarchici riversare risorse nell’esercito piuttosto che in attività che sabotano, bloccano e minano la guerra.

«Nel frattempo, il numero dell’esercito ucraino si sta avvicinando a un milione di persone, e alcune decine di combattenti sotto le bandiere nere sono una goccia nell’oceano, incapaci di dimostrare altro che la propria futilità e impotenza».21

«L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è una guerra di aggressione che rappresenta la continuazione delle politiche interne autoritarie della Russia e cerca di ottenere un potere ideologicamente legato all’epoca pre-sovietica e zarista. La guerra è anche parte della competizione capitalistica per l’egemonia, le quote di mercato e le sfere di influenza tra i blocchi di potere globale di Russia, Cina, Stati Uniti e UE.

Anche gli obiettivi geo-strategici della NATO sono guidati da questa logica competitiva. È un’alleanza militare internazionale che promuove i propri interessi. In definitiva, si tratta di un’alleanza militare di Stati, non di un’istituzione democratica di “libertà” come viene attualmente dichiarata. Non ci sono state e non ci sono guerre “umanitarie”. Ci sono solo guerre. E a questo livello di conflitto, i movimenti sociali possono solo perdere. Il loro principale nemico si quindi trova sempre nel loro stesso Paese».22

«L’orrore della guerra proiettato da lontano produce inevitabilmente ondate di rabbia, simpatia, compassione e un senso di impotenza che viene a sua volta sfruttato dai nostri padroni e dai loro Stati per incanalare ogni possibile risveglio di resistenza nel vicolo cieco della carità. Ci manipolano attraverso false scelte di parte a favore di un belligerante o dell’altro. Questa è la vera nebbia della guerra che cerca di renderci ciechi a ciò che dovrebbe essere ovvio: i padroni di entrambe le parti sono nostri nemici, mentre i lavoratori di entrambe soffrono e muoiono in attesa della nostra solidarietà di classe in azione».23

Mito 8: Partecipando alla guerra dalla parte dell’Ucraina, si difendono gli interessi della classe operaia della regione ucraina.

Chiediamoci che cosa le operazioni militari effettivamente salvano. Abbiamo già accennato a quanto sia problematica l’affermazione che si tratti di vite umane. Poi potremmo occuparci delle strutture materiali che vengono distrutte dai bombardamenti. Per chi lavora in Ucraina, si tratta principalmente di case, appartamenti, centri culturali, negozi, infrastrutture di trasporto urbano e altri servizi. Tutte queste cose sono per lo più di proprietà della borghesia o dello Stato e vengono utilizzate per accumulare profitti spremendo i lavoratori che le utilizzano. Anche se servono in parte a soddisfare i bisogni dei lavoratori, questo viene fatto sulla base di principi di sfruttamento.

Simpatizziamo con le situazioni in cui i miliziani della guerra civile spagnola hanno combattuto per salvare edifici e infrastrutture sotto il controllo dei lavoratori. Ma perché i lavoratori in Ucraina dovrebbero morire combattendo per salvare la proprietà borghese e il territorio gestito dallo Stato? I lavoratori ucraini possiedono e gestiscono solo una minima percentuale della ricchezza locale. Crediamo che la solidarietà internazionale possa fornire un’adeguata compensazione per le strutture sottratte ai lavoratori dalla guerra. Comprendiamo quanto sia difficile rinunciare a ciò che consideriamo la nostra casa e i nostri luoghi preferiti. Ma mettere in gioco le nostre vite per difendere questi luoghi ci sembra un sacrificio irragionevole, soprattutto quando sappiamo che si tratta principalmente di una difesa della proprietà dei capitalisti, nella cui gestione i lavoratori hanno una parte trascurabile.

Altri oggetti difesi sono edifici industriali e magazzini, nonché campi agricoli, miniere e imprese edili. Questi luoghi tendono a essere occupati da lavoratori, e molto prima della guerra molti lavoratori ucraini sono fuggiti da questi luoghi verso altre terre in cerca di una vita migliore. Che interesse hanno i lavoratori a difendere questi luoghi direttamente legati alla loro miseria, luoghi in cui vengono sfruttati, umiliati e stremati?

La guerra ha anche lo scopo di difendere il sistema politico ed economico esistente, cioè la particolare forma capitalistica che dipende dallo sfruttamento dei lavoratori e dal dominio dello Stato sulla popolazione. Questa guerra non mira ad altro che al funzionamento del capitalismo e non è nell’interesse dei lavoratori versare il proprio sangue in difesa di un tale stabilimento.

Non stiamo dicendo che i lavoratori ucraini non possono salvare nulla di significativo per loro facendo la guerra. È solo che vediamo che la guerra è molto più incentrata sulla protezione della proprietà e del privilegio borghese, così come dell’infrastruttura del potere statale. E questo non è nell’interesse dei lavoratori. Diciamo sì alla difesa delle vite e degli ambienti personali della classe operaia. Diciamo no alla morte e alla mutilazione in difesa della proprietà e del privilegio borghese. Nel caso della guerra in Ucraina, è soprattutto quest’ultima a essere difesa.

«Fortunatamente o sfortunatamente, siamo l’unico collettivo anarchico in Ucraina la cui fama è cresciuta in modo significativo durante questi 6 terribili mesi. Probabilmente, poiché diamo informazioni utili ai lavoratori nel loro confronto quotidiano con padroni o funzionari, e per la nostra posizione di condanna di entrambi gli Stati belligeranti. L’aggressore commette un genocidio aperto contro tutto ciò che è ucraino, la “piccola vittima democratica sofferente” mantiene la maggior parte della popolazione in ostaggio per mostrare immagini più sanguinose all’estero chiedendo più soldi e derubando i suoi sudditi con tutti i mezzi disponibili, mentre non un solo missile russo è ancora volato nel quartiere governativo – informazione vicina a coloro che non hanno nulla da difendere in questo buco tetro senza un futuro chiaro».24

«Non siamo esperti di geopolitica, nemmeno dilettanti; non siamo esperti di riserve energetiche, né industriali né agricole. In realtà, non siamo esperti praticamente di nulla, ma solo del nostro mestiere e del nostro lavoro di lavoratori. Ed è proprio questo che ci dà la legittimità di denigrare la guerra contro di noi nella realtà della classe operaia. Perché questa, anche se ci dicono il contrario, non riguarda la patria, e nemmeno i territori storici, ma il capitalismo e l’odio esacerbato di questo sistema contro il popolo, un odio che nasce dal desiderio di fare sempre più soldi e ottenere sempre più potere. Possono dirci che l’uno o l’altro è il cattivo, ma la realtà è molto più semplice: la realtà è ancora una volta ciò che la classe operaia soffre, indipendentemente dalla sua nazionalità: morte, sofferenza, emigrazione…».25

«Putin non ha invaso l’Ucraina a beneficio dei lavoratori russi. Né gli Stati Uniti né l’Europa né la NATO hanno messo le truppe sotto il naso della Russia nell’interesse dei lavoratori ucraini, europei o americani. L’espansione della NATO in Ucraina, o altrove, è un militarismo capitalista e ostile agli interessi dei lavoratori, proprio come l’offensiva militare russa è un militarismo capitalista e contro tutti i lavoratori. La presenza della NATO in Ucraina o l’invasione russa dell’Ucraina sono piani che finiscono a favore dei capitalisti mondiali. Il sangue e la vita della gente comune si stanno perdendo».26

«Se confrontiamo la parte dell’Ucraina controllata dal governo con i paesi dell’UE… Che ci crediate o no, anche il centro storico di una tipica città ucraina, compresa la nostra, può essere una cosa molto meno abitabile rispetto alle baraccopoli occidentali. Non abbiamo nulla da difendere qui, tranne i troni delle autorità e i campi delle corporazioni. Ecco perché i nostri capi hanno così paura del libero espatrio: il servizio militare per difendere le piantagioni dell’oligarchia non è l’opzione migliore per molti soldati, ma l’unico reddito disponibile in tali condizioni».27

Mito 9: Una dittatura aperta è un terreno meno favorevole all’auto-organizzazione rispetto alla democrazia liberale per la quale l’Ucraina sta combattendo.

Questa affermazione è puramente speculativa. Non si può dimostrare che la classe operaia si organizzerà di più e meglio su un terreno democratico che su un terreno non democratico. Se un simile ragionamento speculativo è accettabile nel contesto del dibattito, non può essere accettato come giustificazione del sacrificio della classe operaia in nome della guerra. Come ha ben notato il progetto Proletarchiv, «Il proletariato della Repubblica Ceca non è stato in grado di sfruttare il terreno della democrazia negli ultimi 30 anni, e in Ucraina il proletariato dovrebbe morire per il presunto terreno democratico (un’idea puramente ideologica)».28

Nel mondo possiamo vedere diversi terreni più o meno democratici o autoritari. In alcuni luoghi la lotta di classe è in declino o stagnante, in altri si sta sviluppando in qualità e quantità. Concludere che le lotte diminuiscono automaticamente nelle dittature mentre aumentano nelle democrazie è molto impreciso. Nel dibattito, tale posizione è solo il risultato di un’analisi errata. In pratica, però, significa versare il sangue di migliaia di persone giustificandolo proprio con questa analisi sbagliata.

Lottare per la democrazia liberale con la motivazione che avremo un terreno di lotta migliore è come rischiare la propria vita in una scommessa alla lotteria in cui c’è la possibilità di una grande vincita, ma non c’è nulla che elimini l’alto rischio di una tragica perdita come la morte.

«A cosa serve un terreno democratico ai proletari morti?», osserva giustamente il progetto Proletarchiv.

«Per capire come alcuni vedono il militarismo come giustificato per la difesa della “democrazia” ucraina, dobbiamo esaminare la tendenza degli anarchici e della sinistra che è, implicitamente o esplicitamente, partigiana della democrazia liberale occidentale. Questa tendenza si basa sulla convinzione che le condizioni di dominio della classe capitalista offerte dalla democrazia liberale siano più favorevoli alla lotta di liberazione. Tuttavia, ciò implica una visione progressista della storia che esclude la possibilità stessa dell’anarchia. L’anarchia è l’inseparabilità di mezzi e fini. Come hanno scritto i compagni di Ai Ferri Corti…:

Liquidare la menzogna della transizione (la dittatura prima del comunismo, il potere prima della libertà, il salario prima della presa nel mucchio, la certezza del risultato prima dell’azione, le richieste di finanziamenti prima dell’espropriazione, le “banche etiche” prima dell’anarchia, eccetera) significa fare della rivolta stessa un modo differente di concepire i rapporti.”

Non esiste un percorso “dalla democrazia alla libertà”. La vera liberazione collettiva ha solo antagonismo con la democrazia liberale».29

«Lo Stato ucraino non è “migliore”, “meno cattivo”, più o meno “fascista” o democratico dello Stato russo, perché non è qualitativamente diverso da esso, ma solo quantitativamente diverso, è più piccolo e ha meno potere imperialista, ma è altrettanto borghese e antiproletario».30

«Per quanto riguarda i collettivi che avete menzionato, le loro lamentele sulla “libera Ucraina che difende l’intero mondo civilizzato” sono troppo noiose per perdere tempo persino nella loro analisi. Su coloro che sono preoccupati per la democrazia ucraina dall’estero, possiamo solo consigliare di rinunciare alla loro cittadinanza europea/americana, richiedere la carta di residenza ucraina e trasferirsi rapidamente qui per assaporare le delizie della vita».31

«Come proletari rivoluzionari-sociali, comunisti, anarchici…, non abbiamo assolutamente nessun interesse materiale a schierarci in alcun modo con lo Stato capitalista e la sua democrazia, qualunque essa sia, con i nostri nemici di classe, i nostri sfruttatori, coloro che, con la baionetta in mano, ci hanno sempre restituito “piombo, mitraglia, prigione” quando lottiamo e scendiamo in piazza per rivendicare la nostra umanità».32

Mito 10: Il sostegno alla popolazione ucraina viene spesso negato, adducendo la presenza di forze di estrema destra, che non sono così forti nel Paese.

La semplice presenza di neonazisti e neofascisti in Ucraina non dovrebbe costituire un motivo per non farci coinvolgere nella guerra dal lato ucraino. Abbiamo ragioni completamente diverse per non sostenere la guerra. Allo stesso tempo, però, ci colpisce come le persone che presentano la guerra come una lotta per la democrazia contro la dittatura sono le stesse che minimizzano l’estrema destra ucraina. Anche prima della guerra, quest’ultima aveva una forte influenza nell’orientamento politico del Paese verso forme più totalitarie. Perché dovremmo credere che dopo la guerra questa forza e questa tendenza scompariranno per essere sostituite da un’alternativa libera?

Non serve a nulla minimizzare il problema dell’estrema destra in Ucraina con le cifre o indicando la sua debole rappresentanza in parlamento, perché è chiaro che le forze neofasciste e neonaziste vi hanno il sopravvento, soprattutto nelle strade. Ciò viene utilizzato dalle forze parlamentari per indirizzare il corso della politica governativa verso forme più autoritarie.

«Per quelli di noi che hanno avuto conflitti di vita e di morte con i neonazisti “americani” che si sono recati in Ucraina per addestrarsi, è stato esasperante vedere le contorsioni di alcuni anarchici per sminuire il dominio di fascisti e neonazisti in quel Paese. Il movimento di estrema destra ucraino si è istituzionalizzato all’interno del governo ucraino. I battaglioni neonazisti sono stati pienamente integrati nelle forze armate del Paese. Le milizie fasciste hanno formato pattuglie di strada nella capitale e in altre grandi città, sotto contratto con le amministrazioni comunali. Ex leader e membri di milizie neonaziste e gruppi paramilitari si sono affermati come “attivisti civici” e hanno sfruttato l’ossessione liberale per il discorso astratto dei “diritti umani” per infiltrarsi nel “terzo settore” ucraino come gruppo di interesse legittimo. Grazie all’accesso alle armi, alle strutture costruite nel corso di molti anni e a varie fonti di finanziamento private, statali e comunali, l’incorporazione formale (ma non completa) nello Stato fornisce all’estrema destra ucraina un potere e un’influenza senza precedenti nel contesto dell’estrema destra globale.

L’affermazione che l’estrema destra ucraina abbia ottenuto una scarsa rappresentanza parlamentare cela la crescente presenza e il potere di questo movimento non solo negli organi statali ma anche nelle strade. Come ha detto Volodymyr Ishchenko, sociologo del Politecnico di Kiev, “elettoralmente sono deboli, ma in termini extraparlamentari sono uno dei gruppi più forti della società civile. L’estrema destra domina la strada. Hanno il movimento di strada più forte d’Europa.” Il significato di questo dominio della strada dovrebbe essere chiaro agli anarchici. (…)

Non affermiamo che “l’Ucraina è uno Stato fascista”. Stiamo affermando che il potere del movimento di estrema destra ucraino (pieno di fascisti e neonazisti) cresce perché lo Stato ucraino sembra incapace o non disposto a fare di più che condividere il potere con esso. Questa divisione del potere è evidente non solo nella presenza dell’estrema destra nello Stato e nelle strade, ma anche nel tentativo dello Stato di legiferare la storia attraverso le “leggi di decomunistizzazione” approvate nella primavera del 2015».33

Mito 11: Gli anarchici sono contro le guerre, ma questa è diversa dalle altre, quindi dobbiamo essere coinvolti.

L’aspetto interessante di questo approccio è che lo vediamo in molti conflitti bellici, anche se i suoi sostenitori fingono che sia qualcosa di unico. La prima e la seconda guerra mondiale, le varie guerre di liberazione nazionale e, più recentemente, la guerra del Rojava. In tutte queste guerre, alcuni anarchici si presentano con lo stesso argomento: ci rifiutiamo di sostenere le altre guerre, ma questa è diversa e dobbiamo schierarci con una delle parti in conflitto. Ogni volta si dice che si tratta di un sostegno critico, anche se più il sostegno dura, più la criticità scompare, fino a quando alla fine vediamo solo pura propaganda di guerra, che sorvola su alcuni aspetti, ma nasconde, ignora o minimizza altri molto importanti.

La guerra in Ucraina è diversa dalle altre? Sì e no. Ogni guerra è diversa dalle altre per alcuni aspetti. Attori diversi, luoghi diversi, armi diverse, giustificazioni ideologiche diverse. Allo stesso tempo, tutte le guerre, ad eccezione della guerra di classe, sono uguali nella loro impostazione di base. Si tratta sempre di una contesa tra diversi blocchi di potere, in cui la classe operaia è ingannata da diverse ideologie che è nel suo interesse combattere da una parte o dall’altra della linea di guerra. Tutte le guerre – e quella in Ucraina non fa eccezione – sono uguali: la classe operaia sacrifica le proprie vite per gli interessi di questa o quella fazione della borghesia, ma spesso nell’ingenua convinzione di farlo a beneficio delle proprie vite.

«Supponiamo che l’Ucraina “vinca” la guerra, cosa avrà guadagnato la popolazione? L’“onore della nazione”? Libertà? Dopo la fine della guerra, Zelensky e gli “oligarchi” ucraini saranno ancora ricchi, ma solo una profonda miseria attende gli ucraini “comuni”.

(…) La stragrande maggioranza della popolazione ucraina era già povera e lo sarà ancora di più dopo la guerra. I loro interessi e quelli della classe dirigente non sono gli stessi. Proprio come in Russia. In Ucraina, i soldati russi e ucraini si uccidono a vicenda per interessi antagonisti ai loro».34

«La capitolazione di molti socialisti e anarchici al nazionalismo di Stato durante la Prima Guerra Mondiale e il conseguente danno alla lotta di classe globale rimangono uno dei più tragici ammonimenti della storia moderna. La guerra divise la sinistra radicale, i socialisti e gli anarchici di ogni genere. Nessuna corrente era unita contro la guerra. Piuttosto, tutti gli oppositori dell’imperialismo e del nazionalismo di Stato sono stati costretti ad attaccare gli elementi favorevoli alla guerra all’interno dei propri ranghi. Con la minaccia di un’altra guerra mondiale, ci troviamo purtroppo in una situazione in cui siamo costretti a fare altrettanto nel caso di molti anarchici di oggi».35

«Bisogna fare di tutto per impedire la guerra e, spesso, si finisce per convincere la gente che dovendo fare di tutto si può anche fare la guerra per impedire una catastrofe più grossa. Allo scoppio della guerra che per prima si chiamò mondiale, Kropotkin, Grave, Malato ed altri illustri anarchici giunsero alla conclusione che bisognava partecipare alla guerra per difendere le democrazie (francese, in primo luogo) attaccate dagli imperi centrali (Germania, in primo luogo). Questo tragico errore fu possibile, e sempre sarà possibile, perché si fece, allora, la stessa considerazione che si va facendo oggi: non si sviluppò un’analisi anarchica ma ci si affidò ad una rielaborazione anarchica delle analisi fornite dagli studiosi e dai divulgatori al servizio dei padroni. Per cui si arrivò alla conclusione che la guerra restava sempre una tragedia immensa e terribile, ma era da preferirsi al più grave danno che sarebbe venuto da una vittoria del militarismo teutonico. Certo, non tutti gli anarchici furono ciechi davanti le gravi deviazioni di Kropotkin e compagni; Malatesta reagì violentemente scrivendo da Londra, ma il male era fatto e determinò, a sua volta, conseguenze non trascurabili su tutto il movimento anarchico mondiale.

Allo stesso modo, oggi molti compagni anarchici non si fermano alle superficialità che si possono leggere su alcuni nostri giornali e riviste, ma approfondiscono meglio il problema».36

Mito 12: La guerra ha destabilizzato lo Stato ucraino, aprendo ai lavoratori nuove possibilità di difendere i propri bisogni e interessi.

È interessante notare che questo viene spesso affermato dalle stesse persone che, in risposta alle nostre critiche agli anarchici nell’esercito di Stato, sostengono che gli anarchici della regione ucraina non possono organizzarsi in unità autonome non gerarchiche perché lo Stato ucraino non lo permette e non è disposto a cedere loro risorse.

Se lo Stato fosse veramente destabilizzato, nulla impedirebbe alle persone di prendere iniziative autonome. Invece, vediamo che lo Stato cerca di controllare centralmente le attività nel paese e di reprimere le espressioni di autonomia. Il discorso di destabilizzazione dello Stato ucraino riflette un desiderio piuttosto che una realtà. L’armamento della popolazione ucraina è soggetto al controllo dello Stato, che così si assicura che gli armamenti non vengano usati contro se stesso. Questo ci riporta al motivo per cui i combattimenti difensivi delle truppe ucraine devono essere visti come difesa e rafforzamento del ruolo dello Stato, e non come semplice protezione della popolazione bombardata.

«(…) gli anarchici sono contro il militarismo. Su questo non c’è dubbio. Sono contro il militarismo, non in nome di una monocorde concezione pacifista. Sono contro il militarismo, principalmente perché hanno una concezione diversa della lotta. Cioè non hanno nulla contro le armi, non hanno nulla contro il concetto di difesa dall’oppressione. Ma invece hanno molto contro un certo uso delle armi, voluto o ordinato dallo Stato, organizzato dalle strutture repressive».37

[…]

Mito 13: Opporsi alla lotta delle truppe ucraine perché va a vantaggio delle élite occidentali è come opporsi agli scioperi industriali perché vanno a vantaggio dei concorrenti capitalisti.

Immaginiamo questa situazione ipotetica:

Ci sono molte aziende che competono in un mercato globale e tutte cercano di divorare il concorrente più vicino per ottenere un vantaggio su tutti gli altri. A un certo punto, un’azienda attacca un’altra in modo così aggressivo che i suoi dipendenti iniziano a morire. Le aziende circostanti forniscono ai dipendenti le armi per difendere il posto di lavoro dagli aggressori, ma non principalmente per salvare le loro vite, bensì per ottenere un controllo parziale sulle risorse del posto di lavoro e sui dipendenti sopravvissuti che lo difendono così ferocemente con la loro vita, sconfiggendo il concorrente più aggressivo.

In questo caso chi, se non le imprese concorrenti, avrebbe interesse a fornire armi all’impresa attaccata? Alla fine, non è nell’interesse dei lavoratori difendere l’azienda del loro datore di lavoro per trasferire parte delle risorse dell’azienda a un altro capitalista.

L’esempio dello sciopero industriale è irrilevante. Infatti, non abbiamo ancora visto un concorrente capitalista rifornire una pattuglia di lavoratori in sciopero con armi per difendersi dalle guardie di sicurezza del datore di lavoro, fornire un fondo per lo sciopero in modo che possa continuare, e condizionare questo sostegno al fatto che quando lo sciopero metterà sul patibolo l’attuale proprietario, l’azienda in cui si svolge lo sciopero fornirà convenientemente i suoi prodotti e le sue risorse al concorrente. Se questo tipo di sciopero si verificasse ovunque, crediamo che i lavoratori si rifiuterebbero di fare il gioco dei concorrenti capitalisti e lotterebbero per i loro interessi. Così come sarebbe una buona cosa da fare nel caso della guerra in Ucraina.

Il fatto che gli scioperi vengano in qualche modo utilizzati dai concorrenti capitalisti è un effetto collaterale, non il contenuto principale della lotta per lo sciopero. Nel caso della guerra in Ucraina, l’obiettivo primario è conquistare risorse per questo o quel concorrente borghese e sacrificare nella lotta soprattutto vite proletarie. Per ottenere questo sacrificio, i proletari vengono mobilitati per la lotta attraverso l’ideologia nazionalista. Se la lotta a cui sono sottoposti porta a salvare alcune vite, questo è un effetto collaterale dell’obiettivo principale della guerra, che è la ridistribuzione del territorio e delle risorse dell’Ucraina tra i concorrenti capitalisti.

Ricapitoliamo. Una guerra borghese e uno sciopero operaio sono due tipi di conflitto completamente diversi in termini di contenuto. La guerra persegue principalmente interessi borghesi per i quali mobilita i lavoratori. Uno sciopero persegue innanzitutto gli interessi dei lavoratori, anche se i concorrenti capitalisti cercano di strappare qualcosa per sé. In una guerra, le risorse per il conflitto sono fornite dalle fazioni borghesi rivali; in uno sciopero, i lavoratori fanno affidamento principalmente sulle proprie risorse, perché non hanno motivo di aspettarsele dalla borghesia, e la borghesia non ha motivo di fornirle, perché rischierebbe che siano dirette contro se stessa.

«Alcuni dicono che Putin è innocente perché la NATO si è infiltrata nei confini della Russia, mentre altri dicono che i presidenti ucraino, europeo o americano sono innocenti perché stanno facendo qualcosa contro l’azione di Putin. (…)

Questa guerra non è né una guerra per gli interessi dei lavoratori russi né una difesa degli interessi dei lavoratori ucraini. Questa guerra non è affatto una guerra per gli interessi di nessun lavoratore. [È] Una guerra contro i nostri interessi. L’attuale guerra tra la Russia e altre potenze e sul suolo ucraino è una guerra reazionaria e contro la classe operaia. Dobbiamo essere tutti contro la guerra. Non dobbiamo essere solo contro Putin, non dobbiamo essere solo contro Biden e contro i presidenti europei, non dobbiamo essere solo contro il presidente ucraino. Gli operai, i salariati e gli operai devono unirsi contro la guerra. Siamo contro tutti voi capitalisti e signori della guerra. Questa non è la nostra guerra. È una guerra contro tutti i lavoratori».38

«L’affermazione che “la verità è la prima vittima della guerra” è la prima delle tante bugie che accompagnano l’assassinio della nostra classe. Affinché la guerra abbia luogo, la verità deve essere ben sepolta con largo anticipo. La menzogna più grande, da cui scaturiscono tutte le altre, è che noi, la classe operaia, il cibo del lavoro salariato e della guerra, abbiamo qualche interesse comune con quelli che ci ordinano di combattere».39

Mito 14: Non si tratta di una guerra di blocchi imperiali, ma dell’invasione di un unico impero che vuole sottomettere i suoi vicini che non hanno nulla a che fare con l’imperialismo.

Vedere la Russia di Putin come l’unico aggressore imperiale in questa guerra è esattamente ciò di cui noi stessi siamo spesso accusati: cercare di adattare la realtà alle nostre conclusioni ideologiche.

Apparentemente, l’imperialismo è ridotto da alcuni alla tendenza a esercitare il potere attraverso l’invasione militare, l’usurpazione brutale delle risorse degli invasi e il loro violento assoggettamento. Ma l’imperialismo ha altri meccanismi di espansione oltre all’invasione militare aggressiva. La dominazione assume anche la forma di pressioni economiche o di pressione sulla configurazione politica dei Paesi vicini, in modo che il terreno politico sia il più favorevole possibile agli interessi degli attori economici transnazionali. Questo è precisamente ciò che sta accadendo quando il blocco imperiale rappresentato dagli Stati Uniti, dai Paesi occidentali e dall’Unione Europea fornisce armi e altro materiale bellico per garantire un assetto economico e politico in Ucraina che gli lasci la porta aperta per saccheggiare le risorse locali e favorire le attività economiche.

Al momento, l’imperialismo occidentale non vuole sottomettere la popolazione ucraina con la forza militare, come fa l’impero russo, ma questo non significa che non la sfrutti per i suoi interessi imperiali e che non voglia assicurarsi un comodo accesso alle risorse sul territorio ucraino.

Vediamo qui diversi blocchi imperiali che combattono una guerra per la ridistribuzione del territorio e delle risorse dello spazio post-sovietico. Alcuni imperialisti lo stanno facendo con un intervento militare diretto in Ucraina, altri fornendo armi per far sanguinare la popolazione ucraina al fronte per i loro obiettivi.

Alcuni anarchici esagerano il loro cinismo. Affermano che “nessun esercito della NATO sta combattendo in Ucraina”. In questo modo non fanno altro che masticare la propaganda degli imperialisti occidentali, mascherando il fatto che la NATO sta combattendo in Ucraina attraverso la popolazione ucraina, che rifornisce di armi dai propri magazzini. Se vediamo e condanniamo la Russia imperialista, non dobbiamo sostenere l’Occidente imperialista nascondendo la sua natura, le sue strategie e i suoi obiettivi imperialisti.

Sostenere il movimento democratico armato in Ucraina significa realisticamente sostenere l’imperialismo occidentale con il suo governo ucraino.

«Gli stessi zapatisti hanno giustamente osservato40 all’inizio della guerra: «Il grande capitale e i suoi governi “occidentali” si sono seduti per contemplare e persino accelerare il deterioramento della situazione. Una volta iniziata l’invasione, erano ansiosi di vedere se l’Ucraina avrebbe resistito e di calcolare cosa potevano ottenere da ogni possibile risultato. Ora che l’Ucraina resiste, estendono con entusiasmo offerte di “aiuto” per le quali si aspetteranno il pagamento in seguito».41

«Noi comunisti rivoluzionari e anarchici, al contrario, comprendiamo che l’imperialismo non è lo “stadio più alto del capitalismo”, ma una delle sue caratteristiche intrinseche e permanenti come sistema storico. Che ogni Stato nazionale è imperialista, ma che esistono gerarchie o livelli diversi di potere imperialista tra gli Stati. Che la guerra imperialista è una guerra di rivalità tra Stati capitalisti con livelli più elevati di potenza imperialista e soprattutto una guerra della borghesia internazionale contro il proletariato internazionale. Che il nemico non è l’imperialismo ma il capitalismo mondiale, e che la posizione dei comunisti rivoluzionari e degli anarchici di fronte a qualsiasi guerra imperialista non è l’antimperialismo e la “liberazione nazionale”, ma il disfattismo rivoluzionario, l’internazionalismo proletario e la rivoluzione sociale mondiale».42

«Gli anarchici non lottano per creare o difendere la sovranità degli Stati. Lottiamo per l’eliminazione delle divisioni materiali e ideologiche che li creano. In questo spirito ci opponiamo quando, all’interno dei nostri movimenti diventa difficile distinguere gli interessi della politica estera statunitense e dei produttori di armi dai nostri. Il pericolo di tendenze reazionarie e controrivoluzionarie richiede vigilanza. Accogliamo con favore il fondamentale rifiuto di schierarsi da una parte o dall’altra nella guerra tra Stati imperialisti».43

Mito 15: L’analisi degli anarchici e della sinistra, soprattutto in Occidente, è miope perché vede l’imperialismo solo negli Stati Uniti, nella NATO e nei suoi alleati, non nella Russia.

Siamo certi che non tutti quelli che criticano il sostegno all’esercito ucraino trascurano la posizione imperialista della Russia. Sappiamo anche con certezza che alcune persone, a loro volta, vedono l’imperialismo solo dalla parte della Russia. Non ne riconoscono l’esistenza da parte occidentale, oppure la minimizzano dicendo che l’imperialismo occidentale non si sta manifestando in questo conflitto nel modo invasivo e dominante in cui lo sta facendo la Russia. Abbiamo già notato che l’imperialismo occidentale è di fatto espansionista, come quello russo, ma che persegue i suoi interessi indirettamente sostenendo l’esercito ucraino, che combatte battaglie per i suoi interessi.

Se è miope vedere l’imperialismo solo dalla parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati, dovremmo misurare con lo stesso metro quelli che vedono l’imperialismo solo in Russia. Il nostro rifiuto di sostenere la guerra non consiste nel negare il ruolo imperiale della Russia, né nel demonizzare il ruolo imperiale “dell’Occidente”. Rifiutiamo il sostegno a tutte le potenze imperiali. Ci rifiutiamo di vedere l’impero solo da una parte della linea di guerra, perché lo vediamo in ogni Stato che sostiene la guerra e quindi persegue soprattutto i propri interessi imperiali. Sì, vediamo differenze nel grado di brutalità usato da ogni Stato. Tuttavia, ciò riflette le loro capacità attuali, che sono una variabile. Gli Stati che oggi sono meno aggressivi perché spinti sulla difensiva, domani potrebbero diventare brutali come la Russia, se al momento non hanno i mezzi per farlo. Chiunque scelga di sostenere un impero in guerra contro un altro dovrebbe essere consapevole che, così facendo, fornisce all’impero più debole i mezzi per una futura aggressione.

«Non riconosciamo alcuna giustificazione per questa guerra, dalla quale la classe operaia – in Russia e in Ucraina – può solo soffrire.

La reazione all’imperialismo russo e agli interessi della sua élite oligarchica, ai brutali bombardamenti di civili e alla guerra estenuante è stata la crescita di sentimenti nazionalisti e militaristi. Temendo per la propria vita e sicurezza, molti ignorano i crimini dell’imperialismo finché si tratta del “nostro” imperialismo. Molti sono disposti ad accettare la presenza di neonazisti, purché siano i “nostri” neonazisti. Se questa paura è comprensibile, il suo effetto non può che essere quello di rafforzare il sentimento pro-guerra e rafforzare in modo permanente l’autoritarismo delle autorità, con conseguenze disastrose per la classe operaia».44

«I loro interessi! I nostri morti! Non prendiamo posizione per nessuno degli Stati in conflitto, sia che uno venga classificato secondo la morale politica borghese dominante come “l’aggressore” e l’altro come “l’aggredito” o viceversa. I rispettivi interessi in gioco sono esclusivamente i loro e in totale opposizione a quelli della classe sfruttata, cioè noi proletari; per questo, al di fuori e contro ogni nazionalismo, ogni patriottismo, ogni regionalismo, ogni localismo, ogni particolarismo, affermiamo forte e chiaro il nostro internazionalismo!

Il proletariato, in quanto classe rivoluzionaria, non mostra nessuna neutralità nei confronti di nessuno dei suoi sfruttatori che si affrontano nella ridistribuzione delle loro quote di mercato, ma al contrario, li rifiuta allo stesso modo come due facce della stessa realtà, il mondo dello sfruttamento di una classe da parte di un’altra, ed esprime la sua profonda solidarietà con tutti i settori della nostra classe che stanno subendo gli assalti moltiplicati di uno o dell’altro dei suoi nemici storici».45

Mito 16: L’affermazione che le due parti in guerra sono uguali è una comune giustificazione ideologica per non difendere la popolazione ucraina massacrata.

Questo mito si basa chiaramente su un’interpretazione errata dell’affermazione che si tratta di una guerra tra potenze imperiali e che è un errore schierarsi con una di esse. Questo non vuol dire che le due parti siano uguali in tutto e per tutto. Ciò che si intende è che sono entrambi borghesi, e quindi è contrario agli interessi della classe operaia opporsi a una fazione borghese e allo stesso tempo difendere l’altra fazione borghese.

Entrambi i partiti sono uguali nel loro contenuto borghese. Tuttavia, ognuno applica forme e mezzi diversi per affermare questo contenuto. Il fatto che alcuni lo facciano in modi più aggressivi e brutali non dovrebbe essere un argomento per allearsi con gli aggressori minori e sanguinare per i loro interessi.

«Chi trattiamo o meno in modo solidale è radicato nelle condizioni della lotta di classe globale, non nella morale, che qui definiamo come un’invenzione della coscienza liberale, un sistema universalizzante di valori e principi di comportamento individuale compatibile con il capitalismo e la società di classe. La propaganda di guerra fa appello alla moralità come strumento del nazionalismo di Stato. Dobbiamo essere pronti a combattere contro di essa. Gli Stati presentano le guerre come questioni morali, inquadrando gli Stati in guerra in termini di “bene” e “male”, “innocenti” e “colpevoli”, al fine di raccogliere il sostegno dell’opinione pubblica per ciò che viene fatto nell’interesse del capitale e dello Stato a spese del pubblico. Non è una coincidenza che gli anarchici che sostengono il nazionalismo ucraino lo inquadrano come “male minore”. È significativo che descrivano l’approfondimento della cooperazione tra lo Stato ucraino e la NATO, strumento dell’imperialismo statunitense, come parte di una “guerra difensiva”, mentre descrivano la cooperazione tra i separatisti russi nel Donbas (noto anche come “repubbliche popolari”) e la Russia come “aggressione imperialista”».46

«MTNW non intende prendere la parte di nessuno Stato coinvolto in un conflitto bellico, perché non condividiamo l’idea che alcuni Stati coinvolti siano aggressori e altri solo vittime innocenti di un’aggressione. Anche se in guerra alcuni Stati mostrano tendenze più aggressive di altri, di conseguenza tutti agiscono in modo aggressivo e oppressivo nei confronti delle popolazioni che governano. La campagna MTNW non si concentra sul sostegno a un singolo Stato, ma piuttosto sul fornire assistenza a quelli che sono stati messi in una situazione di oppressione dalle politiche statali. La guerra in corso è una contesa tra diverse fazioni della classe dirigente e persegue principalmente i loro interessi. In quanto tale, è contrario agli interessi della classe operaia, dei disoccupati, degli studenti, dei pensionati e di altre fasce non privilegiate della popolazione».47

«Dobbiamo essere pronti al fatto che la situazione politica nel Paese può essere come in Afghanistan, Yemen o Somalia per un tempo molto lungo, e nulla può garantire la crescita dell’influenza per l’anarchismo. Ma l’unica possibilità per questo è il rifiuto di flirtare con alcune o altre autorità / politici come un “male minore”, e un’opposizione risoluta e incondizionata a tutti loro. Altrimenti, le masse percepiranno sempre più gli anarchici come pagliacci strani e incomprensibili a cui non vale la pena prestare attenzione».48

Mito 17: Le persone che non hanno vissuto l’occupazione da parte delle truppe di una potenza imperiale hanno difficoltà a capire perché il popolo ucraino si stia difendendo attraverso la mobilitazione bellica.

Questo mito si basa sullo stereotipo secondo cui chi non ha vissuto un’esperienza non può capirla e di certo non può essere empatico con chi l’ha vissuta. Si tratta infatti di una sorta di gerarchizzazione, in cui l’opinione dei sopravvissuti ha un valore elevato, mentre quella di chi non ha un’esperienza diretta è considerata priva di valore e fondamentalmente fuorviante. Ad esempio, la Federazione Anarchica Ceca dichiara sul suo sito web:

«L’esperienza storica dell’occupazione nei Paesi dell’Europa centrale e orientale è chiaramente non trasferibile e difficilmente comprensibile in aree che non sono state occupate o che addirittura hanno un proprio passato imperiale».49

Non siamo d’accordo con le affermazioni del tipo “non l’avete vissuto, quindi le vostre posizioni saranno sempre fuori tema”. In realtà, le opinioni sulla questione variano notevolmente anche tra i sopravvissuti alle aggressioni delle forze di occupazione. Tra l’altro, viviamo in un Paese che è stato occupato dalle truppe naziste e poi da quelle del Patto di Varsavia, eppure siamo d’accordo con la dichiarazione della FAI (Federazione Anarchica Italiana), che la Federazione Anarchica Ceca cerca di contrastare sostenendo che la posizione della sezione italiana si basa su un’incomprensione dovuta al fatto di non aver vissuto l’esperienza dell’occupazione. Non è necessario che le persone siano state violentate per mostrare un legame empatico con chi subisce uno stupro. Allo stesso modo, le persone che sono state violentate possono essere insensibili e fuorvianti. Se l’esperienza vissuta dell’occupazione dovrebbe automaticamente portare a una maggiore empatia e a un’analisi appropriata, allora come spieghiamo il populismo e il nazionalismo di destra che dilagavano durante l’occupazione nazista e stalinista della Cecoslovacchia?

«Tuttavia, quando le persone disertano la logica di guerra dello stato con o senza armi, quando gli individui resistono a qualsiasi occupazione statale con o senza armi, quando le persone aiutano e sostengono i rifugiati e i disertori, quando gli individui fraternizzano attraverso i confini e le linee di guerra – qualcosa può essere fatto per contrastare il bagno di sangue dello stato. Se lo stato, i suoi generali e politici conoscono solo il linguaggio dell’oppressione, gli oppressi conoscono il linguaggio dell’empatia e della solidarietà».50

Mito 18: La resistenza delle truppe ucraine si basa sul coinvolgimento volontario della popolazione ucraina, che ha deciso di unirsi alla lotta.

Dire questa cosa è tanto stupido quanto dire che tutti i cittadini russi sostengono l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin. Ci sono migliaia di persone che si arruolano volontariamente sia nell’esercito ucraino che in quello russo. Così come ci sono molti che si sottraggono alla leva, disertano o emigrano per non dover prestare servizio nell’esercito.

Non tutti gli ucraini ardono dal desiderio di combattere per le “loro” élite borghesi e gli oligarchi capitalisti chi le dirigono. Lo Stato ucraino ne è consapevole e per questo cerca di forzare la partecipazione all’esercito attraverso il reclutamento coatto.

Secondo il sito web indipendente di Kharkov “Assembly”, i mandati di comparizione vengono distribuiti il più delle volte negli stessi luoghi della città. Le convocazioni forzate vengono effettuate da polizia militare, soldati armati, combattenti della “difesa territoriale” e agenti di polizia – in auto e in pattuglie a piedi.

Secondo un testimone oculare, quelli che distribuivano le convocazioni all’ingresso di Klas a Odessa si sono indignati a gran voce per non essere riusciti a prendere nessuno. A giudicare dai commenti degli utenti sul canale Telegram, queste azioni stanno provocando una crescente indignazione pubblica.

La caccia alle reclute si svolge nelle stazioni di servizio, nelle strade e agli incroci, nei negozi, nei luoghi in cui vengono distribuiti gli aiuti umanitari… Alcune persone cercano di non accettare la chiamata, ad esempio restando sedute in macchina e non aprendo i finestrini. Alcuni cercano di resistere. In risposta, le donne degli uomini richiamati hanno subito la rottura delle braccia e sono state minacciate.51

Il sito anarchico russo a2day.org riporta a sua volta:

«Anche se ci sono molte persone che vogliono combattere contro l’aggressore, in Ucraina è una pratica diffusa quella di catturare uomini in età di leva per strada e dare loro un ordine di leva, quindi sottoporli a una visita medica in cinque minuti e inviarli a un’unità militare dove queste reclute impreparate e spesso non idonee non sono ben accette. Secondo l’attivista del movimento dei volontari Valery Markus, questi soldati forzatamente mobilitati che non vogliono combattere sono una potenziale bomba; possono disertare e abbandonare le loro posizioni in qualsiasi momento; sono uno spreco di risorse preziose e sono comunque inutili».52

Non c’è dubbio che molte persone si impegnino in attività di guerra in modo del tutto volontario. Tuttavia, questo non dimostra che non ci siano molti che sono forzati a farlo o che lo evitano. Mentre il caso dei primi continua a essere portato alla ribalta dei media dalla propaganda di guerra pro-ucraina, i secondi sono per lo più ignorati. Se se ne parla, lo si fa sotto forma di minimizzazione e sminuimento. C’è una forte tendenza a ritrarre queste persone come un fenomeno marginale. Una sorta di aberrazione o eccezione alla regola secondo cui la popolazione ucraina si unisce volontariamente alle unità dell’esercito e si precipita felicemente al fronte.

Se lo Stato russo è giustamente accusato di manipolare i fatti con la propaganda di guerra, la propaganda di guerra pro-ucraina, che utilizza meccanismi di manipolazione identici, dovrebbe essere misurata con lo stesso metro.

«Soprattutto, la classe operaia è ora preoccupata per altre cose: le già citate incursioni di strada [della polizia] per l’emissione di lettere di reclutamento (ancora più frequenti nelle regioni di confine orientali e occidentali) e la necessità di consentire l’espatrio di coloro che sono soggetti al servizio militare».53

«I media nascondono il fatto che la maggior parte dei rifugiati maschi che fuggono verso l’ovest sono disertori, e cercano spudoratamente di coprire l’esistenza stessa della grande massa di rifugiati che sono fuggiti dall’est del Paese verso la Russia o la Bielorussia. (…)

Tutto indica che il governo Zelensky non solo sta sostenendo la caccia ai “disertori”, ma con l’aiuto di unità paramilitari ha intrapreso una pulizia etnica già pronta in diverse regioni del Paese. Tuttavia, questo non finirà sulle prime pagine dei giornali. I media europei si preoccupano esclusivamente di mostrare “l’unità e il coraggio del popolo ucraino contro la Russia”».54

«In risposta all’attacco russo, l’Ucraina ha annunciato che avrebbe chiuso le frontiere a tutti gli uomini “idonei al servizio militare” di età compresa tra i 18 e i 60 anni e li avrebbe arruolati. Chiediamo l’apertura delle frontiere e siamo solidali con tutti i disertori e le disertrici dalla logica della guerra, siano essi provenienti dalla Russia, dall’Ucraina o da altri Paesi».55

Mito 19: Rifiutare di sostenere le forze militari ucraine significa sacrificare la popolazione ai bombardamenti delle truppe russe.

Non vogliamo dilungarci ulteriormente sul perché non sostenere la guerra non significa necessariamente negare gli aiuti alle popolazioni che resistono agli aggressori – sia russi che ucraini. Aggiungiamo solo l’informazione che è lo Stato ucraino che, sotto minaccia di punizione, proibisce alla parte maschile della popolazione ucraina di lasciare il Paese e recluta migliaia di uomini nell’esercito perché rimangano effettivamente nei luoghi dove avvengono i bombardamenti. È lo Stato ucraino che sta sacrificando queste persone contro la loro volontà, forse mobilitandole sotto la pressione della propaganda patriottica e nazionalista. Noi, invece, diciamo che a nessuno dovrebbe essere negata la possibilità di trasferirsi in un luogo sicuro quando rischia di essere mutilato o ucciso dalle bombe dell’esercito imperiale che attacca.

«Possiamo solo immaginare come gli ucraini sarebbero felici se la pressione dello Stato si indebolisse come risultato delle campagne del movimento anarchico internazionale. Se questo movimento avesse preso le sue dichiarazioni contro la guerra come qualcosa di più di semplici parole, avremmo visto già molti mesi fa massicce manifestazioni davanti alle ambasciate ucraine per l’apertura delle frontiere. Di cosa parlare, se anche il Primo Maggio avete trovato cose più importanti da fare? Ci sembra che non ci sia nessuna situazione da cui possiamo aspettarci aiuto, e si può solo indovinare quante altre famiglie ucraine moriranno, perché non vogliono separarsi. In che modo ti differenzi dai politici quando dichiari cose che non realizzerai?».56

«È semplice, una domanda: per cosa stiamo combattendo? Un esempio, molto rapido: un collega si è svegliato il 24 febbraio e ha scoperto che l’occupazione era in corso. È rimasto a casa in cantina per quindici giorni, era impossibile andare a Kharkov. È fuggito attraverso la Russia, senza nulla, solo i suoi documenti d’identità [Diya]. In Russia, al confine con gli Stati baltici, all’inizio non lo lasciarono entrare, ma poi lo fecero. Da lì è andato in Polonia, più vicino alla sua Ucraina. Ha comprato un computer portatile, ha trovato un lavoro a distanza, ha affittato un appartamento e ha lavorato! Poi è arrivata la telefonata: tutti gli uomini all’estero tornino in Ucraina o saranno licenziati! Ci ha pensato su e ha deciso di emigrare in Canada!».57

[…]

Mito 20: Le persone che rifiutano di sostenere la resistenza dell’esercito ucraino si aggrappano a dogmi ideologici astratti che non possono aiutare concretamente le persone colpite.

Quelli che rifiutano la guerra sono spesso le stesse persone che aiutano le persone colpite dalla guerra. Allo stesso tempo, alcuni stanno attivamente sabotando la continuazione della guerra, ostacolando l’industria bellica e disturbando la mobilitazione bellica con azioni concrete. Ad esempio, la Federazione anarchica italiana FAI, promuovendo la non partecipazione alla guerra, afferma:

«Il primo impegno di chi si oppone alla guerra è la costruzione e diffusione di pratiche di mutuo appoggio come reti di solidarietà dal basso per sostenere le necessità immediate delle persone che più soffrono le conseguenze del conflitto, col sostegno alimentare o quello medico. Come reti di sostegno a chi pratica azioni di sciopero, di sabotaggio, di diserzione, come reti transnazionali per chi dovesse nascondersi o fuggire da e su entrambi i lati del fronte».58

Non si tratta di un’ideologia avulsa dalle vite. Si tratta di passi pratici e concreti che salvano vite umane e contribuiscono a organizzarle in modo più giusto di quanto sia concepibile nel caso di qualsiasi mobilitazione bellica da parte di potenze in conflitto.

«Come rivoluzionari di altri Paesi, dobbiamo prestare attenzione e solidarietà a queste azioni, non solo traducendole, diffondendole e rendendole visibili, ma anche lottando contro la borghesia dei “nostri” Paesi, cioè internazionalizzando la lotta proletaria contro la guerra imperialista. Perché l’isolamento di tali azioni porterà inevitabilmente alla loro sconfitta».59

«E a tutti i guerrafondai della sinistra e dell’estrema sinistra del Capitale che ancora una volta accuseranno i rivoluzionari di essere “neutrali” e di non “schierarsi”, rispondiamo che è proprio il contrario che proponiamo in questo manifesto e nella nostra attività militante in generale: ci schieriamo incrollabilmente a favore del partito del proletariato e della difesa dei suoi interessi storici e immediati, ci schieriamo a favore della sua azione di sovversione di questo mondo di guerra e di miseria, ci schieriamo a favore dello sviluppo, della generalizzazione, del coordinamento e della centralizzazione degli atti di fraternizzazione, di diserzione, di ammutinamento già esistenti su entrambi i lati del fronte, contro i due belligeranti, contro i due Stati, contro le due nazioni, contro le due frazioni locali della borghesia mondiale… Sosteniamo l’estensione di queste lotte e il loro collegamento organico come momenti di una totalità con tutte le lotte che sono in corso da diversi mesi, ovunque sotto il sole nero della dittatura sociale del Capitale, [che] sia in Sri Lanka, Perù, Iran, Ecuador o Libia…».60

Mito 21: Chi rifiuta la resistenza militare degli ucraini è interessato solo alla purezza ideologica e non si preoccupa delle persone reali.

L’accusa di disinteresse per le vittime delle guerre è a questo punto più emotiva che basata sulla verità. Infatti, il rifiuto della guerra nella nostra concezione non è motivato dalla preoccupazione per le idee astratte e dal disinteresse per le persone concrete delle città bombardate. Al contrario, queste persone sono al centro della nostra analisi.

La visione in bianco e nero che divide le persone in premurosi sostenitori dell’esercito ucraino e sconsiderati oppositori del sostegno è molto fuorviante. In realtà, entrambi gli schieramenti sono spesso guidati da un desiderio altrettanto sincero di essere più utili possibile a una popolazione mutilata e uccisa. Ciò che differisce è la loro posizione sulla questione di quale sia un metodo di aiuto appropriato ed efficace. Alcuni lo vedono come un sostegno allo sforzo bellico dal lato ucraino, altri come un sovvertimento dello sforzo bellico da tutti i lati della linea di guerra.

Non accuseremo i nostri avversari di non preoccuparsi delle persone sacrificate in guerra. Non pensiamo che siano privi di scrupoli, ma solo che si sono sbagliati nelle loro valutazioni. Sbagliano quando dicono che la vita della popolazione bombardata è meglio tutelata unendosi allo sforzo di guerra.

Come dice il detto popolare, “la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”. E quindi non possiamo risparmiare le critiche ai propagandisti della guerra nei circoli anarchici sulla base del fatto che “hanno buone intenzioni”. La nostra analisi va al di là delle intenzioni stesse e si riferisce a chi fa le affermazioni. Siamo interessati soprattutto a ciò che accade realmente. Così, quando si sacrificano vite per interessi borghesi sul campo di battaglia e altri interpretano questo fatto come la difesa di vite civili da una guerra mortale, allora diciamo: la guerra porta alla intensificazione dell’abbrutimento e dell’omicidio di massa, non alla protezione di vite umane.

«Combattere per la patria non è nell’interesse della grande maggioranza della popolazione ucraina. Quali che siano i vantaggi di vivere in un Paese integrato nella NATO e nell’UE, essi non superano gli svantaggi della guerra. Quando, tra qualche settimana, mese o anno, le armi taceranno e il fumo sulle città bombardate si diraderà, gli ucraini avranno un Paese avvelenato, pieno di rovine e fosse comuni. E i Paesi occidentali saranno probabilmente meno generosi con i fondi per la ricostruzione di quanto non lo siano ora con le armi».61

«Il dibattito pubblico sembra costringerci a schierarci: o con l’imperialismo russo o con l’espansionismo della NATO e il predominio degli Stati Uniti. Dovremmo schierarci o con un nazionalismo o con l’altro, quando entrambi i sistemi promuovono con mezzi diversi lo stesso sfruttamento e trasformano i confini in strumenti di morte. Non è un caso che la militarizzazione delle frontiere sia avvenuta in primo luogo contro i migranti in cerca di una vita migliore. Non è un caso che nessuna delle parti parli delle conseguenze che tutto questo avrà sulla vita delle persone».62

Mito 22: Le critiche al coinvolgimento nella guerra si basano spesso su citazioni obsolete di classici anarchici che non possono essere applicate al contesto contemporaneo.

È vero che a volte vengono citati personaggi come Malatesta, Bakunin, Goldman e altri che si sono espressi contro la concezione borghese della guerra. Ma è anche vero che gli attuali sostenitori della guerra dalla parte dell’esercito ucraino hanno la stessa tendenza a usare le citazioni per dare peso alle proprie posizioni.

È facile scegliere solo una parte dell’intero lavoro di una persona e ignorare le altre. Interpretare le sue parole a modo proprio, perché non c’è più modo di verificare come egli abbia realmente inteso quella parte. I morti non possono più discutere o ridefinire le loro posizioni alla luce dei tempi e della situazione attuale. Per questo motivo consideriamo la loro citazione come un’aggiunta all’argomentazione, non come il suo fulcro. Per noi è più importante ascoltare le voci dei nostri contemporanei e condividere con loro i nostri punti di vista, piuttosto che discutere di ciò che Malatesta ha visto (o non ha visto) cento anni fa. Questo è esattamente ciò che accade quando proviamo a trovare le manifestazioni antimilitariste e di disfattismo rivoluzionario dei proletari in Ucraina, Russia e altrove nel mondo sotto lo strato della propaganda di guerra.

Il nostro atteggiamento nei confronti della guerra non è predefinito da ciò che ha detto qualche anarchico classico. Piuttosto, il rifiuto teorico della guerra e il suo sabotaggio pratico si basano sulle tendenze di quelli che oggi si trovano nel vortice della guerra o rischiano di esservi trascinati presto. Allo stesso modo in cui si cita Malatesta, potremmo citare le migliaia di disertori dell’esercito ucraino, le donne che impediscono allo Stato ucraino di arruolare con la forza i loro consorti, i sabotatori che si sono ritirati dalle città bombardate per sovvertire l’infrastruttura della guerra fuori dall’Ucraina con tattiche di guerriglia.

Non si tratta principalmente di citazioni, ma di trovare una strategia per ridurre al minimo gli effetti della guerra e di come utilizzare al meglio la situazione per organizzare i bisogni della classe operaia. Definiamo la guerra come la negazione di questi bisogni a favore delle esigenze della borghesia. Non perché l’abbia detto qualche anarchico cento anni fa, ma perché noi stessi facciamo parte della classe operaia che viene trascinata in guerra e costretta a fare i più grandi sacrifici per interessi che ci sono estranei.

Mito 23: L’antimilitarismo è importante, ma è un problema quando diventa un dogma.

Questo argomento è lo ascoltiamo spesso da persone che prima avanzano innumerevoli proclami e pubblicazioni con temi antimilitaristi quando c’è una guerra dall’altra parte del mondo, ma quando questa arriva alle loro porte iniziano a riprodurre la propaganda di guerra. Questo rivolgimento di opinioni è presumibilmente dovuto a un contesto diverso, al pragmatismo e al non-dogmatismo. La storia delle lotte di classe è ricca di esempi in cui alcuni anarchici hanno cercato di ridefinire la loro pratica utilizzando le stesse giustificazioni. Gli anarchici che entrano nel governo repubblicano in Spagna o quelli cechi che prendono posto nel primo governo repubblicano e si iscrivono al Partito Comunista. Possiamo anche ricordare gli anarchici che, dopo il 1917, preferirono unirsi ai bolscevichi o quelli che si schierarono nella Prima guerra mondiale. Tutti questi esempi hanno dimostrato che, sebbene i loro attori parlassero di pragmatismo, la pratica smentiva le loro affermazioni. Piuttosto, le loro azioni erano in definitiva pragmatiche per la classe dirigente, che usava questi anarchici come utili idioti, come sta accadendo ad alcuni nel caso della guerra in Ucraina.

Non c’è dubbio che le guerre abbiano contesti diversi. È solo che il nucleo centrale è immutato, indipendentemente dal fatto che si parli delle due guerre mondiali, delle varie guerre di “liberazione nazionale” o dell’attuale guerra in Ucraina. Diversi fattori possono variare. Per esempio, l’equilibrio di potere tra i blocchi in guerra, chi agisce in modo più invasivo e aggressivo, o di quale ideologia sono rivestite le loro azioni. Ciò che non cambia, tuttavia, è la natura di base delle guerre. Si tratta sempre di conflitti sanguinosi condotti da diverse fazioni della classe dominante per i propri interessi, e la classe operaia è costretta a fare il sacrificio più grande in questo processo. L’unica guerra che possiamo sostenere è una guerra di classe.

L’antimilitarismo non è un costrutto ideologico astratto e avulso dalla realtà. Al contrario, è un processo vivo che nasce dalla vita e dalle lotte della classe operaia. Dalle esperienze di persone in carne e ossa. Quando parliamo di antimilitarismo, parliamo di principi testati nella pratica, non di trattati teorici che cadono dalle scrivanie degli accademici. Non aderiamo a dogmi. Al contrario, confrontiamo costantemente le nostre posizioni con la realtà, che ci ha dimostrato più volte che essere antimilitaristi aveva senso durante la Prima guerra mondiale, proprio come nel caso dell’attuale guerra in Ucraina.

«Ucraini, russi e persone provenienti da ogni altra parte del mondo sono nostri fratelli e sorelle; fratelli e sorelle di classe e noi ci impegniamo per loro, alziamo la nostra voce perché continuino a gridare: NO ALLA GUERRA! NO AL MILITARISMO! chiunque governi.

Basta ucciderci a vicenda per i vostri sporchi affari! Basta con il vostro capitalismo.

FERMATE LA GUERRA! FERMATELA, ORA!

NÉ PUTIN NÉ BIDEN!

NO NATO!

SOLDATI DI TUTTI GLI ESERCITI: DISERTATE!».63

«Saluti alle donne proletarie che in Ucraina, sia nella regione occidentale della Transcarpazia (quindi sotto l’amministrazione militare ucraina) sia nel Donbass, nelle “province orientali” (quindi sotto l’amministrazione militare russa), sono scese in piazza per esprimere il loro disprezzo per la “difesa della patria” e per chiedere il ritorno dei loro figli, dei loro fratelli, dei loro parenti mandati su uno qualsiasi dei fronti per difendere interessi che non sono i loro.

Saluti ai proletari nell’Ucraina che ospitano clandestinamente i soldati russi che hanno disertato, a loro rischio e pericolo, perché quando vengono arrestati, sia dalle autorità militari russe che da quelle ucraine, gli viene fatto capire dove si trova la forza legale in questo mondo schifoso, da che parte e quale patria devono difendere e che nessuna fraternizzazione sarà tollerata.

Saluti ai proletari nell’Ucraina che, nonostante la coscrizione obbligatoria, si sottraggono all’incorporazione nelle unità militari con tutti i mezzi a loro disposizione, legali e non, rifiutando così di sacrificarsi e di servire sotto le pieghe dello straccio nazionale ucraino.

Saluti ai soldati russi che, dall’inizio delle “operazioni speciali” in Ucraina, fuggono dalla guerra e dai suoi massacri, abbandonando carri armati e mezzi corazzati funzionanti e cercando la salvezza nella fuga, attraverso reti di solidarietà con i disertori di entrambi gli eserciti».64

Mito 24: Rifiutare di prendere parte alla lotta a fianco della resistenza militare ucraina è una manifestazione dell’arroganza culturale della sinistra occidentale.

Questo mito è strano, se non altro perché le persone dietro a questo testo provengono dall’Europa centrale, quindi difficilmente possono essere accusate di condiscendenza occidentale. In realtà, la contraddizione tra la mentalità dell’Europa occidentale e quella dell’Europa centro-orientale è una falsa contraddizione. Non che non esistano fattori che influenzano le opinioni delle persone in base al luogo in cui vivono. Esistono, ma non dovrebbero essere stereotipati come modelli universalmente validi.

Non si tratta di una contrapposizione tra “l’Occidente” non empatico e “il Centro” o “l’Oriente” empatico. Si tratta di un contrasto tra due diverse prospettive attraverso le quali viene visto il problema della guerra. Una è liberale riformista e quindi controrivoluzionaria, l’altra è rivoluzionaria. Entrambe le prospettive sono sostenute da persone che aderiscono all’anarchismo, il che dimostra che questa etichetta da sola non implica un accordo su questioni fondamentali. È importante notare che entrambi i poli di questi quadri ideologici si estendono al mondo. La riproduzione di stereotipi sulla falsariga “dell’Occidente contro l’Oriente” non ci aiuta certo a scardinare la mentalità imperialista che si caratterizza per la creazione di opposti territorialmente definiti.

Il fatto è che la posizione disfattista rivoluzionaria, cioè il rifiuto di schierarsi con una delle parti in guerra, non è presente solo tra gli anarchici occidentali, anche se qui è più fortemente articolata. Le sue tracce si trovano anche nella Repubblica Ceca, in Slovacchia, in Russia, in Ucraina e in altri luoghi dell’Europa centrale e orientale.

Vediamo la ricerca di contraddizioni inesistenti più come un tentativo di eliminare subdolamente alcune persone dall’arena del dibattito internazionale e dal coordinamento pratico delle attività anarchiche. È sufficiente etichettare qualcuno come accondiscendente o senza scrupoli per indurre molti a concludere che non è legittimo discutere con queste persone, tanto meno collaborare con loro. Si nota una certa tendenza alla manipolazione.

«Non dimentichiamo che il modo migliore di spingere all’accettazione di una guerra è quello di diffonderne la paura. Domani, con pochi sapienti aggiustamenti nella propaganda di regime, questa paura della guerra totale si trasformerà facilmente nella voglia e nel desiderio di accettare una guerra limitata per impedire la guerra totale, e chissà che non si trovi un novello Kropotkin (fra i tanti neokropotkiniani che infestano i nostri fogli anarchici) capace di sostenere la necessità della piccola guerra di fronte alla guerra totale (dopo tutto, “piccolo è bello”)».65

Mito 25: È facile rifiutare la partecipazione alla guerra da parte di persone che esprimono le loro opinioni in un luogo sicuro e lontano dalla guerra e non devono rispondere ai bombardamenti sulle loro città.

È vero che è più facile organizzare la propria visione della guerra da una distanza di sicurezza che quando i bombardieri volano sopra la tua testa. Ma una tale visione è inferiore e non dovrebbe essere presa in considerazione? Il punto di vista delle persone che vivono in luoghi bombardati è superiore ad altri punti di vista sulla base del fatto che le persone in una zona di guerra sperimentano un orrore e una sofferenza maggiori?

Potremmo anche dire che è facile chiedere di fornire più armi all’esercito ucraino e di sostenere i combattenti della difesa territoriale da parte di persone che lo fanno dalla sicurezza delle loro case, che non hanno mai impugnato armi da fuoco in vita loro e che non sarebbero in grado di usarle se la guerra arrivasse qui. Vediamo e rispettiamo la loro opinione, anche se non la sosteniamo, perché abbiamo un’opinione diversa. Perché si dovrebbe applicare uno standard diverso a chi si rifiuta di scegliere da che parte stare in una guerra e non chiede di sostenere le truppe?

«In nome della “liberazione nazionale”, del “nazionalismo degli oppressi” o dell’“antimperialismo”, la sinistra finisce per sostenere la guerra imperialista, appoggia il massacro organizzato e reciproco delle diverse nazionalità della classe operaia sotto le “loro” bandiere. L’ideale chimerico della “liberazione nazionale” si è storicamente tradotto in poco più che l’emergere di regimi corrotti e burocratici, che finiscono per sopprimere i lavoratori una volta che hanno il controllo dell’apparato dello Stato capitalista».66

Mito 26: Le persone che criticano la partecipazione alla guerra da una distanza di sicurezza sono poco empatiche e accondiscendenti perché non ascoltano le persone sul campo.

Pur percependo le tendenze accondiscendenti di alcune persone, pensiamo che l’etichetta di accondiscendente sia spesso applicata meccanicamente a chiunque parli in modo critico del sostegno dell’esercito ucraino alla guerra. L’idea è quella di sminuire, stigmatizzare ed escludere la voce dei critici dal dibattito. L’impatto più forte è quindi sulle persone dell’Europa occidentale o degli Stati Uniti, la cui opinione spesso non viene presa in considerazione per il solo fatto di non provenire dall’Europa centrale o orientale. Alla base, un meccanismo del genere è in realtà discriminatorio, stereotipato e pieno di pregiudizi, nonostante i suoi sostenitori accusino gli altri di fare proprio questo.

Dire che siamo contro la guerra e rifiutiamo di schierarci nel conflitto non significa automaticamente che non ci interessa l’opinione del popolo ucraino e che siamo indifferenti quando è sotto il fuoco delle truppe russe. In effetti, ascoltando queste persone, vediamo che non c’è una voce unica, ma un enorme mosaico di molte opinioni, che spesso divergono alla base. In effetti, le stesse persone che ci accusano di non ascoltare spesso estraggono solo una tendenza dall’insieme di più elementi e ignorano o minimizzano le altre. Cerchiamo di ascoltare il maggior numero di voci possibile, ma sosteniamo solo quelle che riteniamo costruttive. Altri li critichiamo e ci rifiutiamo di sostenerli. In breve, percepiamo tendenze diverse e non cerchiamo di sostenere la propaganda di guerra che ritrae la popolazione ucraina come una comunità unita che chiede all’unanimità il coinvolgimento nella guerra.

Alcuni dei nostri critici ci accusano di non ascoltare, ma così facendo ignorano le voci di quella parte della popolazione che rifiuta di sostenere l’esercito ucraino e si oppone alla coscrizione forzata di uomini che non vogliono combattere. La voce dei disertori ucraini viene ignorata, mentre quella dei soldati ucraini viene riprodotta come se fosse l’unica ad essere ascoltata. Questa si chiama propaganda di guerra, non ascolto ed empatia. I residenti di Kharkov dicono:

«Le persone scelgono la soluzione migliore per la situazione attuale. Perché dovrebbero voler proteggere qualcosa che non gli appartiene? Le autorità si sono riempite le tasche per 30 anni, concedendosi palazzi e yacht all’estero. Ora lasciamo che l’élite protegga le proprie ricchezze duramente guadagnate mentre i lavoratori si godono un rifugio sicuro all’estero. Se la classe dominante non vuole difendersi, non manda nemmeno i suoi figli al fronte, perché la classe sfruttata dovrebbe combattere? Mostratemi un oligarca (russo o ucraino) che ha venduto le sue proprietà, ha armato se stesso e il suo battaglione di guardie e ora spara personalmente contro i carri armati al fronte».67

Mito 27: Criticare la resistenza dell’esercito ucraino dall’esterno dell’Ucraina significa negare alla popolazione ucraina l’autodeterminazione e la capacità di essere un agente di cambiamento autodeterminante.

Non crediamo di avere alcuna prerogativa per decidere il futuro della popolazione ucraina. Ma non pensiamo nemmeno che questo venga loro negato quando qualcuno critica alcuni passi che essi scelgono di compiere nella loro autodeterminazione. Parlare di diritto all’autodeterminazione diventa molto spesso un argomento per ignorare gli orrori che qualcuno ha scelto. Da alcuni è anche considerata una giustificazione per sostenere le tendenze reazionarie che ostacolano i movimenti emancipatori. È per questo che vediamo alcuni anarchici offendersi per il mancato rispetto della sovranità di uno Stato da parte di un altro, come se forse il compito degli anarchici dovesse essere quello di combattere per lo Stato e la sua sovranità. Gli stessi anarchici chiedono di sostenere quella parte della popolazione ucraina che ha deciso di combattere e morire per la democrazia borghese. Hanno scelto di farlo, dicono, e noi dobbiamo sostenerli in questo, per non essere irrispettosi, paternalisti e senza scrupoli. In breve, questa parte dei liberaldemocratici, che per qualche motivo si definiscono anarchici, sono disposti a sostenere anche le tendenze più ostili all’anarchismo sulla base del fatto che dobbiamo rispettare l’autodeterminazione e le opinioni delle persone che esprimono queste tendenze. Se volessimo trasferire questa prospettiva alla Repubblica Ceca, ad esempio, ciò significherebbe che dovremmo sostenere la parte molto ampia della popolazione locale che vede nella democrazia parlamentare un modo per difendere i propri interessi. Prima di ogni elezione chiederemmo il loro sostegno e invieremmo risorse alle campagne elettorali dei politici, perché è questo che vogliono queste persone e non vogliamo mancare di rispetto alla loro autodeterminazione. E se qualcuno di un altro Paese osasse criticare la partecipazione dei lavoratori cechi alle elezioni, dovremmo condannarlo come un altezzoso che non ascolta i lavoratori cechi e vuole dar loro lezioni su come scegliere il proprio futuro basandosi su un senso di superiorità culturale. Sarebbe assurdo e non condividiamo questa prospettiva. Per questo motivo, così come critichiamo la partecipazione dei lavoratori cechi alle elezioni, criticheremo la partecipazione dei lavoratori ucraini alla guerra. Se qualcuno lo definisce paternalistico, così sia. Non ci stiamo organizzando per far credere al mondo intero che siamo meravigliosi, ma per rendere il mondo un posto migliore in cui vivere. Per farlo, abbiamo certamente bisogno di legami con altre persone, ma non necessariamente con tutti e a tutti i costi. Non cediamo alla mania della quantità, secondo la quale più persone si uniscono e più successo si ottiene. Piuttosto, guardiamo al contenuto e allo scopo per cui le persone si associano. Le posizioni reazionarie e controrivoluzionarie non avranno il nostro sostegno anche se saranno scelte dalla stragrande maggioranza dell’umanità, perché non vediamo questo come un modo per avvicinarci alla nostra emancipazione.

«Le forze armate sono vulnerabili alle forze sociali che operano nella società più ampia che le genera. La rivolta nella società civile penetra attraverso la facciata dell’esercito fino ai ranghi delle reclute. Il rapporto tra ufficiali e reclute è un’immagine speculare del rapporto tra capi e dipendenti, e simili dinamiche di conflitto di classe emergono sia nella versione militare che in quella civile del luogo di lavoro. L’esercito non è mai un’organizzazione ermeticamente chiusa. E i nostri governanti sanno tutto. I nostri governanti sanno di essere vulnerabili alla resistenza di massa e sanno che la loro ricchezza e il loro potere possono distruggere dall’interno le donne e gli uomini della classe operaia da cui dipendono. E dovremmo saperlo anche noi».68

«Sottolineiamo anche il fatto che, dato l’equilibrio di forze sfavorevole per la nostra classe in questo momento o la sua sconfitta dopo la rivoluzione globale del 2019, le posizioni dell’internazionalismo proletario e del disfattismo rivoluzionario non possono essere offensive, cioè capaci di agire come una vera alternativa e di fare una rivoluzione proletaria mondiale, ma possono essere difensive. Difendere cosa? Non principi astratti, ma la vita in carne e ossa di centinaia di migliaia di proletari delle regioni in guerra. Vite che devono essere difese dai proletari stessi, senza intermediari o rappresentanti».69

Mito 28: Gli oppositori del sostegno alle forze militari ucraine sono in realtà propagandisti del regime di Putin.

Se guardiamo le cose con occhio sobrio, e non con uno sguardo appesantito dalla propaganda di guerra, vediamo un fatto importante: la propaganda di guerra e a favore del regime è presente sia da parte russa che ucraina. Ma non scegliamo una propaganda di guerra in opposizione all’altra. Ci rifiutiamo di ascoltarla e di diffonderla, da qualunque parte provenga.

Il meccanismo della propaganda di guerra è la selettività dell’informazione. Alcune parti dell’insieme colorato vengono tolte e ingrandite a dismisura. Altre parti, a loro volta, vengono sorvolate, rese invisibili, messe a tacere, ridicolizzate e sminuite. Chi vuole un esempio di tale propaganda deve solo guardare i resoconti che circolano in continuazione su alcuni media anarchici sull’orgoglio dell’esercito ucraino, ma non c’è alcun riferimento ai numerosi disertori e oppositori della guerra nella regione ucraina, né alle inutili atrocità commesse dall’esercito ucraino. Rifiutiamo questo tipo di propaganda di guerra, così come rifiutiamo quella dei sostenitori del regime di Putin. L’agitazione contro la guerra non è propaganda a favore del regime.

«È necessario, infatti, quando ci si accinge a lottare contro un nemico che ci minaccia, chiedersi cosa quest’ultimo vuol fare, perché il massimo di notizie possibili sulle sue azioni ci fornirà il massimo di occasioni per rintuzzarlo, difenderci, passare al contrattacco. A me sembra che non ci siamo posti con chiarezza una domanda fondamentale: che cos’è la guerra? Non ce la siamo posta perché tutti crediamo, chi in un modo chi nell’altro, di sapere perfettamente cos’è la guerra e quindi di essere in grado di fare quanto necessario per combattere coloro che intendono realizzarla.

In realtà, non abbiamo le idee chiare. Che queste idee le abbiano poco chiare i grandi mezzi di informazione, ha poca importanza perché non è certo da questi che possiamo trarre quanto ci bisogna per produrre quel minimo di analisi in grado di dare coerenza e significato alla nostra azione».70

«Nelle numerose interviste rilasciate dai media occidentali agli ucraini, non si sente mai nessuno esprimere opposizione o anche solo dubbi sulla guerra, anche se sappiamo dai social network e dalle nostre stesse fonti che esistono. Ma secondo i media, tutti sono pronti a morire per la nazione. Eppure Zelensky ha ritenuto necessario vietare a tutti gli uomini di età compresa tra i 18 e i 60 anni di lasciare il Paese. Tutti devono rimanere a disposizione come carne da cannone per la patria».71

Mito 29: In questa guerra, la democrazia deve vincere per impedire al fascismo/alla dittatura di vincere.

Non c’è dubbio che il problema sia il fascismo/la dittatura. Ma il peggior prodotto del fascismo è l’antifascismo. Ogni volta che il fascismo viene presentato come se fosse il peggiore di tutti i mali, si apre la strada al sostegno di altre forme di Stato – come quelle democratiche – e al supporto dei loro crimini. L’unità antifascista non è altro che una collaborazione interclassista, in cui i proletari colludono con la borghesia che, nonostante la “temporanea alleanza”, non esita a reprimere tutte le manifestazioni anticapitaliste e antistatali. Le mobilitazioni antifasciste tendono a essere giustificate dalla necessità di affrontare il totalitarismo, ma lo fanno in un modo che rafforza le caratteristiche autoritarie della democrazia parlamentare. Come ha notato Jean Barrot (aka Gilles Dauvé): “L’antifascismo condurrà sempre ad accrescere il totalitarismo: la sua lotta per uno Stato “democratico” consolida lo Stato.

La democrazia parlamentare può rappresentare una minore intensità di violenza statale rispetto a un regime fascista, ma questo non è un motivo per combattere e morire per la democrazia. Quelli che sostengono che la classe operaia è più e meglio organizzata in una democrazia liberale sono così presi dalle loro fantasie che tagliano il contatto con la realtà. In effetti, il movimento operaio militante in democrazia tende spesso a languire; viene gradualmente assorbito dalle strutture dello Stato, che allo stesso tempo non esita a soffocare qualsiasi tendenza radicale. È assai dubbio che la forma democratica dello Stato una volta ottenuta significhi la scomparsa delle tendenze autoritarie dall’apparato statale. Queste rimarranno e si manifesteranno ogni volta che la classe operaia alzerà la testa e inizierà ad agire in modo combattivo come forza autonoma organizzata. In altre parole, la democrazia liberale non sarà mai l’antitesi o la negazione della dittatura, ma sarà sempre una delle modalità di organizzazione dell’ordine capitalistico totalizzante. In realtà, le forze dittatoriali e democratiche sono presenti contemporaneamente in ogni Stato e non si escludono a vicenda. Il loro rapporto relativo dipende dalla (non-)combattività della classe operaia e dalla (in)capacità della borghesia di garantire il dominio della propria classe sulla società.

Lo Stato cadrà solo se sovvertiremo contemporaneamente le sue tendenze dittatoriali e democratiche. Se ci concentriamo esclusivamente sulla soppressione di una parte, prima o poi verrà ripristinata con la complicità dell’altra. Non dimentichiamo che lo Stato democratico conserva la capacità di introdurre misure autoritarie, così come lo Stato fascista talvolta pacifica il proletariato con la cooptazione democratica. Il dilemma fascismo o democrazia è falso. Infatti, i rivoluzionari internazionalisti sanno che ci sono solo due opzioni davanti a noi: il capitalismo o il suo superamento rivoluzionario.

«Il fascino della “lotta armata” si ritorce velocemente contro i proletari, dacché essi dirigono i loro colpi esclusivamente contro una forma politica e non contro lo Stato».72

«Se per la Russia la sconfitta nella guerra implicherebbe alcuni cambiamenti politici (almeno un colpo di stato di palazzo, nonché un’eventuale disgregazione in parti o parziale perdita di sovranità), il futuro dell’Ucraina sembra essere molto triste in ogni caso. A lungo prima della guerra, Zelensky è stato spesso paragonato a un giovane Putin non senza ragione, e come risultato della vittoria, possiamo ottenere un regime non meno dittatoriale di quello russo. Un esempio molto significativo è venuto questo mese quando ha dichiarato che i confini per gli uomini non sarebbero stati aperti fino alla fine della legge marziale (…)».73

«Sia l’uno che l’altro blocco capitalista-imperialista, attualmente in guerra, affermano di essere “salvatori della democrazia” e accusano il loro avversario di essere un “mostro fascista”. In questo modo giustifica i suoi guerrafondai e le sue farneticazioni su una ripetizione dei “tempi gloriosi” della Seconda Guerra Mondiale. Basta per capire che “democrazia contro fascismo” è un falso antagonismo, o meglio una guerra interborghese interimperialista in cui i proletari sono solo carne da cannone. (…)

Storicamente parlando, ogni volta che la borghesia ha smesso di usare la democrazia per combattere le lotte del proletariato, si è rivolta al fascismo… e viceversa. Ne consegue che, sebbene non siano identici nella forma e nell’intensità della violenza che lo Stato dei ricchi e dei potenti usa contro gli sfruttati e gli oppressi, sono essenzialmente la stessa cosa o, per usare un giro di parole illustrativo, la democrazia e il fascismo sono due tentacoli della stessa piovra: la dittatura sociale del capitale sull’umanità proletarizzata in tutto il mondo. Democrazia e fascismo, dunque, come la sinistra e la destra, non sono opposti ma si completano a vicenda.

(…) La sinistra del capitale si oppone al fascismo, non alla democrazia, perché difende quest’ultima, ovvero perché è essa stessa democratica; o meglio, perché è socialdemocratica o riformista, anche se si definisce “marxista” (vari leninisti) o “anarchica” (anarchici liberali)».74

«Altre interpretazioni si muovono in base ad approcci diversi, e valutano l’imperialismo russo come un pericolo per l’intera Europa e non solo, e in queste interpretazioni si trovano anche componenti di orientamento libertario. Senza mettere in discussione la minaccia costituita dall’autoritarismo e dal militarismo della Russia riteniamo che non sarà una sconfitta militare della Russia in Ucraina a evitare una stretta autoritaria nell’Europa occidentale. I processi sociali autoritari che risultano evidentemente dominanti in Russia e nei paesi dell’OTSC, sono in moto da anni anche nell’Unione Europea, e la guerra sta oggi imprimendo a questi una ulteriore accelerazione. Inoltre la “democrazia” si basa su una condizione di privilegio. La visione che presenta l’Unione Europea come faro della democrazia individuando invece nella Russia, nella Cina e nei loro satelliti gli eredi di un totalitarismo congiunto ad un capitalismo senza scrupoli appare come la quintessenza di un occidentalismo che non ci appartiene».75

Mito 30: L’affermazione “Nessuna guerra ma guerra di classe” è uno slogan astratto e poco pratico. È inutile per la popolazione bombardata.

La popolazione ucraina attaccata deve affrontare immediatamente la situazione. Ma viene ingannata da chi sostiene che la soluzione sia quella di fortificarsi nella difesa del territorio, cioè proprio nei luoghi in cui cadono le bombe. Coloro che proclamano che è necessario allearsi con l’esercito ucraino, e mettere in pericolo le nostre vite al fronte, sono dei manipolatori, e la loro soluzione sembra essere molto impraticabile. Lo stesso Stato che spinge gli uomini alla guerra impedisce loro di lasciare il Paese e di nascondersi dai bombardieri fuori dall’Ucraina. Lo stesso Stato ucraino sottolinea l’aggressione dell’esercito russo, ma i suoi gesti mostrano la volontà di intensificare la guerra, anche a costo di innumerevoli altre vittime. Perché quando uno Stato si preoccupa della propria esistenza, è disposto a sacrificare l’esistenza di coloro che governa. In una situazione del genere, il tentativo di trasformare una guerra interimperialista in una guerra di classe non è un’ideologia astratta, ma una questione di vita o di morte. E non si tratta solo della sopravvivenza della popolazione ucraina, ma dell’intera umanità. Non viene esclusa la possibilità di una terza guerra mondiale, né il dispiegamento di un arsenale nucleare estremamente distruttivo.

«Il punto è che il capitalismo non può fare a meno della guerra, tanto più in tempi di crisi, dimostrando così ancora una volta la natura violenta e catastrofica di questo sistema. E che nel contesto dell’attuale crisi capitalistica è possibile una terza guerra mondiale. Tra l’altro, non si tratterebbe di una guerra di tipo classico, ma di un nuovo tipo di guerra: una guerra “ibrida”, frammentata, razionata e, soprattutto, nucleare e distruttiva. A ciò si aggiunge la crisi ecologica globale in corso. La nostra specie è quindi a serio rischio di estinzione.

Per queste gravi ragioni, gli slogan della trasformazione della guerra imperialista in guerra di classe e del comunismo o dell’estinzione non sono qualcosa di astratto, ma sono invece istruzioni concrete e urgenti per la difesa e il rinnovamento della vita dell’umanità proletarizzata che abita il pianeta Terra».76

Mito 31: L’iniziativa antimilitarista deve mirare a sconfiggere il militarismo dell’esercito russo.

Questa posizione è in fondo legittima, ma il problema è che è solo una parte di una verità più complessa. L’altra parte è che l’iniziativa antimilitarista dovrebbe essere finalizzata a sconfiggere il militarismo dell’esercito ucraino e di qualsiasi altro esercito statale. L’antimilitarismo è una posizione basata sull’opposizione a tutti gli eserciti statali e alle loro guerre. Tale opposizione implica che gli antimilitaristi non scelgono con chi schierarsi nelle guerre tra Stati. In altre parole, non combattono contro il militarismo di uno Stato sostenendo il militarismo di un altro Stato. Ma questo è esattamente ciò che sta accadendo quando alcune persone vogliono combattere il militarismo dell’esercito russo sostenendo il militarismo dell’esercito ucraino. Possono avvolgere il tutto in frasi populiste sul sostegno “all’autodifesa del popolo”, ma in realtà stanno sostenendo il militarismo, perché le unità che combattono in Ucraina fanno parte delle strutture dell’esercito ucraino e sono sotto il comando delle autorità statali. Non si può parlare di autonomia e certamente non si può parlare di sovvertimento del militarismo. Sono militaristi, e questo non può essere cambiato dai soldati che appuntano loghi neri e rossi sulle loro uniformi e rilasciano dichiarazioni piene di frasi antistatali.

La posizione antimilitarista non si basa – salvo eccezioni strettamente pacifiste – sul rifiuto di resistere all’aggressione bellica. Preferisce semplicemente una forma diversa, non militarizzata, di organizzare questa difesa. Gli anarchici, ad esempio, hanno una grande esperienza nella lotta armata al di fuori delle strutture dello Stato e degli eserciti. Questa lotta tende a essere militante, ma non militarizzata. Tutte le volte che degli anarchici hanno deciso di subordinare le loro truppe e milizie alla logica dell’esercito, sono caduti in una trappola che in seguito ha significato la loro sconfitta. Un triste esempio è rappresentato dalla militarizzazione di alcune milizie della CNT e della FAI durante la rivoluzione spagnola del 1936-1939. Quel tempo era contraddittorio, proprio come oggi. Pertanto, anche allora, accanto ai sostenitori della militarizzazione, c’erano anche coerenti antimilitaristi che non avevano problemi a prendere le armi, ma rifiutavano di allearsi con l’una o l’altra fazione della classe dominante e non si sottomettevano alla logica militare.

«Tutti odiano la guerra. Soprattutto quelli che mandano altri a morire sul campo di battaglia. Sostengono di aborrire la guerra, ma ahimè, vi sarebbero costretti da chi sta dall’altra parte. Chi invade il nostro territorio. Chi invade una nazione “sovrana”. Non abbiamo scelta! Dobbiamo difenderci…

Di quale “noi” fai parte? La propaganda incessante da entrambe le parti spinge tutti a scegliere da che parte stare, a diventare parte attiva o cheerleader della guerra.

(…) L’espressione “crimini di guerra” suggerisce che ci sono due modi di fare la guerra: uno civile e uno criminale. Se mai c’è stata una differenza tra i due, è stata cancellata dai progressi della tecnologia militare. (…)

Più forze distruttive vengono dispiegate da ciascuna parte, maggiori sono i “danni collaterali” alla popolazione civile. Più la guerra in Ucraina si intensifica, più levite dei comuni cittadini ucraini vengono distrutte, più il Paese diventa una rovina».77

«Negli ultimi anni, alcuni gruppi e individui hanno cercato paralleli tra la rivoluzione sociale in Spagna del 1936-1939 e la cosiddetta “rivoluzione del Rojava”. Questo sta accadendo ora con la partecipazione dei cosiddetti anarchici e anarchiche alla guerra tra la Federazione Russa e lo Stato ucraino. Non abbiamo mai usato questo parallelismo perché non ha senso dal punto di vista storico e in relazione all’anarchismo. Questo parallelismo viene ritenuto tale da giustificare la partecipazione degli anarchici, a livello individuale o collettivo, alle guerre del capitalismo in difesa di una fazione del capitale. Già durante la rivoluzione sociale, a partire dal 1936, nel campo rivoluzionario si levarono molte voci contro la militarizzazione della rivoluzione e la creazione di un esercito popolare. Per quanto si possa falsificare la storia e piegarla alle proprie esigenze, rimane una falsificazione. Le masse spagnole in quel momento non lottavano per la democrazia, per la repubblica, per tutti gli strumenti del dominio del capitale, ma per la loro abolizione».78

«Per noi l’esercito è parte integrante del fascismo. Lo strumento caratteristico dell’autoritarismo è l’esercito. Sopprimere l’esercito significa sopprimere la possibilità di oppressione che questo esercito offre al popolo. (…)

Dichiariamo più forte possibile, e nonostante tutto, che siamo antimilitaristi.

Non vogliamo un esercito nazionale. Non vogliamo che le milizie popolari, che incarnano la volontà del popolo, scompaiano. Solo loro possono difendere la libertà».79

«Entrambe le parti di questa guerra ci disgustano: invece di posizionarci da una parte o dall’altra, ci opponiamo a tutti gli eserciti statali e alle loro guerre – aborriamo non solo i loro massacri, ma anche la loro cieca obbedienza, il nazionalismo, il fetore delle caserme, la disciplina e le gerarchie. Quindi, se ci opponiamo a qualsiasi forma di militarismo e di stato, non significa che pensiamo che sia sbagliato prendere le armi. (…) Noi vogliamo opporci alla guerra tra due stati con il nostro antimilitarismo: un movimento contro la guerra che non si riferisce alla solidarietà con una nazione o con uno stato, ma al rifiuto di qualsiasi guerra di stato. Non importa in quale territorio viviamo, possiamo interrompere, disertare e sabotare la propaganda, la logistica e la logica della guerra: interrompendo la mobilitazione nazionale e continentale, disprezzando ogni mentalità da quadro e reclutamento, attaccando il riarmo interno e la militarizzazione, sabotando le linee di rifornimento militare e bloccando l’industria delle armi».80

3 Ucraina, l’analisi degli anarchici russi del Kras, traduzione in italiano: https://www.matrioska.info/attualita/ucraina-lanalisi-degli-anarchici-russi-del-kras/

5 Guerra in Ucraina e diserzione: intervista con il gruppo anarchico “Assembly” di Kharkiv: https://umanitanova.org/guerra-in-ucraina-e-diserzione-intervista-con-il-gruppo-anarchico-assembly-di-kharkiv-iten/

6 « Paix aux chaumières, Guerre aux Palais ! » [“Pace alle capanne, guerra ai palazzi”] [in francese]: http://cnt-ait.info/2022/03/08/paix_huttes_fr/

8 Guerra in Ucraina e diserzione: intervista con il gruppo anarchico “Assembly” di Kharkiv: https://umanitanova.org/guerra-in-ucraina-e-diserzione-intervista-con-il-gruppo-anarchico-assembly-di-kharkiv-iten/

9 Solidarita s dezertérmi a emancipačnými protestnými hnutiami! [Solidarietà con i disertori e i movimenti di protesta per l’emancipazione!] [in slovacco]: https://zdola.org/solidarita-s-dezertermi-a-emancipacnymi-protestnymi-hnutiami/

10 Olive-Drab Rebels – Subversion of the US Armed Forces in the Vietnam War [Ribelli cachi – La sovversione delle forze armate statunitensi durante la guerra del Vietnam] [in inglese]: https://www.geocities.ws/antagonism1/olivedrab/harass2.html

11 Guerra in Ucraina e diserzione: intervista con il gruppo anarchico “Assembly” di Kharkiv: https://umanitanova.org/guerra-in-ucraina-e-diserzione-intervista-con-il-gruppo-anarchico-assembly-di-kharkiv-iten/

12 Anarchist Communist Group (ACG), No War! No Peace! [No alla guerra! No alla pace!] [in inglese]: https://www.anarchistcommunism.org/2022/06/08/no-war-no-peace/

13 Olive-Drab Rebels – Subversion of the US Armed Forces in the Vietnam War [Ribelli cachi – La sovversione delle forze armate statunitensi durante la guerra del Vietnam] [in inglese]: https://www.geocities.ws/antagonism1/olivedrab/harass2.html

14 Against war and military mobilization: preliminary notes on the invasion of Ukraine [Contro la guerra e la mobilitazione militare – Note preliminari sull’invasione dell’Ucraina], traduzione in italiano: https://infernourbano.altervista.org/contro-la-guerra-e-la-mobilitazione-militare-note-preliminari-sullinvasione-dellucraina/

15 Against war and military mobilization: preliminary notes on the invasion of Ukraine [Contro la guerra e la mobilitazione militare – Note preliminari sull’invasione dell’Ucraina], traduzione in italiano: https://infernourbano.altervista.org/contro-la-guerra-e-la-mobilitazione-militare-note-preliminari-sullinvasione-dellucraina/

16 Craftwork, Anarchism, nationalism, war, and peace [Anarchismo, nazionalismo, guerra e pace] [in inglese]: https://libcom.org/article/anarchism-nationalism-war-and-peace/

17 Iniziativa anarcosindacalista (ASI–AIT) [Serbia], Let’s turn capitalist wars into a workers’ revolution!: [Trasformiamo le guerre capitaliste in una rivoluzione operaia!] [in inglese]: https://iwa-ait.org/content/lets-turn-capitalist-wars-workers-revolution/

18 Against war and military mobilization: preliminary notes on the invasion of Ukraine [Contro la guerra e la mobilitazione militare – Note preliminari sull’invasione dell’Ucraina], traduzione in italiano: https://infernourbano.altervista.org/contro-la-guerra-e-la-mobilitazione-militare-note-preliminari-sullinvasione-dellucraina/

21 Guerra in Ucraina e diserzione: intervista con il gruppo anarchico “Assembly” di Kharkiv: https://umanitanova.org/guerra-in-ucraina-e-diserzione-intervista-con-il-gruppo-anarchico-assembly-di-kharkiv-iten/

22 Solidarita s dezertérmi a emancipačnými protestnými hnutiami! [Solidarietà con i disertori e i movimenti di protesta per l’emancipazione!] [in slovacco]: https://zdola.org/solidarita-s-dezertermi-a-emancipacnymi-protestnymi-hnutiami/

23 ACG, Revolutionary Defeatism [Disfattismo rivoluzionario] [in inglese]: https://www.anarchistcommunism.org/2022/06/12/revolutionary-defeatism/

24 Guerra in Ucraina e diserzione: intervista con il gruppo anarchico “Assembly” di Kharkiv: https://umanitanova.org/guerra-in-ucraina-e-diserzione-intervista-con-il-gruppo-anarchico-assembly-di-kharkiv-iten/

25 No a la guerra, no al militarismo. Contra todo imperialismo. Ni Putin, ni Biden [No alla guerra, no al militarismo. Contro ogni imperialismo. Niente Putin, niente Biden] [in spagnolo]: https://bajocincalibertario.blogspot.com/2022/02/no-la-guerra-no-al-militarismo-contra.html

26 Iran, dichiarazione degli operai di Haft Tappeh sulla guerra in Ucraina, traduzione in italiano: https://www.avanzataproletaria.it/2022/04/02/nellundicesimo-anniversario-della-rivoluzione-siriana/

27 Guerra in Ucraina e diserzione: intervista con il gruppo anarchico “Assembly” di Kharkiv: https://umanitanova.org/guerra-in-ucraina-e-diserzione-intervista-con-il-gruppo-anarchico-assembly-di-kharkiv-iten/

28 Proletarchiv, Critical commentary on the political orientation of the text from Kolektivně proti Kapitálu – Mouvement Communiste [Commento critico sull’orientamento politico del testo di Kolektivně proti Kapitálu – Mouvement Communiste] [in inglese]: https://www.autistici.org/tridnivalka/no-war-but-class-war/

29 No War But Class War: Against State Nationalism And Inter-Imperialist War In Ukraine, testo firmato “Anarchici di Oakland, San Francisco, New York e Pittsburgh” [in inglese]: https://itsgoingdown.org/no-war-but-class-war-against-state-nationalism-and-inter-imperialist-war-in-ukraine/

30 Proletarios Revolucionarios, Sobre el derrotismo revolucionario y el internacionalismo proletario en la actual guerra entre Rusia y Ucrania/OTAN [Sul disfattismo rivoluzionario e l’internazionalismo proletario nella guerra in corso tra Russia, Ucraina e NATO] [in spagnolo e in inglese]: https://www.autistici.org/tridnivalka/proletarios-revolucionarios-on-revolutionary-defeatism-and-proletarian-internationalism-in-the-current-war-between-russia-and-ukraine-nato/

31 Guerra in Ucraina e diserzione: intervista con il gruppo anarchico “Assembly” di Kharkiv: https://umanitanova.org/guerra-in-ucraina-e-diserzione-intervista-con-il-gruppo-anarchico-assembly-di-kharkiv-iten/

32 Guerra di Classe, Manifesto internazionalista contro la guerra e la pace capitalista in Ucraina…: https://www.autistici.org/tridnivalka/manifesto-internazionalista-contro-la-guerra-e-la-pace-capitalista-in-ucraina/

33 No War But Class War: Against State Nationalism And Inter-Imperialist War In Ukraine, testo firmato “Anarchici di Oakland, San Francisco, New York e Pittsburgh” [in inglese]: https://itsgoingdown.org/no-war-but-class-war-against-state-nationalism-and-inter-imperialist-war-in-ukraine/

34 Internationalist Perspective, Don’t fight for “your” country! [Non combattete per il “vostro” paese!], traduzione in italiano: https://www.leftcommunism.org/IMG/pdf/ukraine_2022_-_pi_-_ne_vous_battez_pas_-_it.pdf & https://www.autistici.org/tridnivalka/sabotiamo-la-guerra/

35 No War But Class War: Against State Nationalism And Inter-Imperialist War In Ukraine, testo firmato “Anarchici di Oakland, San Francisco, New York e Pittsburgh” [in inglese]: https://itsgoingdown.org/no-war-but-class-war-against-state-nationalism-and-inter-imperialist-war-in-ukraine/

38 Iran, dichiarazione degli operai di Haft Tappeh sulla guerra in Ucraina, traduzione in italiano: https://www.avanzataproletaria.it/2022/04/02/nellundicesimo-anniversario-della-rivoluzione-siriana/

39 ACG, The “Campaign for real war” [Campagna per la guerra vera] [in inglese]: https://www.anarchistcommunism.org/2022/03/29/the-campaign-for-real-war/

41 Guerra in Ucraina e diserzione: intervista con il gruppo anarchico “Assembly” di Kharkiv: https://umanitanova.org/guerra-in-ucraina-e-diserzione-intervista-con-il-gruppo-anarchico-assembly-di-kharkiv-iten/

42 Proletarios Revolucionarios, Sobre el derrotismo revolucionario y el internacionalismo proletario en la actual guerra entre Rusia y Ucrania/OTAN [Sul disfattismo rivoluzionario e l’internazionalismo proletario nella guerra in corso tra Russia e Ucraina/NATO] [in spagnolo e in inglese]: https://www.autistici.org/tridnivalka/proletarios-revolucionarios-on-revolutionary-defeatism-and-proletarian-internationalism-in-the-current-war-between-russia-and-ukraine-nato/

43 No War But Class War: Against State Nationalism And Inter-Imperialist War In Ukraine, testo firmato “Anarchici di Oakland, San Francisco, New York e Pittsburgh” [in inglese]: https://itsgoingdown.org/no-war-but-class-war-against-state-nationalism-and-inter-imperialist-war-in-ukraine/

44 Przeciw wojnie! [Contro la guerra!] dall’Unione dei Sindacalisti Polacchi ZSP – Varsavia [in polacco]: https://zsp.net.pl/przeciw-wojnie/

45 Guerra di Classe, Manifesto internazionalista contro la guerra e la pace capitalista in Ucraina…: https://www.autistici.org/tridnivalka/manifesto-internazionalista-contro-la-guerra-e-la-pace-capitalista-in-ucraina/

46 No War But Class War: Against State Nationalism And Inter-Imperialist War In Ukraine, testo firmato “Anarchici di Oakland, San Francisco, New York e Pittsburgh” [in inglese]: https://itsgoingdown.org/no-war-but-class-war-against-state-nationalism-and-inter-imperialist-war-in-ukraine/

47 Make Tattoo Not War [in ceco e in inglese]: https://maketattoonotwar.noblogs.org/o-nas-about/

48 Guerra in Ucraina e diserzione: intervista con il gruppo anarchico “Assembly” di Kharkiv: https://umanitanova.org/guerra-in-ucraina-e-diserzione-intervista-con-il-gruppo-anarchico-assembly-di-kharkiv-iten/

50 Against war and military mobilization: preliminary notes on the invasion of Ukraine [Contro la guerra e la mobilitazione militare – Note preliminari sull’invasione dell’Ucraina], traduzione in italiano: https://infernourbano.altervista.org/contro-la-guerra-e-la-mobilitazione-militare-note-preliminari-sullinvasione-dellucraina/

53 Guerra in Ucraina e diserzione: intervista con il gruppo anarchico “Assembly” di Kharkiv: https://umanitanova.org/guerra-in-ucraina-e-diserzione-intervista-con-il-gruppo-anarchico-assembly-di-kharkiv-iten/

54 Communia, The false “internationalism” of the ruling classes and their media [Il falso “internazionalismo” delle classi dominanti e dei loro media] [in spagnolo e in inglese] : https://en.communia.blog/the-false-internationalism-of-the-ruling-classes-and-their-media/

55 Solidarita s dezertérmi a emancipačnými protestnými hnutiami! [Solidarietà con i disertori e i movimenti di protesta per l’emancipazione!] [in slovacco]: https://zdola.org/solidarita-s-dezertermi-a-emancipacnymi-protestnymi-hnutiami/

56 Guerra in Ucraina e diserzione: intervista con il gruppo anarchico “Assembly” di Kharkiv: https://umanitanova.org/guerra-in-ucraina-e-diserzione-intervista-con-il-gruppo-anarchico-assembly-di-kharkiv-iten/

58 Federazione Anarchica Italiana (FAI-IFA), Per un nuovo manifesto anarchico contro la guerra: https://www.federazioneanarchica.org/archivio/archivio_2022/20220722manifestonowar_it.html

59 Proletarios Revolucionarios, Sobre el derrotismo revolucionario y el internacionalismo proletario en la actual guerra entre Rusia y Ucrania/OTAN [Sul disfattismo rivoluzionario e l’internazionalismo proletario nella guerra in corso tra Russia e Ucraina/NATO] [in spagnolo e in inglese]: https://www.autistici.org/tridnivalka/proletarios-revolucionarios-on-revolutionary-defeatism-and-proletarian-internationalism-in-the-current-war-between-russia-and-ukraine-nato/

60 Guerra di Classe, Manifesto internazionalista contro la guerra e la pace capitalista in Ucraina…: https://www.autistici.org/tridnivalka/manifesto-internazionalista-contro-la-guerra-e-la-pace-capitalista-in-ucraina/

61 Internationalist Perspective, Don’t fight for “your” country! [Non combattete per il “vostro” paese!], traduzione in italiano: https://www.leftcommunism.org/IMG/pdf/ukraine_2022_-_pi_-_ne_vous_battez_pas_-_it.pdf & https://www.autistici.org/tridnivalka/sabotiamo-la-guerra/

63 No a la guerra, no al militarismo. Contra todo imperialismo. Ni Putin, ni Biden [No alla guerra, no al militarismo. Contro ogni imperialismo. Niente Putin, niente Biden] [in spagnolo]: https://bajocincalibertario.blogspot.com/2022/02/no-la-guerra-no-al-militarismo-contra.html

64 Guerra di Classe, Manifesto internazionalista contro la guerra e la pace capitalista in Ucraina…: https://www.autistici.org/tridnivalka/manifesto-internazionalista-contro-la-guerra-e-la-pace-capitalista-in-ucraina/

66 Craftwork, Anarchism, nationalism, war, and peace [Anarchismo, nazionalismo, guerra e pace] [in inglese]: https://libcom.org/article/anarchism-nationalism-war-and-peace/

68 Olive-Drab Rebels – Subversion of the US Armed Forces in the Vietnam War [Ribelli cachi – La sovversione delle forze armate statunitensi durante la guerra del Vietnam] [in inglese]: https://www.geocities.ws/antagonism1/olivedrab/harass2.html

69 Proletarios Revolucionarios, Sobre el derrotismo revolucionario y el internacionalismo proletario en la actual guerra entre Rusia y Ucrania/OTAN [Sul disfattismo rivoluzionario e l’internazionalismo proletario nella guerra in corso tra Russia e Ucraina/NATO] [in spagnolo e in inglese]: https://www.autistici.org/tridnivalka/proletarios-revolucionarios-on-revolutionary-defeatism-and-proletarian-internationalism-in-the-current-war-between-russia-and-ukraine-nato/

71 Internationalist Perspective, Don’t fight for “your” country! [Non combattete per il “vostro” paese!], traduzione in italiano: https://www.leftcommunism.org/IMG/pdf/ukraine_2022_-_pi_-_ne_vous_battez_pas_-_it.pdf & https://www.autistici.org/tridnivalka/sabotiamo-la-guerra/

72 Jean Barrot (aka Gilles Dauvé), « Bilan » Contre-Révolution en Espagne, traduzione in italiano [Totalitarismo e fascismo]: http://www.autprol.org/public/news/doc000326301011979.htm

73 Guerra in Ucraina e diserzione: intervista con il gruppo anarchico “Assembly” di Kharkiv: https://umanitanova.org/guerra-in-ucraina-e-diserzione-intervista-con-il-gruppo-anarchico-assembly-di-kharkiv-iten/

74 Proletarios Revolucionarios, Sobre el derrotismo revolucionario y el internacionalismo proletario en la actual guerra entre Rusia y Ucrania/OTAN [Sul disfattismo rivoluzionario e l’internazionalismo proletario nella guerra in corso tra Russia, Ucraina e NATO] [in spagnolo e in inglese]: https://www.autistici.org/tridnivalka/proletarios-revolucionarios-on-revolutionary-defeatism-and-proletarian-internationalism-in-the-current-war-between-russia-and-ukraine-nato/

75 Federazione Anarchica Italiana (FAI-IFA), Per un nuovo manifesto anarchico contro la guerra: https://www.federazioneanarchica.org/archivio/archivio_2022/20220722manifestonowar_it.html

76 Proletarios Revolucionarios, Sobre el derrotismo revolucionario y el internacionalismo proletario en la actual guerra entre Rusia y Ucrania/OTAN [Sul disfattismo rivoluzionario e l’internazionalismo proletario nella guerra in corso tra Russia, Ucraina e NATO] [in spagnolo e in inglese]: https://www.autistici.org/tridnivalka/proletarios-revolucionarios-on-revolutionary-defeatism-and-proletarian-internationalism-in-the-current-war-between-russia-and-ukraine-nato/

77 Internationalist Perspective, Don’t fight for “your” country! [Non combattete per il “vostro” paese!], traduzione in italiano: https://www.leftcommunism.org/IMG/pdf/ukraine_2022_-_pi_-_ne_vous_battez_pas_-_it.pdf & https://www.autistici.org/tridnivalka/sabotiamo-la-guerra/

78 Estratto dall’introduzione al testo pubblicato in tedesco Milizionäre, ja! Aber Soldaten, niemals! – Spanische anarchistische Milizen (1936) [Miliziani, sì! Ma soldati, mai! – Le milizie anarchiche spagnole (1936)]: https://panopticon.blackblogs.org/2022/08/21/milizionaere-ja-aber-soldaten-niemals-spanische-anarchistische-milizen-1936/

80 Against war and military mobilization: preliminary notes on the invasion of Ukraine [Contro la guerra e la mobilitazione militare – Note preliminari sull’invasione dell’Ucraina], traduzione in italiano: https://infernourbano.altervista.org/contro-la-guerra-e-la-mobilitazione-militare-note-preliminari-sullinvasione-dellucraina/