Dal totalitarismo mediatico all’ingegneria genetica

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Traduciamo e pubblichiamo questo testo contenuto nell’edizione francese dell’opuscolo Contro i vaccini dell’ingegneria genetica, contro la sperimentazione biotecnologica di massa (potete trovare il pdf nella rubrica “materiali” del nostro sito).

Al di là di ogni certezza sull’origine del virus Sars-CoV-2 – salto di specie o fuga da laboratorio –, è fin troppo plateale che, dalla Cina agli USA, gli Stati hanno innescato i propri dispositivi di guerra: ad Est, chiudendo nell’immediato e tutt’ora intere province al minimo caso di contagio; ad Ovest, ricorrendo il più in fretta possibile a quei “vaccini” a m-RNA il cui sviluppo è storicamente legato alle ricerche del Pentagono sulla protezione dei soldati esposti ad agenti virali – e cogliendo l’occasione per sperimentare queste tecniche genetiche su centinaia di milioni di persone.

Ecco allora che, mentre si discute sulla “efficacia” e sulla “sicurezza” dei vaccini, «le porte sono ormai spalancate per l’ingegneria genetica, che ha già acquisito la legittimità per sviluppare la “medicina del futuro”, così come i colossali finanziamenti e il quadro legale e sociale necessari». Ecco allora l’unica domanda sensata: «come attaccare dei progetti così vasti di controllo e di artificializzazione della vita?».

Dal totalitarismo mediatico all’ingegneria genetica.

Ritorno su due anni di controllo dei corpi e delle menti

L’ingegneria genetica è una tecnologia tanto radicale quanto quella del nucleare non soltanto perché attaccano entrambe gli elementi costitutivi della materia e della vita, disintegrando ciò che era fino ad allora considerato come “insecabile” (l’atomo o la cellula), ma anche perché in un caso come nell’altro non si tratta più di esperimenti in senso proprio, dal momento che non esiste più alcuna insularità del campo di sperimentazione e che il “laboratorio diventa coestensivo rispetto al globo”.


Sommersi dalla valanga di dati e di informazioni presenti sul web, storditi dalle campane del potere che non smettono di suonare, giorno e notte, per richiamarci di continuo alla responsabilità e all’obbedienza, circondati dalle accuse di “complottismo” o di accondiscendenza verso gente poco frequentabile… quanti finiscono per mollare il colpo, cercando il modo per togliersi d’impiccio nell’asfissiante controllo tecno-sanitario, ma senza mettere in discussione le Verità rivelate dall’alto?

Tutto avviene come se una certa parte nascosta dentro noi stessi rifiutasse di prendere in considerazione certe ipotesi, dicendosi «no, non possono spingersi fino a questo punto». Come diceva un testo italiano di qualche mese fa: «Di fronte a certe notizie, dal taglio più o meno sensazionalistico, la prima reazione sembra l’incredulità. La seconda è l’avvitamento in una forsennata ricerca in Internet per verificare l’attendibilità della fonte o per passare al setaccio le posizioni politiche dell’estensore di questo o quell’articolo». Ma in fondo persino i più radicali sembrano in difficoltà nel mettere radicalmente in questione le verità ufficiali e nell’accordare credibilità alle numerose altre versioni, minoritarie, discreditate o rese invisibili.

«Complottista!». Non si tratta certo di negare che una parte del malcontento contro le politiche “sanitarie” assuma la forma di teorie deliranti o esprima idee nauseabonde, dai tratti talvolta antisemiti, religiosi o nazionalisti. Ma l’ampiezza che hanno assunto tali idee non è solo il prodotto dell’eco che il potere ha scelto di dar loro per discreditare allo stesso tempo ogni voce discorde. La maggior parte del movimento di contestazione “di sinistra” sembra aver ceduto al ricatto dello Stato: rifiuti di restare confinato a casa o di farti vaccinare? Sei un egoista che mette in pericolo la vita dei più fragili! Osi mettere in dubbio le Verità Scientifiche e i dati officiali? Sei un complottista che fa il gioco dell’estrema destra antisemita! Attacchi il tele-lavoro e le infrastrutture che permettono la resilienza dell’economia e il mantenimento di una (pseudo-) vita sociale in questo momento di crisi? Sei un criminale irresponsabile che attenta alla vita della popolazione!

Il bombardamento di slogan e di dati in televisione, per strada, su Internet ha ottenuto alla fine il risultato sperato: la gran massa, sotto l’imperio della paura, ha accettato volente nolente tutte le misure dettate dall’alto: confinamento, lasciapassare… passando attraverso l’iniezione dei nuovi vaccini genetici. Se una parte dell’ambiente “antiautoritario” – così come altri settori della popolazione – ha finito con l’indignarsi di fronte alle misure più apertamente tecno-poliziesche – come l’imposizione di un QR code per controllare i movimenti e le attività degli individui e rendere la vita impossibile ai non vaccinati, secondo le parole del capo dello Stato –, quasi nessuno vuole mettere in discussione l’autorità scientifica e medica che ci sta imponendo i suoi rimedi, facendoci sprofondare sempre di più in un futuro senza scampo.

Eppure, dopo due anni di emergenza Covid, si può trovare un’ampia quantità di informazioni che ci permettono di costruire una visione ben più complessa, e ben più inquietante, di quella che si cerca di inculcarci. Si tratta evidentemente di dichiarazioni, di dati, di studi, di inchieste che compaiono qua e là sui giornali, spesso classificate in fretta come fake, per poi scomparire, senza che riescano a incrinare il racconto ufficiale nella testa della popolazione.

Ritorno alle origini

La discussione sulle origini del famoso virus, che all’inizio ha trovato un certo spazio sui media, è stata presto soppiantata dal “bisogno imperioso” di gestire l’emergenza. Ben prima della crisi sanitaria contemporanea, siamo stati abituati all’apparizione di virus prodotti dalla società industriale. Gli enormi allevamenti concentrazionari alla base della nostra alimentazione sono stati focolai di numerose malattie letali. Si possono menzionare, tra queste ultime, la “mucca pazza” in Gran Bretagna (1986, le vacche erano nutrite con farine prodotte a partire dalle carcasse di animali), la “influenza suina” uscita dalle fabbriche di maiali o la “influenza aviaria” apparsa negli allevamenti di pollame di Hong Kong (1998). Così, l’ipotesi inizialmente affiorata e largamente diffusa per il Covid-19 era quella di un agente virale particolare di una specie selvatica (il pangolino) entrata in contatto con la popolazione umana a causa della deforestazione e del consumo di specie selvatiche da parte della popolazione cinese.

Tesi simili spiegherebbero l’apparizione del virus Ebola in Guinea (2013), trasmesso da pipistrelli in seguito alla distruzione di foreste per lasciar spazio a monoculture industriali di olio di palma. In tutti questi casi di malattie classificate come “zoonotiche”, si vede bene come all’origine dei mali ci sia la pressione distruttrice e schiavista della società industriale sulle altre specie. Questo è stato sottolineato qua e là da alcuni media di sinistra all’inizio della pandemia di Covid-19, e c’era persino chi sosteneva che «la crisi del Covid-19 può aiutarci a costruire il mondo di dopo», come se si potesse cambiare rotta in modo pacifico e indolore, come se la società industriale potesse scegliere di auto-dissolversi secondo i buoni auspici di qualche dirigente illuminato. Evidentemente, a parte qualche spirito illuminato del riformismo, il discorso ufficiale non metteva in alcun modo in discussione l’allevamento e l’agricoltura industriali, bensì evocava piuttosto la sporcizia del mercato di Wuhan o il primitivismo di questi cinesi che mangiano ancora i pangolini, riaffermando così la superiorità del Progresso di una società governata dalla scienza e dalla medicina di fronte alla Barbarie del terzo mondo. Eppure, numerosi studi mostrano come le epizoonosi (epidemie che colpiscono gli animali), le epidemie e le zoonosi si moltiplicano con la trasformazione industriale e mercantile del vivente, nonché con l’avanzata della deforestazione per alimentare queste fabbriche di carne.

Nello stesso tempo, già nel marzo 2020, un’altra ipotesi si faceva strada, ma veniva sistematicamente contraddetta dagli “esperti del potere”, in particolare dalla Commissione dell’OMS incaricata dell’inchiesta: quella di una malattia accidentalmente sfuggita da un laboratorio. Il fatto è che l’istituto di virologia di Wuhan ospita dal 2015 un laboratorio P4 – concepito nel 2004 in collaborazione con lo Stato francese [e autorizzato, come tutti i laboratori P4, dalla stessa OMS, NdT]. Un laboratorio P4 può ospitare dei microrganismi molto patogeni (“patogeni di classe 4”), caratterizzati da un’alta pericolosità (tassi di mortalità molto elevati in caso di infezione, assenza di protettori, assenza di trattamenti medici efficaci e possibile trasmissione tramite aerosol). Il laboratorio P4 di Wuhan è specializzato sulle pandemie che possono trasmettersi rapidamente dagli umani agli animali, in particolare quelle causate dai Coronavirus, Ebola o l’influenza aviaria. Nel 2015, un’équipe internazionale di virologi che lavoravano in questo laboratorio annunciava di avere generato un virus chimerico (virus ibrido concepito artificialmente) utilizzando un Coronavirus di pipistrello SHCO14 e un SARS-CoV.

Oggi sappiamo che l’ipotesi di un virus creato in laboratorio come causa della pandemia è stata volontariamente discreditata da parte delle maggiori istituzioni in materia di gestione della crisi sanitaria. Tra gli esperti dell’OMS incaricati di indagare su questa ipotesi si trova il presidente dell’ONG EcoHealth Alliance [Peter Daszak, NdT]. Ad aprile 2018, l’ONG EcoHealth aveva proposto al governo statunitense di finanziare un progetto denominato Defuse, il cui scopo era «disinnescare la minaccia di coronavirus da pipistrello», «introducendo dei siti di scissione specificamente adattati agli umani» e testandoli su dei topi transgenici. Giudicato troppo rischioso, il progetto Defuse era stato rifiutato dal Dipartimento per i Progetti di Ricerca Avanzata nella Difesa (DARPA), il braccio scientifico dell’esercito americano, ma il National Institute of Health [diretto da Anthony Fauci, Ndt] aveva alla fine concesso un finanziamento a EcoHealth Alliance per sviluppare il suo lavoro… all’istituto di virologia di Wuhan. Questo tipo di esperimenti, chiamato Gain of Fonction (GoF), consiste nel rendere alcuni patogeni più trasmissibili, più virulenti, più immunogeni attraverso «tecniche di ingegneria genetica (RNA o DNA ricombinante, transgenesi, mutagenesi, Crisper, Talen)» oppure «tecniche di evoluzione diretta e accelerata attraverso passaggi in serie in un ambiente d’incubazione o confinato». Un precedente assai controverso era stato per esempio l’esperimento condotto dal virologo Ron Fouchier (Rotterdam), che aveva portato alla creazione di un virus mutante di influenza aviaria H5N1capace di trasmettersi da un individuo all’altro presso i mammiferi. Negli Stati Uniti, in seguito ad alcuni incidenti, il governo Obama ha deciso di sospendere i finanziamenti federali agli esprimenti di GoF nel 2014, ma questa decisione è stata annullata tre anni più tardi.

L’origine del Covid-19 è tutt’ora considerata un mistero da parte degli “esperti”, i quali tuttavia non osano più definire “complottista” l’ipotesi di una fuga del virus dal laboratorio. A partire dalle informazioni attualmente disponibili, è pertinente – secondo uno schema di pensiero che cerca sistematicamente delle cause occulte per il minimo fatto o avvenimento – supporre che il virus sia stato volontariamente diffuso per poter vendere in seguito i vaccini? Credo di no. Mi sembra che il problema non sia tanto la deviazione della ricerca e della tecnologia medica da parte di interessi privati occulti, ma l’esistenza stessa di queste ricerche e di queste tecnologie. Le attività di questi scienziati non hanno, nella maggior parte dei casi, nulla di “diabolico”. Esse rappresentano al contrario ciò che di più “normale” esiste in un mondo fondato sullo sfruttamento.

Prendiamo l’esempio di questa importante ONG nord-americana, EcoHealt Alliance, che lavora in più di trenta Paesi del mondo e che è oggi nel mirino per aver finanziato gli esperimenti sui Coronavirus. La sua missione consiste nel creare innovazioni nel campo della ricerca, dei partenariati globali e delle iniziative politiche in materia di malattie zoonotiche che, «nel contesto di globalizzazione e di espansione di viaggi e commercio, possono diffondersi rapidamente provocando gravi problemi nella salute pubblica, nello sviluppo e nell’economia». Un importante anello della catena, quindi, che è deputato a trovare soluzioni alle devastazioni che il sistema economico globale provoca ogni giorno, allo scopo di assicurarne la continuità. Il “brillante ricercatore” alla testa di questa istituzione, noto come «il cacciatore di virus», viaggia negli angoli più remoti del Pianeta per catturare degli animali portatori di specie virali potenzialmente minacciose per gli umani, allo scopo di sviluppare degli antivirali o dei vaccini.

Che si tratti di produrre “medicinali” o armi biologiche1, nei laboratori privati delle imprese o negli istituti pubblici come quello di Wuhan (esiste una cinquantina di laboratori P4 nel mondo), si trasformano geneticamente degli agenti patogeni rendendoli potenzialmente più infettivi o più pericolosi: dobbiamo allora stupirci se, una volta estratti dal loro habitat e modificati, questi virus finiscano – in una maniera o in un’altra – con l’uscire dai laboratori con delle conseguenze letali per una parte dell’umanità? Ma la nostra critica non dovrebbe limitarsi a prendere di mira questi esperimenti assai pericolosi, che costituiscono solo un’infima parte delle attività tecno-scientifiche grazie alle quali gli Stati e le imprese consolidano e allargano il loro imperio sul Pianeta.

A ogni male il suo rimedio

Come è stato ampiamente spiegato, i “vaccini genetici” non hanno granché a vedere con i vaccini: essi non introducono nell’organismo un batterio o un virus inattivato o attenuato, e nemmeno un elemento organico della superficie di un patogeno (proteina di superficie in generale), bensì un elemento del codice genetico del virus (o del batterio) patogeno2. Come spiegava nel 2017 il medico-capo di Moderna: «Noi hackeriamo efficacemente il software della vita. Invece di fornire la proteina, forniamo le istruzioni sul modo di fabbricare la proteina. Su come il corpo può produrre il vaccino». In un cotesto di “crisi”, la pressione degli Stati e dei produttori sugli organi regolatorî ha ottenuto in fretta il risultato sperato: queste tecnologie, mai commercializzate in precedenza, sono state approvate senza nemmeno passare attraverso l’insieme delle fasi normalmente previste per i vaccini e gli altri farmaci. Nel luglio del 2020, al fine di autorizzare lo sviluppo e la commercializzazione di questi nuovi vaccini anti-Covid, il Parlamento europeo ha approvato una «deroga temporanea» alle direttive sugli OGM (la direttiva 2001/18/CE relativa alla «disseminazione volontaria di organismi geneticamente modificati nell’ambiente» e la direttiva 2009/41/CE relativa all’«utilizzo di microrganismi geneticamente modificati»). Passaggio avvenuto senza troppo chiasso, per non dire in assenza di qualsiasi eco. Ma chiunque osasse comparare questi vaccini agli OGM veniva immediatamente trattato da “complottista”.

La popolazione mondiale è stata prima esortata e poi costretta a vaccinarsi con il ricatto dell’esclusione dalla vita sociale. La “sicurezza” e l’“efficacia” dei nuovi vaccini sono state garantite. In seguito, il vaccino AstraZeneca è stato sospeso e ritirato dal mercato da parte di numerosi Paesi occidentali per la sua pericolosità e… spedito nei “Paesi in via di sviluppo” tramite dei «dispositivi di solidarietà Covax»! Ma l’argomento principe degli Stati – questi campioni di benevolenza – resta lo stesso: bisogna vaccinarsi per gli altri, per proteggere i più fragili. Riguardo l’efficacia dei vaccini, l’oscillazione più totale: proteggono dal contagio o soltanto da una parte o dalla totalità dei suoi effetti? Come si è constatato durante l’ondata dell’inverno 2021-2022, malgrado la prima, la seconda e la terza dose… le persone continuano a contagiarsi, a trasmettere il virus e talvolta a sviluppare delle forme gravi e morire. Riguardo la sicurezza, numerosi scienziati stanno allertando la popolazione su determinati rischi legati a questi vaccini, che, se non sono molti a breve termine, esistono tuttavia e non sono trascurabili. Poiché, nonostante la propaganda secondo la quale l’m-RNA non provoca alcuna modifica del DNA, cominciano a moltiplicarsi gli studi sul fatto che si tratta di un’ipotesi molto ottimistica3.

Un altro rischio di questi interventi genetici sarebbe quello di favorire l’apparizione di virus ricombinanti. I virus hanno infatti una grande capacità di scambiare tra loro dei frammenti del rispettivo materiale genetico allorché i genomi virali sono della stessa natura (DNA o RNA) e coabitano nelle stesse cellule. Tale fenomeno è ancora più marcato se i genomi virali in questione hanno in comune delle sequenze (dei geni) che si assomigliano. Seguendo certe ipotesi, introdurre – in questo caso allo scopo di vaccinare – materiale genetico virale presso un numero enorme di individui potrebbe, in caso di infezione da parte di un solo virus, occasionare degli scambi tra il genoma del virus infettante e il materiale genetico vaccinale, dando vita a dei virus ricombinanti. O per lo meno è ciò che sostiene il Comitato di Ricerca e d’Informazione Indipendente sul Genio Genetico (CRIIGEN): «Il rischio che l’organismo di una persona vaccinata sia la sede di una ricombinazione virale sfavorevole è infimo. Ma il numero considerevole di vaccinati nel mondo – centinaia di milioni e oltre – fa sì che diventi molto probabile che ciò accada da qualche parte, e che un virus più virulento si diffonda tra la popolazione vaccinata e non».

Ma le porte sono ormai spalancate per l’ingegneria genetica, che ha già acquisito la legittimità per sviluppare la “medicina del futuro”, così come i colossali finanziamenti e il quadro legale e sociale necessari. Al di là del dibattito sull’efficacia e la sicurezza del vaccino, mi sembra che ad inquietarci dovrebbe essere soprattutto l’enorme passo in avanti della biotecnologia: se qualche anno fa la trasformazione genetica delle piante aveva incontrato una certa ostilità da parte della popolazione, senza che tale resistenza fosse riuscita a impedirne lo sviluppo – oggi, in questo contesto di “crisi”, la manipolazione genetica della vita, anche umana, non sembra più far paura. Al contrario, facendo leva sulla salute, sulla sofferenza e sulla morte, la medicina diventa una via d’accesso per queste tecnologie, con ciò che implicano, senza sapere realmente dove si fermeranno. Decine di progetti di vaccini a RNA, vaccini a DNA e varie terapie geniche saranno ben presto sulla scena. Come non vedere dei collegamenti tra il «miglioramento genetico» di piante ed animali e questi nuovi orizzonti della medicina? L’analogia tra delle piante migliorate per resistere agli insetticidi e agli erbicidi (che sono agenti cancerogeni/mutageni/riprotossici [che possono, cioè, alterare la fertilità umana, NdT] o perturbatori endocrini) e degli umani migliorati per resistere a dei virus (magari geneticamente modificati) è evidente. In ambito agricolo, nell’allevamento, nella produzione e nella trasformazione industriali o nella sanità, l’ingegneria genetica rappresenta un insieme di mezzi e conoscenze dalle applicazioni illimitate. Grazie alla biotecnologia, la società industriale non si limita più a saccheggiare e a sfruttare il suo ambiente; essa interviene ormai sulla vita stessa per trasformarla, adattandola alle proprie necessità di potenza politico-militare e di profitto, o semplicemente per risolvere i problemi da essa stessa generati, e poter continuare così la propria marcia trionfale verso l’auto-distruzione.

Più in generale, la gestione della pandemia di Covid-19 ha rappresentato un’occasione di accelerazione per tutte le “tecnologie convergenti” (tecnologie di informazione e comunicazione, biotecnologie, nanotecnologie, scienze cognitive). Tra le tecniche favorite da questa “convergenza” si trovano per esempio il sequenziamento e l’editing del genoma umano, la raccolta massiccia e l’analisi dei dati prodotti dai biologi grazie ai modelli e agli algoritmi. Ma anche la fabbricazione di microchip sottocutanei e di altre nanotecnologie (sensori di vario tipo), per misurare e registrare dati biologici, l’intelligenza artificiale per analizzare e trattare questi dati, oppure per gestire automaticamente la somministrazione di vaccini e farmaci (smart patch), così come l’accelerazione nell’installazione della struttura 5G per far funzionare tutte queste meraviglie. Google – attraverso Verily Life Sciences – e GlaxoSmithKline collaborano nello sviluppo della medicina bio-elettronica, mentre gli antichi sogni dell’eugenetica coloniale e razzista s’intrecciano con la nuova utopia transumanista. Da un lato dei camici bianchi occupati a «migliorare gli organismi viventi», dall’altro eserciti di informatici con la loro «interfaccia uomo-macchina». La pandemia ha costituito un’opportunità non solo per Big Pharma e GAFAM [Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft], ma anche per migliaia di imprese, banche, fondi d’investimento, agenzie della salute o dello sviluppo di istituzioni pubbliche, start-up, centri di ricerca, università, laboratori…

Non usciremo da tutto ciò urlando allo scandalo. Dovremo piuttosto chiederci: come attaccare dei progetti così vasti di controllo e di artificializzazione della vita? Come opporci al nuovo tecno-totalitarismo che sta ridefinendo le nostre esistenze? Non esiste certo una risposta univoca a questa domanda e, nell’attuale contesto, è difficile non lasciarsi andare al pessimismo e alla disperazione. Ma è forse proprio questa disperazione che può diventare forza e movente della nostra azione, della nostra volontà di batterci per salvaguardare quella parte di noi che non è ancora stata manipolata dall’ingegneria del dominio.

Per concludere, possiamo ricordare quello che le Rote Zora scrivevano nel loro comunicato di rivendicazione dell’attacco incendiario contro l’Istituto di Genetica Umana di Münster, nel 1986:

«Noi lottiamo contro questa tecnologia, non come viene spesso detto per le sue conseguenze incalcolabili e imprevedibili, ma perché rinforza la normalità.

Questa tecnologia, con un calcolo accurato, pianifica l’annientamento, l’oppressione e la sottomissione delle persone in modo tutt’altro che imprevedibile.

Non ci minaccia una catastrofe, bensì ciò che accade nel quotidiano!».

Gennaio 2022

1 D’altronde, l’Israel Institute for Biological Research (IIBR) produce il vaccino Brilife e fabbrica allo stesso tempo armi chimiche e biologiche.

2 Nel caso del Sars-Cov-2, si tratta o della porzione di RNA virale che codifica la proteina Spike ed è incapsulata in una nanoparticella di grasso, oppure di una copia a DNA della porzione di RNA virale inserita nel DNA di un altro virus (adenovirus) utilizzato come “veicolo” (vettore) per rilasciare questo materiale genetico nelle cellule della persona da vaccinare. Il virus vettore è un virus geneticamente modificato e reso inoffensivo (si dice “disarmato”) attraverso la soppressione di una parte del proprio materiale genetico (DNA), sostituita con la copia a DNA dell’RNA virale di Sars-CoV-2 che codifica la Spike. Il principio di questi vaccini genetici è quindi quello di far fabbricare l’antigene (in questo caso la proteina Spike) direttamente dalle nostre cellule. Si tratta, come noto, dei vaccini Pfizer-BioNTech o Moderna (vaccini a RNA incapsulati in una nanoparticella di grasso) e dei vaccini AstraZeneca o Johnson & Johnson (vaccini a DNA che usano un adenovirus come vettore).

3 Emblematico, in tal senso, l’appello di una di queste carogne, l’immunologo e virologo Robert Malone, il quale, dopo aver ampiamento partecipato a sviluppare questi vaccini genetici, invita oggi a battersi contro la vaccinazione dei bambini, affermando che questa può provocare dei danni permanenti nei loro organi critici, nel loro cervello, nel sistema nervoso, nel cuore e nei vasi sanguigni, nel sistema riproduttivo e nel sistema immunitario. Lo stesso Malone afferma che occorrono almeno cinque anni di test e di ricerche prima che si possa realmente comprendere i rischi associati a questa nuova tecnologia, dal momento che gli effetti nefasti e i rischi legati a nuovi farmaci non compaiono che anni dopo. Ecco la sua laconica conclusione: «Ponetevi, per favore, questa domanda in quanto genitori: volete che il vostro figlio faccia parte dell’esperimento più radicale della storia dell’umanità?».