Nuova Caledonia: costruzione accelerata dell’Emergenza?

 

Traduciamo e pubblichiamo questa interessante intervista, comparsa lo scorso 26 novembre sulla testata francese online France Soir. Al di là del punto di vista democratico e pacifista dell’intervistata, del tutto simile a quello che attraversa anche da noi le proteste contro obbligo vaccinale e lasciapassare – quando si dice il villaggio globale… –, si tratta di una testimonianza particolarmente inquietante. Dichiarata “covid free” fino allo scorso settembre, questa piccola isola francofona vicina all’Australia ha visto arrivare il virus e i suoi effetti esattamente 3 giorni dopo la deliberazione preventiva dell’obbligo vaccinale per tutte le persone maggiorenni sul territorio. Se questo decreto ha fatto ben presto sentire i suoi effetti prima ancora dell’entrata in vigore (poi rinviata grazie alla mobilitazione), con ricatti all’ordine del giorno sui posti di lavoro, arrivano nel frattempo voci allarmanti dagli ospedali e dalle prigioni, tra cure “differenziate” in base allo status vaccinale e permessi di uscita revocati a quanti non accettano la puntura… Siamo di fronte alla costruzione accelerata dell’Emergenza? Se condividiamo la cautela dell’intervistata nel tracciare ipotesi affrettate, nutrire almeno qualche sospetto ci sembra più buonsenso che “complottismo”…

Nel frattempo, nelle settimane intercorse dall’intervista, la temperatura sociale in Nuova Caledonia non ha fatto altro che salire, tra scioperi e cortei continui.

Qui l’intervista originale: https://www.francesoir.fr/videos-les-debriefings/nouvelle-caledonie 

Pacifici ma determinati, i caledoniani si organizzano per denunciare quello che sta succedendo”

France Soir Debriefing – intervista a Gaëlle Wery, del gruppo Reinfo Covid-19 NC

Buongiorno a tutti, buongiorno a tutte, benvenuti su France Soir per un nuovo debriefing. Oggi abbiamo il piacere di ospitare Gaëlle Wery, portavoce di Reinfo Covid19 della Nouvelle Calédonie, un territorio che è francese ma di cui non si parla molto nella Francia metropolitana. Abbiamo ascoltato qui l’attualità della Guadalupa, dell’Austria o della Germania, ma mai della Nuova Caledonia. Buongiorno, Gaëlle Wery.

Buonasera… buongiorno, per voi ora è giorno.

Ah sì, buonasera, per voi ora è sera…

Cosa succede adesso in Nuova Caledonia? L’ultima notizia che nell’insieme abbiamo avuto qui è che adesso c’è l’obbligo vaccinale per tutti, da qualche mese a questa parte, dal mese di settembre se non mi sbaglio. Da allora cos’è successo, com’è la situazione da voi?

Dal 3 settembre è passata una deliberazione per votare l’obbligo vaccinale per tutte le persone maggiorenni sul territorio. Per un anno e mezzo siamo stati un po’ “privilegiati” perché eravamo “covid free” qui in Nuova Caledonia. L’obbligo vaccinale è stato votato prima della dichiarazione ufficiale di introduzione del virus sul territorio. Quindi il 3 settembre il nostro Congresso ha votato l’obbligo vaccinale e il 6 settembre ci hanno annunciato l’introduzione, anzi, la presenza del virus nel nostro territorio, che in pochi giorni ha fatto scattare il segnale d’allarme, quindi il confinamento e insieme il coprifuoco. L’8 settembre, due giorni dopo l’annuncio della presenza del virus sul territorio, siamo passati allo stato d’emergenza sanitario. Abbiamo avuto dei decessi e un virus che si propagava sul territorio si può dire in 24 ore, penso si possa dire che il virus è stato più veloce dei suoi numeri. Ci siamo ritrovati con numerosi focolai, con differenti livelli di incidenza nei primi giorni. Prima della legge sull’obbligo vaccinale la vaccinazione di massa in Nuova Caledonia era stata lanciata a gennaio, ed aveva difficoltà a decollare a livello di cifre perché non c’erano molti adepti ferventi di questa opzione. Dunque si è trascinata per diversi mesi, a settembre c’era sempre più o meno il 30 per cento di popolazione vaccinata. Quando è passato l’obbligo vaccinale abbiamo vissuto quello che è successo in altri Paesi o Dipartimenti d’Oltremare, per quanto fosse solo per i sanitari o altre categorie professionali abbiamo avuto nel mondo del lavoro un enorme ricatto, un’enorme pressione, e similmente a livello della popolazione. Da parte dei media è stato ripetuto in modo molto ridondante “vaccinatevi!, vaccinatevi!”, “non abbiamo altri rimedi”. Si è messa nella popolazione la paura della malattia, la paura della morte, perché ci propinavano molto le notizie di quello che succedeva a Tahiti con le enormi ondate di decessi che ci sono state, e nonostante tutti questi incitamenti sono arrivati a minacciare la perdita del lavoro, la perdita dell’assistenza sanitaria per le persone colpite da lunga malattia. Chi non era vaccinato riceveva lettere in cui venivano dette cose del tipo che avrebbe perso l’assistenza sanitaria. Dunque all’inizio, quando è stata votata la legge che prevedeva l’obbligo vaccinale per tutti, per una buona parte delle professioni l’obbligo è stato notificato per il 31 ottobre. Diveniva così necessario per certe professioni dette “a rischio” – ma c’erano anche lavori che non erano affatto a contatto col pubblico che facevano parte della lista. C’è stata allora una certa agitazione tra collettivi e associazioni che hanno preso posizione con interventi e concentramenti di protesta, e l’obbligo è stato rinviato dal 31 ottobre al 31 dicembre, all’ultimo momento, proprio alla vigilia della scadenza del 31 ottobre. È stata una sorpresa per molti, ha generato collera in altri, perché alcune persone si sono vaccinate proprio perché c’era quella scadenza. Quindi oggi, a livello di vaccinazione, leggevo su un giornale questo pomeriggio che si sarebbe al 60 per cento, mentre se guardo adesso [al computer, ndr] le cifre del governo saremmo un po’ sopra il 70 per cento di popolazione vaccinabile con la doppia dose, hanno cominciato pure le terze dosi e alcuni dei miei pazienti che hanno appena ricevuto la terza dose mi dicono che hanno già l’appuntamento per la quarta.

Ah, per la quarta dose…

È sconcertante, lo confesso, l’ho saputo questo pomeriggio. In ogni caso la terza dose è stata mediatizzata per le persone che avevano ricevuto la prima dose a gennaio, febbraio o marzo, questo se desiderano l’attivazione del loro lasciapassare sanitario, che è attivo anche da noi dall’inizio di ottobre. C’è stato un decreto che l’ha instaurato nella nostra isola, e dunque il lasciapassare ha cominciato a installarsi in alcuni luoghi pubblici, di svago, e anche per certi servizi ospedalieri.

Quindi, se posso riassumere in modo un po’ triviale, in due mesi avete recuperato il ritardo “epidemico” rispetto alla Metropoli e avete raggiunto un tasso di vaccinazione simile a quello della Francia metropolitana, e idem per le misure sanitarie, avete grossomodo le stesse che ci sono da noi, le stesse costrizioni ecc. Che succede sul piano ospedaliero? Questa è una questione che tormenta alcuni spiriti, e anche alcuni sanitari. Da voi come va l’ospedalizzazione? Gli ospedali sono pieni, saturi, oppure vuoti?

Qui vedo dei grafici attorno al 16 settembre, quindi una quindicina di giorni dopo l’introduzione, anzi l’annuncio ufficiale della presenza del virus sul territorio. Per un breve periodo ci hanno detto di una situazione di saturazione dei reparti di rianimazione a livelli esplosivi. Senza minimizzare i decessi che ci sono stati, ci hanno comunque rassicurato i contatti con persone che lavorano direttamente con i servizi di rianimazione, che ci dicevano che si trattava di un virus che colpisce persone con problemi di comorbilità, obesità, comorbilità avanzate, e soprattutto che non ricevono assistenza medica. In ogni caso c’è stata un certo tasso di saturazione, oggi le cose stanno tornando alla normalità, o comunque con un tasso di saturazione molto più leggero. Giusto stamattina, l’ho appena verificato, davano 14 o 15 casi in rianimazione legati al Covid, vi sono 13 persone in “ostello”, perché ci sono anche strutture di tipo alberghiero, dove si trovano persone che non necessitano di assistenza medica, dunque persone positive ma non sintomatiche e messe sotto osservazione. Poi abbiamo vissuto la stessa cosa che in Francia e in altri Paesi: nessuna possibilità di esprimersi sui trattamenti, nessuna possibilità di non attenersi ai trattamenti proposti o seguire liberamente i nostri medici, di dire che qualsiasi terapia diversa dalla vaccinazione, come quelle molecole di cui si è sentito parlare sui media, idrossiclorochina, ivermectina, interventi preventivi siano efficaci per la Covid. Queste molecole non potevano per legge essere prescritte né vendute dai farmacisti, ai quali è stata data disposizione di denunciare quei medici che tendevano a prescriverle. Noi vogliamo essere aderenti ai fatti, e nei fatti abbiamo constatato che nessuna associazione o collettivo che volesse esprimersi nei media è stato mai ricevuto in questi mesi, né nei programmi né con interviste o altro. Abbiamo avuto un contropotere pari a zero. Nel giro di ben due mesi abbiamo avuto appena UN media che ha accettato di incontrarci. In compenso c’è stato una vera esposizione delle persone, medici e non, che osavano esprimersi pubblicamente, tutte sono state riempite di denunce, tutte hanno quaranta o cinquanta denunce. Cose viste davvero di rado nell’ambito della medicina. Io non sono medica, dunque non ho ricevuto richiami dall’ordine dei medici o dei farmacisti come tanti miei colleghi che si sono espressi. In compenso mi sono espressa sulle informazioni che venivano dal nostro penitenziario, riguardo le intimidazioni e pressioni messe in atto sui detenuti in Nuova Caledonia, attraverso le testimonianze di famiglie che ci hanno riportato che i prigionieri non otterrebbero permessi d’uscita – dico “non otterrebbero” usando il condizionale per non avere problemi con la giustizia – se non sono vaccinati.

D’accordo, quindi c’è – voglio dire, “ci sarebbe” – una forma di ricatto tra i prigionieri e i loro carcerieri, il loro direttore, che senza essere operatori sanitari premerebbero per la vaccinazione in cambio di una riduzione della pena…

Per parlare di “riduzione di pena” dovremmo attendere un po’ più di prove, è un’ipotesi che non possiamo al momento avanzare. Ma riguardo al rifiuto dei permessi, questo è un fatto confermato, lo testimoniano le famiglie per quanto in forma anonima. Alcune famiglie ci hanno confermato anche dei ricatti riguardo al lavoro interno al carcere, chi non si lascia vaccinare rischierebbe di perderlo. Ciò che si trova all’esterno, nella società, lo si ritrova anche in carcere. Questo non è dipeso per forza dalle autorità penitenziarie, dal responsabile ecc. Io ho ricevuto una denuncia a mio carico per aver diffuso informazioni non pubblicate da altri e che potrebbero creare turbamento dell’ordine pubblico. Ho avuto un’udienza, non so se il procedimento andrà avanti, lo dico solo perché è ciò che capita a chiunque osi esprimersi esercitando un contro-potere riguardo l’autorizzazione condizionata dei vaccini, i potenziali effetti indesiderati, oggi neanche troppo “potenziali”, viste le informazioni che arrivano dal mondo intero, quelle che escono a livello locale… Questo fa sì che le autorità accettino di parlarne al grande pubblico, minimizzando queste informazioni, ma almeno se ne parla… Così alcuni hanno inviato lettere ai giornali parlando dei potenziali effetti indesiderati, e ancora una volta tutte le associazioni e i collettivi che come noi se ne occupano a livello mediatico sono bollati come “anti-vax”, ma non è così. Non siamo “anti-vax”, siamo dei “vaccino-prudenti”. Io e il mio collettivo abbiamo perso le staffe perché avevano aperto troppo presto la vaccinazione alle donne incinte, alle persone sotto i 55 anni, e poi ai nostri adolescenti sopra i 12 anni, senza obiettività e prudenza. Quindi siamo stati catalogati come “anti-vax” perché invitavamo a essere prudenti, a non vaccinare in massa, a una vaccinazione adeguata e proporzionata ma anche ad informare su questi trattamenti. Quando delle persone scoprono la nostra esistenza, o di associazioni che si battono per queste stesse cose, ci dicono “ah, ma com’è che non ho mai sentito parlare di queste questioni”, noi diciamo che non è strano, perché sui media di noi si parla sempre come di “anti-vax”, come malvagi criminali”, o di “irresponsabili”, come hanno detto quando abbiamo fatto un presidio nel pieno del periodo di confinamento, in maniera del tutto tranquilla…

Torno due minuti sulla questione della vaccinazione perché c’è una questione che mi tormenta da quando ho fatto una ricerca sulla Nuova Caledonia. Come spiegate che proprio dai primi di settembre, quando è stato introdotto l’obbligo vaccinale, vi sia stata subito dopo, se si guardano le cifre, un’impennata della mortalità etichettata come “covid”? Come si spiega che per un anno e alcuni mesi siete stati “covid-free”, che dagli inizi del 2020 avete avuto qualcosa come 10 morti in tutto il periodo, e subito dopo l’annuncio vaccinale arriva un picco piuttosto impressionante se si guarda la curva? Forse è troppo rapido pensare a una correlazione, a una causalità, ma altrimenti come si spiega?

È una domanda che si fanno tutti quelli che cercano di capire, ma comunque a un certo momento c’è stata una concomitanza tra non pochi casi, morti ecc. In diversi ci siamo detti che forse il virus circolava già da diversi mesi sul territorio. Eravamo in una “bolla” sanitaria, perché per entrare nell’isola bisognava fare una quarantena di 14 giorni. Poi la cosa è saltata, siamo passati a 7 giorni per le persone vaccinate, e dopo si è riusciti a eliminare pure questa settimana, non da un punto di vista sanitario ma giuridico, attraverso dei vizi di forma. Ci sono persone che nella settimana precedente all’annuncio dell’obbligo vaccinale sono rientrate senza test PCR, dunque senza attestare di non essere portatori. Ciò non toglie, comunque, il mettere in discussione il test PCR, che deve restare un mezzo diagnostico e non di depistaggio… Questa settimana hanno cercato di spaventare alcune delle nostre tribù con autobus che vanno a prelevarli per fare test di massa. Ci parlano molto di “casi”, ma non di fare la differenza tra un “caso” e un malato, credo che in Francia questo si sia capito da un pezzo… In ogni caso questa “correlazione” [tra obbligo vaccinale e comparsa del virus] è da mettere in parallelo. Non possiamo né fare i “grandi complottisti” e dirci “ah, il virus compare proprio ora che hanno messo l’obbligo vaccinale”, né pensare con sicurezza che il virus sia divenuto invasivo proprio adesso e abbia conciato male una parte della nostra popolazione, penso che saranno il tempo e le cifre a permetterci di fare la nostra inchiesta, e accusare le responsabilità di tutto questo. Oggi, poco prima di questa intervista con voi, ho avuto un’informazione dall’ospedale: darebbero l’ivermectina solo alle persone vaccinate, e a quelle non vaccinate no… Uso ancora molto il condizionale, perché? Perché, immaginiamo che sia così, ripeto, lo dico al condizionale anche perché non voglio problemi con la giustizia, ma sarebbe un modo per agire attraverso delle cifre…: curiamo con delle molecole che sappiamo essere efficaci contro la Covid, le usiamo solo per le persone vaccinate, quelle non vaccinate non le assistiamo, o usiamo altri tipi di medicine… questo permetterebbe di dire che nei reparti di rianimazione ci sono più persone non vaccinate che vaccinate…

Eh, inevitabilmente sì…

Quindi c’è da lavorare sulle cifre, sono domande che ci facciamo e vogliamo risposte, vogliamo trasparenza, che non c’è sulle reazioni avverse, sulle persone decedute perché hanno avuto a che fare con certe infermiere delle rianimazioni… Abbiamo avuto decessi nell’arco di una o due settimane dalla vaccinazione: si possono mettere in correlazioni vaccinazioni e decessi, o lo si può fare solo con la malattia? E quando si guarda quello che succede in Guadalupa, in Martinica, a Tahiti, e negli altri Paesi del mondo dove hanno vaccinato molto, si trovano scenari simili. Dunque bisogna farsi delle domande e pretendere un po’ più di trasparenza.

Vengo alle questioni fatidiche per la Nuova Caledonia nelle prossime settimane… Ci sono due poste in gioco che appaiono centrali in questo momento: innanzitutto l’obbligo vaccinale di cui lei ha parlato, e che potrebbe essere abrogato all’inizio della prossima settimana… forse vuole…

Sì, vorrei precisare… Come dicevo prima la data dell’obbligo è stata rinviata dal 31 ottobre al 31 dicembre. Cinque gruppi politici, anzi, cinque deputati di differenti gruppi hanno proposto al Congresso una legge che abolirebbe l’obbligo vaccinale per tutti, completamente, senza alcun rinvio ecc. Dunque questa legge è stata depositata venerdì [19 novembre] e avrebbero dovuto essere votata domani, alla fine non sarà domani ma la prossima settimana. Ma tutto quello che succede a livello locale è legato al terzo referendum per l’autodeterminazione [per l’indipendenza della Nuova Caledonia, ndr], che dovrebbe tenersi il 12 dicembre.

E questo referendum dovrebbe essere l’ultima occasione per gli indipendentisti per ottenere una forma d’indipendenza per la Nuova Caledonia…

Sì e no, perché qualsiasi cosa succeda la Nuova Caledonia è nella lista dell’ONU dei Paesi da decolonizzare. Per quel che ne capisco, non sono una specialista e non vorrei farmi tirare le orecchie dagli specialisti in materia, qualsiasi cosa succeda la Caledonia non uscirà da questa lista. Si tratta più di una consultazione, ce n’è stata una l’anno scorso e quello prima ancora. Il primo anno i lealisti, quelli che vogliono che la Francia resti in Nuova Caledonia, hanno avuto credo il 70 per cento, l’anno dopo c’è stata un’inversione che ha sorpreso molta gente, i voti erano quasi al 50 contro 50 tra i votanti che volevano l’indipendenza o restare sotto la Francia. Questo ha posto molti interrogativi, soprattutto ai lealisti, che erano quasi convinti di stravincere in questa seconda consultazione. Per questa terza, nelle scorse settimane gli indipendentisti hanno chiesto il rinvio, che sarebbe legittimato dalla situazione sanitaria e dai lutti che abbiamo avuto. Lo Stato ha rifiutato e mantenuto comunque la data del 12 dicembre. Da una delle ultime interviste che ho visto a uno di questi politici indipendentisti, loro fanno appello al boicottaggio, dicono alla gente di non andare a votare.

Se capisco bene nella sfera politica della Nuova Caledonia c’è un triangolo: c’è lo Stato, gli oppositori alle misure sanitarie che in questo momento lei rappresenta e poi gli indipendentisti. I due “del basso” sono i guastafeste dello Stato e quindi possono rappresentare in qualche modo un contro-potere? Pensa che questi due possano unirsi oppure ciò non rientra tra i “timori”? I partiti indipendentisti sono a favore del voto per l’abrogazione dell’obbligo vaccinale?

I primi politici che si sono espressi per il ritiro dell’obbligo sono in effetti dei partiti indipendentisti, adesso ci sono anche partiti lealisti che si sono aggiunti. Ma non si può che porre il problema della strumentalizzazione, giustamente uno dei nostri movimenti si chiedeva “chi recupererà gli anti-pass e gli anti-obbligo vaccinale, saranno gli indipendentisti o i lealisti?”. Ci siamo anche ritrovati a chieder loro qual è la loro posizione, come voteranno tra 15 giorni. In realtà non facciamo “politica”, siamo senza etichetta politica, oggi stiamo dimostrando che tre anni fa hanno diviso la popolazione tra lealisti e indipendentisti, lo stiamo dimostrando con un movimento che reclama una certa libertà, la fine delle leggi liberticide, rispetto del popolo, trasparenza, difesa dei diritti dell’umano, dei diritti fondamentali e soprattutto dei diritti dei nostri bambini, e quindi non siamo più nulla di “a metà”, nulla di politico, tra noi ci sono lealisti e indipendentisti, vaccinati e non vaccinati. Ci sono tanti “wallisien”, “oreilles” e “caldoches”, come li chiamiamo qui. Questo pone un piccolo problema: ci siamo resi conto che questo ci ha fatto bene da un punto di vista umano, che se bisogna trarre qualcosa di positivo da tutto, è che una parte della nostra popolazione si è ritrovata per difendere alcune cose. D’altra parte ci siamo domandati anche se con la battaglia contro il lasciapassare sanitario e l’obbligo vaccinale, ma allo stesso tempo per la libertà di prescrizione e cura, non sarebbe il caso di introdurre altri temi. In Guadalupa hanno aggiunto anche il carovita, hanno aggiunto alcuni diritti fondamentali che non sono stati più difesi negli ultimi anni, hanno parlato del periodo dello schiavismo. Noi, al momento, nei tre quarti del movimento, direi forse nel 90 per cento, non ci siamo attribuiti il “far politica”, e per il momento non abbiamo aggiunto altri temi.

Per continuare, il 12 abbiamo il referendum, siamo in attesa della data per l’abrogazione dell’obbligo vaccinale, i media e il governo ieri hanno annunciato un rafforzamento del pass sanitario dal 6 dicembre…

e indipendentemente dall’obbligo vaccinale, questo resterà in vigore…

Indipendentemente, e anche se l’obbligo saltasse. Ciò che immaginiamo è che l’obbligo potrebbe essere abrogato in un certo momento o in un altro, ma con l’intensificazione del pass. Credo che ciò che i caledoniani non hanno ancora capito bene è che, se si guardano le cifre, se si guarda la realtà di queste inoculazioni, con le quali si può tanto contrarre il virus che trasmetterlo, questo lasciapassare non ha nulla di sanitario, di “sanitario” ha solo il nome, mentre in realtà si tratta di uno scivolamento verso la digitalizzazione, verso un’identità digitale, per le persone della nostra isola ma non solo, perché vediamo che la stessa cosa avviene ai quattro angoli del mondo. Quando si guardano certi scenari altrove, forse dobbiamo farci alcune domande, e in anticipo, perché quando i giochi sono già fatti, la libertà perduta è molto difficile da recuperare, mentre quando non è persa ci si può ancora alzare in piedi. Su quello che dicevamo all’inizio dell’intervista, penso che i caledoniani hanno appena ricevuto una grossa bastonata in testa. L’obbligo vaccinale, le misure liberticide, le intimidazioni sul lavoro. Giusto oggi, una persona mi ha chiamato per dirmi di essere la sola non vaccinata sul posto di lavoro, e che viene convocata cinque volte a settimana, vuoi per obbligarla a prendere le ferie, vuoi per altro, e poi sarà la sospensione senza stipendio, e poi… per il momento non possono licenziare, per il momento ci sono ancora leggi sul lavoro che devono essere rispettate, e vanno difese, ma ci provano, e infatti c’è una legge in costruzione per poter allontanare i non vaccinati dal lavoro come hanno fatto nella Francia metropolitana con i sanitari. Dunque, la situazione è questa. Nel periodo del confinamento siamo riusciti a fare un grosso concentramento, di 7-8000 persone, ma dopo alcune settimane è diventato difficile riunire in massa le persone. Quindi abbiamo pensato di lanciare per il 4 dicembre, prima del referendum, quando come speriamo potrebbe saltare la legge sull’obbligo vaccinale ma potrebbe essere rafforzato il pass, di fare un invito al popolo da parte del popolo, non un sindacato o un collettivo, ma tutti che convocano tutti, per dire “ok, dimostriamo che siamo presenti in massa e mostriamo ai nostri politici che abbiamo un peso elettorale, non tanto in rapporto al referendum ma al seguito degli avvenimenti. Che finché non ci saranno un partito o dei politici che rispetteranno questi diritti fondamentali e lo faranno capire, avranno perso la fiducia dei loro simpatizzanti”.

La previsione di una grande manifestazione mi ricorda un po’ gli avvenimenti che ci sono stati nella Francia metropolitana, e più recentemente la Guadalupa. Non temete che infine salga la tensione com’è successo ieri?

Ci siamo meritati un arrivo massiccio di camionette e forze dell’ordine, e anche molti mezzi, due “puma” [elicotteri, ndr] sono arrivati sul territorio proprio ieri, carri, camion, camionette, RG [simili alla Digos italiana, ndr]… Tutto ciò è giustificato dal referendum, che potrebbe provocare disordini. Non dico che è per noi, ma… In ogni caso tutti i nostri concentramenti finora sono stati pacifici, perché come collettivi, associazioni e frequentatori abituali di queste proteste, ci siamo dati come parola d’ordine di restare su una linea pacifista, per non dare motivo allo Stato e ai nostri politici il piacere di caricarci, di fare entrare il nostro Paese in una sorta di pseudo-guerra civile, battendoci tra cittadini e forze dell’ordine. Perché non sono loro i nostri nemici, i nostri nemici sono quelli che prendono le decisioni e ce le impongono, e quindi siamo riusciti finora a non darci ad atti di violenza, preferiamo forme d’azione simboliche. Stamattina per esempio un collettivo ha bloccato una rotonda con uno striscione per deviare le auto, evitando di buttare legname o pneumatici in strada e di dare fuoco a cose, ma cercando di sensibilizzare la gente – non so se la via pacifica sarà duratura, spero e auspico che il popolo sarà fisicamente presente in massa in maniera tale da avere un impatto. Ci sono stati quelli che hanno avuto la voglia di passare ad atti più “fisici”, ma per ora siamo tutti d’accordo ad essere determinati restando pacifici. Non vogliamo spaventare la popolazione, non vogliamo far paura ai nostri bambini, che sono già abbastanza traumatizzati da quello che sta succedendo, dal distanziamento a scuola, senza più il diritto a giocare insieme, senza diritto a socializzare. Ma se non vogliamo traumatizzare la nostra gente, d’altra parte sosteniamo col cuore quello che succede in Guadalupa e Martinica, perché ancora una volta si cerca di appiccicare a quei fatti una brutta etichetta, ma concretamente si tratta di persone che osano mettere la loro vita in pericolo, il loro lavoro in pericolo per difendere i diritti di quelli che ancora non capiscono.