Riceviamo e diffondiamo:

Testo distribuito in occasione della giornata in piazza contro il lasciapassare verde, il carovita, la repressione e lo sfruttamento del lavoro, 13 novembre, Saronno

DI TRAVERSO

Da diverse settimane i media nazionali rimpallano alcune veline della Questura di Milano in cui si parla di infiltrati, estremisti etc. In questo clima di caccia alla streghe qualche settimana fa sono state perquisite le case di tre compagni di Saronno, alla ricerca di cellulari e pc con lo scopo di trovare tracce di gruppi Telegram, messaggi, volantini, flyer.

Da diversi mesi infatti in tutta Italia, piazza più piazza meno, nascono e imperversano cortei di massa spontanei. La miccia è stata l’obbligatorietà del green pass sui posti di lavoro e per accedere in generale alla vita sociale.

Da diversi anni nella nostra società è in atto un progressivo processo di trasformazione: la digitalizzazione non è il fine di questa trasformazione, bensì il mezzo. L’orizzonte degli eventi in cui ci troviamo è, ancora una volta, uno sviluppo del capitale a discapito dell’organicità della vita. Dietro questo sviluppo forsennato, come corollario, arrivano le trasformazioni della società in cui viviamo, fino alle più intime propaggini: le nostre relazioni e il modo in cui le viviamo. Anche il controllo non esula dal discorso, risulta infatti utile a questo sviluppo capitalistico nella misura in cui è propedeutico al profitto e all’assoggettamento dall’enorme massa di viventi che abita il nostro pianeta.

Il green pass dunque non è che la punta dell’iceberg, un iceberg di miseria e sfruttamento su cui siamo incanalati da diversi decenni senza che significativi scossoni siano stati avvertiti da chi ha tutto da guadagnare da questo meccanismo. Non è un caso che proprio il tasto economico sia il nervo scoperto della gestione delle piazze di questi ultimi mesi: il blocco del porto di Trieste avrebbe portato con sé un danno di milioni di euro, e infatti lo Stato è intervenuto con gli idranti e le maniere forti. Nelle ultime settimane la Polizia ha provato ad arginare i cortei di Milano additando prevalentemente la scusa dei mancati introiti per i commercianti, ribadita – ovviamente – a gran voce dal sindaco Sala.

Non solo: lo sblocco dei licenziamenti palesa chiaramente su chi ricadranno i mancati profitti degli ultimi due anni. La mancanza di una prospettiva conflittuale ha trasformato l’ingiustizia avvenuta nella vicina fabbrica Gianetti ruote di Ceriano Laghetto in una tragedia: centinaia di persone, trasformate in forza lavoro diversi decenni fa, letteralmente buttati in strada perché ormai esaurito il loro compito. E intanto il governo vara uno trasversale – per gli sfruttati – aumento dei costi, parallelamente la sanità continua a essere tagliata e privatizzata a fronte di finanziamenti esclusivamente per i vaccini (ve le ricordate le belle parole di marzo e aprile 2020?).

Di fronte a questo rapido evolversi degli eventi, a questo inasprirsi delle posizioni, e anche delle relazioni umane, crediamo indispensabile prendere parola e intervenire nel momento, per affermare l’unicità delle nostre esistenze contro chi vorrebbe renderci soli numeri nelle loro statistiche, atti al lavoro, all’obbedienza, al consumo; e come numeri essere gettati nell’indifferenziato quando finiamo di essere sfruttati – vedi Gianetti ruote, vedi le trattative sulle pensioni – oppure come numeri essere esclusi qualora non si ceda al ricatto imposto, nell’ottica di una vita sociale sempre più escludente e classista – si vedano per esempio le recenti multe per corteo non autorizzato ai manifestanti di Milano, rei, a loro dire, di aver impedito l’accesso al centro storico ai cittadini, quasi che le strade e i centri città in particolare siano ormai diventati a esclusivo appannaggio del commercio e del consumo.

Riaffermare dunquel’impellenza della lotta e del conflitto, alcune delle poche armi a disposizione degli sfruttati per ribaltare la situazione; diffondere – come già sta accadendo – il mutuo appoggio come pratica di solidarietà, per supportarsi reciprocamente nelle scelte etiche e in caso di bisogno.

Del mondo che ci lasciamo alle spalle non abbiamo granché da difendere, di fronte abbiamo un possibile mondo da guadagnare.

Collettivo Adespota