Sul lasciapassare sanitario e sul “mondo di dopo”

Venerdì 23 luglio, a Trento, circa settecento persone hanno partecipato alla manifestazione indetta dal Collettivo salute e libertà contro il lasciapassare sanitario. Tante persone incontrate nelle diverse lotte di questi anni e tantissime altre mai viste prime. Parecchi gli interventi, una rabbia palpabile, nessun tricolore.

Questo il discorso introduttivo.

 

Sul lasciapassare sanitario e sul “mondo di dopo”

Intervento introduttivo alla manifestazione del 23 luglio a Trento

Prima di tutto, presentiamo brevemente il Collettivo Salute e libertà, che ha lanciato l’appuntamento di oggi.

Diverse di noi facevano parte dell’Assemblea per la libertà di scelta nata per contrastare gli obblighi vaccinali introdotti dalla legge Lorenzin nel 2017; assemblea che ha organizzato conferenze, presìdi davanti alle scuole dell’infanzia e cortei. Il Collettivo è nato a marzo di quest’anno. Oltre ai volantinaggi fuori dagli ospedali e dalle RSA contro l’obbligo vaccinale imposto al personale sanitario, abbiamo organizzato sia le assemblee al terreno no tav per provare ad organizzare la resistenza, sia i presìdi di solidarietà sotto l’Ordine delle Professioni Infermieristiche in occasione delle convocazioni degli infermieri renitenti alla vaccinazione OGM.

Perché siamo in piazza oggi?

Appena si è dichiarato aperto il “dibattito” tra cosiddetti esperti e politici sull’introduzione anche in Italia del “pass sanitario” sul modello di quello annunciato dal presidente francese Macron (che a sua volta si rifà al “modello italiano” imponendo l’obbligo vaccinale al personale sanitario), non ci voleva la sfera di cristallo per capire che sarebbe stata una questione di giorni, e che il finto scontro tra partiti era solo fumo negli occhi. Infatti la manifestazione di oggi arriva a qualche ora dal decreto del Consiglio dei Ministri sulla proroga fino a fine dicembre dello “stato di emergenza” e sul “green pass”. Dal 6 agosto non si entrerà più in tutta una serie di luoghi (bar, ristoranti, piscine, teatri, cinema, stadi ecc.) senza il lasciapassare sanitario. E per l’autunno il programma è quello di estendere il pass anche ai treni e persino agli autobus. Si annuncia anche l’introduzione dell’obbligo vaccinale per il personale scolastico e per gli stessi studenti. Confindustria, per avere un’arma di licenziamento in più, propone il pass anche per le fabbriche (raccogliendo subito il plauso del capo dei cosiddetti esperti, Walter Ricciardi). Con una indubbia coerenza poliziotta, la parlamentare del PD Alessia Morandi propone di introdurre il pass obbligatorio anche per entrare in Parlamento, ma il 5Stelle Fico, presidente della Camera, risponde che è impossibile chiedere ai parlamentari se sono vaccinati o no. Il che non solo dimostra in modo plateale che governare è sempre decidere per le vite degli altri, ma aggiunge alla tragedia della discriminazione di massa la farsa per cui l’unico “luogo pubblico” chiuso in cui si può entrare senza pass è proprio il Parlamento…

Se un paio di anni fa ci avessero detto che avremmo avuto un generale della Nato a occuparsi di salute, che ci avrebbero imposto confinamenti, coprifuoco e infine il lasciapassare, non solo non ci avremmo creduto, ma avremmo dato per scontato che simili misure avrebbero provocato una dura e persino violenta resistenza. E invece eccoci qui, con un piede nel “mondo di dopo”.

Quello che sta accadendo è di una gravità inaudita, e pensiamo che oggi il silenzio – che si sia o meno vaccinati – diventa complicità.

Speriamo che l’iniziativa di oggi sia solo l’inizio di un’ampia mobilitazione, come sta accadendo in Francia. E speriamo anche che in tante e tanti si sveglino dall’illusione secondo la quale “non lo possono fare perché c’è la Costituzione”. Lo possono fare. Lo stanno facendo. Esiste un solo limite: la resistenza della gente.

L’aspetto forse più preoccupante è come siano riusciti – con un anno e mezzo di propaganda al piombo fuso – a mandare in lockdown milioni di cervelli.

Non ci voleva chissà che “competenza” – parola magica di quest’epoca tecnocratica – per capire che il coprifuoco non aveva nulla di “sanitario”. Ce ne vuole ancora meno per smascherare il gioco sporco degli industriali: gli stessi che hanno tenute aperte le fabbriche mentre noi eravamo agli arresti domiciliari di massa – e sono stati costretti, loro e il governo Conte, a fermare almeno in parte la produzione solo in seguito a un’ondata di scioperi operai –, oggi vorrebbero imporre il “green pass” in nome della sicurezza e della salute dei lavoratori… Eppure, proprio ora che la posta in gioco è così universale – cos’è un corpo umano? cos’è il sistema immunitario? che differenza c’è tra un essere umano e una macchina? vogliamo vivere in una società in cui ogni esperienza umana è trasformata in un dato da raccogliere e vendere? – ci troviamo costretti a partire da molto più in basso, cioè a ribadire alcuni dati di fatto.

Anche i vaccinati possono contrarre il virus e diffonderlo. Fare dei non vaccinati degli untori e quindi dei paria è una scelta politica, un progetto di società, che non c’entra nulla con le cosiddette evidenze scientifiche.

Per mesi ci hanno detto che i vaccini ci avrebbero protetti dal virus, poi hanno dovuto rettificare che in realtà i vaccini non eliminano la trasmissione del Covid-19 ma immunizzano dalle sue forme più gravi. Ecco allora due notizie ufficiali riportate un paio di giorni fa da “la Repubblica” e dal “Jerusalem Post”:

«“Il 60% dei nuovi ricoverati di Covid in Inghilterra ha ricevuto due dosi di vaccino”. È del massimo consigliere scientifico del governo di Boris Johnson, Sir Patrick Vallance, l’annuncio più importante della conferenza stampa del primo ministro e dei suoi collaboratori a Downing Street».

«Circa 143 israeliani sono stati ricoverati in ospedale con COVID-19 a partire da mercoledì alle 12:00, e, secondo il Ministero della Salute: il 58% di loro era vaccinato, il 39% non lo era e il 3% era parzialmente vaccinato, cioè aveva ricevuto solo una dose di vaccino. … 15 delle 20 persone morte questo mese per Covid-19 erano vaccinate».

Dal momento che in Inghilterra il vaccino usato è quello di AstraZeneca e in Israele è quello di Pfizer, non c’è motivo di credere che in Italia le cose stiano andando o andranno diversamente. Se fossero i “dati” a orientare le scelte politiche, quindi, queste due statistiche ufficiali dei due Paesi con il più alto tasso di vaccinazione dovrebbero far rivedere tutta la strategia: non solo i vaccini sperimentali – basati sull’ingegneria genetica – possono avere effetti immediati gravi e anche mortali; non solo le loro conseguenze a medio-lungo termine sono del tutto sconosciute; non solo la durata della copertura immunologica che offrono rende necessaria una periodica ri-vaccinazione; ma non metter mano a una medicina del territorio e alle cure domiciliari non risolverà affatto il problema delle ospedalizzazioni.

Visto che da un anno e mezzo ci martellano con il linguaggio militaresco, è interessante quello che sostiene un noto virologo francese: e cioè che un’epidemia si affronta alla “vietnamita”, curando casa per casa e imparando strada facendo, non con le “campagne militari napoleoniche”, che possono rivelarsi un disastro e dalle quali non si torna indietro. Perché c’è questo piccolo particolare da non scordare: se gli esperimenti scientifici si svolgono in laboratorio o su piccola scala, si possono rivedere le ipotesi di partenza in caso di effetti indesiderati; ma quando il laboratorio diventa il mondo e le cavie miliardi di persone, le conseguenze di una sperimentazione si fanno irreversibili (perché non esiste un mondo di ricambio e noi non abbiamo dei corpi di riserva). Ma la logica – tanto economica quanto politica, in questo come in altri campi – è quella della Grande Opera. La stessa che provoca le epidemie e che fa dei Rimedi un’ulteriore fuga in avanti tecnologica.

Che, nonostante il terrore diffuso a piene mani, milioni di esseri umani non vogliano fare da cavie è una forma di resistenza importantissima. Anzi, sui vaccini bisognerebbe rovesciare completamente il discorso dominante a proposito di rischi e benefici: di fronte ai feriti e ai morti da vaccino (ormai decine di migliaia nel mondo), la propaganda parla di rischi individuali a fronte di un benefico collettivo. Se invece osserviamo come i vaccini selezionino nuove varianti del virus (di cui non si può conoscere in anticipo la patogenicità), possiamo dire che ad essere collettivi sono proprio i rischi. Tant’è che un noto genetista (uno che per lavoro fabbrica OGM, quindi non certo un rivoluzionario né tanto meno un nostro amico) sostiene che avere una parte della popolazione non vaccinata – soprattutto quella giovanile, che in generale non presenta sintomi legati al Covid – è addirittura una “manna”, perché la circolazione dei primi ceppi virali fa ombra e “concorrenza” alle varianti vaccino-resistenti, che invece con la vaccinazione di massa e indiscriminata diventerebbero dominanti e ancora più imprevedibili.

Ma qui la logica è che nessun corpo deve sfuggire alla cattura e che ai disertori bisogna rendere la vita impossibile.

Degli individui che accettano tutto ciò senza fiatare sono già, come diceva Simone Weil, «una sorta di compromesso tra l’uomo e il cadavere».

Noi siamo vive e vivi, pronti a dar battaglia per la libertà e la salute nostre e di tutti.

Trento, 23 luglio 2021

Collettivo salute e libertà