Va mia be nigot (Non va bene nulla)

Va mia be nigot

(Non va bene nulla)

Riflessioni sull’imperitura indagine della procura di Brescia sull’azione contro la scuola di polizia del 2015, cui ultimo atto è la richiesta di un ulteriore prelievo di DNA per me e per Juan

Ci risiamo. A distanza di oltre cinque anni e dopo un numero infinito di analisi, indagini, pedinamenti, intercettazioni, perizie ecc. che hanno portato a nulla, la procura di Brescia non molla e decide di spendere ancora energie alla ricerca di un capro espiatorio. Davanti a tale zelo, che ormai è semplicemente accanimento, viene da sorridere con tanta tristezza e rabbia: per qualsiasi persona dotata di un briciolo buon senso questo sperperare risorse ingenti a fronte della crisi economica, dell’epidemia globale, fra nuove e vecchie povertà e miserie generalizzate, è un evidente oltraggio, verso la popolazione bresciana e non solo. È infatti assurdo, per chiunque sia minimamente onesto, che tali cose vengano reputate più importanti da parte della “giustizia” rispetto all’inquinamento delle acque, alle morti negli ospedali e nelle rsa, alla distruzione della medicina di base, ai posti di lavoro persi, agli sfratti e alle persone senza casa che aumentano, ai mancati investimenti alle scuole del territorio, alle casse integrazioni e ai fantomatici bonus che non arrivano.

Sta peggiorando il tenore di vita. Nell’ultimo anno, cinque milioni di persone nel “bel paese” hanno avuto difficoltà a mettere in tavola un pasto decente, e il 60% teme di poter perdere il lavoro o il reddito nel prossimo periodo. I poveri diventano sempre più poveri, i ricchi sempre più ricchi. Per garantire i profitti di pochi, anzi pochissimi, sulle spalle della miseria dei tanti, lo Stato deve usare sempre di più il bastone. Il nemico siamo noi! Avere a che fare con sanzioni, denunce, processi, ovvero con il braccio armato dello Stato e dei ricchi, è purtroppo sempre più la normalità. Faccio alcuni esempi: dal 2017, per chi ha la sventura di non avere quel poco di garanzie che rimangono con un contratto di lavoro e deve campare accettando lavoretti in nero (chi non si è mai trovato in questa situazione?!), a rischiare non è il padrone, che è passibile di multa (per chi ha un’azienda la cosa è gestibile, non certo un dramma) è soprattutto la lavoratrice o il lavoratore poiché “accetta” di lavorare a tali condizioni – come se avesse una scelta! Al di là delle multe è anche prevista la reclusione fino a due anni, e ad essere titolari di una misera indennità di disoccupazione, la reclusione rischia di aumentare fino a tre anni. La pandemia è stata un apripista per ulteriori giri di vite, con misure la cui unica utilità è addestrare il singolo all’obbedienza, non certo a proteggersi dal contagio di un virus – basti pensare al coprifuoco, vera e propria misura di guerra. Inoltre, a lottare per migliorare le proprie condizioni lavorative, o perché la gente non muoia più nel tentativo di attraversare una frontiera, addirittura a ribadire verità tragicamente reali come il fatto che in carcere si muore o che chi vende le armi alimenta la guerra, si rischia sempre più spesso di essere accusati di associazione a delinquere, favoreggiamento, istigazione, diffamazione… basti nominare l’azione repressiva contro i portuali di Genova per via delle loro lotte antimilitariste, ma non è purtroppo l’unica. D’altra parte, giusto per fare un esempio, se sei il proprietario della Caffaro o dell’Ilva ed hai ammazzato persone avvelenando le città per i tuoi profitti, non rischi nemmeno lontanamente di farti 12 anni di galera. Ma nemmeno un giorno. La tortura del carcere non si augura a nessuno ma è comunque singolare fare questa “constatazione”.

L’epidemia di covid ha reso palese un progetto che mira a privarci di tutto ciò che ci rende umani, è la costruzione della società dell’isolamento. Mentre Stato e imprenditori impongono la necessità di produrre (noi) per farli guadagnare a rischio della (nostra) vita, il cosiddetto distanziamento sociale differenzia i rapporti familiari da quelli “evitabili”. Viene definito e decretato cosa loro intendano per vita: produrre e consumare, mentre le cose veramente importanti e belle come la libertà, l’imprevisto e la socialità vengono gettate nella clandestinità e bollate come malsane, sospettose, patogene.

Il distanziamento sociale non viene pensato come temporaneo, ma viene dato per inevitabile un mondo di persone isolate, collegate fra loro unicamente dall’informatica. Quanto sarà malata una vita così? Alla base di questo futuro prossimo c’è l’inquinamento elettromagnetico, la distruzione degli habitat micro-biologici del pianeta (con la probabilità di future epidemie), lo sfruttamento aberrante del lavoro e la guerra fra stati per la spartizione del mondo così da accaparrarsi quei metalli rari necessari alle nuove tecnologie smart e green. Così vanno le cose in questo mondo. La farsa del recovery fund ne è un tragico esempio: una pioggia di investimenti su quei processi e opere (digitalizzazione, grandi infrastrutture) che rafforzano le condizioni di vita malsane che hanno aperto la strada all’epidemia globale e all’impossibilità di affrontarla. Sono queste le cose necessarie per chi ci governa.

Vedo anche che le procure non proseguono mai nelle inchieste per i fondi illeciti ai partiti, per i morti ammazzati in mare, per le tangenti o il genocidio di una generazione anziana a causa della malasanità. Chissà perché, mi domando. Va bene, è indubbio che per la “giustizia” prendersela seriamente con politici e potenti non è cosa facile, c’è rischio di stipendio e carriera a pestare i piedi ai propri capi. Meglio prendersela con i poveracci, è più sicuro! Ma c’è dell’altro. Forse lo Stato quello che una persona come me può ritenere giusto non lo capisce, come può non capire di cos’hanno bisogno gli sfruttati per vivere bene. O forse, banalmente, non gli interessa. “A pensare male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca”, diceva Andreotti. Insomma, se non sono stupidi, significa che stanno prendendoci per il naso.

E allora, cari signori, potete obbligarci a fare una vita difficile e pesante perché voi possiate arricchirvi sulle nostre spalle, godendovi il privilegio di poter fare ogni schifezza, ogni capriccio che vi passi per la testa. Potete prenderci in giro, lasciarci senza casa, senza un soldo, senza medico, potete accusare chi prova a ribellarsi, potete trovare o inventare “prove” per distruggere la vita di qualcuno e delle sue persone care. Potete, con accuse infamanti quali quella di terrorismo, vendicarvi come e quando volete, potete lasciare milioni di persone nella povertà, nella guerra, nell’ignoranza, raccontando bugie sempre più assurde e stravaganti. Come i re di un tempo, pensate che nessuno vi dirà mai nulla e che “il popolo è bue”, e così ci trattate. E agli sfruttati, immiseriti, spaventati e schiacciati, state cercando ancora una volta di far credere che i malvagi non sono i tiranni, gli affamatori e gli sgherri in divisa che li proteggono, ma le persone che vogliono rivoltarsi dinanzi a questo schifo. E che i nemici della povera gente siamo noi anarchici. Il problema reale per voi sono le idee e le azioni generose e risolute di persone che vogliono vivere libere e che vogliono farla finita con questo mondo di terrore e povertà, prima che per tutte le classi sociali non abbienti ci sia solo la galera.

Io sono anche un anarchico, e sono orgoglioso di esserlo, ma sono soprattutto uno sfruttato nato in un ceto basso e figlio di operai, e sono stufo di essere preso in giro e di dover far finta di credere a tutte le vostre menzogne, tra l’altro raccontate molto male. E poi andiamo, non c’entro nulla, ma proprio nulla con voi. Non ho una carriera da costruire sulle spalle della povera gente, non ho una villa da comprare facendo il burocrate, tradimenti da attuare per far carriera, persone da incarcerare, piedi da calpestare, magagne da nascondere, balle da raccontare… insomma non ho, non ho mai avuto né vorrei avere una vita “avventurosa” come la vostra. E per fortuna, penso, guardando a cosa avviene nel mondo o nella nostra piccola città, che dite di essere il bene. Non oso nemmeno immaginare cosa accadrebbe se vi diceste malvagi ed egoisti!

Anche io non sono un santo è vero, e a mio modo risulto ridicolo agli occhi delle persone – niente di grave. Insomma, se faccio qualcosa di male è un male relativo, cioè… non uccido persone per i miei tornaconti personali o per il mio portafogli, non inquino i fiumi e l’acqua corrente nei paesi, non chiudo ambulatori medici e non mi arricchisco sulle spalle degli altri. Né tanto meno butto fuori la gente da casa, non licenzio nessuno né prometto a famiglie intere che avranno dei bonus o la cassa integrazione per poi lasciarli senza nulla, non strangolo la gente con le tasse per fare la guerra, le indagini fuffa, ecc. Insomma, non ho il vostro generoso “altruismo”, chissà come fate a vivere senza rimorsi o sensi di colpa. Mah. Per quel che mi riguarda non parteciperò al vostro teatrino mediatico e tanto meno potrò mai ammettere che siete il bene, o che va tutto bene. Sarebbe come ammettere davanti all’inquisizione che la terra è piatta, o come affermare che Luigi XVI fosse bello, bravo e buono. Davanti ai poveri come me gli unici argomenti che avete sono la forza e la paura. E per questo motivo vi sentite insicuri nelle nefandezze e nei loschi affari, soprattutto in un periodo storico come questo in cui accade che le persone si sveglino e siano stufe di tirare la cinghia, di avere paura, di essere prese in giro. Insomma, rivoltarsi e dire basta contro questo mondo di tenebre è semplicemente giusto, per chi ha un cuore ogni atto di rivolta è giusto, davanti al male che perseguite.

Un mondo nuovo è necessario. Un’azione può essere condivisibile o meno da parte della povera gente, ma è sempre etica di fronte alle ingiustizie, per chi ha un cuore che batte per un’umanità ed un mondo migliore. Con la speranza che la rivoluzione, come sempre e in ogni epoca, sia contagiosa. Dite che gli anarchici sono un pericolo: non penso proprio. Forse ci imprigionate e perseguitate perché temete che persone come noi possano essere di esempio per gli sfruttati, non comprendendo che da sempre è quando i poveri dicono basta e si ribellano che sono un esempio per noi, e che noi siamo da sempre parte e figli loro.

Ho quasi finito, volevo dire queste parole. Non sono capace di cose più profonde, né voglio dire altro: per chi come me, non ha soldi per domestici, vacanze ai tropici, sogni di carriere e stipendi elevati, la vita ruota attorno al lavoro, a tirare a fine giornata e ai propri cari. La vita, insomma, è dura e non ho il “buon tempo” come voi di costruire castelli in aria e far terrore alla povera gente. Fra le svariate imputazioni a mio carico manca naturalmente quella relativa all’unico crimine di cui come accusato mi sono effettivamente macchiato e di cui continuerò a macchiarmi, e che rivendico con orgoglio: quello di considerare la dignità un sentimento che non accetta intimidazioni di stampo mafioso. Un crimine semplice che non mi stancherò mai di commettere.

Manu