Lontano da una ginnastica dell’obbedienza

Riceviamo e diffondiamo:

Lontano da una ginnastica dell’obbedienza

In un mondo sorvegliato eccoci di nuovo a parlare di sorveglianza speciale, misura di prevenzione che viene applicata ai più recalcitranti alla docilità, che in virtù della loro irriducibile identità vengono tacciati di pericolosità sociale.

Cosa significa essere socialmente pericolosi? Mentre la pena ha come presupposto la colpevolezza, la misura di sicurezza presuppone la pericolosità sociale, ovvero, un giudizio di prognosi effettuato sul soggetto che permetterebbe di capire se, in futuro, questi sia in grado di commettere altri reati.

Il giudizio sulla pericolosità sociale risulta essere dunque puramente predittivo e soggettivo.

E’ evidente come chiunque sia presente continuativamente nelle lotte, nell’antagonismo, nella controinformazione e nella controcultura possa in guisa di ciò essere tacciato di pericolosità sociale, come se il giusto conflitto contro questo mondo di miseria e sfruttamento, la tensione verso la libertà, sia categorizzabile in una facile classificazione repressiva.

La pericolosità che ostacolerebbe la sicurezza e tranquillità pubblica è categoria così indeterminata da poter essere riempita in modo del tutto discrezionale andando a sanzionare soggetti che potrebbero commettere reati contro l’ordine pubblico. Lo stile di vita, la personalità e la condotta sociale, più che la gravità degli elementi di fatto, sono i principali fattori che sorreggono il giudizio di pericolosità. Le misure sembrano quindi colpire, in questi casi, manifestazioni di dissenso e più genericamente modi di vivere che risultino scorretti secondo i criteri dell’etica dominante.

Andando poi a studiare un po’ le varie evoluzioni della legge sulla sorveglianza speciale, misura di prevenzione la cui origine risale alla seconda metà del XVI secolo, colpisce come si sia trasformata, in epoca fascista, in una legge utile a punire il dissenso, politico ed ideologico.

Comunque, sin dall’epoca liberale le misure di prevenzione furono elaborate per fronteggiare determinate categorie di soggetti che non avevano commesso reati: la pericolosità sociale fu formalmente ritagliata su fenomeni di mera antisocialità, pur se penalmente irrilevanti.

Nel 1926, con l’approvazione del nuovo Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, si estesero le misure preventive ben oltre una generica area di emarginazione sociale, rendendole strumento cardine del controllo poliziesco del Fascismo.

Poco importa, dal Codice Rocco in poi, ciò che hai fatto, ma ciò che sei, ciò che rappresenti, la tua identità non governabile.

Ed ecco allora che appare evidente l’utilizzo strumentale delle misure di prevenzione ad irreggimentare l’irreggimentabile, a controllare l’incontrollabile, integrando il sistema dei diritti noti con un’arma questurina che può essere utilizzata in maniera più flessibile e repentina.

In cosa consiste la sorveglianza speciale? Le misure possono variare, ma solitamente prevedono l’obbligo di dimora nel comune di residenza, il rientro notturno, il divieto di espatrio, il divieto di frequentare pregiudicati e i luoghi da loro frequentati, il divieto di partecipare a manifestazioni pubbliche più varie ed eventuali. E’ l’isolamento dell’individuo “criminale” l’obiettivo, per allontanarlo da contesti non facilmente scardinabili dallo stato, come la microdelinquenza urbana, la criminalità organizzata e, per l’appunto, il variegato milieu sovversivo.

Se fino a poco tempo fa tutto questo era circoscritto, seppur con difficoltà, alle categorie di cui sopra, le attuali esigenze governative legate all’affaire covid hanno fatto sì che simili esigenze di controllo vengano estese a tutta la popolazione! I decreti emergenziali posti in essere, lungi dal contenere il contagio, hanno nell’ultimo anno stabilito che la limitazione della libertà personale è sempre dietro l’angolo, e che l’unica legittimità di vita possibile sta nel ritiro familiare e lavorativo.

Di fronte al rinnovato scenario globale, non stupisce che la politica italiana si rimetta insieme dietro alle cariche massime della macelleria sociale e della guerra, come Mario Draghi posto a capo del governo, il Generale Figliuolo come commissario straordinario dell’emergenza covid, e per il Piemonte, Antonio Rinaudo, il boia in pensione della procura torinese a capo del piano regionale di vaccinazione. Come ciliegina sulla torta, un tecnico, un prefetto, al ministero degli interni. Non sono scelte casuali, ma determinate dalla dismissione dell’opera sociale dello Stato, che porta la bilancia repressiva dai sistemi soft del diritto al bastone puro e semplice. Si guardi al discorso delle amministrazioni pubbliche del nuovo millennio e non ci si troverà altro che le preoccupazioni riguardo al cosiddetto degrado urbano, i flussi migratori e il reperimento di risorse per il mantenimento dell’ordine pubblico. Poco importa se si chiudono le scuole, i presidi sanitari, i servizi assistenziali, determinando così la trasformazione dell’esistenza in un calvario; conta solo l’estensione del controllo all’interno dell’idea che chiunque protesti o manifesti con rabbia il proprio disagio sia stigmatizzabile come irrazionale o nemico del bene comune.

Come già ben scritto da alcuni compagni riguardo al grigiore dei tempi che viviamo: ”Non c’è più alcuna repressione del dissenso da quando ogni lotta viene diminuita a pura e semplice violenza, e ogni proposito di azione viene definito come terrorismo.”

Alcuni compagni e compagne della Boba