Carcere di Pau, Francia: «La galera durante il confinamento».
Riceviamo e pubblichiamo:
Carcere di Pau, Francia: «La galera durante il confinamento». Una lettera di Damien (02/04/2020)
È quasi un pleonasmo!
Alcuni di voi, sempre di più, conoscono la galera, immaginatela senza alcuna attività. Solo la cella e un’ora d’aria al giorno.
Tutto è chiuso e il personale è ridotto. Non abbiamo sport, non c’è più la scuola, non c’è più l’infermeria, né i colloqui.
Non è così duro come il regime d’isolamento DPS [Déténu particulièrement signalé, per i prigionieri considerati pericolosi] che ho potuto vivere quando ero accusato di terrorismo, ma ci siamo vicini.
“La carcel dentro de la carcel”, diceva Xosé Tarrio.
Il tempo è lungo, quando non puoi nemmeno più andare alla biblioteca per farti prestare un libro, quando la palestra è chiusa.
Anche l’atteggiamento dei secondini cambia: portano delle maschere e ci evitano. Tutto diventa più complesso, anche la più piccola domandina. In più, i francobolli diventano merce rara, non ce ne sono più in riserva. Ad ogni modo, fra una lettera e la sua risposta, ho contato un mese di intervallo, a causa delle lettere che si ammucchiano nei centri di smistamento della posta, chiusi.
I colloqui sono aboliti, quindi l’hashish non entra più in prigione. Personalmente, non ne fumo, ma bisogna capire le conseguenze. La prigione è una pentola a pressione pronta ad esplodere, tutti sono tesi, gli uni perché non hanno la loro dose, gli altri perché tutta l’economia sotterranea è ferma. Qui c’è già la crisi economica, i prezzi sono alti e “il denaro” sparisce dalla circolazione (denaro: hashish e sigarette).
Senza una moneta di scambio, in un sistema capitalista, nessuna solidarità è possibile.
In questo momento, non abbiamo né caffè, né sigarette, né abbastanza da mangiare, né un minimo d’igiene.
Io stesso soffro enormemente della situazione, perché senza economia sotterranea e solidarietà interna, la solidaritetà dei/delle compas [fuori] non è sufficiente al minimo di cui avrei bisogno. Tanto più che sono in cella con un compagno sans-papiers che non ha nulla né nessuno fuori e con il quale condivido tutto, anche l’avvocato ed il mio domicilio fuori.
D’altra parte, c’è stato un effetto benefico, di cui non ho potuto usufruire. Tutti i prigionieri condannati a piccole pene, a parte me, sono usciti di prigione, le loro pene sono state annullate. Sono l’eccezione perché sono stato incarcerato, qualche anno fa, con delle accuse di terrorismo e sono schedato alla stessa stregua degli jihadisti.
Sono appena tornato dall’ora d’aria, in cui ho avuto l’occasione di parlare di questa lettera aperta; dalle nostre discussioni è saltato fuori che avevo omesso di parlare del materiale di pulizia, che non ci viene messo a disposizione. Ci hanno dato 20 centilitri di candeggina diluita al 2%, all’inizio dell’epidemia, poi basta. Quando chiediamo scopa e strofinaccio per pulire la cella, non arrivano mai. I prodotti per le pulizie, come la candeggina, costano caro e non abbiamo i mezzi finanziari per accedervi.
Altri detenuti hanno messo l’accento sulla mancanza di materiale di protezione fornito dallo Stato agli agenti della penitenziaria ed ai volontari. In effetti, solo quelli/e che escono e rientrano possono fare entrare il virus, e se queste persone non sono equipaggiate di materiale di protezione, rischiano di contaminarci. Ora, con il sovraffollamento e la vicinanza all’interno del carcere, se il virus entra, qualunque siano le misure prese, tutti saranno infettati e solo i più forti se la caveranno.
Approfitto di questa lettera per ringraziare tutti i compagni solidali, sputare in faccia a tutti i troll che a torto utilizzano un’accusa (e questo è stato dimostrato), di qualche anno fa, per screditare quello che faccio e dico oggi.
E ne approfitto anche per chiedere [a chi volesse entrare in contatto con me] di mandarmi una fattura del telefono, affinché possa avere l’autorizzazione di comunicare per telefono, perché le lettere ci mettono troppo tempo.
Un grazie particolare ai compas di Bure, per la loro magnifica cartolina […], a tutti/e quelli/e che agiscono, alla luce del sole o nell’ombra, per distruggere la società carceraria.
Damien
prigione di Pau
2 aprile 2020
Nota d’Attaque: in altro luogo, il compagno aggiunge che i secondini giustificano le razioni di cibo sempre più piccole con le difficoltà che il carcere avrebbe a rifornirsi, a causa della “carenza”… [non c’è nessuna carenza nella produzione e nella distribuzione alimentare in Francia (ma ci sono troppi poveri che soffrono la fame ancor più del solito)]. Dice anche che ci sono stati, in queste ultime settimane, dei tentativi di bloccare il cortile, ma che sono falliti in fretta.
Per scrivergli (Damien parla francese e spagnolo):
Damien Camélio
n° d’écrou : 28499
Maison d’arrêt de Pau
14 bis, rue Viard
64000 Pau
Francia
[Ricevuto via e-mail, testo francese pubblicato in attaque.noblogs.org].