Firenze: un brutto mercoledì per i promotori di OGM (e altre nocività)

Riceviamo e diffondiamo questo comunicato. L’introduzione dei nuovi OGM – in Italia chiamati furbescamente Tecnologie di Evoluzione Assistita – è spinta da una costante propaganda, la quale dimostra allo stesso tempo la diffidenza ancora presente nella società in materia di OGM e gli interessi in campo per l’agribusiness e per la geno-industria. Al punto che basta la contestazione di una conferenza pro-Ogm da parte di tre persone per far strillare all’oscurantismo e chiamare i militari a protezione… dell’oscurantismo tecno-scientista. Va da sé che stiamo dalla parte dei contestatori. 

Qui il comunicato, insieme falso e grottesco, dell’Accademia dei Georgofili:

https://www.georgofili.info/contenuti/attivisti-irragionevoli-non-nuovi-eroi/31063 

Qui il comunicato dei contestatori:

Baroni irragionevoli, non nuovi eroi

L’Accademia dei Georgofili è uno storico baluardo della ricerca agricola asservita al potere che nella sua storia, a titolo di esempio, si è prodigata per pianificare in epoca fascista la produzione agricola nelle colonie bonificate da Graziani. Ora senza mezzi termini si vanta di sottoscrivere il manifesto sui TEA, perseguendo nell’appoggio alla ricerca genetica brevettabile e alla mistificazione in atto su cosa siano questi TEA1 e a chi servano. Oltre a duecento associazioni europee, anche tanti altri scienziati2 evidentemente non asserviti a Monsanto and company hanno dovuto ammettere che sì, sono Ogm, che certo, il metodo CRISPR CAS9 è ben lungi da essere preciso ed efficace, e che ovviamente gli unici che potranno fruire di queste ricerche, sempre che portino a qualche risultato, sono le grandi aziende agroindustriali e le multinazionali sementiere.

Non paga, l’Accademia ha realizzato un convegno in cui fin dalle prime battute glorifica l’appoggio a Leonardo ed a chi ha saputo utilizzare tecnologie e ricerche militari per farne una possibilità per l’attuazione in campi civili quali l’agricoltura.

“Innovazione”, ci viene detto, “bisogna adattarsi alle nuove sfide che la contemporaneità ci offre”; e allora agricoltura spaziale3, perché no; perché non immaginare colture protette per quando Musk andrà su Marte, e perché non dotarsi di satelliti energivori, per raccogliere dati, per non toccare più la terra, e delegare alle macchine il controllo sulla produzione del nostro cibo.

No, diciamo noi.

Siamo intervenuti con convinzione per portare l’urlo dei contadini che stanno perdendo le loro terre.

È stata descritta un’ irruzione di tre energumeni, violenti incivili e antiscientifici;

l’Accademia dei Georgofili ritiene le nostre ragioni delle farneticazioni sconclusionate, ci chiama talebani dell’oscurantismo; rimandiamo al mittente tali accuse, ribadendo semplici concetti che solo degli oscurantisti delle reali condizioni della agricoltura contemporanea non riescono a cogliere:

la condizione agricola contemporanea è soggetta a problemi endemici quali lo spreco4 (almeno un terzo del cibo prodotto viene buttato), la predazione di risorse come il fenomeno del landgrubbing5 (il colonialismo agricolo), l’utilizzo di terre arabili in gran parte per la produzione di foraggio e in genere per l’industria della carne6 (industria dissennata, energivora e che arricchisce multinazionali del cibo spazzatura ad ogni angolo del pianeta); a titolo di esempio basterebbe piantare bietole al posto di mais nella pianura padana e risolveremmo vari problemi di alimentazione, se questi fossero la causa che muove l’azione di lorsignori e non fosse il profitto.

Il divario tra piccole ed enormi aziende agricole si sta accentuando, con la grande distribuzione che soffoca il mercato abbattendo i costi di produzione. Ne consegue la chiusura delle piccole aziende agricole, delle realtà rurali schiacciate dal peso degli investimenti7. Questi nuovi Ogm, l’agricoltura 4.0, l’affidamento alle scelte dell’intelligenza artificiale con l’ausilio dei dati raccolti e veicolati da satelliti e data center presentano uno scenario fosco in cui gli unici a guadagnarci non saranno le popolazioni e i contadini ma i soliti noti.

Noi sappiamo che c’è un mondo di sapere contadino da difendere; che l’uso di Ogm ha conseguenze imprevedibili sulla biodiversità; che affidarsi alle macchine toglierà l’autodeterminazione e il controllo su quello che mangiamo. Che il grano dell’Ucraina, gli uliveti della Cisgiordania, i pascoli e gli orti del Burundi divelti per estrarre minerali rari, e i campi in Sicilia riconvertiti a distese di pannelli solari, devono tornare a chi li coltiva per la propria sussistenza.

In chiusura, l’espressione del potere a difesa di questa roccaforte dei baroni dell’agricoltura, con l’intervento di alcun militari a presidio inutile e perenne nelle ricche strade fiorentine che hanno proceduto con solerzia a buttarci fuori, sintetizza cosa sta accadendo e dove stiamo andando. Riescono a buttarci fuori, ma rendono evidente il senso delle nostre azioni.

Avremmo ancora modo di interloquire.

Nelle note qualche voce autorevole ad illustrare che non siamo solo tre oscurantisti.