Il mutuo accordo dell’anarchismo rivoluzionario non-sistemico (di Juan Sorroche)

Riceviamo e diffondiamo questo contributo del nostro Juanito, proseguimento della critica all’articolo “L’anarchismo rivoluzionario contro la desistenza”, pubblicato sul numero 7 del giornale anarchico “Vetriolo”. Mentre aspettiamo le repliche dell’interlocutore di Juan, auguriamo a entrambi (o a chiunque vorrà intervenire) una buona discussione.

Qui l’articolo in pdf: il mutuo accordo dellanarchismo rivoluzionario nonsistemico def-1

 

IL MUTUO ACCORDO DELL’ANARCHISMO RIVOLUZIONARIO NON-SISTEMICO –

O

IL MITO DELL’ANARCHISMO RIVOLUZIONARIO SISTEMICO –

I principi ideologici, i concetti se non sono approfonditi né confrontati né riconosciuti nell’anarchismo dovrebbero essere assunti, assodati e accettati?

Ancora una volta l’organizzazione operaia, lo sciopero, lo sciopero generale, l’azione diretta, il boicottaggio, il sabotaggio e la stessa insurrezione armata non sono che mezzi. L’anarchia è il fine.

Errico Malatesta, Sindacalismo e organizzazione insurrezionista, Edizioni Monte Bove, 2023

Questa è la seconda risposta in continuità con la critica-dialettica a determinate valutazioni e analisi a proposito dell’articolo di “Vetriolo”, n. 7, “L’anarchismo rivoluzionario contro la desistenza”. Utilizzerò il testo di “Vetriolo” come bussola per le mie riflessioni e per esporre delle conclusioni. Non credo siano niente di innovativo, solo un miscuglio di idee e concetti vecchi e “nuovi” rimescolati. Comunque per essere sincero è anche per la mia poca capacità di scrivere e seguire con linearità certi concetti discorsivi per me molto complessi. E che l’articolo tocca, e sono diverse nozioni come principi ideologici, anche storici, i metodi organizzativi: la questione economica nell’anarchismo, come scritto nel primo testo, e diverse e diversissime tattiche e strategie di lotta nell’anarchismo. Tocca anche le concezioni chiamiamole più “viscerali” soggettive-oggettive delle sensibilità individuali anarchiche. Tocca anche all’anarchia-utopia se vogliamo affrontare approfonditamente il concetto dell’anarchismo rivoluzionario e dunque la nozione individuale-collettiva dell’organizzarsi.

Queste diverse nozioni come vediamo nella realtà sono molto complesse e complessive di gran parte dell’anarchismo d’azione. Dunque non mi vogliate male se sarò prolisso e utilizzo lo scritto di “Vetriolo” come stampella e per così sviluppare le mie idee con più linearità d’analisi e di critica, più complessive. Però voglio provare a scrivere e approfittare per approfondire le teorie delle esperienze della mia individuale visione dell’anarchismo e dell’anarchia-utopica. Senza delegare ad altri.

E infine, per comodità, uscirò man mano con dei capitoli separati e specifici. Ma come dicevo nel precedente scritto, uscito sulla rivista “I giorni e le notti”, n. 15, sarà parte di un tutto, di un più corposo opuscolo che intitolerò: “L’organizzazione anarchica dei mutamenti” “La progettualità della via di mezzo” e “L’individuale-anarchico-d’azione”.

Per iniziare ad interrogarsi sul confronto di una gamma complessa di concetti per me è fondamentale prima, per intendersi, avere una concettualizzazione di mutuo accordo. E, attenzione, in comune nella condivisione non vuol dire appiattirlo nel tutto uguale, bensì essere riconosciuti nelle diversità per capirsi un po’ più approfonditamente.

L’articolo comincia con questo grande interrogativo: Anarchismo rivoluzionario?.

Per cominciare a fare chiarezza. In parte, solo in parte, sono d’accordo con l’articolo di “Vetriolo”, che scrive che “il principio rivoluzionario è inscindibile dall’idea anarchica”. Dunque sì, gli anarchici e tutto il movimento anarchico e l’anarchismo storicamente fino a oggi è nella sua maggioranza rivoluzionario. Così potrei seguire la stessa logica e dire che anche in gran maggioranza è stato ideologicamente di principi anarchico-comunista.

Ma, attenzione, perché dire che “il principio rivoluzionario è inscindibile dall’idea anarchica” per me non è proprio corretto, né personalmente né storicamente.

Perché nell’anarchismo dalla fine del 1800 fino a oggi ci sono delle individualità anarchiche che non hanno creduto, e non hanno voluto assumersi, negandolo consapevolmente, il principio rivoluzionario.

Certo posso, possiamo, dire che questi compagni e compagne anarchiche si possono contare con le dita della mano? Sì. Ma ci sono stati e questo non si può cancellare per un criterio di maggioranza.

Credo che nell’anarchismo, e nell’anarchia in generale, non bisognerebbe addossare per forza di maggioranze o di minoranze ragioni o principi, e a maggior ragione se vengono da principi dell’anarchismo rivoluzionario. Perché credo sinceramente che così i principi diventano idea unica assoluta, con il loro metodo perfetto che tutti devono adottare, diventano miti, credenze.

Io credo che bisogna accettare del passato e del presente le diverse diversità in quanto tali nell’anarchismo, anche quelle che non sono minimamente per delle trasformazioni sociali rivoluzionarie. Ma mossi da altri infiniti motivi e interessi che delle individualità anarchiche hanno assunto per sé stesse:

Per il godimento individuale? Vendetta? Amore? Disperazione? Rivolta? Unicità egoiste? Per il caos? Per il piacere di distruggere?, ecc.

E questo al di là che piaccia o non piaccia, o che questi diversi principi siano contrastanti. Come non si può negare che ci sono stati questi compagni anarchici non rivoluzionari, e che hanno dato il loro contributo di lotta all’anarchismo di attacco e non di resa. E dico tutto questo per esperienza diretta perché ero uno di questi compagni anarchici che credeva solo nella distruzione e nel caos e non ci pensavo, né mi interessavano assolutamente e coscientemente i cambiamenti sociali e rivoluzionari. E questo io non voglio ignorarlo come se fosse inesistente, ma invece come sviluppo costante e parte di me anarchico e del contributo all’anarchismo che, per quanto limitato, ho potuto dare. Ciò è un fatto.

Vorrei ricordare che i concetti dovrebbero essere utilizzabili sia in rapporti intuitivi che logici, e pratici! E soprattutto prima discussi approfonditamente e condivisi, poi riconosciuti e accettati. E poi, quando sono accettati ed entrano nella nostra articolazione di nozioni teoriche-pratiche, allora, per me, sono parte di un insieme collettivo anarchico. Per me collettivo dovrebbe essere scelto ponderatamente di mutuo accordo. Cosa che molto spesso, e sistematicamente, non si fa. È una autocritica.

Dunque: Quale anarchismo rivoluzionario? E quali concetti dell’anarchismo rivoluzionario?

– Perché bisogna prima chiedersi tutto ciò e tanto di più per chiarificare alcuni nodi essenziali e soprattutto non dare per scontati dei principi ideologici di queste questioni? Perché sono diversissimi i cuori dell’idea anarchica, non uno, su cui si fonda il connubio teorico-pratico dell’anarchismo.

– E senza queste condivisioni concettuali e viscerali di mutua pattuizione teoriche-pratiche nell’anarchismo, non è delegare all’autorità delle tradizioni conservatrici del pensiero mitico e dei miti nell’anarchismo?

Io credo in questo mio modo particolare non-sistemico del rivoluzionario “permanente”.

E vedo le rivoluzioni-libertarie come strumenti metodologici da utilizzare, per poi di nuovo rivoltarmi a esse. E così continuamente, in un ciclo infinito. La mia discriminante delle rivoluzioni è semplice: devono essere metodologicamente libertarie e antiautoritarie. E non vuol dire una “rivoluzione anarchica”, concetto per me insistente.

Invece credo anche che ci sono delle rivoluzioni sistemiche e metodologicamente autoritarie: queste invece, sì, sono da combattere e disertare. Dunque il concetto di rivoluzione e rivoluzionario sarebbe da approfondire bene perché è complesso.

Ho rubato questa concezione: individualità anarchica in rivolta-rivoluzione-rivolta-rivoluzione-rivolta… facendo mio un concetto molto interessante del capitolo “Rivolta e rivoluzione” del libro di Albert Camus L’uomo in rivolta, che lui sintetizza molto bene in questa frase:

Ogni rivoluzionario finisce oppressore o eretico”.

È per questo che il “fine” inteso come principio-fine è l’anarchia (come dice anche Errico Malatesta).

Non è l’insurrezione, la rivoluzione. Non credo nella rivoluzione come principio se non come metodo nell’anarchismo-individuale-d’azione.

E attenzione, perché questo mio pensiero è una questione molto pragmatica. E che viene da diversi concetti dell’individualismo anarchico di E. Armand.

Perciò, per primo, il progetto è nell’organizzarsi-organicamente di metodi di lotta partigiana a lungo andare “permanente”. Concentrarsi su ciò perché è quello più praticabile pragmaticamente, qui e ora, e non è in base, né in primis né a priori verso una direzione o tensione all’insurrezione, alla rivoluzione. E non vuol dire che non ci pensi, come leggete. In più credo che sarebbe un buon “trait d’union” per le diverse diversità dell’anarchismo d’azione e rivoluzionario. Le insurrezioni, le rivoluzioni sono molto mutevoli come il divenire della vita stessa in rapporto al tutto generale, mondiale. Non sono del tutto intellegibili. E spesso, come abbiamo visto, e vediamo, storicamente richiedendo decenni, anni e anni di lotta pre-insurrezionali con lotte di guerriglia armata. L’esperienza, anche storica, ci dice che non è per niente facile il raggiungimento dei mezzi, metodi, che ci devono portare fino le cause. L’anarchismo non è delegare l’organizzarsi e aspettare l’ora x e tutto verrà da sé. E questo pensiero arriva anche, e soprattutto degli antecedenti ambienti tradizionali dell’anarchismo rivoluzionario che hanno perduto volutamente queste strategie nell’immobilismo, cancellando completamente i mezzi per raggiungerle.

Poi c’è anche oggi, nell’anarchismo della progettualità insurrezionale, spesso si fa un salto temporale e spaziale e organizzativo e si passa da azioni… nulla… nulla… nulla… alla intermedia-strategia insurrezionale e alla strategia rivoluzionaria come se in mezzo fra, anche, tantissime azioni e le strategie ci fosse il NULLA delle lotte e dei mezzi e dei metodi tattici fondamentali per organizzarsi. Pensarla in questo modo, come fa quasi tutto (attenzione, non tutto, quasi!) l’anarchismo della progettualità insurrezionale, e anche gli antecedenti ambienti tradizionali immobilisti dell’anarchismo rivoluzionario, così mi pare metafisica.

Basterebbe l’esperienza di questi ultimi 25 anni della lotta anarchica in Italia per capire ciò. Per me è così. Dunque non sarei contrario all’insurrezione, la rivoluzione, ma la utilizzo come metodo strumentalmente, come autoeducazione dei metodi di lotta partigiana a lungo andare “permanente” e come ginnastica del “rivoluzionario allo stato permanente” (E. Armand).

Perciò questi: l’insurrezione, le rivoluzioni, sono da utilizzare oppure no.

Perciò dipende dal momento, dipende da come sono e da come si sviluppano in rapporto al sé organizzato in quello spazio-tempo. E sono passeggeri, temporali, hanno un principio e una fine. E le rivoluzioni finiscono quando diventano sistematiche perché diventano sistemi conservatori di quella tale “rivoluzione”, anche libertaria; dunque bisogna di nuovo rivoltarsi.

Perciò queste non sono il mio fondamento dell’anarchismo-individuale. Né fondamentali né totalitarie.

L’inscindibile di qualsiasi anarchismo e dell’anarchia secondo me non è il metodo o il principio rivoluzionario dell’anarchismo. Ma invece sarà sempre la libertà e l’autonomia di tutti gli individui e della individualità dell’anarchismo.

Poi ci credo, al confronto e per la condivisione dei principi diversi e diversificati dell’anarchismo e libertari. E a lungo andare con prospettiva. E dell’organizzarsi organicamente nell’anarchismo d’azione e rivoluzionario. E certo collettivamente, in un movimento di lotta della minoranza anarchica. Dunque bisognerebbe chiedersi assieme di mutuo accordo anche questo punto che spesso mi pare molto astratto. Basta essere chiari.

Dunque:

Quali dei principi rivoluzionari sono inscindibili dall’idea anarchica?”.

Io credo tutti sono scindibili se sono assunti acriticamente.

Perché questo presuppone la supremazia dell’oggetto e che in questo caso sono “i principi rivoluzionari dell’idea anarchica” che vengono calati dall’alto dell’ideologia rispetto al di sopra del soggetto dell’individuo-essere-anarchico: Che in Sé hanno negato l’oggetto Essendo soggetto coscientemente. E credo che questa supremazia viene e arriva dal pensiero mitico ideologico, e da miti idealizzati di principi superiori nonostante siano etichettati come anarchismo rivoluzionario o individualismo anarchico e quello che sia. Perché così rimarrà sempre il mito dell’autorità della tradizione conservatrice di una credenza a priori. Credo che i principi, i concetti nell’anarchismo d’azione e rivoluzionari-libertari se si vuole e si decide di lottare-vivere in comune, e non atomizzati, si dovrebbe essere in grado di avere chiari i caratteri essenziali e costanti delle nostre diverse e diversificate specifiche realtà. Riprendendoci e assumendoci costantemente i nostri tempi e spazi sia individuali che collettivi in mutuo accordo.

Con i nostri sguardi e nozioni, sì, individuali, però, non scordandosi mai che sono inseparabili dalla questione collettiva dell’organizzarsi dell’altro. Soprattutto se decidiamo e vogliamo lottare in comune nell’anarchismo d’azione e credo ancora a maggior ragione nell’anarchismo rivoluzionario e che hanno delle visioni diverse e diversificate di un mondo condiviso del vivere l’anarchia.

Questi aspetti sostanziali, che sono le nostre “unicità definitorie” particolari, individuali-collettive, sono ricchezze da valorizzare e limiti ed errori da affrontare per imparare. Però, ripeto perché è fondamentale, bisogna avere i concetti riconosciuti di mutuo accordo. E ciò dovrebbe essere presente come una reale consapevolezza in tutte le persone e individualità che si vogliono relazionare orizzontalmente senza gerarchie nella lotta-vita anarchica e libertaria. Questo è fondamentale per essere in grado di riconoscere, e dunque di riconoscerci compagni in lotta nella vita. Assumendo tutto ciò; allora, sì! Senza dover procedere ogni volta a ulteriori elaborazioni di tutti quei metodi, strumenti, oggetti, relazioni che presentano il complesso di quelle stesse caratteristiche particolari dentro le diverse diversità dell’anarchismo d’azione rivoluzionario. Certo, sempre continuamente in discussione e in un movimento di sviluppo relazionale della lotta-vita nell’anarchismo.

Ciò è faticoso, ha bisogno di tempi e spazi strappati con tanta volontà e passione al confronto pratico e diretto, soprattutto nel XXI secolo, con le (non-) relazioni e con le “comunicazioni” tecnologiche con gli smartphone e le infinite varie protesi che bisognerebbe disertare collettivamente nell’anarchismo e distruggere quello che le crea perché: riescono a contribuire e a formulare surrogati tecnici di vite alienate-autoritarie e collettive.

Uccidendo di fatto il reciproco interscambio creativo, intimo, ossia di complicità, che è la magia del personale-collettivo di relazioni di lotta. Io credo che queste esperienze, oggi più che mai, sono necessarie, come relazioni di vita-lotta, come “strumenti” di interconnessioni e coesistenze reciproche tra i compagni.

Perché l’anarchismo d’azione e rivoluzionario non è per forza sinonimo di facilità. Però se noi saltiamo tutto ciò e non ci riconosciamo continuamente e dinamicamente in queste nostre “unicità definitorie” particolari, e se non sono per niente accettate mutuamente, non siamo, e non saremo mai in grado di riconoscerci come complicità costruttive.

Per finire questo capitolo e andare oltre per potere capirci meglio e affrontare queste questioni, vorrei concettualizzare cosa intendo io con: anarchismo d’azione.

Quale anarchismo d’azione? E quali concetti dell’anarchismo d’azione?

Questo concetto per me è fondamentale, inscindibile e discriminante per riconoscersi nelle condivisioni di mutue pattuizioni teoriche-pratiche come compagni nell’anarchismo, e include tutte le diverse tendenze e visioni dell’anarchismo che sono per la distruzione completa dello Stato e del capitalismo.

Dunque, per primo, riconoscimento nell’anarchismo che lotta nelle azioni di fatto. E che sono azioni di lotta di attacco di rottura contro la strutturazione di qualsiasi autoritarismo e specialismo e di non-delega, individuali-collettive. Con o senza tattiche e strategie.

Questo al di là delle diverse tensioni, tendenze, gruppi, collettivi e inclinazioni individuali. Al di là di metodologie e mezzi per organizzarsi nell’anarchismo d’azione di rivolta o rivoluzionario-libertario.

Queste, ripeto, per me sono delle discriminanti essenziali nell’anarchismo d’azione.

Il concetto dell’anarchismo d’azione ha in sé gli antidoti al riformismo che c’è nel nostro ambiente interno-esterno.

Ha in sé antidoti per la non resa, contro il capitale e lo Stato e contro tutte le strutturazioni autoritarie di privilegi e specialismi.

Ha antidoti di non delega individuali all’altro o altri. Il concetto dell’anarchismo d’azione è individualità agente autonoma che si associa o non. Oppure fa anche entrambe in diversi e qualsivoglia tempi-spazi, e valuta da sé, senza articoli di fede. L’anarchismo di prassi per Essere tale dovrebbe avere in sé la non delega individuale all’agire difensivo-offensivo.

L’anarchismo d’azione è non delegare all’oggetto superiore ideologico mitico: al partito-anarchismo, al movimento-galassia, alla tendenza, alle condizioni, alle teorie-analisi, alle prediche-verbali-radicali, al culto della violenza, al culto del pacifismo, all’inerzia, alla rassegnazione, ecc.

Io a questo concetto do un’importanza fondamentale, essenziale nel momento di organizzarsi per la lotta nell’anarchismo collettivamente.

30/01/2025

Juan Sorroche

* * *

UNA CATTIVA INTERPRETAZIONE DEL CONCETTO DELL’INDIVIDUALISMO ANARCHICO”

Ora, fatte queste riflessioni generali dei diversi concetti precedentemente, entro più nello specifico sul concetto dell’individualismo anarchico e la sua cattiva interpretazione.

Sono d’accordo con l’articolo di “Vetriolo”, che c’è:

Una cattiva interpretazione del concetto dell’individualismo anarchico.

Ma credo che ci sono delle cattive interpretazioni dei concetti dell’individualismo anarchico nell’articolo di “Vetriolo”.

Delle interpretazioni alla base fuorviante dell’atomismo, ossia ridurre nozioni e fatti a pochi elementi semplici, concetti molto complessi e complessivi. E che sono creati complessivamente dall’ideologo dell’individualismo anarchico E. Armand.

Ma che purtroppo l’articolo sorvola completamente, quasi tutti. Nominandone uno o due, atomizzandoli in una frammentazione eccessiva dal resto della considerevole progettualità dell’individualismo anarchico, rimanendo esclusivamente nella formalità e nella superficie, nel solo nominare il nome di E. Armand e dell’individualismo anarchico teorizzato da lui nella sua gran complessità.

E secondo me ci sono dei diversi importanti concetti dell’individualismo anarchico di E. Armand che non possiamo ignorare, almeno se vogliamo analizzare l’individualismo anarchico e il suo sviluppo e criticarlo anche duramente come fa l’articolo.

Credo anche che sono pure fuorviati quei significati nelle poche frasi che ho letto nell’articolo di “Vetriolo” dell’anarchico Enrico Arrigoni. Delle frasi che ci sono nell’articolo e che sono, sì, concetti pro-democratici e riformisti e questo basterebbe per essere in completo contrasto con l’individualismo anarchico di E. Armand.

Però, mi scuso, ma io non saprei dire molto di più, per ignoranza mia, e, per essere sincero, senza aver mai letto niente di E. Arrigoni, preferisco non dilungarmi in critiche, anche perché potrei sbagliare e fare lo stesso errore che critico e fuorviarmi in un certo atomismo.

Dunque, per non cadere in ciò, andrò alla fonte, all’ideologia direttamente per mostrare letteralmente la cattiva interpretazione dell’articolo di “Vetriolo”.

E la cattiva interpretazione delle cause di qualsiasi concetto pro-democratico, statalista e riformista dell’individualismo anarchico di E. Armand.

Io credo che certi concetti che ha scritto E. Armand nell’individualismo anarchico criticano, sì, aspetti di un certo anarchismo rivoluzionario, però quello che secondo lui è stato sistemico e autoritario nell’anarchismo rivoluzionario. Non tutto l’anarchismo rivoluzionario, dunque!

E. Armand va molto, molto, molto bene in profondità e nel complesso di queste critiche, basterebbe leggersi il suo libro che io ritengo più complesso, che è un po’ introvabile per intero:

Iniziazione individualista anarchica, di pp. 566, uscito in Italia nel 1956, trenta anni dopo dalla sua prima traduzione in italiano. Tradotto a cura di Fioravante Meniconi, subito quando usciva l’edizione francese nel 1924-1925, ma, quando era pronto per la stampa, invasa la tipografia a Milano i fascisti bruciarono tutte le copie e se ne poterono salvare tre dalla quale arriva quest’edizione. E che invito tutti a leggere, perché tocca nella struttura complessiva del libro tantissimi aspetti dell’anarchismo e dell’anarchia. È molto interessante e fatto bene.

In più devo dire per onestà intellettuale che la mia visione dell’anarchismo-individuale e delle nozioni che utilizzo, e delle critiche che faccio spesso in questi testi su alcuni concetti sono rubati da lì. Tipo le critiche alle rivoluzioni sistemiche autoritarie. Oppure il rivoluzionario sistemico e autoritario. Arrivano proprio utilizzando a modo mio, e facendole mie, delle parti dell’ideologia e dei metodi concettuali dell’individualismo anarchico di E. Armand. E posso dire molto convinto che ho assunto coscientemente in parte anche lo sviluppo di questa corrente dell’individualismo anarchico di E. Armand.

Soprattutto faccio miei questi concetti di E. Armand:

L’individualista come rivoluzionario allo stato permanente”, del libro Iniziazione individualista anarchica, pag. 194.

Oppure il concetto di non essere: “Rivoluzionario nel senso sistematico”.

E che credo che di già varrebbe, con questi vari semplici concetti, per mettere in discussione tutta la base dell’articolo di “Vetriolo” sulla questione della “desistenza allo rivoluzionario”, come lo intende l’articolo di tutto l’individualismo anarchico.

Ma cosa intende E. Armand con questi concetti?

E soprattutto come e quali metodi-mezzi “dell’individualista come rivoluzionario allo stato permanente”?

Ripeto, credo che basterebbe andare a leggerlo, il libro. È chiarissimo!

E. Armand lo scrive molto chiaro: non esclude, come vediamo nella frase sopra, né il rivoluzionario né “l’attentato” e “l’attentatore individuale”, né “l’espediente ‘illegalista’” né qualsiasi mezzo-metodo, anche violento, come insurrezioni e rivoluzioni, che sia consono alla prospettiva dell’individualismo anarchico.

Certo, sì!, include anche il pacifismo, “la resistenza passiva” come “tattiche rivoluzionarie”. E anche crede nelle rivoluzioni pacifiche; io penso che le preferisce, con l’astensionismo. Con l’educazionismo, che ogni individualità prenda coscienza libera e autonoma e che sarà così consapevole per affrontare una rivoluzione di braccia incrociate generale e lo Stato e qualsiasi autoritarismo di fronte a ciò sarà più incapace di affrontare. Ma attenzione! Perché include tutte queste cose nell’insieme della prospettiva dell’individualismo anarchico. Certo ha la sua preferenza, come le abbiamo tutti.

Però di sicuro è chiarissimo in questo: non espone né credo abbia inteso farlo un’unica soluzione, avanza un insieme di teorie, tesi, antitesi, e sintesi, di opinioni, e di proposizioni tramite le quali si arriva a poter formulare un infinito di soluzioni progettuali. Poi ogni individualità anarchica può scegliere o escludere in un’alchimia infinita, quelle più adatte al suo sé individuale anarchico. E, in e con questi insiemi di diverse e diversificate metodologie, voleva creare il movimento individualista anarchico. Ma non è pensato in un’unica esclusiva soluzione. Tipo solo l’atomo dell’educazionismo, oppure solo l’atomo del pacifismo, oppure solo l’atomo dell’attentato individuale o l’atomo dell’espediente “illegalista” e via dicendo e basta.

E non lo dico come interpretazione mia, lo dice, lo scrive il compagno E. Armand nel capitolo: Del gesto rivoluzionario e lo spirito di rivolta, pp. 181-195 del libro che citavo prima e che analizza bene tutti questi concetti e metodi che sono molto, molto interessanti. Al di là se posso essere d’accordo o non d’accordo. Poi trascriverò a parte questo capitolo, ma con l’invito a leggere il libro, così che d’altro canto io non possa fuorviarlo, che così non ci si faccia un’idea schematica e fuorviata.

Per me, la questione economica di E. Armand, è un altro discorso, perché in ciò è intransigente e questo per me è un errore di visione, quello che fa il compagno.

Comunque su tante altre questioni non sono d’accordo, come su quella economica dell’individualismo anarchico, Armand ne fa un capitolo del libro, spiegandolo bene. Ossia non sono d’accordo nell’utilizzo unico ed esclusivo di questo metodo di gestire e organizzare la materialità delle cose in un generalissimo individualismo anarchico.

Come non lo sono con il comunismo-anarchico esclusivamente o altri modi esclusivi di organizzarsi.

Come anche non sono d’accordo con l’organizzazione anarchica informale quando diventa esclusiva, indiscutibile, come assoluto e unico strumento metodologico d’organizzarsi.

Pure non sono d’accordo nella creazione di un movimento esclusivo dell’individualismo anarchico come voleva E. Armand, e potrei ancora continuare per pagine.

La questione per me è che bisogna superare le dicotomie, che ci sia uno giusto e uno sbagliato, uno buono e uno cattivo, uno positivo e uno negativo, una creazione e una distruzione. Dicotomie che io sono convinto bisogna oltrepassare, anche nelle forme e nelle parole concettuali, in una coesistenza e accettazione di tali e di continui mutamenti e ibridazioni fra l’individualismo-anarchico e il comunismo-anarchico, fra anarchismo rivoluzionario e anarchismo in rivolta, così come altri diversi e multiformi metodi del vivere-lottare nell’anarchismo d’azione. Però attenzione, ripeto, perché lo faccio in generale, riguardo all’utilizzo esclusivo di un qualsiasi metodo anche economico, libertario, omogeneizzando il tutto. Qui, sì, credo che diventa secondo me una visione o dei metodi di organizzarsi in un’insurrezione e rivoluzione sistemica e autoritaria o di una futura società “utopica”, ossia diventa distopica, autoritaria. E io credo che E. Armand voleva questo esclusivo modo economico, escludendo il comunismo-anarchico come rischio di autoritarismo, in parte erroneamente. Ma attenzione, solo in parte.

Credo che far passare le teorie-pratiche di E. Armand e di tutto l’individualismo anarchico come desistenza di tutto il rivoluzionario, oppure come resa interclassista e riformista, è una tesi completamente errata. Ciò è non comprendere l’ideologo nel complesso della struttura di quel libro, che è la teorizzazione dell’ampio movimento generale che voleva creare e che si è sviluppato autonomamente; e non se possono estrapolare pezzi metodologici di tutto quel contesto di teorizzazione generale, perché è chiarissimo.

Almeno per essere onesti con noi stessi e con individualità anarchiche che assumono ciò e il suo pensiero pratico all’interno del movimento nell’anarchismo d’azione e rivoluzionario.

E fate molta attenzione, perché io qui non sto negando che all’interno della corrente dell’individualismo anarchico non ci sia questa “desistenza allo rivoluzionario” nel significato che ne da l’articolo di “Vetriolo”. Ossia di resa interclassista con delle specifiche correnti “educazioniste” e riformiste. Le quali penso bisogna combattere politicamente con forza.

Ma, credo sia d’obbligo a questo punto farsi delle domande fondamentali e interrogazioni che nel testo di “Vetriolo” non analizza:

Questo è successo e succede solo esclusivamente allo sviluppo dell’individualismo anarchico?

E soprattutto come scrive il testo per responsabilità dell’individualismo anarchico storicamente e del suo sviluppo fino a oggi?

Dunque ripeto perché è forte sottintendere per logicità che tutta la resa della “desistenza allo rivoluzionario” è responsabilità dell’individualismo anarchico?

E dunque è d’obbligo anche chiedersi se la “desistenza allo rivoluzionario” non arrivi soprattutto dal comunismo-anarchico rivoluzionario?

Oppure dall’anarchismo-sindacalismo, anch’esso in gran parte comunista rivoluzionario?

Oppure da un insieme di fattori di tutto lo sviluppo storico fino a oggi del movimento anarchico rivoluzionario e libertario?

O dello sviluppo rivoluzionario in generale?

Questa responsabilità all’individualismo anarchico senza queste riflessioni e analisi a me pare che si fuorvia, è forzata e diventa completamente errata, se vogliamo analizzare in modo un po’ più accurato e in specifico l’individualismo anarchico, e il riflusso dell’anarchismo rivoluzionario fino a oggi. Cosa assai complessa.

Ma credo che se si fuorviano le analisi di base, allora si devia automaticamente e fisicamente dai concetti e dagli strumenti metodologici, tattici e strategici che si vogliono creare.

Sono d’accordo che bisogna riflettere dialetticamente e approfonditamente sui concetti nell’anarchismo d’azione e rivoluzionario come fa l’articolo di “Vetriolo” per provare ad avere oggi degli strumenti metodologici in prospettiva nell’anarchismo, e questo per me è positivo anche nei contrasti-complementari dialettici come questi. Analisi che credo siano, sono, dei mutamenti continui, così come mutano le condizioni, dunque analisi per provare ad affinare e migliorare, e perché no, anche per cambiare strumenti e metodi tattici-strategici eppure ideologici, quando pensiamo che occorra.

Ma soprattutto, a dare quest’esclusiva responsabilità a tutto l’individualismo anarchico e al suo sviluppo, mi pare che in un certo modo l’articolo lo metta come una sorta di capro espiatorio; isolandosi, isolandoci e isolando anche chi non si è arreso nella lotta anarchica d’azione ma ha diversi principi, concetti e metodi di logica, anche viscerale, non rivoluzionaria. Sì, concezione anarchica.

Preferisco avere il sentimento e lo spirito di accettare la responsabilità collettiva dell’anarchismo d’azione e rivoluzionario. E che non vuol dire negare responsabilità individuali. Essere parte, per assumermi gli “errori”, anche gravissimi, e provare a cambiare le cause. Errori fra virgolette perché è un concetto che sminuisce la portata, soprattutto quando parliamo della libertà di vita e morte dei compagni e tante altre persone, e sono gravissimi e molto autoritari bisogna dirlo, che il nostro movimento anarchico d’azione e rivoluzionario nella storia di 150 anni ha fatto. Ad esempio, sento molto l’assumermi culturalmente e personalmente certe questioni molto autoritarie dell’anarchismo nella “rivoluzione” della Spagna. Come l’idea di creare campi di concentramento e di aver formato parte dello Stato con tutte le sue strutture repressive, carceri, repressione anche contro i compagni stessi, ecc.

Questo per dire che se sono e mi sento coscientemente parte dell’anarchismo; assumermi collettivamente la responsabilità del riflusso di tutto il nostro movimento anarchico e rivoluzionario e della sua gran “desistenza al rivoluzionario” è un modo positivo e costruttivo di affrontarne le cause. E questo secondo me va al di là delle correnti ideologiche all’interno dell’anarchismo d’azione e rivoluzionario nella storia fino a oggi. Assumerlo, né colpevolizzando né colpevolizzandoci, senza vittimismo.

Con la critica, anche schietta però costruttiva fra compagni di lotta.

Altrimenti tutto l’articolo alla base diventa, scusate, raffazzonato.

Però, sì, in un certo modo nei concetti di E. Armand e nei miei c’è anche il paradosso di contrasti-complementari della “desistenza”-negatrice. Ossia desistenza come sinonimo di disfattismo, di diserzione. Ma, ripeto perché sia chiaro, “desistenza”-negatrice è diserzione dai metodi del rivoluzionario sistemico e autoritario. È “desistenza”-negatrice di tutte le rivoluzioni sistemiche e autoritarie. E che bisogna essere pronti a combattere.

Perciò oggi credo importante continuare nelle circostanze specifiche in cui ci troviamo, credo importante ritornare a concettualizzare i significati dei concetti “vecchi e nuovi” e credo che ciò sia fondamentale per approfondire bene a partire dalla prassi di lotta. Perché lo scopo per me dovrebbe essere il riconoscimento mutuo nelle diverse differenze di tutto il movimento dell’anarchismo d’azione rivoluzionario e libertario.

Almeno se ciò che vogliamo è decidere di fare strade assieme, individualmente-collettivamente, e coesistere articolatamente e organicamente per creare delle forze reali e delle relazioni di lotta qualitative nella minoranza anarchica. Per me l’intento, è, provare nell’anarchismo d’azione e rivoluzionario a riconoscersi compagne/i. Soprattutto a partire dalle diversità e nella multiformità d’organizzarsi.

E attenzione, ripeto, non solo esclusivamente in un certo settarismo, e che esiste, nell’informalità.

Anche se io ritengo oggi l’organizzazione anarchica l’informalità per il contesto storico che vivo il miglior metodo da utilizzare.

Dunque sperare di scoprire e riconoscersi come complicità costruttive anziché respingere, e respingersi come differenze e annullarci come nemici. Questo per me è reale valore delle parole compagna e compagno! Non essere consapevoli di queste questioni, senza un reale approfondimento teorico-pratico, fa sì, che perdiamo di fatto di vista la sua gran complessità, anche degli errori gravissimi, ma soprattutto di tutte le creazioni stupefacenti e preziose sperimentate in 150 anni di vita-lotta del sapere storico dell’anarchismo fino a oggi.

30/01/2025

Juan Sorroche