LA GUERRA CHIAMA… NESSUNO RISPONDA

Riceviamo da compagne e compagni di Milano e diffondiamo:

È impossibile non vederla intorno a noi: negli schermi di tv e cellulari, nelle scuole, nei proclami dei governanti, la propaganda bellica si diffonde a macchia d’olio in maniere più o meno velate.
Abbiamo scritto il testo che segue per tentare di far sentire una voce altra in mezzo ai roboanti proclami di guerra. Una voce contro la guerra ora più che mai necessaria.

LA GUERRA CHIAMA… NESSUNO RISPONDA

Qui il testo in pdf:

TESTO IMPAGINATO A4

A partire dal febbraio 2022 la guerra è tornata alle porte dell’Europa. Il conflitto ancora in corso in Ucraina ha interessato non soltanto quello Stato e la sua popolazione, ma anche tutti gli altri Stati membri della NATO che hanno inviato finanziamenti, armi, munizioni e uomini (fino ad ora “solo” incaricati di addestramento e formazione) al governo di Kiev.

Inoltre la situazione in Medioriente – il genocidio a Gaza, le ostilità fra Israele e Hezbollah, gli attacchi degli Houti nel Mar Rosso e il riassestamento politico in Siria – evidenziano quanto gli equilibri fra gli Stati siano sempre più precari.

In questo scenario di guerra incombente e minacce nucleari, numerosi Stati europei stanno cambiando le loro politiche militari e di sicurezza prevedendo un allagamento del fronte del conflitto.

Ogni governo ribadisce la necessità di implementare la propria capacità militare in termini di uomini e mezzi in vista di una escalation degli attuali conflitti che potrebbero portare alla guerra guerreggiata in Europa.

Assistiamo quindi ad un incremento delle spese militari dei singoli Stati (anche per raggiungere la quota del 2% del PIL imposta dalla NATO; l’Italia ad esempio spenderà nel 2025 oltre 30 miliardi per il settore bellico: il 60% in più rispetto a 10 anni fa) e della militarizzazione della società con ripristino della leva militare in Lettonia e, in Germania, con l’introduzione di un questionario obbligatorio per tutti i maschi diciottenni, in seguito al quale, ogni anno saranno selezionate 5000 reclute con l’obiettivo di avere un esercito “in grado di affrontare una guerra entro il 2029”.

Il ministro Crosetto nell’introduzione del Documento programmatico pluriennale per la Difesa 2023-2025 dichiara che: “l’Italia non può più permettersi il lusso di utilizzare il suo Strumento Militare prioritariamente nella conduzione di operazioni e missioni per il mantenimento della pace e della stabilità internazionale nonché in operazioni di concorso, con le altre amministrazioni dello Stato, in particolari casi di straordinaria necessità e urgenza”. E indica la volontà di creare una schiera di soldati riservisti come già esiste in alti Paesi.

È evidente dunque come queste manovre e discorsi non siano dettati dall’emergenzialità della situazione attuale, ma rappresentino un chiaro progetto politico di riarmo e militarizzazione della nostra società.

Per raggiungere questo obiettivo sono necessari onerosi investimenti finanziari e un’estesa opera di propaganda culturale e politica che orienti le coscienze verso l’ineluttabilità e la normalizzazione della guerra e che esalti la figura del militare.

Nessuna parte della società deve rimanere esclusa da questa propaganda, soprattutto i militari di domani. Negli ultimi anni è dunque aumentata in maniera massiccia la presenza delle forze armate e di polizia all’interno delle scuole con lo scopo di reclutare nuovi agenti.

Sempre più numerose sono le gite scolastiche presso caserme, questure, fiere d’armi e basi militari, da Ghedi (BS) a Sigonella (CT).

In una scuola dell’infanzia palermitana i bambini e le bambine hanno assistito, in lacrime, ad una simulazione di arresto effettuata dalla Polizia Locale con tanto di pistola caricata a salve. Giochi Preziosi ha lanciato sul mercato una linea di materiale scolastico prodotto in collaborazione con l’Esercito (poi ritirata).

Numerosi progetti di PCTO (percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento) rivolti agli/alle studenti delle scuole superiori sono svolti in collaborazione con l’Esercito e le forze dell’Ordine. Anche Leonardo S.p.a., la più importante azienda italiana di armamenti, ha avviato centinaia di collaborazioni con scuole superiori ed università. A Roma ha anche fondato la propria scuola, il Liceo Digitale, con “l’obiettivo di favorire il dialogo tra le materie scientifiche, tecniche e umanistiche, fondamentali per garantire un futuro sostenibile” in cui i docenti, come nelle università private, sono tutti esterni e non approvati dal Miur.

All’Expo Training 2024 di Milano, nel completamento del PCTO, erano presenti numerosi stand delle Forze dell’ordine che insegnavano agli studenti a “manganellare i comunisti” ed esibivano manette mentre accanto, allo stand della Polizia Penitenziaria, c’era la riproduzione di una cella in cui gli/le studenti potevano entrare.

Anche le Università non sono esenti da queste intrusioni, anzi.

Parlando degli atenei milanesi, presso l’università Bicocca troviamo alcuni corsi dove, nell’ambito dell’aggiornamento professionale, i carabinieri seguono le lezioni assieme agli/alle studenti; nelle facoltà di scienze politiche della Statale e della Cattolica l’operazione Mare Aperto in collaborazione con l’esercito italiano, prevede la presenza di studenti e docenti accompagnatori su una nave della marina militare in qualità di Legal and Political Advisors cioè dei “consulenti” legali e politici per le decisioni del comando militare; la collaborazione del Politecnico con l’aeronautica militare, attraverso PAFAM (Pianificazione Avanzata della Flotta AM), si “pone l’obiettivo di ottimizzare le catene logistiche di manutenzione delle linee volo grazie ai più moderni sistemi di elaborazione e alla piattaforma di super-calcolo dell’Aeronautica Militare”.

Sempre dal mondo accademico provengono alcuni professionisti facenti parte del neo-istituito “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa” in cui si riuniscono mondo giornalistico, militare, accademico ed industriale per istituire una collaborazione via via crescente fra questi settori.

La scuola deve preparare una generazione intera per combattere le guerre di domani e gli sforzi dei governi (soprattutto l’ultimo) in questa direzione sono notevoli.

Ce ne accorgiamo anche quando utilizziamo i Social Network. Scrollando i reels su Instagram non è difficile incappare in video pubblicati dalle varie pagine di polizia o carabinieri che non vengono più mostrati come gli agenti sorridenti e rassicuranti da fiction italiana che proteggono gli anziani dalle truffe, salvano gli animali abbandonati in autostrada o riportano un bimbo smarrito alla sua mamma disperata. Al loro posto ci sono i reparti speciali, armati ed equipaggiati di tutto punto, impegnati in operazioni spettacolari, tecnologicamente all’avanguardia, con irruzioni, esplosioni e altri scenari estremi. Reels realizzati con notevole impegno, pieni di transizioni e con musica trap in sottofondo.

Questo cambiamento appare come un tentativo di rendersi accattivanti agli occhi delle generazioni più giovani seguendo i trend dei social e mostrando un immaginario da gangster.

Lo Stato promuove il proprio braccio armato esaltandone la violenza che è l’unica legittima e legittimata in questa società.

Se abbiamo voluto in questo testo riportare gli esempi scritti sopra è per cercare di avere una visione completa delle strategie che lo Stato sta attuando per abituarci poco a poco ad una militarizzazione sempre maggiore della società in cui viviamo e perché sappiamo qual è il suo fine.

Infatti se non ci sconvolgeranno più gli annunci radiofonici e televisivi che ci invitano ad arruolarci in questo o quel corpo di aguzzini, se normalizzeremo la presenza dei militari o altre forze dell’ordine in ambienti da cui erano esclusi, se ci faremo abbagliare dalla retorica della Patria e della sua difesa che infesta le scuole e i giornali; allora domani saremo anche pronti a combattere per questa patria infame.

Ed è questo che lo Stato sta preparando: una popolazione pronta a dire “Signorsì”. Eppure, nonostante gli sforzi del Governo per far apparire inevitabile – o addirittura desiderabile – combattere, sappiamo bene che cosa significhi la guerra anche se, alle nostre latitudini, in questi tempi, ancora non l’abbiamo vissuta.

Lo vediamo quotidianamente.

Nelle immagini di città e interi Paesi devastati dai bombardamenti e dalle carestie e malattie che li seguono.

Nelle liste infinite delle persone morte nei luoghi in cui si combattono le guerre (si stima che nel solo conflitto russo-ucraino ci siano state circa 1 milione di vittime, nonostante le reticenze di entrambi gli Stati a diffondere dati ufficiali).

Nelle atrocità commesse dagli eserciti con l’aiuto di armi sempre più “precise” e “tecnologicamente avanzate”. Quelle che a Gaza, ad esempio, hanno fatto più di 45000 morti, di cui il 70% rappresentato da donne e bambini: la precisione di un genocidio.

Ci raccontano cos’è la guerra le centinaia di migliaia di disertori che sono scappati dal fronte in Russia e in Ucraina e le altre migliaia di persone renitenti alla leva militare che si nascondono per non andare a combattere perché le sirene dei nazionalismi e delle “guerre giuste” ormai non abbagliano più nessuno.

E se i Governi vogliono che ce ne dimentichiamo e restiamo obbedienti mentre la situazione intorno a noi precipita, sappiamo invece quale risposta dare.

Non ci vogliamo abituare a questo clima di controllo e militarizzazione; non vogliamo andare a combattere le guerre degli Stati, ma gli Stati che le portano avanti affinché questo mondo infine possa realmente cambiare e le devastazioni che la guerra porta con sé finire.

Per cui se servirà del sangue ad ogni costo

Andate a dare il vostro,

se vi divertirà.

E dica pure ai suoi se vogliono arrestarmi

che possono spararmi,

io mi difenderò.