Nocciola

Ad avvisarci dell’inizio della distruzione di massa non saranno le trombe del Giudizio universale, ma qualche nomignolo elaborato dalla macchina dell’eufemismo burocratico.

Se c’è un elemento che tutti i complessi scientifico-militar-industriali hanno in comune è senz’altro l’ignobile creatività nel nascondere o banalizzare i propri programmi, le proprie macchine, le proprie mosse sul quadrante dei comandi.

«Soluzione finale della questione ebraica», prima di diventare l’espressione-simbolo della produzione industriale di cadaveri, è stato l’eufemismo con cui mascherarla. Nella macchina burocratica nazista, a cui IBM ha fornito l’efficienza delle schede perforate, gli internati da avviare alle camere a gas erano definiti «musulmani», mentre Sonderkommando («unità speciale») era il nome per designare il gruppo di deportati costretti a recuperare i capelli e gli eventuali denti d’oro dai corpi gassati («Aver concepito ed organizzato i Sonderkommandos è stato il delitto più demoniaco del nazionalsocialismo», scrive Primo Levi ne I sommersi e i salvati). L’assassinio di oltre duecentomila «improduttivi», «pesi morti della società» o «vite indegne di essere vissute» è sgorgato da un programma che stava tutto in un sostantivo, una lettera e un numero: Aktion T4 (come noto, T4 era l’abbreviazione di Tiergartenstraße 4, via e numero civico di Berlino al cui indirizzo era situato il quartier generale dalla Gemeinnützige Stiftung für Heil-und Anstaltspflege, la Fondazione di Beneficenza per la Salute e l’Assistenza sociale).

Come non ricordare, poi, i nomignoli con cui sono stati chiamati gli ordigni atomici del Progetto Manhattan (alla cui produzione, giova ricordarlo, hanno lavorato quasi seicentomila persone tenute all’oscuro di cosa stessero fabbricando)? La bomba fatta esplodere il 16 luglio 1945 ad Alamogordo si chiamava Gadget (così, come un orologio o un fermacarte), mentre il linguaggio scelto per il test nucleare era iperbolico e biblico (Trinity). Almeno duecentomila giapponesi furono disintegrati tra il 6 agosto (Hiroshima) e il 9 agosto 1945 (Nagasaki) da Little boy (60 kg di uranio-235) e da Fat man (6,4 kg di plutonio-239).

Se il modello di ogni complesso scientifico-militar-industriale è stato forgiato durante la Seconda guerra mondiale – vero e proprio laboratorio di cui il presente è ancora un’appendice –, il suo sviluppo non ha fatto che generalizzarne gergo. Non è forse degno di questa storia il calcolo scientifico delle kilocalorie necessarie alla mera sopravvivenza della popolazione di Gaza? («Le formule numeriche contenenti le soglie massime e minime sono ciò che i militari chiamano lo “spazio di respiro”, il tempo rimanente prima che le persone inizino a morire di fame», scrive Eyal Weizman ne Il minore dei mali possibili). Solo dei violentatori della lingua al servizio del dominio possono chiamare «Arcobaleno», «Prime Piogge», «Piogge Estive», «Nuvole di Autunno», «Inverno Caldo», «Sorgere dell’Alba» delle operazioni di bombardamento, come è accaduto con quelle realizzate dall’IDF contro gli abitanti di Gaza tra il 2004 e il 2022. Oppure chiamare roof-knocking («bussare sul tetto») il lancio di bombe sonore per avvisare gli abitanti di una casa che hanno circa un quarto d’ora per andarsene prima che arrivino le bombe vere – pratica in uso dal 2006 sempre contro i gazawi. O ancora dare il nome di Havatzalot («Gigli») a un programma accademico-militare incentrato sull’intelligence di guerra e sul combattimento tattico.

E non è forse in perfetta continuità con il Progetto Manhattan chiamare Habsora («Vangelo»), Lavender («Lavandaia») e Were is Daddy? («Dov’è paparino?») i programmi di Intelligenza Artificiale con cui lo Stato d’Israele sta compiendo il primo genocidio automatizzato della storia?

In risposta alle inutili (sul piano militare) e irresponsabili (sul piano delle conseguenze per l’intera umanità) provocazioni da parte della NATO attraverso il lancio di missili occidentali direttamente sul territorio russo, il complesso scientifico-militar-industriale che fa capo al Cremlino ha scagliato contro uno stabilimento militare ucraino un missile ipersonico. Questa “tipologia di arma” viaggia alla velocità di 2,5 chilometri al secondo ed è in grado di colpire ogni obiettivo in pochi minuti nel raggio di 5 mila chilometri, senza che l’apparato militare della NATO – almeno nel Vecchio Continente – possa intercettarlo. Cosa ancora più inquietante, questi missili, che l’esercito russo sta producendo in serie, sono fabbricati per trasportare diverse testate atomiche. Quello realizzato il 21 novembre scorso, insomma, è stato un vero e proprio test balistico nucleare senza bombe atomiche. Un avvertimento al servo (il governo ucraino) perché il padrone (la NATO) intenda. Un piano inclinato verso la guerra nucleare, i cui mezzi di mutua distruzione (nella scommessa che l’altro si fermi prima…) sono in realtà Mezzi assoluti, dal momento che qualsiasi nozione di Fine presuppone ancora un mondo dove poter perseguire degli obiettivi. La dottrina della “deterrenza nucleare” è allo stesso tempo l’apice della razionalità strumentale (e della sua costitutiva amoralità) e la sua disintegrazione per eccesso di potenza. Qualche analista militare (che epoca generosa per simili professioni) ha paragonato il lancio del missile IRBM (balistico a raggio intermedio) e MIRV (a testata multipla) al primo algoritmo di un programma automatico. Si chiamava “Minaccia di Apocalisse” o “Inizio dell’Inferno”? No, si chiamava Orešnik. «Nocciola».

Vari scribacchini dei media occidentali hanno parlato di bluff. Un missile che viaggia a dieci volte la velocità del suono e che solo per un calcolo nella logica della potenza non trasporta testate atomiche sarebbe una minaccia più o meno retorica. Nei giorni successivi, infatti, sono stati lanciati contro il territorio russo altri missili a lunga gittata di produzione occidentale (che possono essere azionati, come quelli sganciati in precedenza, solo da personale della NATO), nonostante il Cremlino si fosse già dichiarato “in diritto” di colpire direttamente i Paesi che pianificano simili operazioni.   

L’unica variabile che ci può salvaguardare dal fatto che in questo poker tra le potenze qualcuno finisca per andare a vedere, è il crollo generalizzato del fronte ucraino per l’insubordinazione del materiale umano e proletario da mandare nel tritatutto della guerra. L’unica “linea rossa” che ci può preservare dalla distruzione di massa è un movimento sociale e internazionale contro tutti i complessi scientifico-militar-industriali, le loro Unità Speciali, i loro Gadget, i loro Gigli, i loro Vangeli e le loro Nocciole.