L’inquisizione al lavoro, il 41 bis, la normalità della repressione. Sul processo Sibilla e i fogli di via a Perugia

Riceviamo e diffondiamo:

L’inquisizione al lavoro, il 41 bis, la normalità della repressione. A proposito dei fogli di via su cui sta lavorando la questura di Perugia

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A partire dall’11 novembre stanno venendo notificati degli atti riguardanti l’avvio di un procedimento con cui la questura di Perugia intende disporre l’emissione di una serie di fogli di via dalla città. Per chi fosse a digiuno in materia, il foglio di via obbligatorio è una misura di prevenzione disposta da un questore nei confronti di persone ritenute “socialmente pericolose” da parte delle forze di polizia, con il quale viene imposto l’allontanamento da un determinato comune, quindi il divieto di recarvisi, per un massimo di quattro anni. Questo specifico provvedimento di cui scriviamo, che per il momento sembra implicare l’intenzione di emettere il suddetto foglio di via nei confronti di almeno sette compagni e compagne anarchici e comunisti, viene motivato con la presenza solidale tenutasi il 10 ottobre davanti al tribunale di Perugia in occasione dell’udienza preliminare del procedimento cosiddetto Sibilla (successivamente rinviata al 15 gennaio).

Una breve parentesi prima di entrare nel merito della vicenda. Il procedimento Sibilla è un’operazione coordinata dalla DNAA e allestita dalla DDAA della procura del capoluogo umbro e dal ROS dei carabinieri, in cui sono anche stati “riversati” gli atti di un antecedente procedimento della DDAA della procura di Milano. Le imputazioni principali sono quelle riguardanti la pubblicazione di “Vetriolo” e di alcuni articoli in esso usciti, successivamente riportati in due siti internet (tra l’altro oscurati nell’ambito dell’operazione repressiva), così come di altri testi pubblicati negli stessi siti internet o tramite volantini. A tre anni dall’operazione repressiva sta quindi venendo chiesto il rinvio a giudizio per 12 compagni e compagne anarchici in riferimento a 19 capi d’accusa, quasi tutti aggravati dalla finalità di terrorismo.

In questi tempi in cui la guerra è lo sfondo sociale e politico di ogni evento repressivo, Sibilla rappresenta in maniera eloquente il connubio tra censura, ambizioni inquisitoriali delle forze repressive e le più ampie politiche di guerra. Tanto più se l’obiettivo da colpire sono degli anarchici che hanno inteso intraprendere un percorso di approfondimento della teoria anarchica e delle esperienze rivoluzionarie. E soprattutto se tra questi inquisiti c’è anche Alfredo Cospito, recluso da oltre due anni e mezzo in 41 bis particolarmente a seguito della condanna per “associazione sovversiva con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico” nel processo Scripta Manent, all’epoca peraltro non ancora concluso. Un processo volto a seppellire sotto una coltre di oblio un ventennio di azioni dirette e rivoluzionarie contro strutture e figure dello Stato e del capitale.

Secondo le eccezionali deduzioni delle forze repressive e degli organi antiterrorismo, dalle attività d’indagine presenti nel procedimento Sibilla emergerebbe la “capacità istigatoria e orientativa” di Alfredo e degli altri compagni inquisiti. Ecco quindi che le indagini svolte dal ROS sono state impiegate in funzione di supporto al provvedimento di trasferimento in quel regime detentivo, notoriamente basato su un connubio di isolamento incessante e deprivazione sensoriale.

L’emissione di fogli di via in occasione dei processi non è certo una novità, anzi. Accadde ad esempio nel 2019, quando ne vennero notificati parecchie decine nei confronti degli anarchici presenti nell’aula bunker del carcere “Le Vallette” di Torino durante l’interruzione della requisitoria del pubblico ministero Sparagna nel primo grado del processo Scripta Manent. La polizia in assetto antisommossa sgomberò l’aula e successivamente, per l’interruzione e la lettura di un testo solidale, alcuni ricevettero delle condanne a 1 anno. Eppure predisporsi a emettere dei fogli di via per una presenza solidale come quella del 10 ottobre, in cui senza particolari turbolenze è accaduto quello che solitamente avviene in tutte le circostanze di questo tipo (affissione di striscioni, distribuzione di volantini, interventi, ecc.), assume un significato ancora più palese: allontanare i solidali, impedire qualsiasi manifestazione di solidarietà nei confronti degli inquisiti e specialmente nei riguardi di Alfredo in occasione delle udienze, soprattutto alla luce della perdurante detenzione in 41 bis.

La coltre di silenzio che vigeva su quel regime detentivo è stata spezzata con la mobilitazione del 2022-’23, dalla lotta sono scaturite enormi contraddizioni in campo istituzionale e repressivo e quel movimento di solidarietà ha impedito che da Scripta Manent, per via dell’imputazione di “strage politica”, derivassero condanne fino all’ergastolo. Se di quella mobilitazione per chi ha voluto farne tesoro restano le esperienze sedimentatesi nella lotta quotidiana, l’approssimarsi di un potenziale processo Sibilla ci interroga anche su che cosa possiamo fare oggi per lottare contro il 41 bis. La risposta se vogliamo più semplice e immediata sta sicuramente nel continuare a sostenere l’urgenza della lotta, nel difendere le pubblicazioni anarchiche, così come nel portare con sé le ragioni di quell’intenso e febbrile anno. Una risposta che non crediamo sia un’affermazione puramente retorica.

Non è consuetudine di chi scrive soffermarsi lungamente su dei provvedimenti come i fogli di via, normale amministrazione nell’attività repressiva di tutte le italiche questure. D’altronde in altre occasioni non ne abbiamo scritto alcunché. Allo stesso tempo, e in determinate circostanze, riteniamo però che occorra mantenere alta l’attenzione di fronte alle funzioni repressive e di controllo del potere. Nell’“aver fatto il callo” alle misure repressive dello Stato abbiamo inevitabilmente sviluppato un nostro adattamento alle situazioni che ci troviamo a fronteggiare, piccole o grandi che siano. Tuttavia, come al solito, le cose sono semplici e la palese spudoratezza del potere sta anche qui, nella normalità della repressione, nell’allestire un clima di isolamento contro delle iniziative in solidarietà con alcuni anarchici inquisiti per ciò che hanno sempre testardamente sostenuto, uno dei quali recluso nel più afflittivo tra i regimi detentivi esistenti in Europa.

Ecco allora che a dispetto della demenziale retorica poliziesca sulla “clandestinità” di certe pubblicazioni rivoluzionarie, solidarizzare significa perseverare nell’agitazione e nella propaganda anarchica intese come suggerimento di lotta, coinvolgimento nell’azione, non come illustrazione di una futura e deliziosa condizione ideale di un mondo senza padroni e poliziotti. Allo stesso modo, a dispetto della frenesia repressiva di questori e inquisitori di ogni grado e colore, e oltre ogni artificiosa proiezione mediatica o internettiana delle iniziative di lotta, solidarizzare significa ancora attrezzarsi per rompere il tentativo dello Stato di metterci all’angolo. Osservate sotto questa luce, ci pare che le carte di gabinetto di questure, procure e caserme trovino la loro giusta collocazione ideale (e materiale).

Novembre 2024

alcune individualità solidali

Prossima udienza preliminare del procedimento Sibilla: ci vediamo mercoledì 15 gennaio alle ore 09:30 davanti al tribunale di Perugia in piazza Matteotti.

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