Filosofia politica del nucleare

Abbiamo tradotto dal francese queste diciotto tesi contro il nucleare. A scriverle è Jean-Marc-Royer, autore de Il mondo come progetto Manhattan. Dai laboratori nucleari alla guerra generalizzata al vivente, uscito in Francia nel 2017 e pubblicato in italiano l’anno scorso da Mimesis. Un libro del quale raccomandiamo vivamente la lettura e di cui queste tesi forniscono in qualche modo un compendio. Se la documentazione che Royer ha raccolto sul progetto Manhattan – ma anche su Fukushima – è di per sé sorprendente (in tutti i sensi), due ci sembrano gli elementi più originali e più radicali delle sue riflessioni storico-attuali (su cui torneremo ancora in futuro). La prima è la precisazione – non certo banalmente linguistica – che ciò che abbiamo di fronte dal 1945 non è il «complesso militare-industriale», bensì il «Complesso scientifico-militar-industriale» (basti pensare che la guerra contro il Giappone è stata prolungata dagli USA per dare agli scienziati di Los Alamos il tempo di ultimare e testare la bomba atomica). La seconda è che lo sfondo storico da cui escono sia Auschwitz-Birkenau sia Hiroshima-Nagasaki (la «triplice alleanza» tra il capitale termo-industriale, il modo di conoscenza scientifico e gli Stati-nazione moderni) è il passaggio dal darwinismo sociale come ideologia all’eugenetica come programma. È in quel passaggio storico che il laboratorio si fa coestensivo rispetto al mondo e che agli scienziati si attribuisce un potere di vita e di morte sull’umanità e sull’intera biosfera. Fabbricare ordigni in grado di disintegrare il Pianeta, rendere sterili le sementi agricole grazie all’ingegneria genetica o «ibridare» umani e macchine sono products dello stesso Complesso. Lì si configura oggi il totalitarismo ben più che negli epifenomeni politici.

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Filosofia politica del nucleare

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Le recenti classificazioni del nucleare come energia verde o alternativa in linea con la cosiddetta «transizione ecologica»1 da parte delle istituzioni europee o della conferenza di Dubai meritano che sulla questione del nucleare si ritorni in modo serio… Così come sul gigantesco piano di rilancio francese. D’altra parte, la guerra tra uno Stato che possiede l’arma nucleare e un altro che ha sei centrali sul suo territorio riattualizza tutte le forme di disastro inerenti la sua esistenza fin dal 1945. Questo l’oggetto del seguente testo in diciotto tesi: ritornare sull’essenza del nucleare al fine di proporne una teoria critica.

1. Il nucleare non avrebbe potuto essere inventato senza la conoscenza profonda della materia, senza la relatività (E=MC2) e senza la fisica delle particelle. È quindi il figlio maggiore della scienza del XX secolo e ne ha portato la potenza all’apogeo.

La controversia scientifica fu innanzitutto il terreno dei grandi produttori statunitensi di tabacco, terreno privilegiato dai nucleocrati, i quali sapevano che il metodo include il dubbio. E sapevano anche che si tratta del modo migliore di depoliticizzare il nucleare. Il che non significa affatto che bisogna fare a meno del modo di conoscenza scientifico nell’esame della questione nucleare.

2. L’avventura del Progetto Manhattan2 è innanzitutto la ricerca di una potenza di distruzione superiore, più moderna e più scientifica delle vecchie soluzioni basate sul «processo» fordista-taylorista impiegato durante la prima guerra industriale, totale e mondiale, poi ad Auschwitz-Birkenau. Il nucleare è apparso allora come la soluzione ultima di ogni conflitto.

Dal momento che i rapporti sociali di produzione capitalistici hanno invaso tutti gli ambiti del socius dalla fine del XX secolo, un parallelismo può essere tracciato tra l’evoluzione strutturale del capitale e quella della guerra o del crimine di massa che diventano sempre più astratti3.

3. Il nucleare è un crimine contro l’Umanità che fu perpetrato con piena cognizione di causa dagli Stati Uniti4, e poi dalle altre potenze atomiche (URSS, Gran Bretagna, Francia, Cina, India, Pakistan, Corea del Nord, Israele):

– Infatti, in occasione della prima esplosione atomica del 16 luglio 1945, ci furono delle ricadute locali immediate, poi, una dozzina di giorni più tardi, un rialzo spettacolare dei livelli delle radiazioni dovute al ritorno circumterrestre della nube stratosferica sulla costa Ovest degli Stati Uniti, un fenomeno provocato dalle correnti a getto in quota conosciuto fin dagli anni Venti. Queste ricadute planetarie furono ampiamente confermate in seguito: così, la fauna, la flora, l’atmosfera, la litosfera, la criosfera e l’idrosfera sono state irradiate o contaminate, ciò che l’analisi delle calotte glaciali antartiche condotta da Claude Lorius aveva dimostrato fin dagli anni Sessanta.

I danni delle radiazioni erano conosciuti a partire dalla metà degli anni Venti (Marie Curie, che ne era cosciente, li ha pagati con la propria vita). Ciò non ha impedito ai medici statunitensi di procedere all’inoculazione di prodotti radioattivi su migliaia di persone non consenzienti (chimate Human Products) almeno a partire dall’aprile del 1945, secondo gli archivi desecretati negli Stati Uniti.

I criteri del crimine contro l’Umanità, così come fu definito all’epoca o come lo è oggi, sono soddisfatti5.

4. Ma è un crimine contro l’Umanità particolare e un biocidio universale che perdura e continuerà a perdurare in eterno:

– Le duemilaquattrocento esplosioni atmosferiche, sottomarine o sotterranee, il funzionamento delle centrali e più in generale tutti gli usi cosiddetti civili, ne fanno un fenomeno perenne le cui conseguenze sono immense: sessantacinque milioni di morti dal 1945, secondo la Commissione Chris Busby richiesta dai deputati Verdi del Parlamento europeo nel 1988, cioè più vittime che la seconda guerra mondiale6. Ma siccome questo disastro non è riducibile a un evento, a uno spazio e a un tempo finito, la Storia ufficiale lo ignora o le nega ancora6: oltre al fatto che è sempre scritta dai vincitori, essa ha bisogno di date precise – per esempio quella del 1492 – per decretare la fine del Medio Evo anche se questa non ha strettamente cambiato nulla nella vita materiale e spirituale del 95% dei contadini dell’epoca.

Di più, un aumento delle radiazioni ionizzanti su scala planetaria ha generato progressivamente una moltiplicazione di diverse patologie cancerogene, teratogene, mutagene evolutive ed ereditarie come riporta prudentemente il biologo Alain Dubois: «sarebbe il più grande crimine immaginabile contro l’Umanità7», un crimine passato, presente e futuro, possiamo aggiungere.

Il carattere perenne di tale crimine contro l’Umanità ha rafforzato di 29 mila anni la semi-vita di uno di questi elementi, il Plutonio.

Una sorta di moderna imposta di sangue è stata in tal modo versata all’industria nucleare: laddove si constata una volta di più l’immensa regressione della civiltà che si annida nel preteso progresso con cui la si qualifica a partire dal XIX secolo.

5. Di fatto, un negazionismo minuziosamente preparato e perpetuato ancora oggi con mezzi enormi, mezzi a misura degli Stati, delle agenzie e delle industrie parti in causa. Esso costituisce uno dei più enormi travestimenti della storia moderna, un travestimento commisurato agli sconvolgimenti che il capitalismo vi ha introdotto da due secoli. Ecco:

– Il Progetto Manhattan fu strettamente inquadrato dai militari, da tutti i servizi segreti, dalla ragione di Stato, dai brevetti industriali e dal segreto degli affari.

Tutte le rilevazioni effettuate in loco da più di un centinaio di équipe giapponesi, dal 10 agosto a metà settembre 1945, sono state sottratte e spedite negli Stati Uniti8. Le altre sono rimaste coperte dal segreto militare fino ai nostri giorni.

– Il «rapporto Smyth» è stato pubblicato dalle autorità statunitensi fin dal 12 agosto 1945, una conferenza stampa fu organizzata a Tokyo all’inizio di settembre 1945, poi nel luogo della prima esplosione, ad Alamogordo nel New Mexico, il 12 settembre, al fine di replicare all’articolo di Wilfred Burchett, il primo giornalista occidentale a raggiungere discretamente Hiroshima per render conto degli effetti dell’esplosione atomica, il che ebbe un impatto internazionale.

– Contrariamente all’ideologia nazista, questo negazionismo nucleare in quanto ideologia statale ha la specificità che non potè essere smascherato che après-coup, cioè dopo che l’arma di distruzione di massa fu testata con successo sulle cavie giapponesi, tributo al segreto militare e alla ragione di Stato. Con la propaganda «Atom for peace», di cui anche il Giappone farà le spese, è una ideologia di Stato post-mortem che fu imposta, se così si può dire.

6. La siderazione delle coscienze, cioè la messa a punto di quella che oggi si chiama strategia dello shock, scientemente iniziata da uno Stato, dai suoi scienziati, dal suo personale politico e militare, fu la prima del genere su una tale scala: essa fu elaborata nel comitato-obiettivo, il Target Committee [l’organo direttivo dell’intero Progetto Manhattan].
L’evento fu talmente massivo, improvviso, sbalorditivo, che l’intelletto e l’immaginario delle folle, già traumatizzate dalla «Guerra dei trent’anni» (1914-1945), ne furono tetanizzati.

Poiché tale shock, come se non bastasse, fu avvolto nel prestigio mistificatorio di una «rivoluzione scientifica», ne è conseguita una scissione cognitiva e psicologica sconcertante per le popolazioni del mondo intero. Nel linguaggio psicanalitico, fu un trauma, la cui sola forma di «soluzione improbabile» consiste nella rimozione.

Il «New York Times» apre sulla bomba atomica e illustra, tabelle alla mano, la formidabile potenza esplosiva di un nuovo congegno che rappresenta «le speranze di una pace finalmente ritrovata». In Inghilterra, il «Times» loda i benefici dell’energia nucleare per il rifiorire «della cutura e il perfezionamento dello spirito». In Francia, «L’Humanité» (8, 12 e 13 agosto) sottolinea il ruolo giocato dagli scienziati francesi in «questa prodigiosa conquista della scienza» e, specialmente, il ruolo «del compagno Juliot» in questo ambito9. «L’Aurore», «Le Parisien Libéré», «Le Monde», «La Croix» e «Résistance» (7 e 8 agosto) celebrano unanimemente la prima catastrofe atomica, evocando una «scoperta» e una «rivoluzione scientifica», mentre le rovine di Hiroshima sono ancora fumanti10.

Le foto dei disastri provocati dai bombardamenti atomici furono scientemente bloccate, contrariamene a quelle dei campi della morte. Ecco perché nel 1959 Alain Resnais e Marguerite Duras facevano legittimamente dire ai loro personaggi: «A Hiroshima non hai visto niente».

7. Inoltre, Hiroshima e Nagasaki non sono oggetto di una memoria istituzionalmente organizzata come per Auschwitz-Birkenau. Al contrario, gli Hubakusha hanno dovuto attendere il 1957, cioè cinque anni dopo la partenza degli occupanti statunitensi, prima che il loro Paese li riconoscesse come vittime dei bombardamenti atomici e delle loro conseguenze.

8. Il nucleare, come «astrazione-limite», è la più terribile figura della morte con cui l’Umanità si sia mai confrontata. Questa figura della morte superava e ancora supera di gran lunga i termini abituali di analisi e di comprensione degli esseri umani (G. Anders), non foss’altro che perché si tratta di una minaccia di morte disumanizzata che mette in pericolo tutte le forme di vita sulla Terra.

9. L’accumulazione originaria del capitale in Occidente aveva già ucciso o proletarizzato milioni di schiavi africani gettati nella miseria morale e materiale. Ma quando la cosiddetta «modernità» del XIX secolo ha partorito un nuovo mito fondatore – la lotta di tutti contro tutti, definita come motore del progresso – e si è autorizzata a oltrepassare il divieto dell’assassinio – cioè il fondamento di ogni cultura, di ogni società, di ogni civiltà – sotto gli auspici di un’eugenetica di massa, è un punto di non-ritorno che è stato raggiunto dalla cristalizzazione di fatto di una «triplice alleanza»: quella tra il capitale termo-industriale, il modo di conoscenza scientifico e gli Stati-nazione moderni.

10. Nel 1945, vale a dire mezzo secolo soltanto dopo la sua cristalizzazione, questa nuova civiltà ha in qualche modo raggiunto la propria «verità»11. Di conseguenza, studiare e combattere il nucleare non significa solo scontrarsi con l’essenza della civiltà del capitale – una morte industriale su scala planetaria –, ma soprattutto affrontare la questione filosofica centrale della politica della nostra epoca.

11. Pensare il nucleare ha questo di difficile: obbliga a pensare di continuo questa figura eccezionale della morte senza che nessuno di noi possa prevederne il termine in maniera plausibile. Detto altrimenti, nell’ambito del nucleare non c’è e non ci sarà mai una speranza di «riscatto», cosa che nessun essere umano normalmente costituito può decidere di accettare. E che rappresenta uno dei fondamenti della tragedia in corso, che è senza limiti.

12. Come per Auschwitz-Birkenau, è a causa dei suoi attentati incommensurabili alla vita e della sua disumanità radicale che resta impossibile elaborare il lutto di Hiroshima-Nagasaki. E dal momento che l’effetto di tutti questi disastri e delle loro negazioni non si è spento, la coscienza universale ne permane profondamente alterata12.

Di fatto, tutte le generazioni successive al 1945 hanno avuto come regalo nelle loro culle i significanti delle esperienze di disumanizzazione più radicali che il mondo abbia mai conosciuto.

13. Oltre agli effetti sistemici della «Guerra dei trent’anni», è la potenza del nucleare che ha permesso la colonizzazione dei poteri politici da parte dei Complessi scientifico-militar-industriali. Questa evoluzione degli Stati e del Capitale è in gran parte il risultato della «triplice alleanza» che si cristallizza nel corso del XIX secolo in una nuova civiltà la cui potenza distruttrice ed inedita resta stupefacente nel senso stretto del termine.

15. Il 1945 fu quindi il momento d’inizio di una «radicalizzazione del capitale» di cui la distanza critica ci autorizza oggi a dire che è in stato di guerra generale, ma non dichiarata, contro tutte le forme di vita animali e vegetali sulla Terra. I pretesi «trenta gloriosi» [riferimento agli anni del cosiddetto boom economico, 1945-1975] sono il “pacchetto-regalo” che ha messo il nucleare parzialmente al riparo dalla critica. L’altro involucro che protegge il nucleare dalla critica è il modo di conoscenza scientifico moderno13.

15. Poiché questa radicalizzazione ha preso nuove dimensioni disastrose e morbose, l’erotizzazione della morte agisce come maschera e palliativo, mentre «l’Immaginario razionale calcolatore e trasgressivo»15 espelle dal campo della coscienza ogni riflessione etica e politica a vantaggio del calcolo e della glorificazione di un self-made-man equipaggiato del suo piccolo schermo, Narciso dei tempi moderni dalla schiena curva e dallo sguardo assente, del quale Fritz Lang ci ha fornito un ritratto nel 1927 con Metropolis.

16. Allorché il desiderio è sradicato e la morte erotizzata a tal punto, ecco un segno supplementare che una civiltà sta crollando. Non sarà la prima, ma la vita di questa sarà di durata assai breve; e poiché essa è diventata planetaria e i suoi mezzi di distruzione lo sono altrettanto, possiamo scorgervi una tragedia inedita nella storia Umana e in quella del vivente.

17. Pensare altrimenti il nucleare

– Pensare altrimenti il nucleare significa pensarlo come una delle rappresentazioni dell’essenza di questa civiltà mortifera16 e dei suoi crolli già in corso.

– Pensare altrimenti il nucleare conduce a dimostrare che tutti gli Stati hanno non soltanto fallito per quanto riguarda il fondamento della loro legittimità costituzionale a proteggere le popolazioni, ma minacciano profondamente e deliberatamente la vita di queste ultime e la possibilità di vivere sulla Terra. Questa violenza radicale, che si è esercita anche in altri ambiti, ci obbliga evidentemente a ripensare daccapo la maniera di opporvisi.

– Pensare altrimenti il nucleare non può darsi senza uscire (attraverso una critica radicale) dai confini che lo hanno fatto nascere: il modo di conoscenza scientifico moderno, il capitalismo termo-industriale e gli Stati-nazione moderni.

18. Per una teoria critica del nucleare: qualche requisito principale

– Primo requisito: riallacciarsi assolutamente alle problematiche totalizzanti e alla costruzione di concetti operativi.

– Secondo requisito: assumere la svolta della civiltà capitalistica occidentale nel 1945 come rottura storica fondamentale e pietra angolare di questa teoria critica.

– Terzo requisito principale: storicizzare e politicizzare la morte laddove viene erotizzata.

– Quarto requisito: elaborare una critica interna al modo di conoscenza scientifico moderno e non accontentarsi di un giudizio morale sui suoi utilizzi. Proscrivere definitivamente il guscio-vuoto [mot-valise] di Tecnoscienza.

– Quinto requisito: evitare il teoricismo astratto coniugando diversi approcci critici, compresi quelli etici e antropologici.

Sesto requisito: pensare l’«avvenire» che questa guerra totale al vivente ci ha lasciato in eredità.

Gennaio 2024, Jean-Marc Royer

Note

1 Jean-Baptiste Fressoz, in Sans transition. Une nouvelle histoire de l’énergie, Seuil, 2024, spiega perché «la transizione ecologica» è un’illusione e un’esca.

2 Nome in codice del progetto di fabbricazione della bomba atomica negli Stati Uniti tra il 1942 e il 1945. Grazie a Gary Libot per la sua attenta rilettura.

3 Cfr. il testo «Capital et mode de connaissance scietifique moderne: un imaginaire en partage», 2021 o Jean-Marc Royer, La science creuset de l’inhumanité, L’Harmattan, 2012.

4 Benché non sia possibile farlo qui, è di primaria importanza conoscere la storia degli Stati Uniti.

5 Leggere a questo proposito il nostro testo intitolato «L’obsolescence du vivant sur Terre» disponibile su diversi siti.

6 Paul Lannoye, Françoise Dupont, Recommandations 2003 du Comité Européen sur le Risque de l’Irradiation, Éditions Frison-Roche, 2004, p. 168. Questo testo è la traduzione del rapporto dell’European Committee on Radiation Risk (http://www.euradcom.org/) coordinato da Chris Busby. Nessuna seria critica del nucleare può prescindere dalla sua lettura.

7 Hagen Scherb & Christina Voigt, The human sex odds at birth after atmospheric atomic bomb tests, after Chernobyl, and in the vicinity of nuclear facilities, «Environmental Science and Pollution Research», 2011, vol. 18, pp. 607-707, citato in A Dubois, Un biologiste contre le nucléaire, Berg international, 2012, p. 167.

8 Cfr. J-M. Royer, Le Monde comme projet Manhattan. Des laboratoires du nucléaire à la guerre généralisée au vivant, Le Passager Clandestin, 2017. Edito in italiano nel 2023 da Mimesis con il titolo Il mondo come progetto Manhattan. Dai laboratori nucleari alla guerra generalizzata alla vita.

9 Quando, il 10 agosto, il Vaticano ha condannato l’utilizzo della bomba atomica, «L’Humanité» se ne è meravigliata con quel tono falsamente ingenuo che i comunisti sapevano all’epoca maneggiare. Alla fine del 1945, il «camarade Joliot», che dirigeva il Commissariato per l’Energia Atomica prima di esserne dimesso nel 1950, aveva detto al generale de Gaulle: «Ve la farò, mio generale, la vostra bomba!». Nel marzo del 1946, sul n°1 della rivista scientica «Atomes», scrive a proposito del progetto Manhattan: «Non possiamo impedirci di ammirare lo sforzo di ricerca e di costruzione che è stato fatto dagli Americani, così come il valore degli scienziati e dei tecnici realizzatori».

10 P. Bujnoczky, À l’ombre du progrès scientifique, in «Médecine et Guerre Nucléaire», Vol. 25, n° 2, Giugno 2010.

11 Leggere Il mondo come progetto Manhattan o gli articoli pubblicati dall’autore sul tema.

12 Cfr. al riguardo il testo del nostro intervento «Qu’est-ce que le mode de connaissance scientifique moderne», «Technologos», 22 septembre 2023.

13 Per un’analisi della logica formale, riduzionista e oggettivante all’opera nella costruzione del corpus teorico proprio del modo di conoscenza scientifico, si può leggere in particolare: François Lurçat, La science suicidaire (1999) e L’autorité de la science (1995); Michel Henry, La barbarie (1987); Jean-Pierre Lebrun, Un monde sans limites, (2009), La condition humaine n’est pas sans conditions, (2010); Jean-Marc Royer, La science creuset de l’inhumanité, L’harmattan, 2012.

14 Gli smartphone, che si basano sui «minerali insanguinati», sono stati concepiti fin dall’inizio come oggetti di desiderio di una bellezza liscia attraverso il quale la potenza di calcolo s’impone alla psiche.

15 Cfr. il testo «Capital et mode de connaissance scientifique moderne: un imaginaire en partage».

16 Così, l’uso di espressioni come «primavere silenziose», «Ground zero» e dall’estate 2015 «hot spot» per definire i campi d’internamento che i tecnocrati di Bruxelles e d’altrove vogliono aprire alle frontiere d’Europa, provengono dal campo nucleare.