La forza della rottura. Dalle mobilitazioni in Francia contro la riforma delle pensioni alla lotta contro il 41 bis in Italia

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa cronaca ragionata delle impetuose mobilitazioni di questi giorni in terra francese. Scritta da un compagno d’Oltralpe, contiene anche una serie di utili parallelismi con la situazione italiana ed è corredata da un elenco (parziale) di azioni nelle strade e sui posti di lavoro. Se ci fa un gran piacere sapere che questa rivolta «è paragonabile a quella dei Gilet Gialli, solo che queste azioni si svolgono tutti i giorni, e non soltanto il sabato», e che non tutto il mondo dorme come l’Italietta, da una parte e dall’altra delle Alpi constatiamo uno stesso grande assente negli slogan di piazza e nelle teste di molti contestatori: quella Guerra che è sempre più il cuore di un mondo senza cuore, e quella «economia di guerra» che il compagno considera – giustamente – tra le principali cause di caduta libera delle condizioni di vita e di lavoro.

I cortei selvaggi degli ultimi giorni, che hanno incendiato le strade di molte città francesi, sembrano aver fatto saltare il controllo sindacale sulle piazze. Intanto occupazioni, blocchi e sabotaggi si generalizzano. La brutalità poliziesca è essa stessa benzina sul fuoco. Un avviso: «Guarda il tuo Rolex: è l’ora della rivolta». Una constatazione: «Non si entra in un mondo migliore senza effrazione».

La forza della rottura. Dalle mobilitazioni in Francia contro la riforma delle pensioni alla lotta contro il 41 bis in Italia

Trasformazioni necessarie.

Élisabeth Borne, primo ministro

Le persone che tenteranno di raggrupparsi saranno sistematicamente sgomberate dalla polizia.

nota diramata dalla prefettura di Parigi

Il 20 marzo, il presidente Emmanuel Macron ha scelto di applicare l’articolo 49.3 della Costituzione, che ha permesso l’approvazione senza il voto parlamentare della sua riforma delle pensioni alla Camera bassa del parlamento, riforma che innalza l’età di uscita dal lavoro da 62 a 64 anni. Dunque l’età minima per uscire dal lavoro salirà gradualmente di 3 mesi ogni anno e, da adesso in poi, i lavoratori francesi potranno andare due anni più tardi, ma con una forte penalizzazione economica. Solo arrivando a 65 anni di età con 40 anni di contributi sarà possibile ottenere la contribuzione piena. Sull’irrigidimento dei vincoli per accedere alla pensione c’è anche l’innalzamento dell’importo minimo della pensione: 1.200 euro. In sostanza, la riforma pensioni punta a incentivare economicamente chi decide di rimanere al lavoro oltre i 64 anni. Una riforma di classe, quella sulle pensioni, che tende a favorire i colletti bianchi, i top manager e chi svolge mestieri poco faticosi, non usuranti, che possono permettersi di proseguire ben oltre l’età pensionabile. Questo ha scaturito numerose manifestazioni ed azioni su tutto il territorio nazionale, che rischia sempre più il blocco totale con le raffinerie che chiudono, gli studenti che occupano le scuole, gli scioperi dei trasporti, della nettezza urbana e della sanità.

Dunque in Francia è battaglia, mentre ricordo che in Italia nel 2012 la Legge Fornero alzò l’età pensionabile prima da 60 a 65 anni (più una “finestra” di 12 mesi), poi a 67 anni senza che si muovesse una foglia.

Il dato di fatto è che i Governi, di Destra, di Sinistra o Tecnici, che si sono alternati negli ultimi trent’anni hanno portato avanti tutta una serie di politiche neoliberiste a suon di riforme che hanno creato precariato e nuove forme di sfruttamento, privatizzazioni ed aziendalizzazione dei servizi pubblici, impoverimento generalizzato e centri di internamento per migranti, repressione e guerre imperialiste. È così che oggi, nel “migliore dei mondi possibili”, in un contesto di ristrutturazione ed economia di guerra, assistiamo più che mai ad una forte erosione dei diritti e a un rapido smantellamento dei servizi sociali.

Faccio notare che oggi in Italia, dopo le riforme in ambito lavorativo che vanno dal Pacchetto Treu alla Riforma Biagi*, la popolazione lavoratrice, isolata e desolidarizzata, alienata e spogliata del tutto degli strumenti materiali ed intellettuali per comprendere e cambiare questa realtà che ammala, preferisce parlare dei “problemi” dei vari influencer e vedere il Festival di San Remo, odiare il vicino considerato “strano” o il mendicante immigrato sotto casa, gridare “più galera” per ogni ladro di galline come per lo studente “sovversivo”.

In effetti la “guerra ai cervelli” nel Bel Paese, cominciata negli anni ’80 con le TV spazzatura e la retorica della “lotta al terrorismo”, ha devastato le coscienze di intere generazioni gettando le basi per l’odierna apatia e guerra tra sfruttati.

Paradossalmente adesso, dopo il ciclo di lotte degli anni ’60-’70 e “la migliore conquista in campo sociale mai avvenuta in Occidente”, vige – ma non ancora del tutto –, il senso di Autorità, di Legge e di Ordine; quindi pace sociale, salari tra i più bassi d’Europa, sindacalisti di base che vengono inquisiti e un regime abominevole come quello del 41 bis in cui si trovano l’anarchico Alfredo Cospito ed altri 750 detenuti. Vicenda giudiziaria inverosimile, quella di Alfredo, che lo vede essere accusato del reato più grave che prevede il codice penale italiano, ovvero l’accusa di “strage politica”, per un’azione diretta che non ha provocato né morti né feriti. Eppure grazie allo sciopero della fame intrapreso dallo stesso prigioniero anarchico è partita una campagna internazionale per cui negli ultimi mesi in Italia si è messa in moto una mobilitazione trasversale contro l’ergastolo ostativo e il 41 bis. Su questo regime di “carcere duro” per trent’anni non si era detta una parola; ora invece ne parlano tutti, dai mass media ai bar, dai penalisti ai costituzionalisti, nelle scuole e nei posti di lavoro e, praticamente, in ogni città d’Italia sui muri c’è scritto “NO 41 BIS”.

In Francia lo stesso neoliberismo incalza le condizioni dei lavoratori e dei ceti popolari ma, per contro, ci sono un’attenzione maggiore ed una risposta sempre all’altezza, date, secondo chi scrive, da vari fattori tra cui: un minore ottundimento culturale (non è un caso che nella lingua francese comune si usino ancora termini come «borghese», «padrone», «combattimento sociale», «lotta di classe», «fascisti», ecc.) ed un sociale meno anestetizzato (si legge e ci si informa tutti di più); si è meno omologati e si ha più spirito critico nei confronti del Sistema; c’è una continuità delle lotte degli ultimi anni tra le mobilitazioni dei Gilets Jaunes, i residui della sinistra di classe e il movimento autonomo; l’esistenza di una mobilitazione generale fatta da tutti e tutte, come “classe universale”.

Dove vivo io, in una piccola città dell’Alta Savoia, ci sono state scritte, presìdi dei Gilets Jaunes, e all’ultima manifestazione hanno partecipato, secondo la Prefettura, 3000 persone. Noi, come lavoratori della nettezza urbana, abbiamo fatto negli ultimi tre mesi almeno 5 scioperi. Stamattina un ambulante arabo mi ha detto che bisogna bloccare tutto, tutti quanti e tutti i giorni, per “cacciare Macron e la sua cupola”**.

A prescindere da come vada a finire (in Italia con le sorti del compagno Alfredo ed in Francia con le Riforme neoliberiste), credo che il migliore insegnamento per le nuove generazioni, in questi ultimi mesi, arrivi proprio da una indicazione del Potere: “è in atto una rottura!” (in Italia con l’assassinio legalizzato di Stato di Alfredo, in Francia con l’arroganza di Macron); quindi “Non si entra in un mondo migliore senza effrazione”, come si scrive da qualche parte nelle sommosse francesi. Abbiamo, infatti, da un lato un Potere che snobba sempre più le sue stesse regole del Diritto borghese e fa quello che vuole, dall’altro tortura, incarcera ed inasprisce la repressione contro ogni forma di dissenso.

Per quanto esistano pulsioni patriottarde e socialdemocratiche, populiste e nazionaliste, la Francia dimostra ancora una straordinaria capacità di mobilitazione generalizzata contro i progetti del capitale (bloccando, ad esempio, le infrastrutture strategiche del paese) e ravviva un’effervescenza sociale che sconquassa il cuore dell’Europa pacificata.

Compito nostro sarà ancora una volta quello di stare dentro le contraddizioni, in seno alla strisciante guerra sociale a bassa intensità, per far passare un ferro rovente su queste pulsioni e canalizzare la rabbia in senso antistituzionale, autorganizzativo e rivoluzionario. Se ormai, tra pandemie, “crisi economiche” e guerre, Lorsignori fanno di noi quel che vogliono facendola finita una volta per tutte con la parvenza della Democrazia, ben venga una nuova consapevolezza capace di intelligenza critica e di uso della forza.

21 marzo 2023,

Simone Le Marteau

Nota: mentre sto scrivendo, lo Stato francese tenta di requisire la raffineria di Fos sur Mer. Immediata la risposta degli scioperanti e il loro appoggio con una massiccia opposizione capace di respingere la polizia.

*Marco Biagi (nato a Bologna, 24 novembre 1950), è stato un giurista italiano. Eliminato dalle Brigate Rosse P.C.C. nel 2003.

**Cùpola s. f. [dal lat. cupŭla, dim. di cupa, «botte»], termine con cui viene indicato il massimo organo dirigente della mafia, del quale farebbero parte i capi designati dalle più potenti famiglie di una determinata area geografica, per il controllo delle molteplici attività illegali svolte dall’organizzazione e le decisioni ultime in merito alle questioni più delicate (rapporti con altre organizzazioni criminali e con il mondo politico, apertura di nuovi mercati per lo smercio della droga, eliminazione di persone indesiderate, ecc.).

 

CENTINAIA DI AZIONI NEGLI ULTIMI GIORNI: UN ELENCO PARZIALE

(Il numero delle azioni e la loro diffusione sul territorio sono così importanti che è impossibile elencare tutto. Il movimento è paragonabile alla rivolta dei Gilet Gialli. Con la differenza che queste azioni si svolgono tutti i giorni, e non solo il sabato. Tentativo di fare il punto sulle azioni degli ultimi tre giorni, per non dimenticare le centinaia di migliaia di anonimi che resistono):

– Le stazioni sono invase e bloccate in diverse città: questo fine settimana quelle di Montpellier e Bordeaux sono state investite dai manifestanti. Questo lunedì, centinaia di ferrovieri sono entrati nei binari a Versailles, “hanno sabotato i freni dei treni e messo petardi sui binari, costringendo i treni a fermarsi”, così come alla Gare de Lyon di Parigi.  Anche la stazione di Clermont-Ferrand è stata invasa.

– Le raffinerie reggono. Le più grandi del Paese sono ferme e non esce carburante.  Quasi 1.200 stazioni sono all’ora attuale totalmente o parzialmente fuori servizio e la cifra continuerà ad aumentare nei prossimi giorni.

– I blocco sono in aumento. L’autostrada di Chambéry è stata massicciamente bloccata questo fine settimana, così come questa mattina la tangenziale di Rennes, quella di Caen e molte altre città…

– Le azioni di interruzione dell’alimentazione elettrica continuano. Questo lunedì mattina l’aeroporto di Pau è stato oscurato.

– Le aree commerciali sono bloccate o invase. Questo fine settimana, le Halles de Paris sono state invase da centinaia di manifestanti che hanno marciato attraverso il centro commerciale. A Nantes, sabato è stata colpita la zona di Atlantis.

– Rivolte: le strade sono agitate in un gran numero di città, comprese quelle di medie dimensioni. A Lione: 3 notti di disordini di fila tra giovedì e sabato sera. A Nantes, giovedì sera e sabato di fuoco. Barricate sabato a Bordeaux, Caen e in molte città… A Parigi, l’unica soluzione del potere era organizzare rastrellamenti di centinaia di persone per cercare di arginare la rivolta nella capitale.

– In molte aziende i lavoratori occupano il loro posto di lavoro, il cuore dell’apparato produttivo del Paese. La chiusa di Bollène, la ditta Smitred a Pluzunet o Vertbaudet al Nord…

– Il settore dei rifiuti è in prima linea: raccolta fissa a Nantes o Parigi, nonostante le requisizioni. Mobilitazione davanti all’inceneritore di Poitiers o di Brest, e tante altre.

– A Senlis si è svolta un’operazione di pedaggio gratuito.

– A Metz, il deposito degli autobus è stato bloccato lunedì dai manifestanti.

– A Carhaix, gli operatori sanitari hanno usato una catapulta nel corso di una manifestazione.

– Dozzine di università sono ancora in movimento. 1000 persone in Assemblea Generale questo lunedì a Tolbiac, in un’affollata università. Decisione di occupare anche a Nantes, tra gli altri atenei.

– Le hotline politiche sono prese di mira. Questo weekend a Nizza: la sede elettorale di Eric Ciotti è stata stravolta. A Vincennes, quella del deputato rinascimentale, Guillaume Gouffier, vandalizzata.

– Sei raffinerie su sette chiuse con requisizioni.

Pratiche illegali collettive

Azioni di blocco su tangenziali e strade principali agli ingressi delle città di Rennes, Lille, Lione, Caen, Le Havre, Nantes, Charleville-Meziere (confine belga A34), Grenoble.

Ostruzione con “passaggi filtrati” a:

Ravezie (periferia di Bordeaux, aeronautica), Laval,

Rotonde di Vannes

Porti di Saint Nazaire,

Airbus Tolosa

Siti del settore dei rifiuti a Nantes, Lannion,

Deposito di olio di Avignone,

Zone industriali di Lorient, Orléans (Saran), Tolosa (Châtillon)

Pedaggi gratuiti: Saint Avold (Mosella)

Università/campus: Sorbona/Clignancourt, Tolbiac.

Deposito di camion della spazzatura di Romainville, inceneritore di Ivry

Numerosi i sabotaggi delle linee ferroviarie e di ripetitori.

Un esempio fra i tanti:

«Nella notte tra il 9 e il 10 marzo, un danneggiamento dell’alimentazione dei binari ha avuto luogo a sud di Tolosa. Data la presenza di fibra ottica lungo la ferrovia è molto probabile che abbia anch’essa subìto un impatto.

Facciamo parte della base che rifiuta il recupero da parte delle centrali sindacali nella loro piccola danza del potere. Prima di questo movimento, scioperi, interruzioni di elettricità e azione dirette contro la fibra e il dispiegamento del 5G erano già cominciati. Essi continueranno.

Malgardo l’ampiezza inedita dei blocchi nel corso di tutta questa settimana e la mobilitazione in numerosi settori, vediamo il disprezzo da parte del governo, la negazione da parte dei media e le direzioni sindacali già pronte a ritirarsi.

Che questa ennesima riforma neoliberale passi o meno, saremo ancora numerosi e numerose a lottare contro questo sistema mortifero.

Il potere è logistico, blocchiamolo ancora con tutti i mezzi».