Quando Machno spazzò via Grigoriev (su movimento anarchico, guerra in Ucraina e non solo)

 

Quando Machno spazzò via Grigoriev (su movimento anarchico, guerra in Ucraina e non solo)

Il testo di Dimitris Chatzivasileiadis che pubblichiamo – riprendendolo da corrispondenzeanarchiche.wordpress.com, nella cui sezione «le guerre e gli anarchici» potete trovare anche la sua versione inglese e altri contributi al dibattito – ci ha davvero colpiti. È una delle analisi più serie e approfondite che ci sia capitato di leggere da parecchio tempo a questa parte. Innanzitutto perché affronta di petto un problema che quasi tutti – non solo in ambito «antagonista», ma anche anarchico e libertario – hanno accuratamente evitato in questi mesi: cosa dovrebbero fare degli internazionalisti in un contesto come quello ucraino? Di analisi sulle dinamiche capitalistiche che hanno portato a questa guerra, sulla natura del regime russo e di quello ucraino, sul ruolo della NATO, dell’UE e dei neonazisti, sulla necessità di rifiutare ogni arruolamento ecc., ne abbiamo lette di buone e anche di eccellenti. Ma tutte lontane, appunto, dal porsi concretamente il problema: cosa fare quando si è stretti tra le bombe russe e l’arruolamento nell’esercito ucraino (o in quel suo prolungamento che sono le «unità di difesa territoriale»)? Ecco, Dimitris scende nello specifico, collegando tra loro l’analisi internazionale, la storia del movimento anarchico (anche ucraino) e le questioni «politico-organizzative» che dovrebbero caratterizzare le compagne e i compagni che non vogliono fare il gioco degli Stati, dei capitalisti e dei nazionalisti. La sua critica nei confronti degli anarchici che hanno scelto la guerra per «l’indipendenza dell’Ucraina» (direttamente sul campo di battaglia, ma anche negli Stati Uniti o in Grecia) è dura, precisa, circostanziata e contro-propositiva. Dalle posizioni bakuniniane nel conflitto franco-prussiano alla Machnovitcina, dagli amici di Durruti alle puntualizzazioni su piazza Maidan e il Donbass, dal movimento di liberazione curdo alla guerra di classe negli Stati Uniti, impossibile dar conto qui della ricchezza degli esempi e degli spunti che questo lungo testo contiene. Con una metafora cara a Carlo Michelstaedter, potremmo dire che l’ordine dei problemi affrontati si aggira su altezze aquiline, mentre assistiamo in genere a dibattiti tra cornacchie. Non che sia sempre condivisibile, per noi, quello che il compagno sostiene e propone. Tutt’altro. Siamo in profondo disaccordo sull’organizzazione piattaformista e sulla responsabilità collettiva come metodo per gli anarchici; abbiamo i nostri rilevi su certi passaggi a proposito dell’affinità, sul rapporto tra la resistenza curda e la NATO, o su concetti come «potere politico-militare di classe». Ma ben poco di ciò ch’egli solleva non merita di essere attentamente discusso. La parte del testo intitolata «IN PRATICA», ad esempio, è tutto fuorché la solita minestra riscaldata o lo sfoggio di fraseologia rivoluzionaria. Si tratta al contrario di una base progettuale che sembra arrivare da un altro tempo storico; eppure riassume il futuro che ci aspetta: organizzarci e batterci per i nostri obiettivi, oppure cedere alle sirene del nemico, e capitolare. Forse non è un caso che questa lunga riflessione arrivi da un carcere greco. Le lotte dell’ultimo decennio, in quel Paese, hanno posto compagne e compagni di fronte a problemi rivoluzionari inaggirabili e difficili, segnando profondamente le scelte individuali e collettive. Fa una certa impressione che un compagno incarcerato, con ben poca documentazione a disposizione e a cavallo di uno sciopero della fame, abbia còlto subito e così profondamente quanto la questione «gli anarchici e la guerra» fosse la più decisiva, quella che determina tutte le altre. Mentre fuori, con Internet, le biblioteche e la possibilità di incontrarsi…

Nel ringraziare i compagni che si sono assunti l’impegno di tradurre il testo dall’inglese, ci auguriamo che ad esso verrà dedicata tutta l’attenzione che merita. La versione che pubblichiamo è stata rivista sull’originale greco, di cui abbiamo anche ripristinato il titolo (Quando Machno spazzò via Petliura, corretto però in Quando Machno spazzò via Grigoriev per le ragioni segnalate nella prefazione dal suo autore). L’aggiunta tra parentesi nel titolo è nostra. L’abbiamo messa per evitare che lo si scambi per un testo dal taglio storico.

Qui il testo in pdf: Quando Machno