4/14/41: quando il bis è denominatore comune
Riceviamo e pubblichiamo:
Mai come per il prigioniero rivoluzionario il problema è la divulgazione del verbo!
Non si capisce perché parole e scritti diventino il problema quando una volta catturato vieni condotto nel confessionale pagano e invitato a cantare…
E se non canti spesso capita che te le suonino!
Evidentemente suscettibili per non essere stati la prima scelta, risentiti della mancata partecipazione al karaoke, gli uomini dell’anti cercano un sostituto del cantante nel frattempo messo a riposo in luoghi che ben si prestano a riflessioni di vario genere;
per non rischiare di dover cambiare genere musicale (sconfitta non calcolata come opzione), la manovalanza statale temporeggia cambiando gioco con partitella a guardie e ladri al fine di dare possibilità di inclusione a più partecipanti (siamo sempre in democrazia): per non far torti a nessuno da abili venditori di fumo mettono a punto un porta a porta coadiuvato dall’immancabile aiuto fornito per gentil concessione dal progresso tecnologico, con microfoni e telecamere nascoste (neanche tanto bene…) perchè tutto fa notizia; si documentano così provini audiovisivivi che spesso non convincono neanche i superiori.
Di questo passo anche il secondo gioco proposto rischia di non dare i risultati per i quali gli instancabili uomini di stato si son dati tanto da fare; arriva la tecnoscienza alla quale devote teste di cuoio, con aiuto di guanti all’occorrenza, offrono a supporto pizzi e merletti per agevolare l’attivazione di pericolosità sociali, sorveglianze speciali, fogli di via, avvisi orali et similia per tutti i partecipanti che non si sono dimostrati collaborativi, scovati dentro l’uscio, nelle macchine o sulla via.
Sempre in virtù della democrazia vigente atta a tenere in considerazione anche le minoranze, si propone agli ingrati un nuovo gioco, quello dell’oca, aumentando nuovamente il numero dei partecipanti con eventuali aiuti esterni per quelli che hanno tirato i dadi per primi e inserendo la variabile del gioco a squadre.
L’unica possibilità è che una delle 2 squadre finisca su una delle 2 caselle atte a guadagnare o perdere tempo, dipende dai punti di vista; fermo per 1, 2 o 3 giri in custodia preventiva e susseguenti appelli e riesami, oppure direttamente in galera, definitivi, dove a finirci non è mai la squadra dell’accusa.
Se tirando i dadi destino vuole che la squadra sotto attacco resti ferma solo per un giro, si inserisce la variabile “aiuti esterni” solo per la squadra in vantaggio, che non è la prima menzionata; se anche in questo caso il percorso risulta tortuoso si scelgono altri circuiti, in ultimo gli ermellini.
Nel frattempo, anche all’ingresso dei luoghi di riflessione viene offerta agli ospiti la possibilità di giocare, che non si dica che c’è carenza di umanità…
All’arrivo si parte con mosca cieca giusto per far capire com’è l’andazzo ma la proposta del karaoke rimane tappa fissa a intervalli irregolari; una volta ambientati, previo richiesta esperienza, si passa al gioco delle belle statuine; può succedere che non tutti siano interessati a fare le comparse mediocri che ballano a tempo, perché hanno sempre giocato a palla prigioniera e in assenza di pallone si concentrano sulle sbarre.
A furia di riflettere capita si decida di fare un pò di rumore in attesa di migliori opportunità, aprendo danze e melodie per smorzare la monotonia; gli addetti ai lavori, interni ed esterni, sanno bene che questo può diventare un problema, si rischia venga costituito un coro a cappella e balli di gruppo, difficili da contenere.
La musica e la danza sono ottimi elementi di aggregazione e può accadere che ci sia chi scelga di partecipare apprezzandone suoni e movimenti.
La soluzione più plausibile è mettere un tetto alla musica a far compagnia a quello che preclude il cielo, superato il quale si staccano casse e amplificatori cercando di far cessare anche le danze, in un modo o in un altro, dipende dalle prestazioni del corpo di ballo!
Silenzio.
E a seguire vendette e torture che senza armi e senza divisa si guaderebbero bene dal fare, i rappresentanti di stato.
Per agevolare ulteriormente la tranquillità dei responsabili ideatori di giochi non consentiti si attua il trasferimento in luogo altro.
Niente suoni, niente voci, niente libri, niente posta, niente passeggio o limitato a coppie, vestiario essenziale, dubbie telefonate, improbabili colloqui dentro un acquario, videoconferenze: rumori percepiti sbarre e cancelli.
A seconda del bagaglio che accompagna codesto soggiorno puoi avere accesso alla suite residenziale, la c.d. area riservata con annessa insonorizzazione.
Deprivazione sensoriale in una vasca di cemento.
Unica possibilità di cambiare gioco: partecipare al karaoke (opzione non contemplata).
Difficile comprendere che il frastuono interiore del prigioniero politico basta a se stesso, non chiede permesso a nessuno e non attende alcuna accondiscendenza né grazia;
fuori ci sarà sempre qualcuno che ne riconosce l’intensità, ne condivide l’idea, ne legittima la rabbia e ne supporta la sofferenza.
L’ambizione di torturare un prigioniero è in realtà l’ultimo rifugio dei falliti.
E i rivoluzionari lo sanno, a conferma il numero identificativo degli alloggi a loro riservati.
Fine dei giochi?
No, palla al centro.
Questione di tattica e di affinità.
Pensiero individualista