Il metodo Kruscev
Quando gli Stati sono in guerra – o vi si preparano –, parte integrante della macchina bellica è la propaganda sulle ingerenze straniere, sulle quinte colonne interne, sui “sabotatori” colpevoli di intelligenza col nemico. Per rendersi conto di certe costanti storiche si potrebbero confrontare gli attuali allarmi sull’ingerenza russa in questo o quel Paese europeo con la stampa tedesca del 1915, con quella italiana del 1918-’21 o con quella statunitense durante gli anni della red scare e poi del maccartismo. Se c’è tuttavia un metodo di cui tutti i capitalismi del mondo – compresi i più russofobi – hanno fatto un ampio uso, tanto in pace quanto in guerra, è quello che potremmo chiamare il “metodo Kruscev”. Come noto, Kruscev (al secolo Nikita Sergeevič Chruščëv) non è stato solo il volto ufficiale della cosiddetta destalinizzazione dell’URSS, ma anche l’attore della riabilitazione postuma dei dissidenti. Da qui il detto: «Portate pazienza, entro la fine del secolo vi riabiliteremo tutti». Il fatto è che certe verità storiche hanno per gli sfruttati un modo d’uso circoscritto nel tempo e nello spazio; passato quello spazio-tempo, esse diventano armi spuntate (come le rivelazioni su Piazza Fontana quaranta o cinquant’anni dopo la strage). Stato e padroni non hanno la pretesa di imporre certe menzogne per sempre; si accontentano che esse reggano il tempo occorrente per far passare questo o quel progetto, questo o quel piano, questa o quella riforma. Ottenute le vittorie sul campo, il potere ci lascia poi tutte le verità prive di effetto che vogliamo.
Ecco due esempi recenti e rilevanti di tale metodo. Esempi, va da sé, relativi a un’epoca nella quale l’accelerazione tecno-industriale ha l’incedere di una Blitzkrieg, per cui la battaglia su ciò che è vero e su ciò che è falso si gioca nell’arco di pochi mesi, non di decenni.
Dopo che quotidiani e televisioni avevano stamburato nei giorni decisivi – cioè a rivolte e a massacri in corso – sulla regia camorristica o anarco-insurrezionalista delle proteste che hanno attraversato le carceri nel marzo del 2020, stamburamento finalizzato a reprimere le voci e le iniziative di solidarietà e, soprattutto, ad applicare le cosiddette misure alternative con il contagocce, nell’estate del 2022 arriva una Relazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che esclude come “complottista” la tesi di una regia di qualunque tipo riguardo alle rivolte. L’Organo che ha coordinato la strage, i pestaggi e le torture ci informa ora che le proteste erano spontanee e determinate dalla sospensione dei colloqui, dal sovraffollamento e dalla paura dei contagi. E a dirci che la tesi della regia esterna era ovviamente priva di ogni fondamento sono i giornalisti di «Repubblica», quasi che i loro lettori la suddetta tesi se la fossero inventata da soli. Intanto, mentro l’ovvio non sfiorava nemmeno le pagine di quei servi, il ritornello mafia-anarchici (e 41-bis) ha contribuito a produrre il risultato ben concreto di spedire in Sardegna e in 41-bis l’anarchico Alfredo Cospito.
Il secondo esempio ha una portata storico-sociale decisamente più ampia. I DPCM – inaugurati da Conte subito dopo la strage nelle carceri, vero atto fondativo in Italia dell’Emergenza Covid-19 – hanno avuto come centro strategico la convinzione generale che non esistessero terapie domiciliari efficaci contro la malattia. Conosciamo il seguito: confinamenti, telelavoro e telescuola, coprifuoco, generali NATO nominati Commissari straordinari, sperimentazione di massa di prodotti biotecnologici, lasciapassare ecc. Un seguito – vero e proprio passaggio qualitativo verso l’incarcerazione individuale e collettiva nel tecnomondo – che ha provocato morti supplementari, angosce, divisioni, sospensioni dal lavoro tutt’ora in corso, segregazione sociale. Ebbene, qualche giorno fa «The Lancet» pubblica un ampio studio da cui emerge che l’uso precoce di antinfiammatori contro il Covid avrebbe potuto ridurre le ospedalizzazione fino al 90%; cioè quello che centinaia di medici di base sostenevano fin dall’aprile del 2020 (trattati per questo da ciarlatani e cacciatori di UFO). Lasciamo perdere qui i grotteschi contorsionismi con cui la stampa italiana ha riportato la notizia (Prima non si sapeva! Il ministero li ha sempre consigliati! I no vax strumentalizzano lo studio a fini politici!) e chiediamoci perché la rivista inglese – la stessa dello “studio” taroccato (e ritirato) sui rischi dell’idrossiclorochina e, soprattutto, dell’ammonimento preliminare (7 marzo 2020) di Peter Daszack & C. sul fatto che ogni dubbio sull’origine zoonotica del virus rientrasse nelle «teorie della cospirazione», dando il la all’impiego ossessivo e indiscriminato del termine «complottismo» – pubblica ora un simile lavoro. La «scienza» c’entra come i cavoli a merenda. Certe verità prima o poi diventano inaggirabili: tanto vale assecondarle. Quanto ai dissidenti radiati, insultati e censurati, nessun problema: entro la fine del secolo, li riabiliteremo tutti.