Experimentum mundi
La macchina tecno-industriale affinatasi negli ultimi due secoli prosegue e amplifica la propria violenza originaria. Il suo tempo non è né omogeneo né lineare, bensì stratificato. Spesso i suoi mezzi più innovativi non scalzano quelli più arcaici; li inglobano.
Nulla lo dimostra meglio del conflitto in Ucraina, il quale sembra affastellare e mettere in evidenza diverse epoche della storia del dominio.
Si tratta di una “guerra di materiali”, ovverosia di trincea e logoramento, che ricorda, forse come nessun altro conflitto degli ultimi decenni, la Prima Guerra mondiale. Come mostra anche il linguaggio impiegato dagli antimilitaristi, nel quale ricorrono parole come disfattismo e diserzione; riferite ai conflitti del passato prossimo, simili parole avevano una valenza decisamente più allusiva e meno concreta. Circa 200 mila giovani hanno abbandonato in questi mesi la Russia per sottrarsi a un’eventuale mobilitazione generale. Uno scenario, anche questo, che fa ripiombare in pieno Novecento.
Tuttavia, appena ci si alza dal campo di battaglia, o si scende al di sotto, appaiono altri tempi storici.
In Ucraina, oltre a gasdotti e centrali nucleari, ci sono alcuni dei maggiori depositi di plutonio e uranio arricchito al mondo. Sono la ricerca e l’industria atomiche sviluppatesi negli ultimi settant’anni ad aver trasformato quella terra in una delle aree più pericolose del Pianeta. Le possibili catastrofi ambientali fanno impallidire le armi chimiche del ’14-18. Per non parlare dell’impiego di armi atomiche “tattiche” di cui i talk show russi parlano allegramente.
Dei circa 350 laboratori di ricerca biologica “duale” (a uso civile e militare) che gli Stati Uniti hanno costruito fuori dei propri confini, almeno una ventina sono in Ucraina. La guerra biologica – che le bio- e le nano-tecnologie stanno perfezionando sempre di più – sembra sopravanzare quella nucleare, senza tuttavia sostituirla, per un motivo ben preciso: con gli agenti patogeni si può lanciare il sasso e nascondere la mano. Non solo guerra sporca e ibrida, quindi, ma guerra camuffata da “evento naturale”, in cui virus ingegnerizzati e vaccini genetici sono prodotti negli stessi laboratori. E infatti nei laboratori ucraini troviamo Metabiota, un gigante biotecnologico che dichiara ufficialmente di voler «rendere il mondo più resiliente alle epidemie», e Myriad Genetics, colosso della ingegneria genetica, che annuncia sulla propria pagina web di «voler sbloccare il potere della genetica» (si tratta della stessa azienda che già una decina di anni fa aveva cercato di brevettare alcuni geni umani).
Se ci spostiamo nei cieli ucraini, entriamo nel futuro cibernetico. Oltre ai droni da ricognizione e ai missili ad attacco guidato russi; oltre ai droni-killer forniti all’esercito ucraino dal regime turco di Erdogan, in orbita troviamo fin dall’inizio del conflitto i satelliti Starlink di Elon Musk. Per la prima volta nella storia, una corporation mette ufficialmente a disposizione di uno Stato estero belligerante le proprie infrastrutture di comunicazione, che diventano così a tutti gli effetti armi da guerra. È grazie ai satelliti e ai terminali satellitari – dal momento che i cavi e i ripetitori delle telecomunicazioni sono stati distrutti dalle forze armate russe – che l’esercito ucraino individua gli obiettivi da colpire e trasmette i dispacci militari. È anche grazie agli informatici della SpaceX che l’esercito ucraino risponde alla cyber-war russa.
Ed è significativo che il Dipartimento USA, dopo aver affermato che quella di Musk era un’iniziativa privata, abbia dichiarato di recente che l’abbattimento dei suoi satelliti da parte dell’esercito russo equivarrebbe a un attacco militare agli Stati Uniti. Nella fusione tecno-militare tra impresa capitalistica e apparati di Stato, salta ogni distinzione tra collaboratore “umanitario”, contractor e combattente regolare.
La guerra «fino all’ultimo ucraino» era già stata anticipata, oltre che dal lavoro dei servizi segreti statunitensi e degli addestratori della NATO, dai piani incrociati del Fondo Monetario Internazionale e delle multinazionali occidentali. Metalli, terre rare, campi agricoli, cavie per l’industria farmaceutica, uteri per la maternità surrogata, cellule staminali per la biomedicina: un Paese trasformato in un grande magazzino, al confine tra il Nuovo Mondo coloniale e il Mondo Nuovo transumano.
Nel rapporto tra innovazione tecnologica e volontà di dominio, tra profitto industriale e mitologia politica, epoche diverse si stratificano dentro lo stesso presente storico. Così i missili ipersonici russi convivono senza problemi con i riferimenti putiniani a Pietro il Grande. Mentre ammalia in nome del futuro, la tenebra del fanale oscuro ha valore retroattivo.