Ci troverete al nostro posto, che al vostro non ci sappiamo stare. A proposito dell’inchiesta “Diamante”

All’alba del 16 Marzo 2022 due anarchici vengono arrestati a Roma dalla polizia della DIGOS e dai ROS dei Carabinieri su mandato della Procura di Genova e del Pubblico Ministero Federico Manotti.
Le accuse sono di fabbricazione e detenzione di materiale esplosivo (artt 1 e 2 legge 895/67) al fine di attentare alla pubblica incolumità (art.435 c.p.), il tutto con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico (art. 270bis1) con altre persone non ancora identificate.
Congiuntamente a questa inchiesta denominata “Diamante” è presente una ulteriore indagine aperta denominata “Tenaglia” per dei sabotaggi incendiari contro tralicci, ripetitori e cabine server avvenuti nel 2021 in Liguria, e altri fatti avvenuti anche indietro di parecchi anni, elencati, anche solo formalmente, ripresi da precedenti indagini e fallite inchieste genovesi dello stesso P.M. Questa sembra essere più una strategia per gonfiare l’operazione repressiva, visto che vi è poco o nulla che concretamente relazioni questi fatti con il motivo dell’arresto per detenzione di materiale esplosivo.

Naturalmente all’interno dell’inchiesta si trova la solita rivisitazione di significato, analisi spesso sconclusionate e raffazzonate, che intendono schematizzare le “correnti” del movimento anarchico in “schieramenti” e un superficiale lavoro di copia e incolla di cose già scritte in molte altre inchieste antianarchiche, che possiamo ritenere assolutamente inutile approfondire.
L’indagine che ha portato all’arresto inizia con il ritrovamento, nel giugno 2021, di materiale esplosivo, materiale elettrico ed altri dispositivi, in un bosco in Liguria. Dalle carte dell’inchiesta si legge che questi contenitori vengono rinvenuti da uno sconosciuto dichiaratosi poi motivato dalla ricerca di sostanze stupefacenti, che dopo il ritrovamento si recò, in compagnia di un suo amico, a denunciare il ritrovamento ai Carabinieri. I due hanno collaborato per dare indicazioni e descrizioni alle forze dell’ordine e sono stati sospettati, indagati, intercettati e pedinati dagli stessi carabinieri a cui si sono rivolti, e poi scagionati.

Dopo il ritrovamento dei contenitori i carabinieri installarono delle foto/video-trappole per “catturare” chiunque si fosse avvicinato alla zona. Successivamente una figura di sesso maschile verrà fotografata di spalle nelle vicinanze del luogo del ritrovamento, persona che la polizia dichiara di riconoscere e identificare.
Dal fascicolo d’indagine e dai rapporti di polizia scientifica e dei RIS Carabinieri di Parma risulta che le comparazioni con le campionature presenti nei database del DNA sono tutte negative, ovvero non risulta esserci alcuna traccia di DNA, impronta o altro, sui numerosi referti ritrovati nel bosco, utile per identificare qualcuna/o. È da segnalare che in quella stessa circostanza la polizia effettuò intercettazioni e pedinamenti di compagni frequentati dai due accusati ed anche un “prelievo” furtivo del DNA attraverso i bicchieri utilizzati ad un chiosco-bar, di un compagno venuto in visita a Genova.

Nell’inchiesta “Diamante” che vede imputati me e Gianluca, come nelle ultime inchieste italiane, un altro elemento che viene criminalizzato e ritenuto prova utile alla determinazione della pena e della punibilità in generale è la solidarietà. Rispetto a questo lasciamo ai giudici il “libero convincimento” perché per noi rimane principio di fratellanza al quale non verremo mai meno. Vengono in particolare incalzate dagli inquirenti, a sostegno di questa suggestione, le procedure penali avviate nei nostri confronti e di altri 5 compagnx relative all’interruzione del processo “Scripta Manent”. Durante quell’udienza dell’11 febbraio 2019 nell’aula bunker del carcere di Torino, un nutrito gruppo di compagnx ha espresso la sua calorosa e concreta solidarietà agli anarchici/e sotto processo. Il PM Roberto Sparagna è stato impossibilitato a prendere parola per formulare la sua requisitoria. Dopo diversi slogan e la lettura di un testo solidale, la Corte ha interrotto l’udienza e l’aula è stata sgomberata dall’intervento delle squadre antisommossa.

Coerentemente alla strategia impiegata dai repressori fino ad allora, tesa a isolare i/le prigionieri/e e minare il sostegno espresso loro, perseguendo le varie manifestazioni di vicinanza e solidarietà, la questura di Torino in seguito alla presenza in aula di febbraio, ha emesso una sessantina di fogli di via dalla città, e sette denunce per interruzione di pubblico ufficio ed oltraggio in concorso, poi giunte a condanne in primo grado con pene da 6 mesi ad un anno di reclusione.

Oltre a questo procedimento, un altro ritenuto aggravante per la posizione di Gianluca è la recente operazione “Sibilla” della procura di Perugia, che lo vede coinvolto assieme ad altri 5 compagni/e, indiziati del reato di art. 270 bis (associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico) per l’ideazione, la redazione, la stampa e la diffusione anche con strumenti informatici e telematici, del giornale anarchico “Vetriolo”. Inoltre accusati di art. 414 (istigazione a delinquere), per la redazione e divulgazione di comunicati dal contenuto istigatorio alla commissione di delitti contro la personalità dello Stato, con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico. Nel contesto di questa operazione vennero anche oscurati due siti internet di controinformazione, perché ritenuti un’aggravante sul reato specifico di istigazione (attraverso strumento digitale).

Fra anarchiche/ci si dice spesso che non ci interessa sapere se gli accusati sono “colpevoli” o “innocenti”. Ed è così. Poco o niente ci deve interessare riconoscersi tali di fronte alla giustizia borghese. Si dovrebbe invece parlare, almeno in questo caso e per una opinione personale, di “ordinaria amministrazione” per i rivoluzionari/e: gli arresti, le perquisizioni, le inchieste, gli imprevisti, gli attacchi repressivi dello Stato (citando solo le cose negative).
Questo non significa subire passivamente gli eventi, ma riconoscere che il nostro campo di battaglia è altrove: nelle strade, nei luoghi di sfruttamento del lavoro, dove ci siano autorità prevaricazione ed oppressione, con le loro strutture ed i loro responsabili, dove gli umani e gli animali vengono rinchiusi, dove la Terra viene avvelenata, dove l’azione diretta e l’attacco prendono corpo e danno senso alle teorie dell’anarchismo.

Non possiamo sentirci “perseguitati” dallo Stato o “vittime” della repressione se, riconosciuti i principi e le prospettive dell’anarchismo, abbiamo dichiarato guerra sociale al Capitalismo, ad ogni istituzione, padrone e autorità. Sarebbe una menzogna inaccettabile e incongruente riconoscersi vittime o perseguitati e ci ricondurrebbe a facili prese di distanza, dissociazioni, o al rischio di rinnegare le idee in cui crediamo per qualche sconto fittizio o una premialità paternalistica.

Tornando alle interpretazioni del fascicolo, per una amara ironia, colpisce come in tempi di guerra sia la NATO che in questa inchiesta fa letteratura, e istruisce sulla definizione delle cosiddette I.E.D. (improvised explosive device, dispositivo esplosivo improvvisato). La Sezione di Chimica del R.I.S. dei carabinieri di Parma infatti dando atto dell’analisi del materiale sequestrato utilizza proprio l’erudita preparazione della formazione militare. Probabilmente qualche “operatore tecnico”, come vengono chiamati i repressori e gli assassini in divisa nelle democrazie, ha avuto tempo, fra un bombardamento a grappolo e uno all’idrogeno sulla testa dei civili e la contrattazione per la fornitura di armi e munizioni a Paesi belligeranti, di definire tipologie e tecniche di costruzione di “ordigni esplosivi improvvisati”.
La Nato non è un’organizzazione di difesa ma un’organizzazione militare imperialista, quindi di espansione della propria influenza di potere geopolitico, infatti sono state molte le guerre in cui la NATO ha attivamente operato invadendo i territori. Per un assurdo paradosso però, oggi la sicurezza a cui gli Stati ambiscono si delinea in termini del livello di potenziale nucleare a disposizione del proprio esercito, al potere estrattivo o gestionale delle risorse minerali fossili o all’appartenenza a questa organizzazione militare. Queste politiche sono il più chiaro degli insegnamenti sul fatto che la determinazione dei rapporti di forza è fondata da sempre sulla violenza che le varie soggettività sono in grado di raggiungere.

Sicuramente la politica internazionale nulla c’entra con la morale o l’etica, ma in maniera piuttosto esemplificativa rappresenta, con le mire espansionistiche delle organizzazioni militari o degli Imperi, la stretta maglia del potere che su larga scala nella politica guerrafondaia capitalista saccheggia i territori strategici e funzionali agli interessi economici degli Stati, delle grandi aziende, delle multinazionali e delle banche finanziatrici.

A livello mondiale i governi, di qualunque genere, hanno coadiuvato l’espansione imperialista e neocoloniale degli Stati e delle grandi potenze, nel connubio fra potere politico, militare ed economico, hanno organizzato nella nostra storia recente il neocolonialismo in Africa. L’Italia ad esempio ha collaborato all’occupazione militare di Paesi come l’Iraq, la Libia, lo Yemen, la Somalia, il Libano, l’Afghanistan, nell’estenuante lavoro di integrazione mondiale alle imposizioni del profitto delle lobby di mercato e dello sfruttamento delle risorse, secondo le necessità occidentali e non solo. Il tutto, gestendo col pugno di ferro le migrazioni degli oppressi attraverso il finanziamento delle dittature per la gestione delle frontiere, le stragi nel Mediterraneo, la costituzione dei lager libici e l’impiego dei mercenari e dei militari per i rastrellamenti ai confini dell’est Europa e delle coste nord Africane. Nessuna delle loro politiche ha liberato i Paesi “in via di sviluppo” dallo scacco del Fondo Monetario Internazionale o della Banca Mondiale.

Ma l’oppressione non si delinea solo su scala mondiale. Anche restringendo lo sguardo più vicino a noi, vediamo che quello che anche in Italia i governi propongono a livello nazionale nella loro forma “post democratica”, non è certo la politeìa, ma la consacrazione delle élite al comando all’insegna del privilegio e del mantenimento dell’ordine stabilito attraverso il profitto.

Infatti, anche i partiti del populismo di sinistra in Europa hanno affrontato con l’austerity la recessione economica, facendola pagare con aumento della crisi del debito agli sfruttati, mentre la delocalizzazione della produzione ha prodotto disoccupati, ulteriori sfruttati all’estero, e l’ingrasso del capitale delle grandi aziende. In certi casi il capitalismo attraverso il protezionismo ha trovato soluzione alla crisi della globalizzazione incrementando la ricchezza dei produttori in una spirale senza fine di disuguaglianza e sfruttamento, per il privilegio di pochi, sulla pelle dei più.

La critica a questo sistema di potere non può che essere totale.

Nell’opposizione a questo ordine autoritario imposto, le rivolte, I percorsi di lotta radicale, le pratiche individuali di liberazione, le rivoluzioni, sono, come da sempre nella storia, i momenti in cui dalla lotta per la dignità e per la giustezza sociale si determina la crescita umana, etica, individuale o sociale, e l’emancipazione individuale o collettiva. Di questo percorso fanno parte anche le lotte anarchiche e le pratiche rivoluzionarie.

Le ribellioni all’oppressione sono avvenute e vivono nonostante il nazionalismo, la repressione o il riformismo, che sempre hanno ristretto gli orizzonti conquistati dalle rivoluzioni e dalle lotte per la libertà, cercando, nell’alveo occidentale, di riportare al centro i valori ordoliberali di produzione e consumo e il monopolio della violenza da parte dello Stato, nell’esercizio dei suoi corpi armati.

In Italia in particolare, questo fu possibile anche grazie a guide politiche che hanno coperto le sue deliberate stragi civili con il segreto di Stato, mentre oggi con l’utilizzo sofisticato dell’apparato legislativo e giuridico, vengono formulate accuse di reato di strage nei confronti di compagni e compagne, rispetto a stragi di fatto mai avvenute. Nel prossimo periodo alcuni/e compagni/e anarchici/e che non hanno rinnegato il loro percorso rivoluzionario vedranno continuare nelle aule dei tribunali italiani processi a loro carico con accusa di strage. Questa ritorsione vendicativa legittimata dal potere è un chiaro tentativo di colpire direttamente i compagni e le compagne ed oltre, la levatura, la coerenza e l’integrità dell’idea anarchica. Questo fa parte dei giochi del potere, anche quello democratico, e del suo continuo impegno nel creare una narrazione storica di massa revisionista che influenzi direttamente la psicologia collettiva e coadiuvi indirettamente la gestione sociale dell’ordine interno nella lotta ai suoi nemici.

A questo proposito va un saluto oltre le sbarre ad un esempio di determinazione e coerenza, il compagno Alfredo Cospito che, durante gli anni di prigionia nelle sezioni di Alta Sicurezza, ha continuato testardamente a difendere la sua idea anarchica e le pratiche rivoluzionarie. Con i suoi scritti aperti al movimento anarchico, con i suoi contributi per incontri e giornali, con la pubblicazione dei suoi libri, ha contribuito al dibattito fuori dal carcere, ha protestato e solidarizzato con gli altri prigionieri senza scendere a compromessi ideologici e politici o a prese di distanza dalle pratiche dell’anarchismo. Ora, anche per lui, si è concretizzato punitivamente lo spettro del 41bis, il regime di carcere duro che legittima lo Stato a praticare la tortura psico-fisica e pianifica l’annichilimento della persona nell’Italia repubblicana, “libera e democratica”. Infatti Alfredo è stato trasferito in regime 41-Bis nei primi giorni di maggio.

Quindi ancor più in questo momento, ribadisco solidarietà e vicinanza ad Alfredo, amico e compagno che ci troverà sempre al suo fianco, e rinnovo la mia solidarietà ai/le compagni/e a processo con l’accusa di strage.

La funzione della repressione è quella di mantenere i rapporti del privilegio, ma finchè essi continueranno ad esistere troveranno sempre individui indomiti pronti a combatterli.

Lunga vita all’anarchia.

Evelin Sterni, e anarchica

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