“Nello spirito di Sholem Schwarzbard” – Affrontare la confusione sulla guerra in Ucraina

Riceviamo e pubblichiamo questa risposta all’articolo Nessuna guerra, ma guerra di classe, apparso anche su questo sito. Se questa critica ha il merito di sollevare con precisione una serie di interrogativi delicati e importanti (nonché di apportare precisazioni necessarie sulla figura di Sholem Schwarzbard), limitarci a riportare il testo senza commenti ci sembrerebbe una pilatesca lavata di mani. In attesa di tornare meglio sulle questioni sollevate (e altre ancora), cerchiamo di dire brevemente cosa ne pensiamo, almeno per quanto riguarda alcuni snodi cruciali.

In quanto scontro tra gli interessi dei dominatori sulla pelle – e attraverso la mobilitazione – dei dominati, la guerra è esattamente agli antipodi della tensione anarchica (“pace tra gli oppressi, guerra agli oppressori”). Quindi nessuna sorpresa, purtroppo – come giustamente sottolineano gli anonimi autori di questo articolo – che la guerra spinga o costringa anche gli anarchici a scelte che di “anarchico” hanno ben poco, ma che in prospettiva potrebbero aprire – il condizionale è d’obbligo… – a sviluppi di tipo insurrezionale e autogestionario. Un conto, però, è decidere di prendere le armi contro un esercito invasore, accettando la contraddizione di essere inquadrati e armati da un governo nel tentativo di volgere la situazione a favore delle proprie prospettive di trasformazione sociale (“intanto siamo armati, e poi si vedrà”); un altro è invece nascondere le contraddizioni sotto al tappeto, scrivendo ad esempio che le democrazie occidentali sono tutto sommato preferibili all’autocrazia putiniana, per poi minimizzare le presenze nazi-fasciste nello Stato e nelle forze armate ucraine, edulcorare Euromaidan come “rivoluzione mancata”, tacere le nefandezze commesse dal “proprio” campo (si pensi solo alla terribile strage di Odessa del 2 maggio 2014…) o liquidare la denuncia delle pesantissime responsabilità della NATO nell’aver prodotto la situazione attuale come “complottismo” e “geopolitica da quattro soldi”… Quando le premesse sono queste, quali potranno esserne gli sviluppi? Ci si aspetta forse che la libertà e l’internazionalismo sgorghino da soli, come per virtù taumaturgica, dalla canna del fucile? Se ci è capitato più volte di leggere simili uscite in articoli e interviste provenienti da anarchici dell’Est (le sole posizioni alle quali sembrano dar voce network di controinformazione come CrimethInc), bisogna anche sottolineare come queste scelte non siano affatto condivise da tutte le anarchiche e gli anarchici russi, bielorussi e ucraini (cosa che più o meno direttamente emerge, oltre che da questo articolo e dal precedente, anche da questa intervista:

https://www.matrioska.info/attualita/ucraina-lanalisi-degli-anarchici-russi-del-kras/ ). Se nessuna visione della guerra può prescindere dall’“ascolto” di chi la vive sulla propria pelle, ci si può permettere di ascoltare solo alcuni e non altri? E quale “ascolto” viene riservato alle popolazioni del Donbass, sottoposte da più di otto anni ai bombardamenti dell’aviazione ucraina e alle angherie di militari e paramilitari nazisti? Se la prima vittima della guerra, assieme alla verità, è la coscienza, non farsi trascinare nella sua spirale significa innazitutto mantenere uno sguardo d’insieme, senza lasciare da parte nessuna delle sue vittime, denunciandone tutti i volenterosi carnefici e non rinunciando mai all’integrità delle proprie idee. Per noi, internazionalismo proletario e rivoluzionario significa innanzitutto questo. Su varie altre questioni, torneremo con più calma.

“Nello spirito di Sholem Schwarzbard” – Affrontare la confusione sulla guerra in Ucraina

Tradotto da https://avtonom.org/en/news/spirit-sholem-schwarzbard-addressing-confusion-about-war-ukraine

Abbiamo recentemente ricevuto questo contributo anonimo e lo pubblichiamo come parte della discussione in corso sull’invasione russa contro l’Ucraina. Il testo non riflette necessariamente le opinioni collettive di Azione Autonoma.

Di recente è apparso un testo[1] su “It’s Going Down” in cui si denuncia il sostegno agli anarchici in Ucraina che stanno combattendo contro l’esercito russo. Intitolato “No War but the Class War” [“l’unica guerra è quella di classe”; ndt], inizia con una citazione di Rosa Luxemburg e si conclude con una dedica: “Nello spirito di Sholem Schwarzbard”. Queste due figure storiche – una marxista ebrea polacca, attiva in Germania, e un anarchico ebreo ucraino, attivo in Francia – vengono arruolate per legittimare la polemica degli autori.

Questa giustapposizione tra Luxemburg e Schwarzbard è indicativa del livello di erudizione dell’intero testo. Mentre Luxemburg scriveva infatti che “il proletariato internazionale” doveva “intervenire in modo rivoluzionario” in risposta alla Prima guerra mondiale, Schwarzbard, contrariamente alle implicazioni sostenute dagli autori, prese una strada diversa. Sebbene fosse antimilitarista, Schwarzbard si arruolò nell’esercito francese non appena scoppiò la Prima guerra mondiale e combatté contro la Germania per un anno e mezzo prima di andare in Ucraina a combattere insieme ad altri ebrei contro i pogromisti, poi insieme ad altri anarchici contro la Armata Bianca reazionaria.

Descriviamo in dettaglio la carriera militare di Schwarzbard, così che non ci sia confusione su questo aspetto. Nell’agosto del 1914, non appena la Germania invase il Belgio e la Francia, Schwarzbard, già anarchico da tempo, si offrì volontario per la Legione Straniera francese. “Come migliaia di altri“, scrisse in seguito, “credevo che il paese fosse minacciato dal militarismo tedesco“. Pur opponendosi esplicitamente al colonialismo francese e comprendendo che (come diceva) “la guerra non avrebbe portato la giustizia nel mondo“, Schwarzbard credeva comunque che la conquista tedesca della Francia, sarebbe stata una catastrofe ancor più grande della guerra. Inoltre, Schwarzbard considerava lo zar russo, alleato del governo francese, come uno dei principali propagatori dell’antisemitismo; deve aver soppesato questa considerazione mentre decideva, allo stesso modo in cui molti anarchici in Ucraina oggi valutano la loro opposizione alla NATO, al battaglione Azov e al governo ucraino nel mentre si mobilitano comunque contro bombe e carri armati russi.

Oltre a queste motivazioni, secondo il suo biografo[2], Schwarzbard “era entusiasta del potenziale per un potere ebraico costituito dalle centinaia di migliaia di soldati che hanno imparato a combattere nella guerra mondiale“.

Possiamo non essere d’accordo col ragionamento di Schwarzbard, con la sua decisione di arruolarsi o col suo apparente entusiasmo per il militarismo. Ma se vogliamo onorare la sua memoria e cogliere la complessità delle scelte che ha dovuto affrontare – per non parlare di agire “nel suo spirito”, se lo ritenessimo opportuno – il non rappresentare in modo errato la sua vita per i nostri scopi è il minimo che gli dobbiamo.

Un mese dopo il suo schieramento, Schwarzbard combatté nella battaglia della Champagne, poi, a maggio e giugno 1915, nella seconda battaglia di Artois. Un numero enorme di suoi commilitoni furono uccisi e feriti. Successivamente, il suo reggimento nella Legione Straniera chiese il diritto di essere congedato o trasferito a un’ unità regolare dell’esercito francese. Lo stesso Schwarzbard non lasciò l’esercito, ma accettò il trasferimento al 363° reggimento di fanteria francese, col quale continuò a combattere per i successivi sette mesi.

Infine, il 1 marzo 1916, Schwarzbard fu colpito e quasi ucciso da un proiettile tedesco. Gli ci volle un anno e mezzo per riprendersi, dopodiché si recò in Ucraina per partecipare alla rivoluzione ucraina e alla difesa delle comunità ebraiche dai pogrom, attingendo alle abilità acquisite nell’esercito francese. Alcuni anni dopo assassinò Symon Petliura, ex presidente dell’Ucraina, che riteneva responsabile dei pogrom.

Se volete saperne di più sulla vita di Schwarzbard, potreste iniziare con “Sholem Schwarzbard: Biography of a Jewish Assassin“[3] probabilmente il testo più completo disponibile in inglese.

In quanto antimilitaristi, non possiamo approvare la decisione di Schwarzbard di prestare servizio in un esercito statale. Ma per gli autori di “No War but the Class War” immaginare di parlare a nome di Schwarzbard quando denunciano gli anarchici che combattono oggi in Ucraina è il colmo dell’ironia.

Questo errore dimostra quanto velocemente le cose possono andare storte quando non ci si preoccupa di fare un po’ di ricerca, quando si presume, come tendono a fare alcuni nordamericani anglofoni, di sapere già tutto ciò che c’è da sapere su un argomento e che chi non è d’accordo deve semplicemente essere “allineato a USA/NATO” o “minimizza i fascisti”.

Le domande che pongono gli autori di “No War…” sono importanti per tutti gli antimilitaristi. Sì, “gli anarchici non combattono per creare o difendere la sovranità degli Stati“. Possiamo essere d’accordo con loro anche quando affermano che “opporsi all’aggressione russa non deve equivalere [sic] sostegno all’Ucraina“, a condizione che con “Ucraina” intendano “il governo dell’Ucraina”, e non “gli esseri umani che vivono in Ucraina”. Non sembrano particolarmente preoccupati per ciò che sta accadendo a ucraini, bielorussi o russi a seguito dell’invasione.

L’antimilitarismo merita sostenitori che possano dimostrare che esso rappresenta un modo per risolvere problemi reali delle persone, non una scusa per emettere giudizi moralistici secondo un’ideologia dottrinaria. Se preferiamo che anarchici come Schwarzbard non si uniscano alle forze armate statali quando gli eserciti di altri stati li attaccano, dobbiamo proporre un’alternativa migliore. Non sarà sufficiente avvertirli che qualcuno a San Francisco li chiamerà “allineati a USA/NATO” o “minimizzatori dei fascisti”.

Perché Sholem Schwarzbard si è arruolato nell’esercito?

Rosa Luxemburg era una marxista. Nello stesso testo citato dagli autori di “No War but the Class War“, ella proclama serenamente che “il dominio imperialista del mondo è una necessità storica” ​​e quindi che “l’imperialismo alla fine lavora per noi” [cioè il proletariato]. Tuttavia, quando il governo che la governava invase un altro paese, le fu certo chiaro che non poteva approvare un atto simile.

A questo proposito, è stata più saggia di tutti i “tankie” [termine dispregiativo che indica i comunisti più autoritari, da “tank”, carro armato; ndt] che oggi s’inventano scuse per Putin e di tutti i liberali che s’inventano scuse per la NATO.

In quanto anarchico, Schwarzbard non aveva ricorso a cornici di riferimento deterministe quali quelle della Luxemburg. Perché, allora, concluse – nell’agosto 1914 e poi di nuovo per l’anno e mezzo successivo, con un rischio tremendo per se stesso – che la cosa migliore da fare era combattere nell’esercito francese? Se vogliamo evocare il suo spirito, faremmo meglio ad ascoltare la sua testimonianza.

Possiamo rispondere a questa domanda con un’altra domanda. In quale città preferireste vivere oggi: Kiev o Mariupol? Kiev è la città che è stata difesa con successo dall’invasione russa; Mariupol è quella che non è stata difesa con successo. Prendetevi un minuto per familiarizzarvi con tutto quel che è accaduto a Mariupol prima di rispondere. I troll pro-Putin incolpano la vittima, dicendo che non sarebbe stato necessario sfollare centinaia di migliaia di persone se queste avessero accolto a braccia aperte i carri armati russi, o che tutta questa sofferenza sia valsa la pena per uccidere qualche centinaio di fascisti Azov, ma se chiedete agli anarchici del Donbas e della Crimea, vi diranno molto chiaramente perché così tante persone in Ucraina stanno rischiando la vita per combattere l’esercito russo. Tanto valeva esortare i residenti di Kobanî a rifiutare il militarismo nel 2014, quando lo Stato Islamico stava assediando la loro città. A volte non c’è la possibilità di evitare la guerra.

Possiamo criticare Schwarzbard e altri come lui per aver rischiato la vita per difendere le democrazie statali invece che combattere per rovesciarle. Possiamo sostenere che avrebbero dovuto formare un esercito anarchico e attaccare immediatamente tutti gli altri eserciti (molto più grandi), o che avrebbero dovuto fuggire, lasciando l’intero campo di battaglia (e i loro sfortunati vicini) ad altre forze. Ma se vogliamo che gli Schwarzbard del mondo rifiutino il militarismo di stato, faremmo meglio a presentargli proposte che rispondano ai loro reali bisogni e preoccupazioni. Altrimenti, ignoreranno giustamente le nostre critiche come chiacchiere oziose, non importa quante citazioni di Rosa Luxemburg gli lanciamo contro.

Una cosa è dire che non è “anarchico” partecipare a una mobilitazione militare statale. Certo che non lo è! Sotto costrizione, gli anarchici fanno ogni genere di cose che non sono anarchiche, che non fanno nulla per portare avanti un progetto anarchico; lavorando ad arricchire i capi capitalisti, per esempio, o pagando l’affitto ai proprietari. Se riusciamo a capire perché i lavoratori alienano il loro lavoro in cambio di un salario per sopravvivere, possiamo anche capire perché potrebbero unirsi a un esercito statale nella speranza di resistere a un’invasione. Questo non per giustificare Schwarzbard, né per suggerire che il militarismo risolva i problemi che pretende di affrontare; è solo per radicare la nostra discussione nella realtà.

Ma un’altra cosa è sostenere che gli anarchici che partecipano alla difesa territoriale dell’Ucraina contro un esercito invasore – e quelli che forniscono a quegli anarchici una piattaforma attraverso la quale comunicare ciò che stanno facendo – stanno necessariamente “minimizzando il fascismo” e “sono collusi con i guerrafondai neoliberisti e ultranazionalisti”. Decisamente questa accusa non è “nello spirito di Sholem Schwarzbard”. Semmai, gli anarchici del Comitato di Resistenza in Ucraina stanno cercando di migliorare l’esempio di Schwarzbard fondando un proprio gruppo, attingendo ai modelli anti-autoritari del Rojava[4]. I loro scontri aperti con i fascisti, sia prima dell’invasione che da quando è iniziata, sono documentati pubblicamente[5] per chi abbia voglia di saperne.

Visto attraverso un telescopio, confusamente.

Imperterriti, gli autori di “No War” abbozzano una tenue serie di accuse volte a screditare il Comitato di Resistenza, cercando vagamente di associarli ai fascisti ucraini. Se il Comitato di Resistenza avesse legami significativi coi fascisti, vien da pensare che ne avremmo già sentito parlare da altri anarchici in Ucraina, Bielorussia o Russia. Nei punti peggiori del loro testo, gli autori di “No War” utilizzano il tipo di metodologia attraverso la quale i consumatori di informazioni alienate creano le teorie del complotto, organizzando in modo associativo materiale casuale che hanno incontrato online. In un caso, linkano con approvazione l’articolo di uno scrittore per il Ron Paul Institute in cui l’autore (che vive in Cile e sembra non avere particolari credenziali per quanto riguarda l’Ucraina se non le apparizioni sulle piattaforme mediatiche statali russe Sputnik e RussiaToday) promuove vere e proprie teorie del complotto e mette “minaccia terroristica globale del suprematista bianco” tra virgolette (“scare quotes” nel testo, cioè ironizzando, ndt); se c’è qualcuno che sta “minimizzando il fascismo” è proprio lui. Questo dà un’idea del del tipo di camere d’eco in cui gli autori hanno trascorso il proprio tempo invece di comunicare con gli anarchici nelle regioni colpite.

In tutta la loro discussione sull’invasione russa e sulla risposta ucraina gli autori citano solo due fonti anti-autoritarie contemporanee dell’ex blocco orientale, nessuna delle quali corrobora le loro accuse sui presunti legami fascisti del Comitato di Resistenza.

L’unico anti-autoritario ucraino che citano in riferimento all’invasione russa, Andrew[6], fa un ragionamento ponderato, anche se libresco, a favore della concentrazione sulla costruzione di strutture di solidarietà e sull’attesa di opportunità più promettenti per l’insurrezione. Sostiene che “questa guerra è impossibile da vincere e ogni minuto che passa negandolo uccide sempre più gente” e sottolinea che “combattere nell’esercito regolare non è sicuramente il modo per sconfiggere lo stato“, pur consentendo che “a volte offrirsi volontario per combattere potrebbe essere un’opzione più sicura che continuare a nascondersi“. A sua stessa detta, Andrew è praticamente l’unico anarchico a scrivere dall’Ucraina che crede non ci sia nulla da guadagnare combattendo contro l’invasione, anche se questo non sminuisce il valore della sua prospettiva.

L’unico altro autore anti-autoritario dell’ex blocco orientale che gli autori di “No War” citano in riferimento all’invasione è un russo di nome Saša Kaluža che sembra scrivere a una certa distanza dagli eventi in Ucraina. Saša Kaluža ha posto una seria[7] questione all’inizio della guerra: gli anarchici dovrebbero concentrarsi sull’organizzazione di sforzi di solidarietà opponendosi ad entrambi i governi, russo e ucraino.

Iniziative come il Comitato di Resistenza si formano all’interno della struttura militare dello Stato ucraino. Non sono iniziative anarchiche, anche se la maggior parte dei partecipanti lo sono. Tutte le strutture di difesa territoriale sono controllate dalle forze armate ucraine; le loro azioni e capacità sono limitate dalla strategia e dalle politiche dello Stato e del Ministero della Difesa. Possiamo avere un dialogo o un compromesso con lo Stato solo quando abbiamo la forza e il sostegno sufficiente del popolo, altrimenti finiremo repressi nelle carceri o distrutti da una qualsiasi delle forze avversarie, che si tratti delle forze armate ucraine o delle formazioni nazionaliste dalla loro parte o le forze armate russe e l’FSB. Forse in futuro vedremo esempi più positivi di organizzazione anarchica in Ucraina, sia militare sia civile“.

Questa è una posizione ragionevole e di principio, che rinuncia saggiamente a illazioni e iperboli. Ha provocato una risposta altrettanto equilibrata dal progetto insurrezionalista russo Anarchist Fighter.

Vale la pena citare a lungo la risposta di Anarchist Fighter per diversi motivi. In primo luogo, affronta alcune delle critiche più sostanziali in “No War but the Class War“. In secondo luogo, è stata scritta dopo il testo di Saša Kaluža, che includeva alcune predizioni che non si sono avverate. Infine, presenta l’analisi probabilmente più diffusa tra gli anarchici dell’ex blocco orientale e poiché Anarchist Fighter scrive da una prospettiva russa piuttosto che ucraina, non può essere smentito come nazionalismo ucraino. Ecco i paragrafi conclusivi della risposta di Anarchist Fighter:

Siamo certamente d’accordo col compagno [cioè, Saša Kaluža] sotto molti aspetti. Questo è ciò a cui gli anarchici dovrebbero dare la priorità: non solamente difendere uno stato capitalista da un altro, ma usare la situazione di instabilità per trasferire il potere al popolo.

L’unico problema qui è che nelle condizioni delle ostilità in corso, mentre le parti in conflitto [cioè i governi russo e ucraino] sono forti, la ‘terza’ forza sarà l’obiettivo di un attacco da parte di entrambi non appena superi i limiti del “mutuo soccorso di vicinato” e cerchi di presentarsi come parte in conflitto, con la propria posizione e le proprie decisioni. E inoltre, diverrà oggetto di una massiccia propaganda [negativa], sulla base del fatto che sta interferendo con la difesa del paese dagli invasori. […]

Passiamo ora alla critica del compagno a iniziative come il Comitato di Resistenza. Sì, formalmente, il compagno fa una giusta critica. Non bisogna però dimenticare che la storia non si fa tenendo le mani pulite. In poche parole, ottenere un’arma e la capacità di agire senza timore di prendersi un proiettile dalle forze armate ucraine rappresenta un significativo passo avanti.

Quanto alla completa dipendenza delle forze di difesa del territorio dallo Stato e alla loro subordinazione alle Forze armate, riteniamo che ci sia un’esagerazione importante. In condizioni di guerra, tali formazioni avranno inevitabilmente una certa autonomia nell’ambito dei compiti che, sì, l’unità di coordinamento porrà loro dinanzi.

Grazie a questa autonomia, possono promuovere le idee di auto-organizzazione e promuoverle tra il popolo ucraino con i fatti e con le parole. Possono svolgere tutti i compiti di cui il compagno [Saša Kaluža] scrive nell’articolo (compreso l’assistenza e l’organizzazione delle persone), non per conto delle forze armate ucraine, ma a loro nome, come anarchici. Allo stesso tempo, possono svilupparsi come organizzazione per utilizzare successivamente i risultati e l’influenza sociale guadagnati e trasformare la guerra capitalista in guerra di classe.

Ma è estremamente importante non perdere la propria identità e dissolversi nelle forze patriottiche generali.

Andando alla conclusione dell’articolo. Sì, c’è una guerra capitalista. E sì, il nostro obiettivo è la distruzione degli stati russo e ucraino e il trasferimento del controllo della società nelle mani dei due popoli.

Tuttavia, non si dovrebbe mancare di agire praticamente a causa di un desiderio semplicistico di tenere pulite le proprie mani e i propri ideali. A nostro avviso, allo stato attuale, assistere il popolo ucraino, anche se ciò significa interagire con lo stato ucraino (per il momento), consentirà agli anarchici di accumulare in modo più efficace le risorse e l’influenza necessarie per rovesciare alla fine sia lo stato ucraino, sia quello russo.

Qui, Anarchist Fighter spiega brevemente cosa gli anarchici potrebbero sperare di ottenere partecipando alla difesa territoriale dell’Ucraina e perché al momento non sembra loro opportuno dare la priorità all’attacco all’esercito ucraino. Nestor Makhno e i suoi compagni fecero calcoli simili in vari momenti nel corso della loro lotta contro gli eserciti di diversi aspiranti governi. Altrove [8], Anarchist Fighter ha sostenuto che la sconfitta della Russia sarebbe il miglior risultato per gli anarchici in tutte le regioni post-sovietiche, dal momento che Putin ha svolto il ruolo di sostenitore delle forze repressive nello schiacciare le lotte sindacali e i movimenti sociali in Russia, Bielorussia, Kazakistan e altrove.

Ancora una volta, non dobbiamo essere d’accordo con la valutazione di Anarchist Fighter, non più di quanto dobbiamo esserlo con la decisione di Schwarzbard di arruolarsi nell’esercito francese. Ma nemmeno dovremmo travisarla come una posizione puramente pro-NATO o pro-nazionalista.

In effetti, c’è un ampio consenso tra praticamente tutti i progetti anarchici russi significativi[9] sul fatto che gli anarchici in Ucraina, compresi quelli del Comitato di Resistenza, abbiano il diritto di partecipare alla difesa territoriale senza essere accusati di essere pro-statali, filofascisti, o pro-NATO. Si può trovare questo stesso consenso praticamente anche in tutti i progetti anarchici bielorussi più rilevanti[10], ed è condiviso dagli anarchici in Lettonia, Lituania, Estonia, Polonia, Finlandia, Svezia, Repubblica Ceca, Turchia, Iran, Afghanistan e altrove[11].

Ci sono aspri dibattiti[12] e conflitti tra anarchici in tutti questi paesi, che probabilmente si intensificheranno col protrarsi della guerra. Ma i critici di Oakland e di San Francisco si sono fatti un film nell’affermare che il Comitato di Resistenza sia vicino al fascismo e che l’unico risultato possibile del loro esperimento sia l’ulteriore sviluppo del fascismo e l’espansione del potere della NATO.

Se gli autori di “No War but the Class War” avessero trovato qualche affermazione credibile da parte di anarchici in uno qualsiasi di questi paesi che accusasse i compagni del Comitato di Resistenza, Black Flag, Operation Solidarity, Assembly o qualche altra iniziativa anarchica ucraina di essere pro – fascista, sicuramente ci avrebbero fatto sapere, piuttosto che collegarsi al “The Daily Star” (un giornaletto economico inglese) e con qualcuno del Ron Paul Institute. Vale anche la pena notare che nessun anarchico russo, bielorusso o ucraino ha ripubblicato o tradotto il loro articolo.

Potremmo concludere che la discrepanza qui descritta indichi che quasi tutti gli anarchici dell’intero ex blocco orientale sono falsi e solo una manciata di veri anarchici a Oakland e San Francisco siano rimasti a difendere la fede. Oppure potremmo concludere che non dovremmo dipendere da un paio di anarchici nelle metropoli americane per un’analisi adeguata degli eventi in Ucraina, Russia e Bielorussia, soprattutto quando non possiamo sentire i compagni di queste regioni.

Suggerirlo non significa sostenere una “politica di alleanza” o legittimare una politica di rappresentanza. È una questione di buon senso di base. Se pensi che Sholem Schwarzbard fosse un convinto antimilitarista, se pensi di poter capire le decisioni che gli anarchici stanno prendendo nel mezzo di una guerra in un altro continente senza comunicare con loro, sei destinato a commettere errori.

Se sei preoccupato che le persone negli Stati Uniti prestino più attenzione a ciò che sta accadendo in Ucraina che a quel che accade in Yemen, Palestina, Sudan, Tigray o Myanmar, è giusto. La soluzione migliore potrebbe essere quella di pubblicare interviste agli anti-autoritari di quei paesi e organizzare azioni di solidarietà in loro sostegno piuttosto che scrivere un altro testo sull’Ucraina, non rimproverare altri anarchici di lingua inglese per aver pubblicato le prospettive di anarchici in Ucraina, Russia, Bielorussia e delle regioni vicine, come se essere ancor più ignoranti riguardo alle situazioni lì migliorasse le cose.

E cosa dovremmo fare?

Sì, gli anarchici devono lottare per la sconfitta del governo ucraino, ma non per mezzo di un governo più potente. Se l’Ucraina viene sconfitta dalla Russia, lo stesso governo autoritario che ha sistematicamente torturato gli anarchici e schiacciato i movimenti sociali e l’organizzazione sindacale in Russia controllerà più territorio e più vite. Gli anarchici russi, bielorussi e ucraini che stanno partecipando alla difesa territoriale sono stati molto chiari sul fatto che non stanno combattendo per il governo ucraino ma piuttosto contro il governo russo, nella speranza di costruire un punto d’appoggio da cui trasformare la società ucraina, bielorussa e russa in futuro. I più coerenti tra loro, almeno, non sostengono che valga la pena difendere la democrazia ucraina, ma piuttosto che sia impossibile organizzarsi nelle condizioni che prevalgono in Russia e Bielorussia in questo momento. Non cercano di stabilizzare il governo ucraino, ma di destabilizzare quello russo, poiché ritengono che ciò creerà la più grande possibilità di sconvolgimento nell’intera regione.

Come anarchici e antimilitaristi, dovremmo essere critici nei confronti di ogni impresa che comporti qualsiasi tipo di compromesso con lo Stato. Ma le nostre critiche daranno il meglio se ben informate. Chiudere volontariamente le orecchie alle motivazioni degli anarchici russi e bielorussi che sono fuggiti in Ucraina dalla repressione in quei paesi – e che non possono fuggire facilmente in Europa! – in nome di un “antimilitarismo” dottrinario è una pessima scusa per non dare solidarietà. Gridare sopra le loro voci, cercando di soffocare le loro suppliche con banalità ignoranti dall’altra parte dell’oceano, è ancora più riprovevole.

Sì, dovremmo lavorare per la sconfitta del governo russo, ma non da parte di un governo più potente, non dalla NATO e non dai nazionalisti di nessun paese. Se chiariamo ai milioni di persone comuni in Ucraina, nei paesi baltici, in Georgia, in Polonia e, a questo proposito, in Siria, Myanmar e dovunque ci si trovi a ricevere le minacce del governo russo, che agli anarchici non frega niente di che gli succede – che possono morire tutti sotto le bombe russe per quel che ci interessa, e che se fanno qualcosa per difendersi,dichiareremo che sono vicini ai fascisti – allora metteremo la NATO e i nazionalisti in una posizione molto più forte . In tal caso, la stragrande maggioranza di coloro che hanno paura di finire come i residenti di Mariupol opterà per il nazionalismo o chiederà una maggiore militarizzazione sostenuta dalla NATO, visto che non abbiamo una vera solidarietà o strategia da offrire loro. I fautori di Putin e della NATO apprezzerebbero che gli anarchici di tutto il mondo adottassero una posizione così controproducente. Come anche i sostenitori del Battaglione Azov.

Sì, dovremmo lavorare per la sconfitta della NATO, ma l’eventuale crollo della NATO lascerà qualcosa di altrettanto terribile nella sua scia, a meno di non organizzarci su base internazionale a partire da ora. I presunti antimperialisti la cui risposta all’invasione russa è invocare l’isolazionismo – dicendo in realtà che ognuno dovrebbe semplicemente combattere il proprio (!) Stato, o contro la più grande forza imperiale, e lasciare in pace gli altri stati – stanno dando a Putin mano libera per torturare ogni anarchico su cui riesca a mettere le mani. Fraintendono la classe dirigente capitalista globale, che è un’entità internazionale vincolata dalle proprie solidarietà interne, anche nel mezzo di una guerra come questa. Nessun proletario ha capitalisti o politici suoi “propri”. L’impero non è questione di una nazione che ne governa altre; è una struttura, come lo stato stesso, che ha più centri interconnessi. Internazionalismo significa combattere contro tutti i politici e i capitalisti del mondo ed essere solidali con tutti gli altri che li combattono, anche se i nostri compagni nelle zone di guerra sono costretti dalle loro terribili circostanze a dare la priorità a quelle che devono affrontare per prime. Se tutti noi avessimo esteso la giusta solidarietà agli anarchici russi a partire dal 2012, quando sono iniziate le repressioni lì forse le cose non sarebbero mai arrivate a questo terribile frangente.

Non sorprende quando i lacchè di alcuni politici e capitalisti accusano gli anarchici di servire politici e capitalisti rivali. La loro agenda è ovvia. Ma gli anarchici non dovrebbero lanciare alla leggera tali accuse ad altri anarchici. Se tutto ciò che serve per essere accusati di essere filo-NATO e filo-fascisti è difendersi da un governo che si oppone alla NATO e ai fascisti, basterà davvero poco per sconvolgere le nostre reti. I veri tank pro-Putin vorrebbero avere un mezzo così facile per spezzare i nostri movimenti. Come anche l’FBI e l’FSB.

Se è imbarazzante trovarsi ad opporti allo stesso nemico che sta combattendo un altro dei tuoi nemici, aspetta solo che arrivi la guerra civile negli Stati Uniti. Molti anarchici hanno già sperimentato l’essere chiamati nazisti quando combattono contro la polizia e accusati di essere propagandisti del neoliberismo quando combattono contro i nazisti. Abbiamo ben altro da fare che prestare attenzione ai liberali e ai fascisti che tentano di ridurre ogni conflitto a un falso dualismo tra alternative da incubo. Quando le persone che si definiscono anarchiche tentano di fare la stessa cosa, non dovremmo lasciarci intimidire dalle loro invettive.

Quindi cosa dovremmo fare, se non guardiamo agli eserciti per porre fine alle guerre? Quale alternativa possiamo proporre agli Sholem Schwarzbard dei nostri giorni, per non arruolarsi nell’esercito?

Se vogliamo fermare l’invasione russa senza legittimare il militarismo, il nazionalismo e il governo, il primo passo è sostenere l’organizzazione di base contro la guerra in Russia e Bielorussia, che è sproporzionatamente anarchica, e sostenere i prigionieri anti-autoritari in Russia e Bielorussia, e ce ne sono molti. Il prossimo passo è prendere di mira i capitalisti di tutte le nazionalità che continuano a finanziare e/o beneficiare delle avventure imperiali di Putin: dovremmo farlo attraverso un’azione diretta, inviando il messaggio che i movimenti sociali possono affrontare direttamente il militarismo senza cercare protezione da alcuno stato militarista rivale. Se riusciamo a fare queste cose in modo efficace, ci posizioneremo bene per esercitare pressioni contro il militarismo della NATO, il reclutamento fascista e la repressione dello stato ucraino. Se non facciamo queste cose in modo efficace, i critici filo-NATO e filo-nazionalisti potranno sostenere in modo convincente che non stiamo facendo nulla per fermare l’assalto russo all’Ucraina e di conseguenza potranno continuare a usare l’invasione per raccogliere sostegno.

Saremo più efficaci nel raggiungere i nostri obiettivi immediati e nel costruire reti di solidarietà internazionale a lungo termine se comunicheremo direttamente con gli anarchici da una varietà di tendenze e punti di vista in Russia, Bielorussia, Ucraina e altrove. Allo stesso modo, dovremmo fare del nostro meglio per massimizzare la probabilità che gli anarchici in Ucraina sopravvivano alla guerra, compresi quelli che stanno combattendo contro l’invasione russa. È positivo che gli anarchici che hanno scelto di combattere in Ucraina abbiano accesso all’equipaggiamento di pronto soccorso, ai giubbotti anti-proiettile e cose simili. Avremmo dovuto raccogliere fondi anni fa per fornire le stesse risorse agli anarchici che combattevano in Rojava, a prescindere dalla questione se la partecipazione a un’azione militare si qualifichi come “anarchica”. Non siamo davvero così tanti e dovremmo trattare le vite degli altri come preziose, anche quando non siamo d’accordo. Non averlo fatto in passato non è una giustificazione per non farlo ora.

Dovremmo opporci a tutte le tendenze a disumanizzare le persone da tutte le parti della guerra, come quando si chiamano i soldati russi “orchi”, buttando la discussione sul battaglione Azov nelle discussioni sulle sofferenze inflitte ai civili ucraini, o parametrare le vite dei rifugiati ucraini su quelle di rifugiati che non beneficiano del privilegio concesso a chi ha la pelle bianca.

Infine, dovremmo organizzarci per sostenere i rifugiati e i migranti di tutte le nazionalità, come hanno già fatto gli anarchici ucraini e polacchi allineati con i progetti attaccati in “No War but the Class War“, nonostante l’affermazione senza fonte degli autori che l’organizzazione anti-frontaliera è stata “messa da parte dalla feticizzazione della militanza sotto forma di milizie sostenute dallo Stato“. Dobbiamo organizzarci con i rifugiati provenienti da Ucraina, Afghanistan, Siria, Sudan e di ogni dove, imparando dalle loro esperienze e analisi, non bollandoli immediatamente come “difensori del progetto liberal-democratico occidentale” quando le loro prospettive sono diverse dalle nostre (come fanno gli autori di “No War” nei loro sforzi per screditare i rifugiati siriani fuggiti dai massacri sostenuti da Putin nella Siria occidentale).

La solidarietà con i rifugiati dovrebbe estendersi anche ai cittadini ucraini ai quali il governo ha vietato di lasciare il paese a causa della loro età e del sesso attribuito.

L’unica speranza per una pace duratura in Ucraina non risiede nel conflitto militare, ma nell’ammutinamento e nella ribellione, specialmente dalla parte della Russia, che ha iniziato questa guerra. Un ammutinamento unilaterale nel solo esercito ucraino garantirebbe solo che Kiev e Leopoli finiscano per assomigliare a Mariupol (e infinite nuove puntate del “caso Network”[13] nei territori di Ucraina, Bielorussia e Kazakistan, oltre che in Russia). Dobbiamo fomentare la ribellione su entrambi i lati della battaglia; come ha sostenuto Andrew[14], ci vorrà “un movimento di massa su entrambi i lati della prima linea e negli eserciti stessi“. Presumibilmente, questo è proprio quello a cui stanno lavorando gli anarchici russi, bielorussi e ucraini nei loro vari sforzi di cooperazione, nessuno dei quali ha ricevuto una menzione nel testo “No War“, o perché gli autori ne sono ignari, o perché li considerano “allineati alla NATO”.

Mobilitare una resistenza internazionale che possa prevenire guerre come quella in Ucraina è già una sfida. Diventerà più difficile se annulliamo inutilmente enormi segmenti del movimento anarchico mondiale come pro-NATO o pro-fascisti. Dovremmo mantenere il dialogo con coloro che stanno sperimentando ipotesi diverse dalle nostre, per imparare meglio dai risultati e affinare le nostre stesse critiche.

Quale proposta fanno gli autori di “No War but the Class War” su come rispondere alle invasioni senza partecipare a formazioni militari allineate allo Stato come fece Schwarzbard? Parlano astrattamente di “condanna [re] invasione e militarizzazione” e “solidarietà con i manifestanti contro la guerra, i disertori delle forze armate e i sabotatori della coscrizione”. Le condanne, da sole, non valgono i byte su cui sono stampate e, per quanto riguarda la solidarietà con i manifestanti contro la guerra, il principale contributo degli autori in proposito sembra diffamare i progetti anarchici che hanno tradotto e pubblicato le prospettive anarchiche russe.

La cosa più concreta che abbiamo dagli autori su come intendano esprimere questa “solidarietà” è l’immagine che hanno usato per illustrare il loro articolo: lo screenshot di un video ripreso da un attentatore contro la guerra che ha dato fuoco a un distretto militare nella città di Luchovitsy. Ancora una volta, però, il testimone che hanno convocato depone contro di loro: gli anarchici russi che hanno fatto circolare la notizia di questa azione, primi fra tutti quelli di Anarchist Fighter, sono fautori della partecipazione anarchica alla difesa territoriale dell’Ucraina. Né gli anarchici russi, né quelli ucraini accettano una falsa dicotomia tra combattenti a Kiev e incendiari a Luchovitsy: quella dicotomia è un prodotto di importazione da San Francisco.

In questo caso, oltre che nella loro sfortunata scelta di invocare lo spirito di Sholem Schwarzbard, gli autori sembrano aver commesso il classico errore insurrezionalista di presumere che coloro che percepiscono come utilizzatori delle tattiche più militanti debbano necessariamente condividere la loro politica. Qualcuno ha bruciato un centro di reclutamento, quindi deve essere d’accordo sul fatto che il nazionalismo ucraino è un flagello terribile quanto il militarismo russo, non importa se l’incendiario ha dipinto con lo spray una bandiera ucraina come parte dell’azione! Sholem Schwarzbard ha sparato a un ex presidente, quindi non può assolutamente aver violato le istruzioni di Rosa Luxemburg ed essersi arruolato nell’esercito francese per combattere nella Seconda guerra mondiale!

Una delle divisioni più fondamentali nel mondo è quella tra gli ideologi, che presuppongono che tutto sia semplice, e coloro che soffrono le complicazioni del mondo nelle proprie comunità, sul proprio corpo. È facile “rifiutarsi di stare da qualsiasi parte di una guerra tra stati imperialisti” quando sei a diecimila miglia di distanza, ma è più complicato per le persone a Kharkiv, Minsk e Mosca in questo momento. Impareremo di più dal dialogo con coloro per i quali una domanda del genere è facile perché astratta, o da quelli per i quali è dolorosamente complicata?

In chiusura

Chiudiamo con una delle tormentate poesie che Schwarzbard ci ha lasciato dal suo periodo militare.

E come le ossa della tribù di Efraim

che furono disperse nella valle di Izreel,

I morti si mossero dalle trincee,

Con la cintura e armati di freccia e arco

Spinti, stanati dalla vendetta selvaggia

Contro Dio, contro il cielo, contro la terra e contro gli uomini,

Contro tutto ciò che li ha portati al loro destino

Ora devono difendere i loro acerrimi nemici

Per combattere con i propri fratelli…

La conclusione è che dobbiamo assicurarci che la prossima volta che scoppia una guerra, persone come coloro che stanno combattendo nel Comitato di Resistenza abbiano un’opzione migliore che organizzarsi sotto una formazione statale. Questa è una responsabilità gigantesca. Se non vogliamo, come Sholem Schwarzbard, finire per difendere i nostri acerrimi nemici e combattere contro i nostri stessi fratelli, se non vogliamo dover scegliere tra due eserciti nazionalisti, dobbiamo lavorare molto adesso, per instaurare un’alternativa concreta. Nessuna quantità di insulti o di revisionismo storico può darcela. È necessario essere umili, ascoltarci attentamente, essere seri nel costruire qualcosa insieme. Nonostante le nostre differenze, speriamo di poter essere parte di questo con gli autori di “No War but the Class War“, con gli anarchici che combattono in Ucraina in questo momento e con te.



 

1https://itsgoingdown.org/no-war-but-class-war-against-state-nationalism-and-inter-imperialist-war-in-ukraine/

2https://dash.harvard.edu/handle/1/9830349

3https://dash.harvard.edu/bitstream/handle/1/9830349/Johnson_gsas.harvard_0084L_10644.pdf?sequence=3&isAllowed=y

4https://telegra.ph/A-little-bit-about-our-platoon-04-20

5https://t.me/solidarnistinua/138

6https://endnotes.org.uk/other_texts/en/andrew-letters-from-ukraine-part-2

7https://enoughisenough14.org/2022/03/07/anarchist-organization-in-times-of-war-and-crisis-ukraine/

8https://it.crimethinc.com/2022/02/26/russian-anarchists-on-resisting-the-invasion-of-ukraine-updates-and-analysis

9https://t.me/rupression/4256; https://avtonom.org/news/sumerki-pered-rassvetom-trendy-poryadka-i-haosa-epizod-43-26-fevralya ; https://t.me/b_o_ak; ; https://antijob.net/class_war/za-rabochij-klass-na-storone-ukrainy

10 https://pramen.io/en/2022/04/we-and-the-war/ ; https://revdia.org/2022/03/13/navishho-anarhisti-jdut-na-vijnu/ ; https://twitter.com/bad_immigrant/status/1514639480619155462

11 https://www.youtube.com/watch?v=uhui8LLNcwY; https://takku.net/article.php/20220310064348435; https://takku.net/article.php/20220331212422781; https://enoughisenough14.org/2022/04/19/a-sidenote-to-one-statement-anarchisticka-federace-czech-republic/; https://avtonom.org/author_columns/anarhistskiy-analiz-deystviy-anarhistov-v-ukrainskom-soprotivlenii-russkomu; https://twitter.com/asranarshism

12 https://theanarchistlibrary.org/library/anonymous-our-response-to-crimethinc-s-war-and-anarchists-in-ukraine

13 https://rupression.com/en/

14 https://endnotes.org.uk/other_texts/en/andrew-letters-from-ukraine-part-1