Testi e comunicati in solidarietà con Alfredo, contro il 41bis – in aggiornamento

 

SOLIDARIETA’ RIVOLUZIONARIA AL PRIGIONIERO ANARCHICO ALFREDO COSPITO

In questo periodo si fa un gran parlare di guerra e solidarietà. Le immagini dei bombardamenti in Ucraina, a differenza di quelle dei conflitti presenti da anni nelle altre regioni del mondo, vengono trasmesse ininterrottamente su TV, social e giornali in un impeto di tifoseria nazionalista che non fa altro che fomentare l’ottusità della società in cui viviamo facendoci perdere di vista i veri protagonisti di queste terribili vicende. Se si parla di guerre, e di ciò che tragicamente ne deriva, non possiamo evitare di chiamare in causa governi e multinazionali che di guerra campano speculando senza ritegno sulle sofferenze delle popolazioni colpite.
Da anarchici l’unica guerra che sosteniamo e perseveriamo in contrasto alla guerra dei padroni, è la guerra sociale.
Esattamente 10 anni fa due nostri compagni, Alfredo e Nicola, non ebbero esitazioni a piantare una pallottola nella gamba dello stregone dell’atomo Roberto Adinolfi,  in quel periodo amministratore delegato di Ansaldo Nucleare.
AVEVANO RAGIONE ALLORA E HANNO RAGIONE TUTT’OGGI!
Colpire uno dei tantissimi responsabili che mortificano, vessano e uccidono il vivente, è stata cosa buona e giusta.
Alfredo è ancora prigioniero e da circa un mese trasferito in 41bis e tradotto dal carcere di Terni a quello di Sassari.
Nessun vittimismo, nessuna sorpresa, questo è quello che da sempre fa lo Stato, se non ti uccide prima, contro chi non riesce a domare.

Alfredo Cospito anarchico rivoluzionario è uno di questi!

SOLIDARIETA RIVOLUZIONARIA CON ALFREDO!
PER LA GUERRA SOCIALE!
PER L’ANARCHIA!

alcun* anarchic* genovesi

 


Di chi è la colpa?

È stato notificato il provvedimento di 41 bis ad Alfredo.
Non siamo certo quelli che si svegliano d’improvviso rendendosi conto dell’esistenza di un regime carcerario che è una tortura peggiore di quanto lo sia quello “normale”.
Non siamo certo quelli che si indignano di fronte a un carcere disumano chiedendone uno più dignitoso, quando l’esistenza stessa di una galera calpesta ogni dignità.
Sappiamo fin troppo bene che in carcere si tortura, si pesta, si uccide. Ce l’ha ricordato l’8 marzo 2020 con i suoi 14 morti ammazzati, ce l’hanno ricordato i fatti di Santa Maria Capua Vetere. Sappiamo che non sono gli effetti di qualche mela marcia, ma sono l’essenza stessa di un’istituzione nata per proteggere lo Stato.
Noi ce li ricordavamo già i rivoluzionari in 41bis, e ci ha sempre fatto schifo che qualsiasi umano ci venisse rinchiuso, qualsiasi fosse il motivo.
Non siamo stati zitti.
Ma adesso ci tocca ancora di più, più forte e più vicino.
Perché è un compagno nostro quello che ci viene tolto ancora di più, a cui si impedisce di parlare, e di vivere. E il cuore fa ancora più male.
E questo viene fatto perché se non c’è un’approvazione unanime verso la guerra contro il nemico russo è ANCHE perché gli anarchici si muovono, parlano, agiscono.

Viene fatto anche per richiamare all’ordine l’anarchismo, per insegnare agli anarchici che se smettono di inseguire il riconoscimento della loro credibilità da parte del potere per dare coerenza alle loro parole attraverso le azioni allora verranno colpiti, saranno esclusi, si troveranno seppelliti vivi.

Ma se ciò che accade è il risultato di scelte del sistema, se ciò che accade è un’ovvia conseguenza dell’esistenza dello Stato, se ciò accade non è una decisione personale di un megacattivo, ciò che accade perché qualcuno lo fa.
C’è la ministra Marta Cartabia che ha firmato, c’è Roberto Sparagna che ha lavorato instancabilmente per mettere in gabbia i compagni e le compagne, c’è Paolo Scafi che gli ha dato una mano, ci sono Fabrizio Pasi e Alessandra Salvadori, che con le loro sentenze hanno accolto le richieste di quei PM. Ci sono quei bravi cittadini della giuria popolare, che sono tornati a casa a baciare i bambini dopo aver condannato Alfredo a vent’anni e Anna a sedici anni. Ci sono dei secondini che girano le chiavi. Ci sono dei tecnici che montano i vetri e i citofoni dei colloqui.
E l’unica cosa che si può dire, a voi tutti che state dando una mano a seppellire un compagno, è citare una scritta accanto a un incendio di una macchina da cantiere a Rennes, dopo l’elezione di Macron e la repressione delle proteste: “sporchi sbirri di merda, suicidatevi”.

Fuori Alfredo dal 41bis

Fuori tutti e tutte dalle galere

Anarchici di Carrara


Contro il 41bis, contro lo Stato, solidarietà con Alfredo

Il 5 maggio è stato disposto il regime del 41bis al compagno anarchico Alfredo Cospito.
La volontà dello Stato di sotterrare vivi compagne e compagni anarchici nel regime disumano dell’isolamento totale era nell’aria da tempo. Lo aveva preannunciato l’allora procuratore antimafia e antiterrorismo De Raho nel luglio del 2020, allorché insisteva sulla necessità di aprire nuove sezioni di 41bis, cercando di creare un fantasioso quanto ponderato parallelo tra mafia e anarchici insurrezionalisti per costruire il contesto adatto. Quelle parole arrivavano infatti poche settimane dopo la strage di Stato compiuta nelle carceri (dove sono stati uccisi 16 detenuti), e la primaria necessità è stata quella di ricercare un “colpevole” delle rivolte scoppiate all’interno, sapendo benissimo che le disumane condizioni carcerarie bastano e avanzano per “istigare” i detenuti a rivoltarsi.
Secondo De Raho anarchici e mafia sarebbero stati accomunati dal “progetto di soffiare sul fuoco della povertà per i propri fini”, e tale retorica è stata il movente e l’occasione per insieme ripulirsi le mani sporche di sangue e accelerare un progetto repressivo. La strage di Modena è stata un monito per chiunque voglia lottare, le conseguenze repressive un modo per dipingere il “colpevole” e mettere sotto la polvere la natura stragista dello Stato. Una vecchia storia: Piazza Fontana a Milano, Piazza della Loggia a Brescia, la stazione di Bologna… i progetti del potere non sono affatto una novità.
Il regime del 41bis era già stato disposto per altri rivoluzionari nel 2006, ma oggi lo Stato da un’ulteriore stretta. Ciò che era accaduto con le operazioni anti-anarchiche del 2019 – in particolare con il trasferimento delle compagne nel carcere simbolo del 41bis de L’Aquila – aveva già l’aria di un test. La direzione repressiva dello Stato era già un programma: “è ora di spedire gli anarchici al 41bis”. Oggi si aprono le porte del “carcere duro” per Alfredo, e questo non è solo l’isolamento riservato a chi non ha mai abbassato la testa ed ha continuato a lottare anche nelle dure condizioni detentive, bensì un monito, che vuole diventare un precedente, per tutto il movimento anarchico.
Dal carcere Alfredo ha sempre contribuito al dibattito con l’esterno ed è evidente che questa ulteriore restrizione ha l’obiettivo di stroncare il più possibile ogni suo rapporto. L’accusa di strage inoltre, così come sta venendo utilizzata nei confronti di Alfredo, di Anna e di Juan, è il ribaltamento delle responsabilità storiche dello Stato e dei suoi nemici ed è un chiaro strumento di attacco verso tutti i rivoluzionari, perché è proprio utilizzando quell’accusa – ma potenzialmente anche quelle di associazione sovversiva e terrorismo – che il 41bis potrebbe essere disposto per altri compagni e compagne. Un regime disumano che discende dalle sezioni di isolamento totale usate alla fine degli anni Settanta per stroncare l’ondata di conflitto sociale e autorganizzazione proletaria (anche armata) che aveva sovvertito radicalmente i rapporti di forza tra le classi nel decennio precedente.
Mentre gli Stati dichiarano guerra ai poveri di tutto il mondo, mentre i conflitti militari tra grandi potenze moltiplicano le stragi tra gli oppressi, mentre la macchina tecno-militar-industriale accelera la sua corsa ridefinendo la vita stessa per meglio controllarla, lo Stato non vuole avere ostacoli e deve distruggere i cuori che ancora battono, che ancora non si sono arresi e possono diventare una minaccia.
Per questo la nostra solidarietà va ad Alfredo, il nostro sguardo alle nostre mani.
Per contrattaccare serve fiato, servono domande e servono risposte. Ma soprattutto servono determinazione e coraggio, se non vogliamo che l’organizzazione sociale che ci soffoca divori come un rullo ogni centimetro delle nostre vite.

Contro il regime di 41 bis!

Contro tutte le galere, contro tutti gli Stati!

Solidarietà con Alfredo!

anarchici e anarchiche di Trento e Rovereto

 


 

Manifesto in solidarietà ad Alfredo Cospito

manifesto in solidarietà

 


Roma: Assemblea per rilanciare la solidarietà rivoluzionaria

Mercoledì 18 maggio,  h.19.00 allo STRIKE,  via U. Partini, 21 – Roma

Il 25 maggio è prevista l’udienza presso il tribunale di cassazione, a Roma, per il processo “scripta manent” in cui alcuni compagni anarchici vengono giudicati per associazione con finalità di terrorismo e strage, reati che prevedono pesantissime pene.

Tra loro Alfredo Cospito, che ha già scontato 9 anni per il ferimento di Roberto Adinolfi aministratore delegato di Ansaldo nucleare. A pochi giorni dall’udienza il nostro compagno è stato trasferito nella sezione 41 bis del carcere di Terni.

Il 41 bis è un regime di tortura e annientamento, il carcere duro giustificato con la lotta alla mafia.

Lo Stato italiano, responsabile della strategia della tensione e di continue stragi di innocenti, ribalta la realtà accusando di strage chi osa individuare e colpire il nemico di classe.

anarchiche e anarchici

 


Contro il 41bis, solidarietà rivoluzionaria con l’anarchico Alfredo Cospito

Giovedì 5 maggio l’anarchico imprigionato Alfredo Cospito ha ricevuto notifica della disposizione nei suoi confronti del regime penitenziario del 41 bis. Al momento Alfredo è ancora detenuto nel carcere di Terni, nell’apposita sezione dedicata. Non sappiamo se questa è una destinazione provvisoria e se ad essa seguirà un trasferimento in altro istituto. Il decreto è stato disposto, come prevede la norma, direttamente dalla ministra della giustizia Marta Cartabia, già presidente della corte costituzionale. Ricordiamo, molto brevemente, che il 41 bis è un regime penitenziario particolarmente afflittivo, che prevede, onde impedire ogni forma di comunicazione, l’isolamento, l’assenza di socialità e di ogni attività interna, il silenzio, la censura della corrispondenza, un’ora di colloquio mensile col vetro divisorio e il «citofono», quindi la registrazione del colloquio stesso, 10 minuti di telefonate al mese con un familiare autorizzato costretto a telefonare dall’interno di una caserma dei carabinieri. Ai reclusi è fatto divieto di ricevere giornali e libri, preventivamente la gran parte della corrispondenza viene bloccata a causa dei suoi contenuti, inoltre, non è possibile acquistare giornali e vi è una forte limitazione nella disponibilità di oggetti all’interno della cella (libri, vestiti, cibo, carta e penna contingentati).
Non è la prima volta che un provvedimento del genere viene applicato a dei rivoluzionari, nel 2006 quattro prigionieri delle Brigate Rosse furono internati in tali strutture (una tra questi, Diana Blefari, suicidatasi nell’ottobre del 2009, poco tempo dopo essere stata declassificata dal 41 bis). Questo è un precedente che, nonostante le mobilitazioni, non è stato ancora disarticolato.
In queste prime ore di rabbia dobbiamo soffermarci su due questioni.
Da un lato, prendiamo atto dell’attacco personale, fisico, a un compagno anarchico che in questi dieci anni non ha mai abbassato la testa: un compagno che ha rivendicato a testa alta di aver sparato alle gambe l’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, l’ing. Adinolfi. Il fatto che non si sia riusciti ad isolare Alfredo e che non si sia potuto zittirne il contributo rivoluzionario è stata una spina nel fianco per gli inquirenti. Ciò ha portato negli ultimi anni ad ulteriori misure restrittive nei suoi confronti, quali la censura sulla corrispondenza e la notifica in carcere di un mandato d’arresto per l’operazione Sibilla dell’11 novembre scorso, attraverso la quale le forze repressive hanno tentato di far sparire dalla circolazione un giornale e delle pubblicazioni che nel corso degli anni hanno riportato gli articoli e i contributi del compagno. Ad Alfredo dobbiamo far sentire la solidarietà di un movimento che non è domo, che non lo ha dimenticato, che non lo lascia solo; dobbiamo fare in modo che questa solidarietà rompa i divieti e spezzi l’isolamento.
Dall’altro lato, vediamo in questo fatto un precedente contro l’intero movimento anarchico. Occorre una mobilitazione internazionale efficace, che faccia pagare allo Stato italiano il prezzo di questa ennesima scelta. In altre parole, il precedente non deve passare.
La lotta rivoluzionaria, però, è sempre un passo avanti rispetto all’ambiguità del diritto e porta con sé chiarezza. Ciò è dimostrato dalle azioni intraprese contro il tentativo di avvicinamento al 41 bis, manifestatosi in particolare nel 2019 con il trasferimento della sezione AS2 femminile nel carcere dell’Aquila. Davanti alla coltre di isolamento che lo Stato intende imporre ad Alfredo, occorre riaffermare la solidarietà come necessità costante nella comunicazione tra rivoluzionari, elemento che in questi ultimi anni non è mancato a livello internazionale.
Essere anarchici è difficile, ma non ci interessa se ciò è considerato reato o meno. Chi affama, sfrutta, sgancia le bombe sulle popolazioni, sono gli stessi uomini e donne che si premurano di far rientrare l’anarchismo negli schemi del diritto, depotenziandone le tensioni, sopprimendone le possibilità di azione concreta. Questo trasferimento è anche un monito a tutti coloro che ritengono che non esistano «libertà» concesse da padroni e governanti, un messaggio per chi – unendo pensiero e azione – intende distruggere lo Stato e il capitale.
Occorre una mobilitazione capace di contrattaccare. Non possiamo e non vogliamo sottacere le responsabilità politiche e personali della ministra Marta Cartabia. La giurista, con il suo provvedimento, sembra aver deciso di anticipare di venti giorni la sentenza della cassazione nel processo Scripta Manent, prevista per il 25 maggio, processo nel quale Alfredo è stato condannato in appello a venti anni di reclusione per associazione sovversiva con finalità di terrorismo e strage con finalità di terrorismo (a cui vanno aggiunti i nove anni e mezzo del già menzionato processo per l’azione contro Adinolfi). In Italia il reato di strage è previsto anche senza morti e feriti, in base alla potenzialità di un attacco esplosivo. Proprio il reato di strage potrebbe essere stato il grimaldello che ha permesso la disposizione del 41 bis nei confronti di Alfredo. Lo stesso reato di strage è imputato, sempre nel processo Scripta Manent, all’anarchica Anna Beniamino, e, in un altro processo, all’anarchico Juan Sorroche. A dimostrazione di come il precedente sia già ora potenzialmente gravido di conseguenze per altri compagni.
La ministra Cartabia viene fortemente sponsorizzata come presidente della repubblica 
in pectore da quelle consorterie progressiste che hanno lanciato la campagna per avere finalmente in Italia un capo dello Stato donna. Ricordiamo che in Italia il presidente della repubblica assume anche le funzioni di massimo gerarca dell’ordinamento giudiziario e presiede il consiglio superiore della magistratura (CSM). Non staremo qui a lagnarci degli abusi e delle violazioni del diritto da parte di quei burocrati che lo gestiscono, ma non possiamo non osservare come la ministra Cartabia abbia deliberatamente scelto di imporre tutto il proprio peso politico – di giurista, di ministra, di possibile futuro capo della magistratura – con una disposizione che, tra le varie nefandezze, contiene anche quella di ipotecare la possibile condanna definitiva per Alfredo e gli altri imputati. Per tutte queste ragioni non possiamo aspettare nemmeno un minuto. Esortiamo dunque ad una mobilitazione internazionale nel segno di una continuità rivoluzionaria che renda sempre più vasto il proprio campo d’azione.

Contro il 41 bis, rompere l’isolamento!

Se provate a tapparci la bocca, vi morderemo la mano!

Contro la censura, perseveriamo nella propaganda anarchica!

Solidarietà rivoluzionaria con l’anarchico Alfredo Cospito!

Anarchici

contro il 41 bis solidarieta rivoluzionaria con l’anarchico alfredo cospito

Versioni in altre lingue:

francese: contre le 41 bis, solidarite revolutionnaire avec l’anarchiste alfredo cospito

spagnolo: En contra del 41 bis, solidaridad revolucionaria con el anarquista Alfredo Cospito