Iniziato il processo per la presenza solidale sotto il carcere di San Vittore durante la rivolta del 2020

Riceviamo e diffondiamo:

04/05/2022
È iniziato il processo per la presenza solidale sotto il carcere di San Vittore durante la rivolta del 9 Marzo 2020.

È la sera dell’8 Marzo quando ci giunge la notizia di proteste nel carcere di Opera.
Il giorno dopo, tutta l’Italia è in ‘zona rossa’ ma allertati dalla sera prima decidiamo di andare anche sotto a San Vittore. Arrivati in prossimità delle mura notiamo del fumo, sentiamo parecchio rumore arrivare da dentro il carcere e vediamo che alcuni detenuti sono sul tetto. È rivolta.

Durante la pandemia, la maggior parte della popolazione ha vissuto una situazione sociale, psicologica ed economica a dir poco difficile, con misure restrittive simili ad uno scenario di guerra. Mentre fuori la campagna di terrore costringeva la popolazione chiusa in casa e criminalizzava ogni sorta di socialità, le carceri continuavano ad essere sovraffollate.
“Fuori a due metri di distanza, dentro 8 in una stanza” recitava un manifesto affisso pochi giorni dopo.

Mentre i colloqui con i parenti venivano sostituiti da pochi minuti di videochiamata, la polizia penitenziaria continuava ad entrare e uscire dalla struttura ogni giorno. Per la prima volta dopo decenni esplodevano rivolte incontrollabili nella maggior parte delle carceri italiane. La richiesta fu più che spontanea e logica: libertà, indulto, fateci uscire!


Rivolte dentro, sostegno fuori.
Tornando a noi. Un gruppo di solidali e parenti, appresa la notizia di San Vittore in fiamme si raduna velocemente sotto le mura. Ad attenderli un gran numero di poliziotti. La giornata all’esterno si svolge per lo più in maniera tranquilla: interventi, cori, battiture, musica e qualche scambio di informazioni tra detenuti e solidali. Non sono mancati anche momenti molto toccanti come quando una ragazza incinta ha comunicato il sesso del figlio al proprio compagno affacciato tra le sbarre.
Nel pomeriggio è anche stato allestito un gazebo con cibo e acqua. “Finché voi starete sul tetto a resistere, noi staremo qua fuori!”.

Durante il pomeriggio un gruppo di persone si sposta sotto un altro “braccio” del carcere. Lì si trova anche uno degli ingressi. Dopo qualche minuto arriva un pullman della Polizia Penitenziaria pieno di uomini in divisa pronti a dare una mano alle guardie già presenti all’interno per reprimere la sommossa. Davanti all’ingresso però si trova questo gruppo di persone che viene subito spostato a  manganellate dalla celere.

A distanza di due anni, il 4 Maggio, è iniziato il processo per i fatti avvenuti in quel frangente. Le accuse per cinque persone sono di “resistenza” e “oltraggio” con le varie aggravanti. (Nelle indagini preliminari, pare per degli sputi verso la celere, hanno provato ad utilizzare il reato di ‘pandemia colposa’ che non è passato).

Intendiamo mettere a conoscenza tutti e tutte di questo processo, che riguarda una delle giornate più intense degli ultimi anni, dove in tutta Italia tantissimi detenuti hanno lottato con coraggio e determinazione per la loro libertà, subendo nei giorni successivi vessazioni, violenze e torture di ogni tipo. Ricordiamo anche i 14 detenuti uccisi in quei giorni.

Per un mondo senza galere.

Gli imputati