Firenze, dal tetto di viale Corsica: lunga vita alle comuni, lunga vita ai ribelli!

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo testo, scritto direttamente da chi sta resistendo sul tetto dell’occupazione di viale Corsica 81. Mentre apprendiamo con gioia di una nuova occupazione nel quartiere (in via Ponte di Mezzo 32), riportiamo anche un toccante comunicato scritto da alcuni vicini di casa dei “corsici”. Oltre a pubblicarlo su internet, questi vicini solidali sono andati a leggerlo direttamente in faccia alla polizia schierata in assetto antisommossa…

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Cosa succede a Firenze?

15 Marzo.
È prima mattina e in squat ci si sveglia di soprassalto: ha chiamato M,
dice gli sbirri gli bussano alla porta, l’ufficiale giudiziario lo minaccia
al telefono. Lo sfratto in questione era programmato con forza pubblica per
il 23 marzo. Che cazzo stanno facendo?
Non fanno in tempo ad arrivare gli ultimi compagni dall’altra parte della
città, dove lo sfratto ha luogo, che sopraggiunge un messaggio e poi una
raffica di chiamate, “sgombero”. Dentro lo squat c’era solo una persona,
tutti gli altri erano corsi al finto sfratto architettato dalla Digos,
altri stavano partendo o si trovavano a lavoro: dentro si corre, si fa quel
che si può, S. sale da solo riuscendo a chiudere le barricate, ma mentre si
appresta al tetto, gli sbirri già si trovano poco sotto di lui.
Da qui il tempo non si misura più in ore o in minuti, ma in azioni,
appuntamenti, chiacchiere. La devono pagare.
Solo con un gesto subdolo come questo la questura di Firenze poteva
sgomberare uno squat che vive da 9 anni, che ha visto attraversare fra
abitanti e ospiti decine e decine di persone e che per questo e per le
iniziative svolte, gode di grande solidarietà sia dei compagni che del
quartiere. Al momento dello sgombero quasi 20 persone ci abitavano. La
resistenza sarebbe stata lunga e preparata.
Per questo siamo tornati: volevano lo sgombero lampo? Resistiamo 7 giorni e
più. Volevano tagliarci fuori dal nostro quartiere? Continuiamo a
organizzare eventi in strada e all’area cani. Vogliono convincerci che in
Italia non è più possibile occupare? Il giorno dopo entriamo in altri 5
posti della città e caliamo striscioni che annunciano nuove occupazioni.
S. scende dal tetto in serata, dopo tante ore senza cibo e sotto pressione
della Digos, nonostante una vicina bardata abbia provato a lanciargli
arance dal balcone, per essere poi minacciata e tenuta a vista dalla Digos.
Mattina e pomeriggio vengono organizzati due cortei che attraversano le
strade di Rifredi. Durante il secondo appaiono scritte su muri, strade,
poste e su Unicredit ” La mia banda è differente. Avete sgomberato il
palazzo sbagliato”. Ogni sgombero sarà una barricata non è uno slogan
vuoto: gli spazi sociali della città e i solidali si sono uniti come non
mai, chi da anni non partecipava a cortei o non faceva politica è sceso in
strada, chi vedeva nel movimento fiorentino affievolirsi le ultime luci
prima del tramonto ha cambiato opinione ed è qua accanto a noi fin
dall’alba. Se ai cortei del giorno  la partecipazione è stata di un
centinaio di persone, il sabato stesso alla mobilitazione chiamata fin da
subito, 500 persone sono arrivate da Firenze e non solo. È stata una
decisione ponderata e cittadina quella di rendere il corteo autodifeso e
con obbiettivi precisi, dalla banca a cui sono state sfondate le vetrine,
alle macchine per i biglietti della tramvia e le telecamere. Abbiamo deciso
che il corteo passasse per le strade del nostro quartiere anche perché qua
sono le persone a cui vogliamo parlare e che ci hanno mostrato solidarietà
dalle finestre.
“Tornate, ci mancate” al quinto giorno di tetto (vi scriviamo dal settimo)
una vicina si è affacciata e con un gran sorriso ci ha detto queste parole.
Come facciamo a scendere quando abbiamo a fianco persone così?
Questa è anche la dimostrazione di come dopo  un corteo che secondo la
stampa ha portato “300 vandali” a mettere a ferro e fuoco il quartiere, chi
ci conosce si fida di noi ed è dalla nostra parte.
Arrivato in piazza Dalmazia il corteo si è mosso verso Corsica e da lì sono
iniziati gli scontri con la polizia che ci ha pedinati per diversi
chilometri, finché non è riuscita ad arrestare 5 persone, di cui una
rilasciata subito, facenti parte dello spezzone di coda.
La mobilitazione è continuata nei giorni successivi con tre obiettivi,
mostrare piena solidarietà agli arrestati che sono stati processati per
direttissima; continuare a vivere le strade mostrando la nostra tenacia nel
voler rimanere; portare avanti le nostre battaglie col blocco antisfratto
coinvolgendo sempre più persone.
21 Marzo

È la prima volta che ci vediamo dopo il corteo di sabato. Nonostante siamo
di fronte a un tribunale, non possiamo che lanciarci sguardi di affetto e
complicità. Passano lunghe ore prima che la decisione del giudice ci venga
comunicata, ma l’avvocato è tranquillo, al presidio sono presenti circa 50
persone. L’impianto accusatorio della Digos si sbriciola miseramente e ai
quattro arrestati vengono date misure minori, quali obbligo di firma o
divieto di dimora.
Il morale continua ad essere alto qualche giorno dopo, perché allo sfratto
di M., avvenuto poi come previsto il 23 Marzo, la forza pubblica non si
presenta e il prossimo appuntamento viene rimandato dal giudice a data da
destinarsi.
Tutto sembra andare nella direzione giusta, ora dobbiamo solo riprenderci
Corsica, ma prima di tutto vogliamo continuare a difendere l’Area cani, una
zona in fondo a viale Corsica che fino a qualche anno fa ospitava solo rovi
e sporcizia, su cui il comune vorrebbe ampliare il parcheggio già presente
a fianco. Insieme al quartiere il luogo è stato pulito, arredato, curato
ed è stato la base per la realizzazione di concerti e iniziative
all’aperto. In particolare è ormai diventata tappa  fissa di writers e
musicisti che circa una volta ogni due mesi insieme a noi organizzano jam,
a cui partecipano volentieri giovani da diverse parti di Italia. Ebbene il
2 Aprile avevamo in programma proprio un evento e  abbiamo deciso di farlo
comunque, sfidando la possibilità di trovare blindati e volanti in cima
alla strada.
5 Aprile
“Acqua, cibo, carica batterie a raggi solari, tende, bombola, sacchi a
pelo,..” dopo tante chiacchiere e cambi di programma siamo pronti. Potevamo
provare a prendere un altro posto ed evitare di spendere energie in
qualcosa che a stento credevamo possibile, ma riprenderci Corsica 81, la
nostra casa e i nostri rapporti di quartiere, ci sembrava la cosa più
naturale. Siamo entrati in un posto che hanno murato la sera stessa del
primo sgombero, forse un po’ troppo velocemente, dimenticandosi che lo
conosciamo molto meglio di loro. Ci siamo fatte beffe di una guardia
giurata sorvegliante l’edificio 24h e di tutto il reparto Digos che con
facce lunghe di sconforto si è presentato verso le 11:30 di mattina quando
ci siamo palesate.
“Non per noi ma per tuttx” è quel che abbiamo scritto nei nostri testi e
sullo striscione che cala dal tetto. Per noi è fondamentale far capire che
Corsica non è solo uno squat dove 20 persone che non riescono a pagare
l’affitto vivono. È una comune dove si sperimenta un altro modo di vivere e
punto di riferimento per la nascita e l’organizzazione delle lotte più
svariate. Non è solo la nostra casa, è la casa di tuttx.
Siamo qua da una settimana ormai e non abbiamo alcuna intenzione di
mollare. Abbiamo ancora abbastanza cibo, acqua e determinazione. Abbiamo
avuto il tempo di prendere tutto ciò che ci serviva da dentro e il presidio
di solidali che si sta autogestendo in strada ci dà tantissima forza.
Abbiamo avanzato alcune richieste che sono soprattutto un voler mettere
alla luce le vere problematiche di questa città, piuttosto che la speranza
che vengano ascoltate dalle istituzioni.
Dopo i primi giorni in cui hanno provato a intimidirci con rumori, luce e
pressioni varie, pure la Digos sembra essersi stancata di stare qua e le
prova tutte pur di farci scendere.”Ragazzi dai, parliamo”, “Stanotte
sgomberiamo il presidio sotto” “Vi accolleremo tutte le spese dello
sgombero”. Beh sappiamo che tutte le loro parole, come quelle dei loro capi
e di Nardella, sono vuote tanto quanto gran parte delle case di questa
città.
Le nostre invece sono promesse che manteniamo e dopo aver visto pioggia e
vento siamo ancora qua sotto il sole. Mente il presidio sotto di noi
continua autogestito notte e giorno organizzando reading, presentazioni,
cineforum e spettacoli, pure i bambini del quartiere vengono a beffare le
guardie e la gente in strada è sempre di più.
Mentre vi scriviamo il Brancaleone ha appena rioccupato a Milano e a
Bologna si inscena una finta occupazione e si rimandano al mittente i
mattoni usati per chiudere il Bancarotta sgomberato, mettendoli davanti
alla stazione della municipale. Ancora coraggio, ancora fantasia. Gocce di
quella tempesta che appare sempre più chiaramente all’orizzonte. L’appello
è a non soccombere e rispondere agli sgomberi con altrettante occupazioni.
Ringraziamo chi ha ancora tanto da dire e trova la forza di urlare sempre
più forte ogni giorno che passa. Lunga vita alle comuni! Lunga vita ai
ribelli!

Di seguito il testo scritto e diffuso (e letto in faccia alle guardie) dagli abitanti della via:

Sono tornati e noi siamo contenti.

Sono rientrati nello stabile abbandonato di Viale Corsica 81, dopo lo
sgombero che ci aveva lasciato un’enorme tristezza, sono rientrati,
lasciateli stare, lasciateci in pace.

Eravamo abituati a vederlo vivo quel fabbricato, pieno di vita. Negli anni
abbiamo costruito legami e rapporti tra noi abitanti della via e quelli
dell’occupazione; ci siamo presi cura delle nostre strade, dei nostri
spazi, insieme.

“La città è il nostro giardino” la frase che ci ha unito, tutto quello che
abbiamo fatto insieme, quello che ci ha legato.

Abbiamo coltivato le nostre aiuole, piantato semi di piante e di civiltà;
ci siamo presi cura del verde e mantenuto e costruito un’area cani per le
esigenze di tutti; abbiamo cenato insieme solo per il gusto di stare
insieme e fatto “colazioni resistenti”.

In questi anni molti di noi si sono sentiti più uniti più vicini e
sicuramente anche più protetti. Dai piccoli gesti di mutuo aiuto quotidiano
all’organizzazione di piccoli eventi, laboratori di progetto e condivisione
(ciclofficina, biblioteca, teatro, serigrafia….). Le strade non erano più
solo un posto di transito veloce per rientrare ognuno nelle proprie case e
rinchiudersi nella propria vita, estranei al vicino, senza connessioni. Le
strade sono diventate una estensione della nostra casa, luogo di incontro e
socialità.

Dopo giorni di blocco della via, di isolamento, ci sentiamo prigionieri e
non abitanti, ci sentiamo scomodi nelle nostre case, ci sentiamo che tutto
questo non è giusto, ridateci casa nostra, il nostro quartiere, i nostri
vicini.

Dal nostro punto di vista gli intrusi siete voi. Levate l’assedio dal
nostro quartiere.



GLI ABITANTI DELLA VIA