Perché il gasdotto trans adriatico non libererà l’Italia dalla dipendenza russa

Riceviamo e diffondiamo:

 

Perché il gasdotto trans adriatico non libererà l’Italia dalla dipendenza russa

Nella sua informativa urgente alla Camera dello scorso 25 febbraio, Mario Draghi ha annunciato l’imminente prospettiva della riduzione di disponibilità di gas come conseguenza delle sanzioni verso la Russia.
Bacchettando le (astratte) responsabilità di una politica energetica fondata sulla dipendenza da un fornitore prevalente, il capo del governo ha ammesso di avere un solo asso nella manica: riaprire le ultra inquinanti centrali a carbone.
Nei giorni successivi, i maggiori organi di informazione italiani hanno dato grande risalto al dichiarato proposito del primo ministro per il futuro degli approvvigionamenti del paese: “incrementare i flussi da gasdotti non a pieno carico come il TAP, dall’Azerbaigian, il Trans Med dall’Algeria e dalla Tunisia, il Green Stream dalla Libia.”[1]
Ne è così seguita una copiosa fioritura di articoli e servizi televisivi che annunciavano l’imminente e certo raddoppio del gasdotto TAP.
E’ dunque necessario fare un po’ di chiarezza sulla reale consistenza di questi annunci che prospettano facili soluzioni, sempre tenendo conto che le dipendenze non si risolvono mai cambiando spacciatore.

 

Un raddoppio è possibile? Stando agli ultimi test di mercato effettuati dal consorzio Tap, no: almeno per il momento la proposta di estensione dell’infrastruttura non ha trovato finanziatori[2] interessati ad un affare che si dovrebbe concludere nel 2026 in un panorama internazionale di forte instabilità. Giova ricordare qui che Tap è solo l’ultimo tratto di una condotta che arriva in Puglia partendo dal mar Caspio e che attraversa la Georgia e la Turchia.
Di certo, costruire gasdotti comporta tempi lunghi e costi enormi: quello trans adriatico è una fra le infrastrutture più costose della storia dell’UE: 40 miliardi di dollari, per lo più provenienti da stanziamenti di banche pubbliche.
Allora, è possibile almeno portare il gasdotto a pieno regime, come suggerisce Draghi? Forse, dipende, vediamo….
Al momento, come argomenta un dettagliato rapporto dell’Oxford Institute for Energy Studies[3], il corridoio sud del gas che attinge alle riserve dell’Azerbaijan costituirà, almeno fino al 2030, un modesto contributo di approvvigionamento, rispondendo a non più del 2% della domanda complessiva europea. Intanto, nel corso della riunione ministeriale del Consiglio Consultivo del Corridoio Meridionale, tenuta a Baku il 4 febbraio scorso non si è fatto cenno alcuno a progetti di implementazione e meno che mai di raddoppio. Infatti, al momento non si ha completa certezza della reale consistenza dei giacimenti di Shah Deniz, che comunque il presidente azero Aliyev descrive come ricchissimi[4]. In ogni caso, per mettersi al sicuro, Aliyev il 22 febbraio è corso a Mosca a conferire con Putin e a rinsaldare l’alleanza e la cooperazione fra i due paesi, anche e soprattutto sul piano delle risorse energetiche e del controllo del Nagorno Karabakh[5].
Al grande tavolo ovale di Putin, Aliyev ha tenuto a precisare che “una cooperazione attiva tra Russia e Azerbaigian è possibile anche in termini di coordinamento dei nostri sforzi in modo da comprendere chiaramente i volumi che possiamo vendere… per non creare problemi a vicenda. Anche piccoli volumi a volte possono fare la differenza nel mercato del gas. Per evitare ciò, siamo pronti e stiamo lavorando con la parte russa in questa direzione”[6]. Alla luce di queste dichiarazioni e considerato che al massimo della sua capacità Tap porterebbe 10 miliardi di metri cubi di gas a fronte dei 30 russi, pare azzardato parlare di Tap come salvatore dell’Italia dalla dipendenza russa, e ciò anche per un’ulteriore ragione: il gas di Gazprom che entra dal terminale di Tarvisio costa circa 5 cents al metro cubo; quello azero in arrivo in Puglia ne costa 35. Non proprio un buon prezzo. Per finire, un non irrilevante “giallo” sollevato dal sindaco di Melendugno, comune di approdo del gasdotto. In una recente intervista, commentando l’annuncio di Tap di aver immesso in rete 8 miliardi di metri cubi di gas, il sindaco avanza una domanda: dove è andato a finire questo gas, dal momento che manca un tronco di circa 90 km che deve collegare Tap alla rete nazionale, tratto che Snam dichiara di consegnare nel 2028[7] ? La domanda rimane inevasa, per il momento. Intanto, si accendano le caldaie a carbone!

6 marzo 2022

 

[1]  https://www.governo.it/it/articolo/ucraina-informativa-del-presidente-draghi-parlamento/19258

[2]  https://www.spglobal.com/commodity-insights/en/market-insights/latest-news/natural-gas/072221-no-binding-bids-submittedfor-additional-capacity-in-tap-gas-link-operator?fbclid=iwar3-p-gmbpslxxf5jw1juv63mvr6ryysgfdxaqutpitbj7f7s6rnqlly8ja

[3]  https://www.oxfordenergy.org/publications/lets-not-exaggerate-southern-gas-corridor-prospects-2030/

[4]https://www.askanews.it/esteri/2022/02/08/azerbaigian-pres-aliyev-a-consiglio-corridoio-meridionale-gaspn_20220208_00326/

[5]https://tass.com/politics/1407131? utm_source=google.com&utm_medium=organic&utm_campaign=google.com&utm_referrer=google.com

[6]  https://eurasianet.org/azerbaijan-and-russia-could-coordinate-gas-supplies-to-europe-aliyev

[7]  https://www.gem.wiki/Matagiola-Massafra_Gas_Pipeline