Posizionarsi bene per non perdere l’equilibrio

Riceviamo e diffondiamo:

 

Oggi, 24 febbraio 2022, è scoppiata la guerra contro l’Ucraina. Questo articolo è stato scritto i giorni precedenti all’odierno attacco. In linea di massima i ragionamenti rimangono validi. Ora che la guerra è scoppiata, non possiamo che ribadire alcune cose di base: lo scontro tra potenze è un fatto sempre negativo per gli oppressi, gli interessi degli Stati e di chi si arricchisce sulla guerra, chi l’ha voluta, studiata, fomentata, chi collabora in qualunque forma con essa è nemico della libertà. Noi non stiamo né con la NATO né con la Russia, e soprattutto non ci beviamo la retorica atlantista e delle sirene dell’Unione Europea che da anni si armano per le attuali e future guerre. Anche l’Italia è in guerra con i suoi aerei pronti a partire dalla Sardegna e da altre basi, le navi, gli alpini e bersaglieri dislocati nei Paesi baltici. Ora che gli Stati allentano le misure restrittive “sanitarie”, i potenti ci impongono un altro conto: la guerra. Alla guerra dobbiamo rispondere con la nostra guerra agli oppressori, agli industriali, ai finanziatori e lucratori del sangue d’innocenti!

 

Nessuna pace per chi vive di guerra!

Né con la guerra né con la pace, per la Rivoluzione Sociale!

 

Posizionarsi bene per non perdere l’equilibrio.

Sulla lotta al certificato verde e alla guerra

L’avevamo pensato quando scattò il primo lockdown i primi giorni del marzo 2020: “Ora manca solo una guerra e siamo all’apice della controrivoluzione”, un altro colpo per allontanare le nostre utopiche ma concrete velleità di un mondo liberato dall’autorità.

Per guerra pensavamo non a quelle guerre per procura, a quelle missioni di “pace” lontano dagli occhi lontano dal cuore, ma a una guerra più o meno vicina che influenzasse realmente la quotidianità di noi europei. Di quelli che stanno nella parte del mondo che da secoli si sollazza grazie al fatto che da qualche altra parte si soffre e muore per gli interessi della nostra – questa sì – classe dominante, i “nostri” industriali, i “nostri” scienziati delle “nostre” asettiche e pulite università, delle “nostre” divise medagliate che si onorano di portare  “pace” e democrazia in giro per il mondo manu militari.

Questo pensiero l’abbiamo avuto in mente per un ragionamento molto banale: se tutti i Paesi da decenni si stanno armando, prima o poi queste armi le utilizzeranno anche ad un’intensità più alta rispetto a quella che viene usata di solito in un determinato contesto. La guerra c’è sempre stata dalla Seconda guerra mondiale in poi, gli interessi dei capitalisti e degli Stati sono sempre stati ottenuti tramite la forza, quella dei soldati, delle bombe. La guerra è sempre controrivoluzionaria, chi pensa che peggiore è la situazione, tanto meglio è per degli scopi di sovversione dell’ordine costituito, ha una concezione più lontana che mai dalle idee di liberazione. La guerra nella storia – anche di questo Paese – è stata propedeutica alla distruzione dei movimenti rivoluzionari, come a inizi del secondo decennio del Novecento, quando in varie parti dell’Europa tali movimenti erano in subbuglio ben prima dello scoppio della Rivoluzione russa. Chi si appellava all’armarsi contro le forze reazionarie teutoniche, invitando il proletariato ad unirsi agli eserciti Alleati, ha fatto un’opera deleteria per la rivoluzione, non solo perché ha contribuito al macello della guerra per gli interessi della borghesia e degli industriali, ma anche perché questa disgregava il concetto dell’Internazionalismo, sfiancava lo spirito combattivo tra le classi. Troppo pochi si prestarono ad attaccare fermamente la guerra rintuzzando anche chi in quel momento stava perdendo la bussola o si adagiava su posizioni pacifiste o neutraliste.

Nel frattempo oggi l’ENI ingrassa i suoi conti, ma continua a subire attacchi nel Delta del Niger da parte del MEND. L’ENI con il suo sottrarre terra e acqua alle popolazioni locali, inquinando tutto quello che tocca, aumenta l’ostilità contro il colonialismo italiano, mentre qui in madrepatria i suoi dirigenti vengono assolti per le tangenti proprio nel paese nigeriano.

Ma la magistratura e tribunali italiani si dimostrano ancora una volta patriottici come nel caso dei due marò assassini di pescatori indiani nel lontano 2012. Anche loro sono stati assolti recentemente senza colpo ferire, e intanto le industrie belliche italiche hanno continuato a lavorare alacremente nella loro produzione di morte spacciandosi come utili all’economia. Utile a chi? Utile per cosa?

Oggi la crisi in Ucraina sta mettendo in luce una cosa molto semplice: gli Stati e gli uomini di potere hanno bisogno delle guerre, di portare una situazione al picco di emotività diplomatica, del movimento enorme di mezzi e uomini, del blaterare dei giornali con toni allarmistici, dei crolli in borsa, per il “riscaldamento” bellico degli uomini addestrati; tutto ciò fa parte del loro gioco propedeutico alla demoralizzazione della classe oppressa, alla propaganda nazionalista e bellicista dei tempi nostri. Una crisi che, è evidente, condiziona la vita anche alle nostre di latitudini, anche solo per il problema del gas che non arriverebbe nelle nostre case perché sarebbe deviato, priorità alle industrie perché prezioso per il loro funzionamento. Ma anche perché tutta la società viene, ancora, condizionata dalla guerra, dal mondo militare che si insinua in ogni dove.

Quello che constatiamo in questo perenne clima di guerra è una difficoltà nel mettere insieme i pezzi rispetto a questo tema – che per noi è centrale –, cioè la militarizzazione della società, il ruolo della scienza e la sua non neutralità, il fatto che la ricerca è da secoli duale, cioè utilizzata per prima cosa per le necessità belliche, e solo poi civili[1] (e anche qui ce ne sarebbe da dire).

Noi non critichiamo chi sta promuovendo iniziative contro la guerra e il suo continuo entrismo nel mondo della scuola o delle accademie (vedi le iniziative degli ultimi mesi della Federazione Anarchica Italiana), non critichiamo neanche chi porta avanti nonostante la repressione le lotte sul proprio territorio, come in Sardegna.  Quello che ci dispiace leggere – o non leggere – a volte è il non voler intrecciare queste giuste battaglie con quello che per noi è un nesso importante, cioè il fatto che il generale Figliuolo è a capo dell’emergenza sanitaria per volontà di tutta la maggioranza di governo, e che la campagna vaccinale[2] è una campagna fondata sull’inasprimento dei toni e sulla divisione dei sudditi, fin dall’inizio della pandemia.

Il fatto che alcuni libertari[3] si esprimano contro quei compagni e compagne che cercano, nelle piazze contro il certificato verde, di portare dei contenuti contro il fascismo[4], o sul peso del rapporto NATO Urban Operation 2020 nella società (la cui lettura si presta bene a chi vuole leggere con i giusti occhi la realtà degli ultimi due anni), per noi è un errore, e potremmo dire anche grave. Grave perché la paura di contrastare lo Stato e i suoi tecnici su tutta la linea, e non solo parzialmente, per noi è cosa deleteria, perché i nostri fini sono unici: la rivoluzione sociale, l’abbattimento totale di Stato e Capitale. Nessuna fiducia nelle proposte dello Stato, sia perché imposte con la forza, sia perché mai esenti da interessi privati.

È già tempo di qualche breve bilancio rispetto alle piazze contro il green pass. Quello che ci preme dire è che uno dei limiti da notare è che in troppi non han voluto capire che scendere in piazza contro queste misure (intendiamoci: anche in modo autonomo e informale) – inutili a livello sanitario, ma benefiche per un ulteriore controllo sociale e di incasellamento dei refrattari – era e forse è ancora uno dei principali motivi per riuscire ad avere dello spazio in cui veicolare contenuti in grado di portare la critica al certificato ben al di là di quello che viene ripetuto a pappagallo, non solo dai giornali, ma dalle stesse persone critiche che spesso si adagiavano e si adagiano – questo è vero – su contenuti troppo marginali. Il green pass è una forma grave di discriminazione, cosa che è stata percepita da migliaia di persone, che spontaneamente si sono ritrovate in piazza a discutere (sembra che questo fatto per alcuni sia cosa negativa di questi tempi). Come per esempio a Trieste in cui i giorni prima dello sgombero del porto decine di migliaia di persone si sono scambiate cibo, incazzatura, idee, ecc., creando una bolla che era fuori dal controllo non solo dello Stato, ma anche di tutti quelli che vorrebbero fare egemonia, in primis i fascisti. Questo lo diciamo anche se quella piazza ha subìto ad un certo punto delle concrete manovre politiche, contro le cui derive negative i compagni e le compagne hanno cercato di opporsi. Oppure un altro esempio sono i racconti che ci vengono fatti dai compagni e compagne dalle piazze di Milano e Busto Arsizio, i quali fan capire che dove i libertari, gli anarchici, sono presenti, le orecchie sono pronte ad aprirsi, sempre se si pensa che qui non sia una questione di “negazionismo”, “complottismo” o “no-vax”. Termini che, se non si è ancora capito, non hanno fatto altro che essere utili al discorso dei potenti i quali hanno una paura sola: che gli sfruttati si incazzino definitivamente, che mettano insieme la gestione sanitaria (qualcuno ha letto forse il dossier di Report sull’OMS e le sue responsabilità?) e le negligenze o volontà di Stato e degli interessi dell’élite, in questo caso europea, con un sano antimilitarismo, che però deve essere declinato su tutta la situazione e non solo parzialmente. Non bastano le analisi geopolitiche, i discorsi contro l’industria bellica, o contro le esercitazioni. Tutte cose sacrosante su cui anche noi da sempre ci siamo espressi in vari modi. Ma se non si riesce a vedere che la situazione sanitaria è anche una questione militare, allora è il caso di riparlarne, le critiche che puzzano di statalismo, che a volte volano anche all’interno del cosiddetto movimento, sono pronte a sminuire i compagni e compagne anarchici scesi in piazza come “complottisti”, o additarli come “no-vax” perché sono contro l’obbligo vaccinale, cose che non aiutano certo a cogliere il fondo dei problemi. Si balbetta male quello che sta dicendo il potere non ascoltando quello che in realtà i compagni e le compagne in piazza dicono e fanno. Potremmo fare una forzatura con un esempio recente: la definizione no-qualcosa non è sana, ha portato dei fraintendimenti negli ultimi decenni che potrebbero riaccadere anche ora. Essere no-tav per esempio vuol dire tutto e nulla, chi scrive non è no-tav perché è troppo riduttivo, anche se quella lotta in certi momenti ha unito e fatto emergere una conflittualità molto accesa in questo Paese, lotta in cui in molti compagni hanno cercato di investire delle energie per spingerla dove altri non volevano: una ribellione generalizzata contro lo Stato e gli industriali del cemento. Si ragionava su una possibile insurrezione a partire da una lotta intermedia, teoria ben argomentata in vari testi nostri. Noi siamo contro il Tav perché siamo contro lo Stato, non ci accontentiamo di fermare l’opera, perché crediamo che opporsi a quell’infrastruttura dello Stato e del capitale sia propedeutico a un’ulteriore presa di coscienza che vada ben al di là dell’ambientalismo e delle proposte di lotta riformiste, e contro chi fa presenza egemonica.

Siamo contro questa gestione sanitaria e come essa viene raccontata dai media di Stato perché è evidente che ci è stato raccontato il falso su troppe cose, e guai a chi ritiene che stiamo pensando al fatto che il virus non esiste.

E non dovremmo essere proprio noi, gli anarchici, a difendere strenuamente alcuni concetti, uno su tutti che ogni individuo possa scegliere del proprio corpo come più gli aggrada?

Questo non dovrebbe essere uno dei principî delle idee libertarie? Perché certe esternazioni rasentano una richiesta di una forza organizzata e strutturata per far sì che, chi non vuole per mille motivi subire un trattamento sanitario – che tra l’altro non vuol dire criticare in toto tutta la medicina – non possa appellarsi ad un principio fondamentale, cioè la libera scelta. Per quel che riguarda tutte le misure imposte in questi due anni e il loro essere state corrette o meno, il punto non è se alcune cose erano utili oppure no per salvaguardare la propria e altrui salute, piuttosto se queste misure sono state scelte, discusse e messe in pratica in un senso libertario rispetto a quello autoritario. L’abc dell’anarchismo.

È egoista chi dice semplicemente che si vuole curare come ha sempre fatto senza doversi inserire nel corpo qualcosa di cui non si conoscono gli effetti (che si finisca di non tener conto di questa cosa per favore, quando numerosi scienziati hanno avuto fin dall’inizio – e tutt’ora – delle grosse perplessità[5])? Oppure è egoista chi ha aderito alla campagna vaccinale senza portare nessuna critica su quello che sta accadendo semplicemente per continuare a viversi una “normalità” deleteria per i nostri fini? Una normalità che si disinteressa delle cause che hanno portato questo mondo allo sfacelo?

Chi è sceso in piazza in questi mesi lo ha fatto perché è veramente egoista, o i discorsi che alcuni hanno portato sono stati stravolti dalla retorica dei giornali? Questi hanno preferito storpiare o censurare alcune voci all’interno delle piazze (all’interno delle quali anche per noi delle grossolane castronerie sono state dette), invece di far emergere in maniera seria e critica alcune argomentazioni e problemi che sono sotto gli occhi di tutti.

È nostro compito riuscire, in ogni occasione di ostilità contro le istituzioni, a far sì non solo che la vita non venga ulteriormente portata ad un’ulteriore degradazione, a un nuovo sfruttamento, alla catastrofe della tecnologia, ma anche che questi embrionali moti di ribellione, di sfiducia, vengano ad intrecciarsi con le lotte che portiamo avanti da tempo, ma soprattutto che questo nuovo miscuglio faccia sì che ulteriori persone passino al campo del conflitto vero e proprio, all’esigenza sentita di espropriare la classe dominante tramite la sovversione e la cospirazione, e diciamo questo perché in non poche piazze si è vociferato di fare di più di quello che si stava dicendo.

Allora la guerra non è se e quando scoppieranno le bombe più o meno vicino a noi; perché per noi la guerra ha più accezioni, non solo quella guerreggiata nel senso stretto del termine, bensì anche la guerra contro noi sfruttati, contro la natura e gli animali, una guerra alla vita irriducibile alla costrizione e alla devastazione.

Qui non è in dubbio se essere contro la guerra oppure no, qui è da dirsi francamente se si è compreso che il discorso è molto più ampio perché se dove viviamo noi la libertà è al limite per via delle restrizioni, allora la lotta non ne beneficerà. Essere contro il green pass e il suo controllo militar-poliziesco vuol dire essere anche contro la guerra imperialista in Ucraina. Portare in piazza questo nesso non toccherebbe proprio a noi che ci riteniamo internazionalisti?

Per essere internazionalisti e quindi solidali con chi da altre parti subisce una violenza in qualche altra parte del mondo, dobbiamo lottare contro quello che ci mette in difficoltà qui, e se lo Stato usa la forza per impedirci di lottare, e trova nuovi modi per dividere la classe oppressa, il rischio può essere quello di cadere nel tranello, quando invece si dovrebbe rispondere autonomamente sia ai suoi attacchi sia alle sue “proposte” sanitarie, industriali, morali, propagandistiche che non mirano di certo alla libertà. Chi si mette al suo fianco – come sta accadendo anche in altri Paesi del Nord Europa – opponendosi acriticamente a chi si ribella a misure liberticide come il certificato verde, è meglio che ci rifletta seriamente da quale parte del campo si sta schierando, perché la confusione a volte acceca. Non pensiamo in questo caso che il problema dei fascisti sia il vero nocciolo problematico, perché i fascisti in varie piazze sono stati isolati, allontanati, e in certi casi erano totalmente assenti. I fascisti si organizzano? Sicuramente, ma sta a noi renderli innocui, far chiarezza nelle piazze, con le azioni, con il nostro lavoro di propaganda per far sì che le persone non fasciste si allontanino da quelle presenze e prendano una via più utile e consapevole verso la reale liberazione da questa oppressione. Il fatto che in varie parti d’Europa dei militanti vengano allontanati dai movimenti perché contrari al certificato verde e all’obbligo vaccinale, è un fatto grave, ed una delle questioni che ci spinge a scrivere queste brevi parole senza la pretesa di aver toccato tutti i necessari fattori, punti necessari per far sì che l’individuazione del nemico sia ben precisa.

[1] Consigliamo questo libro che mette in luce come il pensiero scientista non ha messo al sicuro dalla collaborazione alla guerra del 1914-’18 neanche gli scienziati che si schieravano apertamente contro di essa: Angelo Guerraggio, La scienza in trincea. Gli scienziati italiani nella prima guerra mondiale, Raffaello Cortina, 2015.

[2] Consigliamo la lettura di questo articolo di Antonio Mazzeo uscito il 2 marzo 2021 sul suo blog: https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2021/03/il-generalissimo-del-covid-e-la.html

[3] Un esempio è un recente articolo uscito sul blog Iniziativa Anarchica, e di sciocchezze così ne abbiamo lette purtroppo spesso: https://iniziativanarchica.noblogs.org/post/2022/02/15/mentre-noi-cazzeggiamo-sul-green-pass-la-guerra-incombe/

[4] Il giorno dell’attacco di Forza Nuova a Roma il 9 ottobre 2021 è avvenuta anche un’altra cosa importante: un gruppo di compagni e compagne andando in quella piazza e facendo comprendere che a loro i fascisti non piacevano è riuscito, con una proposta di corteo lungo il Tevere con annessi blocchi, a far sì che metà della piazza prendesse un’altra direzione rispetto a quella proposta dalla destra. Un esempio sintetico di intervento dei compagni e compagne che sicuramente hanno bene in mente che i fascisti sono nemici, ma che allo stesso tempo va tolto il terreno su cui loro lavorano, quello degli sfruttati arrabbiati.

[5] All’interno di questo articolo si trova una lettera urgente di alcuni medici e scienziati europeri riguardo ai vaccini a m-Rna e a DNA ricombinante: https://ilrovescio.info/2021/03/17/sui-vaccini-biotecnologici-e-sullopposizione-mediaticamente-modificata/