Luci da dietro la scena (V)
Radium Girls
Tutto comincia nel New Jersey, negli Stati Uniti, qualche anno dopo le scoperte dei coniugi Curie riguardanti la radioattività, poco prima degli anni ’20. Una fabbrica locale è dedita alla colorazione dei quadranti degli “orologi luminosi”, l’ultimo gadget dell’esercito statunitense che utilizzava una vernice radioattiva in grado di illuminarsi di notte. Le ragazze che pitturavano i quadranti guadagnavano 0,27 dollari a pezzo, ed erano in grado di realizzarne circa 250 ogni giorno, con un guadagno, per l’epoca, da dirigente di fabbrica.
Tra il 1917 e il 1926 la U.S. Radium Corporation assunse circa 70 donne di Essex County e, nel 1927, oltre 50 di quelle donne erano morte per avvelenamento da vernice radioattiva, che mangiava loro le ossa dall’interno. Gli orologi “UnDark” andavano a ruba, e quindi il lavoro e il guadagno non mancavano. Nei tempi morti alcune di queste ragazze si dipingevano le unghie con la vernice radioattiva, aumentando la propria esposizione in modo significativo.
All’inizio degli anni ’20 per dipingere gli orologi lavoravano, fra gli Stati Uniti e il Canada, circa 4.000 persone. L’inventore della vernice, il dottor von Sochocky, morì nel 1928 a causa dell’esposizione al materiale radioattivo. A oggi risulta sconosciuto il numero di morti per esposizione alle radiazioni.
I beni commerciali a base di radio erano diventati la norma, dai dentifrici alla lana per neonati, dai giocattoli per i bambini all’acqua potabile.
Anche i prodotti che in realtà non contenevano Radio venivano marcati con gli slogan “Radioattivi”, in modo da risultare più facilmente vendibili.
La cosa più sconcertante dei prodotti radioattivi non fu la mancata conoscenza da parte del grande pubblico degli effetti mortali della radioattività, ma la perfetta consapevolezza di un avvelenamento di massa da parte della U.S. Radium Corporation e dei suoi scienziati.
Gli scienziati e i dirigenti dell’azienda evitarono qualsiasi esposizione all’UnDark e alle radiazioni. Mentre le giovani operaie appena uscite dal liceo leccavano le punte dei pennelli e ingoiavano radio ogni giorno, i chimici e i proprietari dell’azienda trattavano la sostanza dietro schermi al piombo, con maschere e pinze protettive.
La US Radium Corporation in realtà aveva distribuito una serie di pubblicazioni alla comunità medica per descrivere alcuni effetti negativi legati alle radiazioni ma, incredibilmente, i medici in quel periodo prescrivevano il radio per tutto, sia per curare un banale raffreddore sia per curare il cancro.
Nei primi anni ’20 le ragazze che dipinsero i quadranti iniziarono a mostrare i primi sintomi da avvelenamento. Le mascelle si gonfiarono e i denti caddero senza alcuna ragione apparente. Una di queste operaie si recò da un dentista per asportare un dente ma, incredibilmente, con il dente venne via un pezzo di mascella.
Quando le operaie cominciarono a sospettare che fosse l’ambiente lavorativo ad aver causato questi problemi furono chiamati diversi specialisti per delle indagini mediche. Famoso è il caso di Grazia Fryer, che fu dichiarata in buona salute da due medici esperti. I due furono però poi riconosciuti come un tossicologo a libro paga della U.S. Radium Corporation e uno dei vice presidenti della stessa compagnia.
Con l’aiuto di medici e dentisti a libro paga, la società respinse le accuse e fece apparire l’ambiente come idilliaco, un luogo di lavoro ideale senza alcun tipo di rischio per la salute. Inspiegabilmente la comunità medica fu connivente con l’azienda, che quindi operò indisturbata per lungo tempo.
Grazia Fryer impiegò due anni a trovare un avvocato disposto ad andare contro la U.S. Radium e il processo si trascinò per mesi. Alla donna si unirono altre quattro operaie, e i media ribattezzarono la causa “Radium Girls“. Alla prima apparizione in tribunale la loro salute era così deteriorata che nessuna poté alzare le braccia per il giuramento. Durante la seconda udienza erano tutte così malate da non poter presenziare, e quindi la causa fu sospesa per diversi mesi. Le donne raggiunsero infine un accordo extragiudiziale che comprendeva 100.000 dollari di indennizzo, spese legali e mediche pagate e un assegno di 600 dollari annui durante tutta la loro (poca) rimanente vita. Se oggi il valore può sembrare poca cosa, a quei tempi era enorme, paragonabile a diversi milioni di dollari odierni.
Matteo Rubboli, Le “Radium Girls” e i prodotti Radioattivi Tossici commercializzati negli Anni ’20, “vanilla magazine”, 2019
[per un’ampia ricostruzione storica, si può leggere Kate Moore, The Radium Girls. The Dark Story of the American’s Shining Women, Sourcebooks Inc., aprile 2017]
La morte ti fa bella
Tho-Radia acquista molta popolarità in Francia negli anni 30, formulata da un certo Dr. Alfred Curie, che nulla aveva a che fare con i coniugi omonimi scienziati e scopritori appunto del Radio. La crema viso era particolarmente popolare, la sua formulazione era la seguente: 0,5 g di Cloruro di Torio e 0.25mg Bromuro di Radio per 100g di prodotto.
“Rimane brutta chi vuole”, diceva lo slogan di una pubblicità che esalta i benefici del prodotto.
Ma il presunto Dr. Curie non si ferma alla crema, formula anche la polvere Tho-Radia – che contiene Titanio oltre a Radio e Torio –, il dentifricio e il sapone, raccomandato per la pulizia dei neonati. Questi prodotti soddisfacevano le norme farmaceutiche del tempo.
Effetti mutageni delle radiazioni, in particolare il rischio di cancro, sono stati scoperti nel 1927 da Hermann Joseph Muller, ma questo non scoraggia sciacalli ed imprenditori senza scrupoli che creano ogni sorta di preparato, rimedio e manufatto declamando le miracolose proprietà curative: giochi per bambini come l’“Atomic Energy Lab” in vendita dal 1951 al 1970, supposte, preservativi, pastiglie, rimedi omeopatici come il Radithor, prodotto dal 1918 al 1928 dalla Bailey Radium Laboratories.
E ancora: vasi in materiale radioattivo per avere a casa l’acqua – ovviamente radioattiva – da bere; gelati all’uranio in produzione limitata per la scoperta di un nuovo giacimento; il Radiendocrinator, uno strano aggeggio che doveva essere posto sopra le ghiandole endocrine per rinvigorire la virilità sessuale: le barrette di cioccolato Radium prodotte da Burk & Braun, vendute in Germania nei primi anni ’30, lana radioattiva, bevande radioattive, dentifrici radioattivi, e tanto altro ancora.
Tho-Radia, ovvero la morte ti fa bella, “massaie moderne”, 2019
Il dentifricio e la bomba atomica
Tho-Radia è solo uno dei tanti esempi di utilizzo dei nuovi elementi chimici per prodotti che decantavano le proprietà benefiche della radioattività. Durante la Seconda guerra mondiale, la tedesca Auergesellschaft (nata dalle ceneri della German Gas Light Company, fondata a fine ’800 da un imprenditore ebreo, un banchiere tedesco e un inventore austriaco) conduceva ricerche sulla luminescenza (col marchio Osram), sulla radioattività, sulle terre rare e sui composti di uranio e torio, ed era titolare di numerosi e importanti brevetti (per esempio le reticelle per le lampade a gas).
Uno dei suoi prodotti commerciali era il Doramad, pasta dentifricia a base di torio reclamizzata più o meno così: «La radioattività rinforza le difese di denti e gengive: le cellule vengono caricate di nuova energia vitale che contrasta gli effetti distruttivi dei batteri. Questo spiega gli eccellenti risultati ottenuti nel combattere la carie e i disturbi gengivali. Sbianca a fondo e delicatamente i denti, anche usato in piccole quantità».
Come il rossetto e altri belletti il Doramad avrebbe potuto restare una folle curiosità, tanto più che la sua produzione cessò prima del ’45, se non fosse per il fatto che per vicende correlate ha dimostrato che in alcuni dei centri di ricerca atomica del regime erano in funzione pile sperimentali e unità di separazione di isotopi: gli studi tedeschi erano cioè molto più avanzati di quanto americani e russi credessero (e più di quanto si pensava fino a pochi anni fa). Il legame tra dentifricio al torio e la capacità atomica dei nazisti cominciò a prendere forma nell’inverno del ’44 con la cattura, da parte degli Alleati, di un chimico che lavorava in un centro della Auergesellschaft. La vicenda, interamente ricostruita nel 1947, è stata raccontata solamente nel 1996, sulle pagine della prestigiosa pubblicazione americana Health Physics Society.
Fluorescenze
E ci sono colori talmente vivi e fluorescenti da essere spettacolari al buio. Tanto belli che sono stati usati per fare soprammobili come sfere vetrose, piastrelle per bagni pubblici e tavolini da tè in epoca coloniale. Oppure piatti: rossi, blu, verdi, gialli, avorio… Dal 1936 al ’43 resi fluorescenti dall’uranio naturale e poi, fino al 1973, dall’uranio impoverito.
Erano i Fiesta Ware, prodotti dalla Homer Laughlin Company (Virginia, Usa): uno dei derivati nucleari ancora oggi considerato tra i più pericolosi e sulla cui commercializzazione – ed effetti a lungo termine – non sono mai stati fatti studi approfonditi. È stato però calcolato che usarli e maneggiarli per una ventina di giorni basta e avanza per superare la soglia di assorbimento annuo ammesso per i lavoratori delle centrali nucleari.
La radioattività e il mal di vivere
Nel meraviglioso futuro radioattivo che si apriva al mondo nei primi anni del secolo scorso non mancavano i medicinali, o presunti tali. Uno di questi era il Radithor, prodotto tra il 1918 e il 1928 da un’azienda del New Jersey (Usa) e prescritto un po’ per tutto, dai dolori articolari al “mal di vivere”.
Era composto a partire da un triplo distillato d’acqua, ossia acqua purissima e priva di qualunque degli elementi che fanno dell’acqua quello che è […]. In una boccetta contenente circa 15 grammi di questo liquido veniva aggiunto “almeno” 1 microcurie di radio-226 (isotopo del radio il cui tempo di dimezzamento è di 1.600 anni e decade nel gas radon) e di radio-228 (o mesothorium, che dimezza in 6 anni e decade in attinio).
Nel periodo in cui è stato in produzione c’era un premio di 1.000 dollari (dell’epoca) per chi fosse riuscito a dimostrare che il composto conteneva meno radioattività della quantità dichiarata. Il premio non fu mai incassato. Nel 1932, con la produzione di Radithor ormai sospesa, l’azienda si trovò al centro di una vicenda giudiziaria in quanto era stata accertata la morte di una persona per abuso del prodotto. Alcuni giornali parlavano addirittura di un centinaio di morti, ma non è mai stato possibile mettere in relazione i decessi col “farmaco”. L’unica vittima accertata, Eben Byers, fondatore di una delle maggiori acciaierie del mondo, pare abbia consumato per due anni, ogni giorno, almeno una boccetta di Radithor che, oltre alle supposte proprietà antidolorifiche, sembra agisse come il laudano e l’assenzio messi assieme e proprio per questo era consigliato contro la depressione e il mal di vivere.
Radio Days. L’alba dell’Era Atomica, “Focus”, dicembre 2021