Genova: iniziative allo Sfascio Occupato (e un testo dalla nuova occupazione)

Riceviamo e diffondiamo:

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L’assetto della società ultimamente ha subito grandi sconvolgimenti, ma ciò che non è cambiato è il continuo riprodursi di dinamiche di potere e prevaricazione. Era chiaro quando eravamo nella cosiddetta normalità, lo è ancor di più ora che con lo “stato d’ emergenza” si è passati da un’ipocrisia democratica ad una dittatura. Questa ha ben poco a che vedere con la tutela della nostra salute e molto invece con la pura repressione e il controllo sociale. Non è un caso che a capo della gestione della crisi sanitaria vi sia un Generale, direttamente dalle alte sfere dell’esercito, il ben noto Figliuolo. Nonostante venga propinata la versione che “siamo tutti sulla stessa barca” davanti a questa crisi spacciata come pandemia, è evidente come si siano aggravati contesti già segnati dallo sfruttamento che Stato e capitale operano costantemente sugli individui. In particolare le discriminazioni e la violenza vengono perpetrate nei confronti di chi non gode di privilegi e vive già una situazione di svantaggio. Di pari passo il veleno del dominio, che per sua stessa natura non può evitare di riprodurre sopraffazione, si estende ad ogni aspetto dell’esistente. Grazie all’ avanzare delle tecnologie convergenti arriva a metter mano nelle particelle subatomiche, devastando ecosistemi interi e causando danni incalcolabili alla terra, che nessuna innovazione green potrà mai risanare. Non può passare inosservato che grazie alle quarantene, più o meno integrali, e al regime di apartheid imposto dal pass, il controllo sociale è aumentato a dismisura. Mentre l’ agibilità fisica e mentale degli individui si è rattrappita, lasciando inevitabilmente spazio alla dematerializzazione di ogni aspetto della vita e ad una sostanziale alienazione. Con i social, la realtà virtuale e l’internet of things, per non parlare del potenziamento della rete grazie al 5G, la quotidianità sembra non poter più prescindere dalle protesi tecnologiche e dalla mediazione di uno strumento per comunicare, divertirsi, lavorare, e anche emozionarsi. Ma c’è sempre una scelta. Quella di ribellarsi inseguendo la libertà, creando spazi e tempi di rottura con i limiti imposti da una quotidianità sempre più claustrofobica e coercitiva. Ultimamente ci siamo ritrovatx a condividere questa voglia e di conseguenza ci è venuto a mancare uno spazio reale e concreto. Un luogo dove incontrarci e confrontarci, dove creare e rafforzare complicità, diffondere controinformazione, autoproduzione e riversare le nostre passioni. Siamo un gruppo nuovo, nato da individui, non siamo il proseguimento di nessun percorso preesistente in città. Individui che in qualche caso neanche si conoscevano ma che hanno in comune la tensione a mettersi in gioco. Questo in una città che, come tante altre, negli ultimi anni è stata oggetto della repressione più subdola, tra retate di strada, rastrellamenti e sgomberi nei quartieri da parte di ridicoli municipali in tenuta antisommossa. In particolare contro anarchicx e antiautoritarx sono stati elargiti fogli di via e ben tre sorveglianze speciali solo nell’ultimo anno. Abbiamo scelto la pratica dell’occupazione di un luogo lasciato all’abbandono, inquinato, ormai non piu redditizio, materia da campagna elettorale del politico bugiardo di turno che parla di riqualificare ma sogna supermercati e turismo da vetrina. Siccome rifiutiamo le logiche del profitto, non vogliamo cedere al ricatto dell’ affitto e ci rifiutiamo di contrattare per delle concessioni con un potere che non riconosciamo. Preferiamo spendere tempo ed energie per ridare vita ad un luogo fisico, allo scopo di creare uno spazio di socialità che ci è negato, perchè venga vissuto e attraversato da chi condivide percorsi di libertà. In questo spazio vorremmo praticare autogestione e pensiero critico, creare rapporti orizzontali privi di gerarchie, andando in direzione contraria ad ogni forma di autorità, sia essa morale, politica, religiosa o di qualunque altra tipologia.
Non riconosciamo leggi, decreti d’emergenza e provvedimenti emessi dagli aguzzini in toga, che dal tribunale condannano chi non rispetta un contratto sociale imposto dall’alto. Pensiamo che la lotta inizi da pratiche quotidiane e  non volendo riprodurre le logiche di sopraffazione del dominio, non tolleriamo atteggiamenti razzisti, sessisti, omofobi e transfobici. Crediamo che sia responsabilità individuale e collettiva opporvisi e contrastarli con costante autocritica e azione diretta. Crediamo che proprio l’azione diretta sia la base della lotta, per questo siamo solidali con x prigionierx accusati di praticarla, anche supportando economicamente coloro che sono oggetto della repressione dello Stato, sia a livello locale sia internazionale. Per questo, anche se ci piacerebbe che le nostre iniziative fossero prive della mediazione del denaro e basate sullo scambio e la condivisione, abbiamo invece scelto di destinare la maggior parte del ricavato economico ai detenuti. La restante parte verrà utilizzata per autofinanziare la sistemazione di questo spazio. Sogniamo un luogo che sia punto di partenza per riflessioni critiche, snodo di sentieri di lotta e rifugio per ribelli con desiderio di autodeterminazione. L’assetto della società ultimamente ha subito grandi sconvolgimenti, ma ciò che non è cambiato è il continuo riprodursi di dinamiche di potere e prevaricazione. Era chiaro quando eravamo nella cosiddetta normalità, lo è ancor di più ora che con lo “stato d’ emergenza” si è passati da un’ipocrisia democratica ad una dittatura. Questa ha ben poco a che vedere con la tutela della nostra salute e molto invece con la pura repressione e il controllo sociale. Non è un caso che a capo della gestione della crisi sanitaria vi sia un Generale, direttamente dalle alte sfere dell’ esercito, il ben noto Figliuolo. Nonostante venga propinata la versione che “siamo tutti sulla stessa barca” davanti a questa crisi spacciata come pandemia, è evidente come si siano aggravati contesti già segnati dallo sfruttamento che Stato e capitale operano costantemente sugli individui. In particolare le discriminazioni e la violenza vengono perpetrate nei confronti di chi non gode di privilegi e vive già una situazione di svantaggio. Di pari passo il veleno del dominio, che per sua stessa natura non può evitare di riprodurre sopraffazione, si estende ad ogni aspetto dell’esistente. Grazie all’avanzare delle tecnologie convergenti arriva a metter mano nelle particelle subatomiche, devastando ecosistemi interi e causando danni incalcolabili alla terra, che nessuna innovazione green potrà mai risanare. Non può passare inosservato che grazie alle quarantene, più o meno integrali, e al regime di apartheid imposto dal pass, il controllo sociale è aumentato a dismisura. Mentre l’ agibilità fisica e mentale degli individui si è rattrappita, lasciando inevitabilmente spazio alla dematerializzazione di ogni aspetto della vita e ad una sostanziale alienazione. Con i social, la realtà virtuale e l’internet of things, per non parlare del potenziamento della rete grazie al 5G, la quotidianità sembra non poter più prescindere dalle protesi tecnologiche e dalla mediazione di uno strumento per comunicare, divertirsi, lavorare, e anche emozionarsi. Ma c’è sempre una scelta. Quella di ribellarsi inseguendo la libertà, creando spazi e tempi di rottura con i limiti imposti da una quotidianità sempre più claustrofobica e coercitiva. Ultimamente ci siamo ritrovatx a condividere questa voglia e di conseguenza ci è venuto a mancare uno spazio reale e concreto. Un luogo dove incontrarci e confrontarci, dove creare e rafforzare complicità, diffondere controinformazione, autoproduzione e riversare le nostre passioni. Siamo un gruppo nuovo, nato da individui, non siamo il proseguimento di nessun percorso preesistente in città. Individui che in qualche caso neanche si conoscevano ma che hanno in comune la tensione a mettersi in gioco.
Questo in una città che, come tante altre, negli ultimi anni è stata oggetto della repressione più subdola, tra retate di strada, rastrellamenti e sgomberi nei quartieri da parte di ridicoli municipali in tenuta antisommossa. In particolare contro anarchicx e antiautoritarx sono stati elargiti fogli di via e ben tre sorveglianze speciali solo nell’ultimo anno. Abbiamo scelto la pratica dell’occupazione di un luogo lasciato all’abbandono, inquinato, ormai non piu redditizio, materia da campagna elettorale del politico bugiardo di turno che parla di riqualificare ma sogna supermercati e turismo da vetrina. Siccome rifiutiamo le logiche del profitto, non vogliamo cedere al ricatto dell’ affitto e ci rifiutiamo di contrattare per delle concessioni con un potere che non riconosciamo. Preferiamo spendere tempo ed energie per ridare vita ad un luogo fisico, allo scopo di creare uno spazio di socialità che ci è negato, perchè venga vissuto e attraversato da chi condivide percorsi di libertà. In questo spazio vorremmo praticare autogestione e pensiero critico, creare rapporti orizzontali privi di gerarchie, andando in direzione contraria ad ogni forma di autorità, sia essa morale, politica, religiosa o di qualunque altra tipologia. Non riconosciamo leggi, decreti d’emergenza e provvedimenti emessi dagli aguzzini in toga, che dal tribunale condannano chi non rispetta un contratto sociale imposto dall’alto. Pensiamo che la lotta inizi da pratiche quotidiane e non volendo riprodurre le logiche di sopraffazione del dominio, non tolleriamo atteggiamenti razzisti, sessisti, omofobi e transfobici. Crediamo che sia responsabilità individuale e collettiva opporvisi e contrastarli con costante autocritica e azione diretta. Crediamo che proprio l’azione diretta sia la base della lotta, per questo siamo solidali con x prigionierx accusati di praticarla, anche supportando economicamente coloro che sono oggetto della repressione dello Stato, sia a livello locale sia internazionale. Per questo, anche se ci piacerebbe che le nostre iniziative fossero prive della mediazione del denaro e basate sullo scambio e la condivisione, abbiamo invece scelto di destinare la maggior parte del ricavato economico ai detenuti. La restante parte verrà utilizzata per autofinanziare la sistemazione di questo spazio. Sogniamo un luogo che sia punto di partenza per riflessioni critiche, snodo di sentieri di lotta e rifugio per ribelli con desiderio di autodeterminazione.

SFASCIO OCCUPATO 

Via Bartolomeo Bianco 40/A – Granarolo – Genova

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