Viva la sollevazione nelle Antille
Viva la sollevazione nelle Antille
In un contesto di manifestazioni, scioperi e scontri in ogni parte del mondo, merita uno sguardo particolare ciò che sta accadendo in Martinica e in Guadalupa. Lì, ben più che nelle piazze europee, si concentrano sulla stessa linea del fronte gestione dell’epidemia, situazione sociale, misure militari, tecno-industria e lascito storico del colonialismo. E proprio perché nelle colonie, come è stato detto, la civiltà capitalistica si aggira nuda, dalle Antille in rivolta arriva il più preciso rapporto sul presente stato delle cose. A ragion veduta le televisioni e i giornali nostrani non ne parlano.
Gli scioperi e i primi blocchi contro l’obbligo vaccinale – imposto al personale sanitario e ai pompieri – e contro il lasciapassare sanitario hanno agglutinato attorno a quei “no” la rabbia di vasti settori della popolazione locale. I blocchi-presìdi davanti agli ospedali, animati dal preponderante protagonismo femminile, si sono estesi dalla metà di novembre ad altri punti delle città; gli sbarramenti hanno cominciato a prendere fuoco con l’arrivo della gioventù. L’introduzione governativa del coprifuoco (misura che nella “nuova normalità pandemica” non possiamo più riferire alle sole colonie…) ha poi letteralmente acceso le polveri, riempiendo di collera anche le notti, con saccheggi di negozi e agguati armati contro le squadre speciali di poliziotti e gendarmi inviate da Parigi. La dichiarazione dello sciopero generale ha allargato ancora di più la partecipazione sociale, estendendo blocchi e sbarramenti ai porti, alle raffinerie, alle zone commerciali, alle strade e alle autostrade. In tal modo, paesini e città della Martinica e della Guadalupa si sono trasformati in zone raggiungibili solo a piedi, diffondendo attorno a sé una pratica di solidarietà tanto semplice quanto fondamentale: il rifornimento d’acqua e di cibo, da sempre vero e proprio termometro per misurare il sostegno di cui gode una sollevazione. Obbligo vaccinale e lasciapassare si sono così mescolati all’enorme disoccupazione giovanile, alla povertà, alla mancanza di accesso all’acqua potabile, ai prezzi raddoppiati o triplicati del carburante e dei beni primari, alla rivendicazione di decidere in piena autonomia rispetto al potere della metropoli. Intanto l’Eliseo, sempre più preoccupato, ha prima mandato le truppe, messo fuorilegge il rifornimento di benzina con le taniche e introdotto il coprifuoco («una minoranza recalcitrante non può prendere in ostaggio un’isola»); poi ha cominciato a proporre deroghe alla “legislazione universale della Repubblica”: i pompieri sospesi possono tornare al lavoro eseguendo dei tamponi; il personale sanitario può richiedere, se lo desidera, di essere vaccinato con vaccini non a m-RNA; sugli altri problemi sociali, il governo di Parigi – che da luglio, quando sono cominciati gli scioperi, faceva orecchie da mercante su tutta la linea – si dice ora favorevole a negoziare…
I rappresentanti sindacali, il 24 novembre, hanno chiesto alla popolazione di rimuovere gli sbarramenti. Questo è accaduto in alcune zone, mentre in altre sono sorte nuove barricate ad opera di gente «non sindacalizzata». Insomma, la partita non sembra affatto chiusa.
Oltre al fatto che non è la prima epidemia che i sanitari antillani devono affrontare, con un’esperienza maturata sul campo a dispetto della penuria di mezzi – in Martinica, che ha una popolazione di quattrocentomila abitanti, esistono quindici letti di rianimazione… –, c’è una storia che ritorna in tutte le testimonianze. Questa storia, la quale riassume da sola l’insieme delle scorie radicali del colonialismo (e della tecno-industria), ha un nome ben preciso: clordecone.
Il clordedecone, o Kepone, è un insetticida collegabile al Mirex e al DDT. Si tratta di un composto organoclorurato che nel 2009 è stato bandito a livello globale dalla Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti. I suoi effetti tossici su terra e acqua, nonché cancerogeni per gli umani, cominciano ad emergere negli Stati Uniti fin dagli anni Settanta. Nonostante questo, in Francia il suo uso viene vietato soltanto nel 1990 (prima mancavano, lo avrete indovinato, le “evidenze scientifiche” sulla sua tossicità). La messa al bando ha però riguardato solo la “Francia metropolitana”, perché una “deroga ministeriale” ne ha autorizzato l’irrorazione sulle banane della Martinica e della Guadalupa fino al 1993.
Dal 1993 al 2005, a dispetto delle leggi repubblicane, nelle Antille è continuato l’uso del clordecone da parte delle multinazionali. Milioni di dosi dovevano ben essere smaltite, e in più non stiamo mica parlando dei giardini di Versailles. Nel 2005, infine, arrivano i divieti di pesca da parte dei prefetti perché l’avvelenamento non si può più nascondere
Risultato: più del 90% degli abitanti di Martinica e Guadalupa sono oggi contaminati, così come lo resteranno per secoli – secondo gli “esperti”, per 700 anni – le loro terre e le falde acquifere (quindi pesce, legumi e patate, volatili allevati al suolo e bovini, ovvero le prime fonti alimentari della popolazione). I maschi antillani hanno un tasso di cancro alla prostata tra i più alti al mondo, non si contano i vari tumori, le donne hanno molto spesso problemi di infertilità e i bambini di neurosviluppo.
Ma la violenza, si sa, non è mai una buona soluzione. Ci sono altri modi per ottenere Giustizia (cioè per essere giustiziati). E infatti non sono mancate le denunce contro lo Stato francese per “dissimulazione organizzata” di tale avvelenamento. Solo che, come ha dottamente spiegato il Procuratore Rémi Heitz al quotidiano “France Antilles” il 17 marzo scorso, «la maggior parte dei fatti era già prescritta quando sono state depositate le denunce».
Ecco allora che quando le autorità politiche e sanitarie francesi hanno detto a quegli zoticoni d’oltre mare che la tecnologia a m-RNA, mai sperimentata prima, è efficace e sicura per vaccinare il mondo intero, hanno trovato una diffusa diffidenza (tra il 60 e il 70% della popolazione delle isole non si è vaccinata); quando hanno deciso di obbligare una parte di loro a vaccinarsi e hanno sospeso chi si rifiutava, hanno trovato lo sciopero; quando hanno imposto il lasciapassare a tutti, hanno trovato il blocco; quando hanno introdotto anche il coprifuoco, hanno trovato la rivolta.
È difficile, persino in quest’epoca di veleni industriali e sociali, sottomettere in nome della salute pubblica una popolazione colonizzata per secoli, contaminata deliberatamente per decenni e ora discriminata nei propri lavori e movimenti su una terra che continuerà ad ammalare chi la abita per settecento anni ancora.
Ça passera pas. Ça peut pas passer, dice una signora durante un blocco.
Mentre alle nostre latitudini il controllo, il ricatto e la discriminazione si stanno facendo super, l’Internazionale del genere umano ha oggi il volto delle e degli antillani in rivolta.
Noi siamo con loro.