Grecia: Dichiarazione dell’anarchico Giannis Michailidis al tribunale di Agia Paraskevi

Tratto da https://infernourbano.altervista.org/grecia-dichiarazione-dellanarchico-giannis-michailidis-al-tribunale-di-agia-paraskevi/

 

Grecia: Dichiarazione dell’anarchico Giannis Michailidis al tribunale di Agia Paraskevi

Ancora una volta mi trovo di fronte ad un tribunale che non riconosco, e che giudicherà le mie decisioni e le mie azioni. Ho già espresso la mia posizione sullo stato, il capitale, l’ordine stabilito della disuguaglianza e dell’asservimento e lo sfruttamento delle persone e della natura, la trasformazione progressiva del pianeta in un’immensa prigione per ogni essere vivente. Mi sono opposto alle leggi che sostengono l’ordine statale assassino, sia con le parole che con i fatti. Ho cercato di essere coerente con le mie posizioni nei confronti della legge e dell’ordine, ogni volta che sono stato trascinato sul banco degli imputati, non partecipando a processi ipocriti, che cercano sempre di affermare il controllo dello stato sulla vita e sulla libertà.

Ho pagato il prezzo delle mie scelte, trascorrendo quasi 8 anni della mia vita all’interno degli istituti penitenziari, che sono il centro del panopticon sociale, strumento che incute timore per disciplinare la società, e lo strumento per la riproduzione del crimine in termini di integrazione nell’oscura economia capitalista. Dove in nome della Legge si subiscono ingiustizie diffuse. Lì, nella zona grigia della legge, dove le ossa e le anime delle persone sono rotte per essere gettate moralmente ed economicamente a pezzi, e non hanno altra scelta che alimentare il mostro del penitenziario con la loro disperazione. Fornendo l’alibi perfetto per la presunta necessità della legge e la costruzione dello stato della società. Naturalmente, gli oltraggi, se rivelati, vengono descritti come incidenti isolati, ma sono in realtà elementi strutturali del sistema e avvengono sotto il controllo o la supervisione di vari funzionari e dipendenti statali, i “corrotti”, coloro che li tollerano passivamente per non mettere in pericolo le loro posizioni o la loro carriera.

Tutto questo per l’élite giudiziaria è aritmetica: contare meccanicamente i giorni, i mesi, gli anni di prigione senza essere consapevoli di ciò che le loro scelte implicano. O, quel che è peggio, il tempo trascorso in prigione dipende il più delle volte dalle pressioni a cui il giudice è sottoposto, o da ciò che gli conviene economicamente. Se hai i mezzi finanziari per pagare un avvocato rispettabile, con i giusti contatti, e abbastanza denaro per la cauzione, non marcirai in prigione, come invece fanno i poveri , i deboli che cadono nelle sue grinfie. Se sei un poliziotto e spari a un bambino, non avrai alcuna condanna a vita. Se sei un agente di polizia penitenziaria e picchi un prigioniero, al massimo avrai qualche mese di prigione. Se sei un anarchico, un nemico del regime, non avrai un giorno libero. Questo sistema profondamente classista ed essenzialmente ingiusto ha l’audacia di chiamarsi Giustizia.

Così prendo posizione contro l’autoproclamata Giustizia e i suoi funzionari, che mi hanno trattato come un nemico. Fin dal mio precedente arresto, ho scelto di rimanere in silenzio nei confronti delle accuse che sono state mosse contro di me, il che ha portato alla mia condanna anche per cose che non avevo fatto. Tuttavia, in questo caso, il rapimento della mia compagna e la sua prolungata reclusione in prigione, sono un ricatto permanente alla mia posizione e al mio atteggiamento. Non devo più considerare solo le conseguenze di ogni scelta che ricadono su di me, ma anche come si rifletterà sul trattamento penale della mia compagna. Mi rendo conto di trovarmi di fronte ad uno Stato sequestratore, che tiene la mia compagna in prigione per vendicarsi di me e ricattarmi, non ho altra scelta che chiarire quale sia il suo unico coinvolgimento nel caso, per quanto non mi senta di spiegare le mie azioni, la mia vita o le mie relazioni a un’istituzione statale.

Per questo motivo ho dichiarato fin dall’inizio del processo investigativo a mio carico, che la mia compagna non è coinvolta nelle rapine e nei furti di cui sono accusato, mentre le armi che mi sono state trovate addosso erano mie e sotto il mio esclusivo controllo. Le due ragazze sedute sui sedili anteriori della macchina non solo non le hanno toccate ma non le hanno neanche viste, in quanto le armi erano chiuse dentro dei sacchetti con la zip. Comunque, checché se ne dica, la cosiddetta dottrina della giustizia di provare l’innocenza e non la colpevolezza non è stata applicata nel nostro caso. Nonostante i gravi problemi suoi e di sua madre, la mia compagna è stata messa in custodia cautelare, e rimane tuttora in prigione, poiché le autorità giudiziarie, altrimenti indipendenti, hanno subito pressioni per eseguire gli ordini dello Stato. La propaganda dei media aveva già mostrato la strada con le sue rozze menzogne, come il fatto che l’abitazione di Dimitra sia stata considerata una “prova” per giustificare l’imprigionamento, anche se non è stato trovato nulla di illegale al suo interno.

A questo punto inizierò un breve resoconto degli eventi che hanno portato al nostro arresto per chiarire che la narrazione della polizia, quella di appartenere ad un’organizzazione criminale, non ha nulla a che fare con la realtà. Poiché la mia posizione è di non collaborare con la polizia e le autorità giudiziarie, non intendo fornire informazioni in relazione alle azioni di cui sono individualmente accusato. Parlerò esclusivamente dell’arresto, che è l’unica cosa che mi collega penalmente alle due ragazze.

Quello di cui mi accusate ingiuriosamente, è il fatto di appartenere ad una presunta organizzazione criminale con ruoli gerarchici, di cui sono addirittura il capo. Questa è una cosa che va contro i miei valori, contro le relazioni anarchiche che cerco di promuovere, e contro il mio modo di agire come essere umano.

L’unica cosa che ci legava a Konstantina è che eravamo entrambi in fuga, mentre con Dimitra c’era solo un profondo rapporto affettivo. A causa di questa relazione e della sua lealtà, che non può essere giudicata da nessun tribunale, Dimitra è stata costretta a sopportare una lunga, persistente e inquietante sorveglianza da parte della polizia antiterrorista, nel tentativo di rintracciarmi. Questo l’ha portata ad adattare la sua vita ad un regime di controspionaggio per potermi incontrare. È stata persino costretta a viaggiare sotto falsa identità, che le ho fornito io, per sfuggire alle grinfie dell’antiterrorismo, ogni volta che andava in visita a sua madre, che si trova a Berlino per delle cure. La casa dove viveva Dimitra ad Atene è stata più volte controllata, per scongiurare l’eventuale presenza di guardie in modo che potesse recarvisi. Poiché si trattava di un’abitazione privata, che in circostanze normali non sarebbe stata a rischio di perquisizione da parte della polizia, avevo lasciato lì alcuni dei miei effetti personali, come vestiti, scarpe, appunti, ecc.

Nei giorni precedenti il nostro arresto, mi ero reso conto di possibili segni di sorveglianza della polizia, e ho deciso che per sfuggire all’arresto dovevo lasciare la mia casa sicura e organizzare la mia fuga dal cordone che era stato istituito. Per fare questo ho rubato il RAV 4 e ho fabbricato delle targhe false. Nel tardo pomeriggio (prima del giorno del nostro arresto), ho svuotato il mio rifugio e ho caricato tutte le cose utili nella macchina che avevo rubato. Poi ho informato Konstantina per telefono, e abbiamo preso un appuntamento a Byron per andare alla macchina e partire senza preavviso. Infine, sono andato a casa di Dimitra la mattina in taxi. Ho detto all’autista di aspettare fuori e l’ho svegliata. Le ho parlato brevemente, sussurrando, perché ero preoccupato che la casa fosse sotto controllo. Le dissi di raccogliere in fretta le cose che riteneva necessarie per partire. Siamo usciti da casa sua molto agitati e siamo saliti sul taxi, dove ancora una volta non ho potuto spiegare cosa stesse succedendo perché l’autista stava ascoltando. Quando siamo arrivati a Byron, Konstantina ci aspettava già lì e siamo saltati in macchina per non essere notati dalla squadra di sorveglianza. Ho chiesto a Dimitra di guidare perché ero molto stanco dalla notte trascorsa e da tutti preparativi fatti per la fuga. Una volta sulla strada, ho fatto un rapporto dettagliato su ciò che avevo visto, ciò che avevo fatto e le ho informate che stavo trasportando oggetti illegali.

Quando siamo saliti a Ymittos, dove mi ero illuso di non essere sorvegliato, ho cambiato le targhe dell’auto e ho messo quelle false che avevo preparato per poterci muovere in sicurezza. A quel punto ho contattato un mio amico e gli ho chiesto di occuparsi della casa di Dimitra nel caso mi fosse successo qualcosa. Lui, temendo che potesse finire nei guai se fossimo stati arrestati (come è successo molte volte in situazioni simili), fece ripulire completamente la casa.

Non appena siamo scesi dalla montagna e siamo entrati nell’area urbana, siamo stati assaliti dalla asquadra antiterrorismo. Nel momento in cui mi hanno tirato fuori dal sedile posteriore dove ero seduto, ho fatto cadere a terra la mia borsa Scorpion mentre la mia pistola CZ era nella mia tasca. Accanto a me c’era una borsa chiusa con il Kalashnikov. Con decine di armi puntate contro di noi, non avevamo altra scelta che arrenderci o morire. Tuttavia, il nostro arresto è stato effettuato con brutalità vendicativa da parte loro, arrivando addirittura a strapparmi i vestiti di dosso. Le loro accuse di resistenza da parte nostra, visto che eravamo in minoranza e colti di sorpresa, sono a dir poco ridicole. L’unica cosa che viene fuori da questa farsa è la tendenza della polizia a gonfiare i suoi dossier con falsità create ad arte.

La prima cosa che ho detto, quando sono stata caricato all’interno della macchina della polizia, è che avrebbero dovuto informare i loro superiori che Dimitra aveva delle ferite in testa a causa di una recente operazione, in modo che non venisse picchiata. Il che, ovviamente, non ha impedito alle guardie di sicurezza di sbatterle la testa contro il muro mentre era trattenuta, al fine di estrarle forzatamente del materiale genetico. Hanno così dimostrato la loro indignazione sul fatto che la gente si opponga a loro con dignità, e non collabori all’applicazione del totalitarismo biometrico.

Questo conclude il racconto degli eventi che hanno portato al nostro arresto, poiché il resto è ben noto. Come risultato di questa successione di eventi, la mia compagna è ora in prigione da 16 mesi, con le accuse di appartenere ad un’organizzazione criminale e per il possesso di armi pesanti. In una logica da rullo compressore, che mira a isolare gli anarchici ricercati, le mie stesse armi, che portavo con me e che nascondevo, sono state automaticamente considerate come armi della mia compagna. Quando tre persone vengono arrestate insieme sono immediatamente sospettate di far parte di un’organizzazione criminale, anche se non c’è la minima prova che colleghi queste tre persone ad azioni illegali compiute insieme, tranne il fatto che sono state arrestate nello stesso momento. Con false accuse e implausibili acrobazie logiche la mia compagna è stata rinchiusa in prigione, le è stato negato l’accesso ai suoi studi post-laurea e la sua salute è stata messa in pericolo dalla mancanza di cure mediche a Korydallos. Quando è stata portata in ospedale, il dottore gli ha raccomandato una visita medica di controllo, visita che non è mai stata effettuata.

Concludendo la mia dichiarazione, colgo l’occasione per prendere posizione sulle accuse fatte contro di me.  Per quanto riguarda l’accusa di fuga, sono onorato di aver spezzato i legami della mia prigionia in modo radicale. Tuttavia, devo dire che la mia fuga, organizzata in meno di 12 ore, è stata una risposta ad un caso totalmente inventato di sciopero dei detenuti, senza alcuna prova o testimonianza, che avrebbe tagliato i miei permessi e interrotto il calcolo della pena, con un conseguente aumento della mia permanenza in prigione di un ulteriore anno, cosa che non ero disposto ad accettare passivamente, così ho scelto invece dell’umiliazione di fuggire e vivere una vita di persecuzione.

Per quanto riguarda l’accusa di organizzazione criminale, ho già preso posizione. Inoltre, dirò che un’organizzazione criminale con ruoli differenziati e una struttura gerarchica, è il complesso poliziesco-giudiziario che tortura e imprigiona migliaia di persone per imporre il monopolio della violenza statale.

Se è il traffico di armi pesanti che si cerca, vedi il traffico transnazionale di armi destinate al massacro di intere popolazioni, in cui lo stato greco è attivamente coinvolto. Un esempio sono i razzi all’avanguardia che la Grecia ha venduto all’Arabia Saudita, un paese dove lo stupro di ragazze minorenni è chiamato matrimonio legale. Così, i razzi venduti dallo stato greco sono stati utilizzati nel bombardamento del paese più povero del mondo, lo Yemen, per distruggere le infrastrutture e affamare milioni di persone. Naturalmente, nessun ministro sarà trascinato in tribunale. L’omicidio di massa e il traffico internazionale di armi pesanti sono attività perfettamente legittime. Se, ovviamente, possiedo tre pistole di decenni passati, vengono chiamate armi pesanti e vengo sbattuto in prigione insieme a chiunque mi stia accanto. Ma questa è l’essenza della legge, proteggere i potenti dalla ribellione che proviene dal basso della piramide sociale.

Per quanto riguarda l’accusa di furto, la rivolgo a qualsiasi banca la cui natura, e unico scopo, sono l’accumulo di ricchezza e l’ampliamento delle disuguaglianze sociali. Il furto è la creazione di una banca, quello che ho fatto è ridistribuire la ricchezza.

E infine, sono di nuovo accusato di rapina da un poliziotto che, per la sua professione, sequestra le persone, le tortura e le conduce in catene nelle prigioni dello stato, dove intere vite vengono distrutte. Per coloro che sono accusati di non venire a patti con il vasto mattatoio in cui gli stati hanno trasformato la terra, di cercare modi di vivere al di fuori della condizione di prigionia generalizzata, ci sono momenti di lotta come questo che restituiscono la colpa ai loro persecutori e infrangono l’immagine proiettata della realtà invertita che è stata imposta come unica verità.

Giannis Michailidis, 30 Giugno 2021

Fonte: anarquia.info e ragnarok.squat.gr

Traduzione: infernourbano