Controllati, puniti, “premiati”. Sul lasciapassare e il mondo che ci prepara

Volantino distribuito alla manifestazione contro il “green pass” del 9 ottobre a Trento. Anche lo striscione della foto si riferisce alla stessa occasione.

CONTROLLATI, PUNITI, “PREMIATI”

Sul lasciapassare e il mondo che ci prepara

Se pochi mesi fa guardavamo con inquietudine alla realtà cinese – dove era rapidamente diventato di fatto impossibile circolare senza mostrare continuamente, smartphone alla mano, di essere “puliti”, sulla base del tracciamento dei propri spostamenti e dei possibili contatti con positivi – adesso stiamo per trovarci quella realtà materializzata di fronte. Il green pass è un dispositivo che lungi dall’essere costitutivamente legato alla fase di emergenza – già ormai permanente – sanitaria, è qui per restare, al di là delle forme specifiche che potrà assumere: una volta introdotto uno strumento in grado di tracciare in maniera puntuale, centralizzata e automatizzata tutti gli spostamenti e le attività di tutta la popolazione, e che consente di modulare in tempo reale e in modo potenzialmente individualizzato la libertà di movimento e di accesso a una serie di attività e di servizi sulla base, di fatto, dell’adesione alle ingiunzioni delle autorità, è ingenuo pensare che possa essere riposto con la fine dello stato di pandemia (ammesso che una fine ci sarà) – anche perché non sarà giustificato solo in chiave di controllo e discriminazione, ma anche di ottimizzazione dei servizi grazie all’analisi dei dati che permette di raccogliere.

Il modello verso il quale si tende è evidentemente quello del cosiddetto “credito sociale” cinese, in corso di perfezionamento (c’è una certa assonanza fra le parole del manager cinese secondo il quale il credito sociale “farà in modo che le persone cattive non abbiano socialmente alcun posto dove andare”, e l’intenzione del governatore PD della Toscana di bandire i non vaccinati da tutti i luoghi pubblici). In Cina, grazie all’integrazione e all’analisi algoritmica di tutte le informazioni raccolte da istituzioni, banche, social, telecamere intelligenti ecc. (dal livello di istruzione alle amicizie che si hanno, dalla puntualità nel pagamento delle rate al tipo di acquisti che si fanno – e non si parla solo del rispetto delle leggi, ma anche di una più ampia “morale sociale”), viene assegnato ad ogni cittadino e continuamente aggiornato un punteggio di affidabilità sulla base del quale si viene “premiati” o esclusi da una serie di servizi (automaticamente e in tempo reale, senza passare per procedimenti penali o amministrativi: come con la x rossa per i non vaccinati…). È un meccanismo già all’opera anche nel mondo occidentale, dove banche e datori di lavoro si affidano a strumenti di analisi dei comportamenti online per decidere se concedere un prestito o assumere un candidato – e le assicurazioni sanitarie possono contare sui sensori indossabili e in prospettiva ingeribili della telemedicina per controllare a distanza il rispetto degli stili di vita prescritti e penalizzare i comportamenti individuali non conformi (si pensi alle proposte di far pagare le cure a chi non si vaccina). Ogni passo avanti della digitalizzazione in qualsiasi settore, dall’identità digitale alla “lotta al contante” in chiave antievasione, è chiaramente un passo avanti in questa direzione.

Più docili verso le esigenze del profitto, sempre più assimilati alle macchine. Non solo più poveri, dunque, ma anche più disumani. Questo è il “programma”. Sta a noi, la variante umana, sabotarlo.

Collettivo salute e libertà

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