Saluti da Melbourne

Saluti da Melbourne

Immaginiamo che alcuni “scappati di casa”, via via più numerosi, avvisino allarmati gli abitanti del villaggio che l’alveo del fiume si sta pericolosamente gonfiando, ormai prossimo a straripare e a inondare abitazioni e raccolti; immaginiamo che gli “esperti” del villaggio rassicurino la popolazione con costanti comunicati sul fatto che le fortificazioni degli argini sono quanto di più prodigioso la scienza delle costruzioni abbia realizzato, e si lancino in una martellante propaganda su quanto inesperti, confusi, manipolati e politicamente ambigui siano i lanciatori d’allerta. Immaginiamo che quelli che si credono i più critici, dall’alto delle tante lotte condotte in passato nel villaggio, invece di andare a verificare di persona lo stato delle acque – ben conoscendo la collusione storica degli “esperti” con i padroni del villaggio – si perdano in interminabili dibattiti sulle idee, sulla composizione sociale, sugli interessi immediati, sul linguaggio dei lanciatori d’allerta…

Di fronte al programma tecnocratico di subordinare l’esistenza sociale all’esibizione di un codice digitale, decine di migliaia di “scappati di casa” lanciano preoccupati l’allarme: il fiume della sorveglianza generalizzata sta straripando. I padroni, con l’appoggio dei loro valletti politici e sindacali, perimetrano la protesta in corso apponendo ovunque cartelli con la scritta: «Persone responsabili non avvicinatevi». Parlare di chi protesta e mai dell’alveo del fiume non diventa allora il più sconsiderato degli alibi? Se poi alcuni “critici” si spingono ad invocare la repressione dei protestatari in nome dell’antifascismo, pronti a farsi truppa di rinforzo del “fascismo” tecnocratico e della sua polizia, l’imbecillità sconfina nell’infamia.

La sommossa dei lavoratori edili contro la serrata dei cantieri – realizzata dal governo laburista dello Stato di Vittoria per imporre l’obbligo vaccinale – ha portato nelle strade di Melbourne, a partire dal 19 settembre, una rabbia di classe di fronte alla quale molti alibi vanno in frantumi… Altro che “questioni da classe media per distrarre i proletari”! Non è certo il fantasma dell’interclassismo pacifico e democratico quello che ha preso a cazzotti la polizia australiana, bloccato l’autostrada e assaltato la sede del sindacato degli edili per la sua complicità con il governo. La classe dominante, con tutti i suoi media, ha giocato la carta del “pericolo fascista” per isolare i manifestanti brutti, sporchi e cattivi. Ma anche questo non è bastato. Dopo tre giorni di manifestazioni e scontri, il capo della polizia ha chiesto e ottenuto che il cielo sopra Melbourne diventasse una “no fly zone” per le riprese televisive dall’alto: un esempio particolarmente lampante di come il linguaggio bellico che ha caratterizzato fin da subito l’Emergenza abbia delle ricadute di militarizzazione sociale ben concrete. Una cronaca ragionata e una selezione di materiali video sul riot di Melbourne (opportunamente còlto insieme a ciò che sta accadendo al confine tra Messico e Texas) le potete trovare qui: https://noinonabbiamopatria.blog/2021/09/24/i-confini-armati-e-la-pandemia-sotto-la-pressione-degli-immigrati-e-della-lotta-operaia/

La maggior parte delle persone intervistate durante le manifestazioni in Francia parla poco di vaccini e molto di come il lasciapassare “sanitario” sia una tappa verso il sistema cinese del “credito sociale”. Lì porta, al di là dei travestimenti ideologici fintamente contrapposti, il fiume in piena della tecnocrazia. Le immagini di Melbourne aggiungono, per chi non ha mandato in lockdown il proprio spirito critico, il nodo più difficile da sciogliere di fronte all’attacco del “capitale totale”: la relazione tra classismo e umanesimo. La valorizzazione capitalistica, avendo colonizzato l’intero spazio geografico e sociale, entra direttamente nei corpi e ingegnerizza gli stessi cicli vitali della natura e della specie umana. Ma questa posta in gioco universale – la vita contro la merce, l’organico contro il dominio dell’inorganico, l’essere umano contro la macchina – è illuminata con forza solo quando comincia a giocare la classe sfruttata; quest’ultima, tuttavia, presa nella morsa della resistenza immediata sul terreno salariale, non può parlare direttamente come umanità. Da questo punto di vista, contrapporre i cortei a sostegno dei lavoratori della Gkn alle piazze “reazionarie” contro il “green pass” è particolarmente sciocco. I primi non sono meno contraddittori delle seconde, ma solo portatori di contraddizioni diverse. Facciamo un esempio: se la produzione alla Gkn riprendesse per fabbricare auto a guida autonoma, questa sarebbe senz’altro una vittoria degli operai in quanto operai. In quanto umani, invece, essi subirebbero le conseguenze di quel lavoro – loro e noi tutti con loro – sotto forma di città disseminate di sensori, di 5G, di Internet delle cose, di sorveglianza digitale generalizzata, cioè di quell’equipaggiamento infrastrutturale di cui il prodotto “auto a guida autonoma” ha necessariamente bisogno per essere venduto. Vittoria del salariato, sconfitta dell’umano.

Ad essere in contraddizione nelle piazze “no green pass” sono questi e quegli interessi immediati di classe, ma il ritiro del lasciapassare “sanitario” sarebbe una vittoria per tutti noi, in quanto salariati sottoposti a un odioso ricatto e in quanto umani ancora più catturati dal capitale totale e dalla sua “tecnosfera”.

Per il momento le piazze contro l’obbligo vaccinale e contro il lasciapassare oscurano con la loro composizione – e con tanti dei loro discorsi – quella posta in gioco che pur sono le sole a illuminare di luce sporca: la digitalizzazione della società.

Intanto, da Melbourne la variante umana (e di classe!) ci manda un bel messaggio nella bottiglia.

 

Nello striscione dell’immagine c’è scritto:

“Non si tratta di un virus ma di controllo totale del governo… fermiamolo ora!”