Solidarietà a Natascia da Trieste e Udine
Venerdì 2 luglio, a Udine, volantinaggio in solidarietà con Natascia in sciopero della fame, con tutte le compagne e i compagni incarcerate/i e con le detenute e i detenuti di S.Maria Capua Vetere, fuori da due tavole rotonde organizzate nell’ambito del festival Vicino/Lontano tra cui questa: “E se accorciassimo le distanze tra il dentro e il fuori? Riflessioni sull’esecuzione penale”. Una piccola azione di controinformazione e di stimolo delle coscienze. Mentre a Trieste lunedì 28 giugno sono comparsi su diversi ponti degli striscioni in solidarietà con Natascia ed i compagni e compagne accusati di “strage”.
Testo distribuito:
SOLIDARIETA’ CON NATASCIA PRIGIONIERA ANARCHICA IN SCIOPERO DELLA FAME E CON TUTTE LE PRIGIONIERE E I PRIGIONIERI ANARCHICHE/I E RIVOLUZIUONARIE/I!
“Lucidamente consapevole della strategia punitiva che sta ponendo in essere il DAP nei miei confronti, e contemporaneamente offuscata di rabbia e disgusto, ho deciso che, se non ho mezzi per interpormi concretamente alle loro logiche vendicative, ho perlomeno la possibilità di non lasciarglielo fare con la mia collaborazione. Alla notizia del mio ritorno a S. Maria, alle h. 18.00 del 16.06.21, ho immediatamente comunicato l’inizio di uno sciopero della fame a tempo indeterminato. So che queste decisioni non competono alla direzione del carcere, ma io in questo posto di merda non intendo più mangiare un boccone”.
Con queste parole Natascia, prigioniera anarchica, è entrata in sciopero della fame il 16 giugno per opporsi al trasferimento nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
Dal momento del suo arresto nel maggio 2019 ha sopportato diversi trasferimenti punitivi, l’impossibilità di comunicare in maniera adeguata con il proprio legale per riuscire a costruire una difesa processuale, processi in videoconferenza (che già di per sé costituiscono una limitazione del diritto di difesa), oltre ad aver subito censura e trattenimenti arbitrari della corrispondenza, strette sui colloqui, sull’ora d’aria, sulla musica, sui libri. Dal giorno del suo arresto, Natascia non ha mai subito passivamente tutte queste angherie. E’ chiara la volontà di giudici e carcerieri di allontanarla e isolarla dalla solidarietà di chi la sostiene da fuori e di stremare la sua forza e determinazione.
Natascia si trova in carcere da oltre due anni, inquisita nell’ambito dell’Operazione repressiva Prometeo, accusata assieme ad altri due compagni, Beppe (anche lui imprigionato da oltre due anni) e Robert, dell’invio di buste esplosive all’ex direttore del DAP, Santi Consolo, e a due pm torinesi particolarmente dediti all’accanimento giudiziario nei confronti di compagne e compagni, Rinaudo e Sparagna.
Quest’ultimo trasferimento assume una valenza ancor più vendicativa poiché è avvenuto in prossimità dell’inizio del processo.
“Dal giorno in cui mi hanno trasferita qui, 3 mesi fa, non ho più potuto comunicare decentemente con il mio avvocato: i colloqui sono stati riaperti, quindi niente video chiamate né chiamate su richiesta del legale, le telefonate sono 1 mensile di 10 minuti, anche per gli imputati e anche per chi sta a 1.000 chilometri dalla sede del processo o da casa. Se è in vena, il direttore può concederne una seconda straordinaria nel corso dello stesso mese, ma ovviamente, in quanto concessione, non ha nessun obbligo di farlo, e in ogni caso è fuori discussione superare le due mensili. 20 minuti al mese, in una stanzetta soffocante, e nell’orario e giorno prestabiliti, augurandosi che il tuo difensore quel giorno sia in studio. 20 minuti al mese, da un mese e mezzo prima che iniziasse il processo, sino ad oggi, che il dibattimento è sostanzialmente giunto al termine. Ci restano 2 udienze, prima della requisitoria, 2 udienze in cui si sarebbe dovuto ragionare di dichiarazioni spontanee, esame e controesame, ma a quanto pare mi toccherà ragionare in solitaria. A pensar male, sembra quasi che si faccia di tutto per impedire una difesa “dignitosa”… anzi: una difesa qualunque… Dei 20 giorni trascorsi a Vigevano, 15 li ho trascorsi in isolamento sanitario ed 1 in udienza, altri due a fare i bagagli tra andata e ritorno… insomma, nemmeno questa è stata un’occasione per parlare con l’avvocato, visto che gli isolati non possono ricevere visite. Inutile aggiungere che ora sono di nuovo in quarantena…”
L’allontanamento territoriale di Natascia dal suo contesto di vita ha una chiara connotazione punitiva, oltre che per le limitazioni che impone, anche per il carcere a cui è stata destinata. Le condizioni di detenzione a SMCV sono sempre state durissime e ne è solo un esempio l’assenza, da sempre, di acqua potabile per il mancato allaccio idrico.
Il carcere di S. Maria Capua Vetere è quello noto alle cronache per i brutali pestaggi e per le torture subite e testimoniate da diversi prigionieri e che ebbero luogo nell’aprile del 2020, la cosiddetta “mattanza della Settimana Santa”: il giorno dopo le proteste contro le inesistenti misure di prevenzione per il contagio da Covid 19, oltre 300 poliziotti penitenziari in assetto antisommossa e a volto coperto hanno dato vita ad una spedizione punitiva. I detenuti sono stati fatti uscire dalle celle, spogliati e picchiati selvaggiamente fino a procurargli gravi lesioni, trauma cranici, denti e ossa rotte.
Guardate qua il video
L’intenzione di questa azione a detta dell’amministrazione carceraria e del provveditore delle carceri della Campania, mandanti dei massicci pestaggi, era di impartire una lezione a chi aveva osato ribellarsi. A distanza di oltre un anno, sono state notificate a 52 secondini misure cautelari tra arresti in carcere e domiciliari.
A FIANCO DI NATASCIA E DI TUTTE E TUTTI LE/I DETENUTE/I DI SANTA MARIA CAPUA VETERE E CON TUTTE LE PRIGIONIERE E I PRIGIONIERI IN LOTTA!
LIBERE TUTTI! LIBERI TUTTE!
Sull’operazione repressiva Prometeo
All’alba del 21 maggio 2019 i ROS di Torino hanno dato il LA alla fantomatica Operazione Prometeo irrompendo nelle nostre vite e sequestrandoci nelle patrie galere, accusati di attentato con finalità di terrorismo.
Quasi tre anni di indagine se vogliamo includere i dieci mesi post arresti in cui hanno continuato a raccogliere materiale probatorio, accorpando anche intercettazioni ambientali estrapolate dai colloqui in carcere coi famigliari. TRE anni di pedinamenti e di spionaggio delle nostre vite, delle nostre relazioni amicali e affettive. TRE anni impiegati a consolidare il costrutto di una nostra personalità mostrificata da portare in sede processuale per giustificare un impianto accusatorio retto su ben poche prove inerenti al fatto specifico, ovvero l’accusa di spedizione di buste esplosive all’allora direttore del DAP Santi Consolo, e ai due pubblici ministeri Roberto Sparagna e Antonio Rinaudo.
Leggendo le carte risulta evidente come la mole indescrivibile di materiale raccolto con cui ribadiscono il nostro essere anarchici e anarchiche refrattarie all’ordine costituito superi di gran lunga le presunte prove sull’episodio in sè. Prove che, come già spiegato in altri scritti, ammonterebbero a un paio di riprese sgranate in cui si ipotizza l’acquisto di alcuni materiali senza che sia possibile in alcun modo provarne l’acquisto, e un paio di intercettazioni fra le tante che gli inquirenti reputano indicative di un presunto coinvolgimento senza considerare che si tratta di dialoghi completamente decontestualizzati e abilmente ricostruiti con quel po di malizia e astuzia con cui ormai da decenni imbastiscono inchieste del genere. Un’accozzaglia di elementi un po’ buffa diciamo, su cui ci si potrebbe quasi ridere sopra, se non fosse che due di noi continuano a rimanere rinchiusi e che la posta in gioco è di anni 20-30 di reclusione, se il capo di imputazione dovesse mai reggere a processo.
Il messaggio più o meno esplicito che abbiamo potuto leggere fra le righe delle varie sentenze di rigetto alle richieste di scarcerazione è questo qua: se non è possibile affermare con certezza chi siano i responsabili, il fatto che siano anarchici e che non abbiano mai fatto mistero della loro simpatia nei confronti di determinate pratiche basta e avanza per vincolarli al fatto specifico.
In questo procedimento andrebbero prese in considerazione quelle che sono le parti offese. Il capo dei capi della polizia penitenziaria, e due magistrati del tribunale di Torino. Tre uomini di Stato insomma, che ne rappresentano le veci secondo la sua più becera declinazione punitiva e coatta adottata nei confronti di chi è incapace di stare alle regole del gioco. Entrando nel merito di questi personaggi e delle nefandezze di cui si sono resi responsabili la realtà dei fatti parla chiaro.
Tanto per citarne qualcuna, il DAP è responsabile di rendere le galere dei luoghi di tortura, basti ricordare i 14 prigionieri morti durante le rivolte di marzo o la carneficina dello scorso 6 aprile nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. La normalità di questi luoghi rivela decine di suicidi annuali, botte e accanimenti contro i singoli detenuti che decidono di conquistarsi condizioni più “dignitose”.
Antonio Rinaudo invece è stato negli ultimi anni impegnato nella feroce repressione della lotta contro il TAV, contro gli sfratti, contro i CPR e contro la gentrificazione del quartiere Aurora di Torino.
Roberto Sparagna risulta ben noto alle cronache per essere l’artefice del maxi processo Scripta Manent con cui vorrebbero seppellire sotto decine di anni di galera compagni e compagne ritenuti responsabili di una sfilza di azioni dirette che hanno reso tormentosi i sonni dei padroni negli ultimi 20 anni. E’ a partire dalla condanna in primo grado che sono in seguito sortite altre operazioni repressive, come Prometeo o come la recente Bialystock che appaiono quasi come dei prolungamenti di Scripta Manent per provare a stroncare chiunque abbia azzardato essere complice della “Champions League” dell’anarchia, come l’ha definita Sparagna riferendosi agli imputati del maxi processo. Insomma, per loro esistono dei cattivi che si spingono oltre il limite dell’accettabilità democratica, e se qualcuno osa essere solidale con i cattivi va represso a sua volta. Che sia da monito per tutti e tutte. Considerando l’essenza e il calibro delle parti offese è ancora più palese il messaggio inquisitorio: la risposta va data, qualcuno va per forza punito indipendentemente da un suo coinvolgimento provato nel fatto specifico che addirittura assume quasi meno rilevanza rispetto al contorno. E visto che sono anarchici solidali con i cattivi si prestano a pennello per una punizione esemplare.
Non c’era bisogno di uno spionaggio ossessivo e maniacale delle nostre esistenze durato tre anni per ricavare la morale della favola da portare a processo, ovvero che questo mondo così com’è ci fa schifo e che non intendiamo vivere un’esistenza a testa china. Non ne abbiamo mai fatto mistero.
Anche a questo giro si riesuma la ben nota impostazione repressiva per cui quando avviene un attacco contro i tentacoli statali si inquisisce chi difende pubblicamente determinate pratiche e chi solidarizza con chi ne è accusato. In un momento storico come quello odierno, in cui ben oltre 300 compagni e compagne si trovano sotto processo, è ancora più importante sottolineare che non esistono anarchici buoni e anarchici cattivi, che non cadiamo nel tranello delle loro divisioni strumentali, e che siamo solidali con chiunque abbia a cuore la lotta contro lo Stato. Che l’accusa di strage adoperata contro Alfredo e contro Juan accusato di un attacco contro la sede della Lega ci ripugna, e che è lo Stato lo stragista per eccellenza con la sua democrazia imposta a suon di bombe sganciate e chiavistelli, di filo spinato e di frontiere, di nucleare e di inquinamento elettromagnetico, di lavoro salariato, di terrorismo mediatico, di coprifuoco e indifferenza. E soprattutto ribadiamo che è lo Stato a colpire in maniera indiscriminata, nel mucchio…”
assemblea permanente contro il carcere e la repressione Udine Trieste
Udine 2 giugno 2021