Sì, lo Stato siete voi
Sì, lo Stato siete voi
Cosa aggiungere sul feroce e sistematico pestaggio dei prigionieri attuato da un centinaio di agenti penitenziari nel carcere di Santa Maria Capua Vetere? Cosa dire che le immagine ampiamente diffuse non urlino da sole?
Le frasi pronunciate o scritte dagli agenti esplicitano senza veli la funzione di quel pestaggio. Prima dell’operazione: “li abbattiamo come vitelli” e “domate il bestiame”; a operazione completata: “quattro ore di inferno per loro”, “non si è salvato nessuno”.
Ma la verità più completa è racchiusa in queste parole gridate dai secondini: “Lo Stato siamo noi!”.
Sì, avete dato una dimostrazione plateale – proprio perché il terrore sarebbe dovuto rimanere nascosto tra quelle mura – di che cos’è lo Stato. E di quale abominio etico possono raggiungere i suoi servitori nell’eseguire gli ordini ricevuti. Perché questo hanno fatto, quei signori in divisa. L’ordine del provveditore (con il beneplacito della direttrice del carcere), l’ordine del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, l’ordine del Ministero. Un ordine eseguìto con altrettanta brutalità in tutte le operazioni condotte dalle guardie nei giorni e nelle settimane successivi alle rivolte e alle proteste di marzo 2020. Un ordine impartito da una precisa catena di comando. A sparare contro i detenuti di Modena, infatti, c’erano anche i carabinieri, a ulteriore conferma del coinvolgimento di tutti i corpi dello Stato.
Perché la magistratura – tanto zelante nell’archiviare l’inchiesta sui nove prigionieri morti a Modena quanto solerte nel rinviare a processo centinaia di detenuti in varie parti d’Italia per le rivolte di quel marzo – stia “sacrificando” i 52 agenti campani; perché il locale nucleo dei Carabinieri – i cui colleghi di Modena hanno sparato ad altezza d’uomo contro i prigionieri – abbia sequestrato i filmati dei pestaggi; perché i media li abbiano diffusi, non ci è dato sapere. E non ci interessa molto. Certo non è un caso che nel frattempo sia cambiato il ministro della Giustizia. Le chiacchiere sulla Costituzione violata, sulle inaccettabili violenze che macchierebbero quelle onorevoli divise non avrebbe potuto pronunciarle il ministro in carica durante la strage di marzo 2020 – e durante i pestaggi avvenuti in decine di carceri. Ammettere una piccola parte di quelle manganellate, e scaricare qualcuno dei loro responsabili, serve forse a rifarsi il trucco. Tanto il messaggio ai carcerati è arrivato. E i processi contro i rivoltosi sono lì a rinnovarlo.
Ma per dare a quei rivoltosi tutta la solidarietà che meritano e di cui hanno bisogno. Per non farci scandalizzare da scandali che durano una settimana. Per alimentare in noi stessi l’umano e insopprimibile desiderio di vendetta – secondo un proverbio arabo, la vendetta non ripara l’ingiustizia, ma impedisce che altre vengano compiute –, non bisogna guardare solo gli ultimi, infami anelli della catena. Bisogna riconoscere la verità di quell’affermazione: “lo Stato siamo noi”.
La morale di questa storia ci riguarda da vicino. Cosa accadeva alle nostre vite – qui fuori, nel “mondo libero” – mentre andava in scena la violenza dei secondini a Santa Maria Capua Vetere?
Il carcere è un’istituzione totale in cui non si può fare ciò che non è espressamente vietato, ma solo quello che è espressamente consentito. Nel luogo in cui abbandona la finzione dell’ideologia liberale, il Diritto realizza la sua pretesa totalitaria: catturare tutte le espressioni della vita, decidere la liceità o l’illiceità di ogni gesto.
Cos’hanno avuto e cos’hanno di particolare i Decreti emanati in nome dell’emergenza Covid-19 rispetto alle innumerevoli leggi liberticide che hanno costellato la storia di questo Paese? Non solo e non tanto l’estensione di massa delle restrizioni, ma proprio il fatto che questi Decreti definivano e in parte ancora definiscono come consentito soltanto ciò che è espressamente permesso. Mentre la logica e l’ombra del carcere si estendevano all’intera società, i prigionieri sono stati tra i pochi a ribellarsi con forza e coraggio. Per questo, se nella società ci sono stati controlli, multe e qualche manganellata, in carcere sono stati organizzati i pestaggi. Lo Stato che indossa camice bianco e mascherina per “proteggerci” è lo stesso che indossa caschi e divise per pestarci. Non c’è alcun Diritto che impedisca il passaggio da un programma all’altro. Esiste soltanto una dinamica di forze che se ne infischia dei cosiddetti princìpi sanciti nei codici.
Riguardiamo i filmati del pestaggio di Santa Maria Capua Vetere. Invece degli inutili, fuorvianti o abietti commenti di politici e giornalisti, lasciamo risuonare dentro di noi queste parole estreme, scritte nel 1980 da due storici non particolarmente estremisti:
«Entro certi limiti fissati da considerazioni di carattere politico o militare, lo Stato moderno può fare qualsiasi cosa voglia di coloro che sono sottoposti al suo controllo. Non esiste nessun limite etico-morale che lo Stato non possa trascendere se desidera farlo, perché non esiste alcun potere etico-morale al di sopra dello Stato. Sul piano dell’etica e della moralità la situazione dell’individuo nello Stato moderno è, in linea di principio, grosso modo equivalente a quella degli internati ad Auschwitz» (George M. Krent, Leon Rappoport, The Holocaust and the Crisis of Human Behavior).