Le morti invisibili delle persone immigrate in Italia

Tratto da hurriya.noblogs.org

Le morti invisibili delle persone immigrate in Italia

Le morti e le violenze sistematiche subite dalle persone immigrate in Italia spesso rimangono ignote. Un esempio emblematico è quanto successo negli ultimi giorni.

Il 25 aprile 2021 i media senegalesi  diffondono la notizia della morte di Mame Dikone Samb, avvenuta in Italia. Secondo quanto riportato da questi articoli, pubblicati a caratteri cubitali sulle prime pagine dei quotidiani locali, Mame Dikone Samb, 56 anni, nata a Ngor in Senegal e residente da diversi anni in Italia con i suoi figli a Castelli Calepio in provincia di Bergamo, sarebbe morta in seguito all’intervento dei Carabinieri, dopo un diverbio avvenuto negli uffici di una banca di Grumello del Monte (BG).

Dopo il fermo delle forze dell’ordine, che avrebbero utilizzato una pistola taser, la donna sarebbe stata portata in caserma e in seguito sarebbe stata vittima di un infarto che ne avrebbe causato la morte. Questa notizia è cominciata a circolare il  27 aprile sui social della comunità francofona anche in Italia, senza che sui media italiani ce ne fosse traccia. La prima notizia in italiano è stata pubblicata dal sito bufale.net, che si affrettava a rilevare alcune incongruità dei resoconti pubblicati in Senegal, stranamente però dedicandosi a smontare una presunta bufala che non avuto ancora alcuna diffusione sui media italiani. Solo il 28 aprile è arrivata, da fonti italiane, la conferma di questa morte, attraverso un articolo di Africa Rivista che cita le dichiarazioni dei Carabinieri di Grumello del Monte: Mame Dikone Samb è effettivamente deceduta il 16 aprile 2021 nell’ospedale di Alzano Lombardo (per una “tromboembolia polmonare bilaterale”), dove era stata condotta dopo che i Carabinieri l’avevano fermata il 14 aprile nella banca, portata in caserma e chiamato il 118 per un trattamento sanitario obbligatorio (TSO).

L’articolo aggiunge che “La versione contrasta con quanto apparso sulla stampa senegalese, dove si parla di infarto provocato dall’uso di un taser. Il giornalista senegalese che ha ricostruito la vicenda, Sakho Malick, ha detto a Africa che vari testimoni avrebbero assistito alla scena. La famiglia della donna, che ha deciso di non parlare con la stampa, ha comunque nominato un avvocato per fare chiarezza. Dal legale abbiamo avuto conferma che è stata disposta un’autopsia che sarà effettuata presso l’Ospedale San Gerardo di Monza. Lamine Diouf,  console generale del Senegal in Italia sta seguendo da vicino gli sviluppi.”

Quello che possiamo dire è che per più di due settimane nessuno in Italia si è degnato di parlare di questa morte, che testimoni e parenti della vittima non sono stati mai ascoltati e al contrario come al solito sono stati delegittimati. Che la notizia è girata solo grazie alle proteste dei familiari e ai media senegalesi, che i primi articoli in Italia si sono concentrati sul negare o minimizzare quanto successo, che ancora una volta un tragico evento avvenuto in un contesto poco chiaro e che vede coinvolte le forze dell’ordine viene silenziato e oscurato.

Che non è la prima volta che i trattamenti sanitari obbligatori vengono usati come strumenti di repressione contro chi protesta. Che i provvedimenti per consentire l’uso dei taser in Italia continuano ad essere deliberati, e ancora non è affatto chiaro dove e quanto queste armi vengano utilizzate.

E tutto ciò va inserito nel contesto di quanto avviene quotidianamente in Italia e vede purtroppo coinvolte le persone immigrate. Nell’ultima settimana: l’ennesima strage in mare di almeno 132 persone dirette in Italia lasciate annegare deliberatamente per mancanza di soccorsi al largo della Libia, la morte del 26enne tunisino Fares Shgater, dopo un inseguimento di polizia durante il coprifuoco a Livorno, le fucilate in strada contro tre braccianti a San Severo in provincia di Foggia, con una persona che ha perso un occhio, l’ennesimo incendio nel ghetto dei braccianti di Borgo Mezzanone, la morte di 4 braccianti a Ragusa in uno dei frequenti incidenti stradali di cui sono vittime i lavoratori delle campagne.

Sono le logiche conseguenze della sistematica violenza di un apparato di leggi e procedure istituzionali razziste, che si cerca di nascondere e mistificare facendole passare per sfortunate tragedie, e cancellando le lotte delle persone immigrate che da tempo si oppongono a tutto questo, rivendicando libertà di movimento, documenti, case, contratti, trasporti e la fine dell’apartheid e del razzismo di stato.