Intervento di G. Dimitrakis all’evento del Fondo di solidarietà per prigionieri e combattenti
Intervento di G. Dimitrakis all’evento del Fondo di solidarietà per prigionieri e combattenti perseguitati del 30/10/2020 nella facoltà di Nomiki ad Atene.
Buonasera compagni, vi mando i miei saluti complici dall’ala D2 del carcere di Domokou, che purtroppo confina con il raggio in cui sono detenuti i 27 fascisti di Alba Dorata, ed è separata da essa da un alto muro di cemento e filo spinato, escluso qualsiasi tipo contatto, anche visivo, ma non acustico. Volevo ringraziare ancora una volta una delle strutture di solidarietà più longeve – nei tempi moderni – come quella del Fondo di solidarietà per i prigionieri e i combattenti perseguitati, per avermi invitato all’evento di oggi.
Complimenti a chi ha – negli anni – tenuto a galla questa struttura, e soprattutto oggi in condizioni molto avverse, sia per la pandemia che per i divieti entrati in vigore così come per la situazione politica negativa causata dai ripetuti attacchi del regime al movimento anarchico. In un contesto soffocante di crisi economica che si approfondisce ancora di più a causa della pandemia e delle scelte dello Stato esercitate per la sua gestione, acquista ancora più importanza il sostegno morale, materiale-finanziario dei compagni detenuti, in quanto prigionieri della borghesia. Le pseudo-democrazie si trovano in una posizione particolarmente vulnerabile. E ovviamente la solidarietà, qualitativamente intensa, con qualsiasi mezzo ai nostri compagni è un altro punto cruciale per evidenziare il carattere politico, la memoria e la coerenza di un movimento. È incoraggiante che, nonostante i numerosi arresti che abbiamo avuto in questo anno di governo di Nea Democratia, le richieste finanziarie di garanzie, avvocati, spese giudiziarie e bisogni fondamentali dei compagni accusati siano stati coperti dall’assistenza finanziaria / sostegno del movimento. In un mondo costantemente spinto verso l’individualismo, il silenzio, il compromesso e la rassegnazione, non trovo nulla di più prezioso della mobilitazione politica nella lotta contro questa distopia autoritaria e capitalista, e della solidarietà che unisce e mantiene vivi i valori umani e le caratteristiche delle persone che le danno significato. In effetti, il sentimento di solidarietà può essere – molto di più – la matrice della mobilitazione politica – piuttosto che il contrario – e questo lo rende un ideale umano inestimabile ma anche un’arma di battaglia contro gli eserciti dei potenti.
Innalziamo questo ideale e sviluppiamolo ancora di più, ora che il tempo e le difficoltà che porta con sé chiamano alla mobilitazione, alla concentrazione delle forze del movimento per far fronte all’attacco incessante e violento che subiamo. Non c’è altra soluzione.
È vero che sull’orizzonte sociale le nuvole si infittiscono, i segnali incupiscono il futuro degli oppressi. Ogni giorno, una terribile guerra di comunicazione viene scatenata in modo coordinato dai media statali e privati, che cercano di abbellire la fiamma neoliberista e velenosa dello sviluppo, cioè della vendita di tutto a qualsiasi costo. Una terrificante attività di lavaggio del cervello che con ridicole bufale (vedi la propaganda intorno al progetto de “La Grande Marcia”; illuminazione della roccia dell’Acropoli; bulldozer ovunque; notizie dell’arrivo di grandi investitori-predatori come Microsoft o altri per l’acquisizione di porti e altre infrastrutture pubbliche) sta cercando di preparare il paese alla nuova grande era della modernizzazione e del capitalismo verde. Allo stesso tempo, si sta sviluppando il piano di ND della dottrina “della legge e dell’ordine”, e la sua attuazione si rivolge contro chiunque sfidi la giunta neoliberista. I lavoratori, i disoccupati, gli studenti, i manifestanti, i giovani, i medici, gli infermieri e tutte le fasce sociali in difficoltà che hanno scelto la via della lotta hanno già sentito il pugno di ferro della repressione. E naturalmente il controllo e l’indebolimento dello spazio di lotta anarchico è tornato ad essere una priorità assoluta, poiché lo sviluppo del potere capitalista e statale richiede la formazione di un ambiente adatto con la caratteristica principale della “sicurezza”. Tutti i fattori che possono ostacolarlo devono essere ridotti. Quindi denervazione di qualsiasi fonte di resistenza. Per quanto riguarda il “movimento” ciò viene attuato livellando le possibilità di sciopero e riducendo il diritto di riunione, mentre per il movimento anarchico smantellando le strutture fisiche, sgomberando squat e presidiando giorno e notte Exarchia e naturalmente con arresti, estradizioni, perquisizioni, creando un clima di paura e terrorismo.
Lo Stato è quindi dotato legalmente, materialmente, tecnologicamente e di risorse umane. E sembra onnipotente. Ma d’altra parte, sto ascoltando un battito cardiaco che sta ancora combattendo alla luce del giorno o nell’oscurità della notte, e sono queste forze che continuano la guerra sociale e di classe, sono i compagni e le compagne che stanno affrontando la rassegnazione, la frustrazione e la futilità che rappresentano l’azione, una disponibilità al conflitto in ogni modo e mezzo, senza sottovalutare che l’obiettivo, l’analisi teorica e quindi il discorso pubblico che sviluppano non devono essere mal posti o vulnerabili ad alcun tipo di critica. Se ci rendiamo conto di noi stessi nella lotta contro lo Stato e il Capitale, allora questa è una fuga da un lenta e tortuosa morte e da una decomposizione che nasconde immobilità, resa e isolamento. Di fronte al comando fatto al singolo di trovare la sua “strada”, solo e alienato dagli altri, la nostra risposta è la solidarietà, è la continuazione della lotta, è la cura dei contatti interpersonali di qualità che si formano sulla base di vicinanza politica e di affinità tra coloro che fortificano la loro coscienza con gli ideali libertari dell’anarchia e del comunismo, così come con coloro che mantengono vive le loro caratteristiche umane.
Compagni, apparteniamo all’avanguardia della società che sta ancora combattendo contro i governanti di questo mondo. E guardando la festa democratico-borghese del processo e della decisione del tribunale nei confronti dei membri di Alba Dorata, mi sono ricordato ancora e ho visto quanti anni luce siamo lontani da questi schifosi, che spesso si sono opposti a noi con intenzioni ostili e omicide. Contro immigrati, lavoratori, sindacalisti, uomini e donne, giovani e contro chi consideravano “diverso”.
Quanta differenza c’è tra i compagni e le compagne che sono stati trascinati in processi con orgoglio dalla giustizia classista borghese, e le terrorizzate marionette di Alba Dorata che si sono accovacciate senza vergognarsi di nessuna ridicola scusa per evitare la possibilità di finite in una (breve) prigionia. Una prigione che i parenti politici di Nuova Democrazia (ND), erano riusciti a mantenere a livelli bassi, costruendo il caso in modo tale che i vermi responsabili da anni – di solito coperti dai poliziotti – di decine e decine di gravi attacchi contro individui, gruppi e collettivi avessero dalla libertà condizionale fino al massimo a 3-4 anni di privazione della libertà.
Ho visto ancora una volta che i fascisti venivano portati al GADA o nei tribunali dall’antiterrorismo e dai reparti speciali (EKAM) al momento dei loro arresti, lasciati a gridare, a spergiurare, a camminare a passo normale, mentre i nostri compagni in processi con accuse simili venivano picchiati con veemenza creando una atmosmera di “guerra”.
Tra sfacciati vermi di estrema destra, seguaci neoliberisti della sottomissione e del saccheggio, della sinistra nel cubismo o nell’ipnosi e vecchi partiti sciolti, ci è rimasta la base sociale della sinistra istituzionale ed extraparlamentare, le uniche che mantengono la morale. Non sottovalutiamo noi stessi, né i nostri punti di forza e soprattutto non abbassiamo i nostri pensieri e sogni. Come dice un eroe in una delle storie del libro, “La grande inclusione sociale”, “pochi sono quelli che resistono alla barbarie”. Abbiamo perso la battaglia, siamo stati sconfitti, dirà qualcuno. “Scelgo di rispondergli che ora inizia la guerra.”
In chiusura, in occasione della morte del combattente e compagno Vangelis Pallis*, vorrei dire alcune parole. Dice la legge storica che cerca nel divenire sociale fluido di rilevare il momento in cui è probabile che scoppino rivolte o rivoluzioni, che quando le condizioni soggettive e oggettive si combinano e maturano allora tali eventi sono fertili e favorevoli. Ovviamente in questa equazione dove queste due condizioni sono necessarie non si esclude che una delle due possa restare indietro rispetto all’altra.
Possono esserci condizioni oggettive ma gli individui, il loro pensiero, la loro volontà non sono al livello in cui possono rispondere al loro tempo, o viceversa ci possono essere individui con la volontà di formare un forte fattore soggettivo ma che inciampano o trovano un ostacolo nelle condizioni oggettive. Può anche accadere che in questa equazione, condizioni oggettive influenzino e accelerino la formazione del fattore soggettivo-necessario o, al contrario, il forte carico di una coscienza collettiva di alcuni individui possa agire da catalizzatore nella maturazione delle condizioni oggettive.
Vangelis Pallis è stato un raro caso di uomo che nella realtà ristretta del carcere era questa parte del fattore soggettivo che poteva con la sua determinazione ed energia formare il giusto equilibrio nell’equazione delle condizioni necessarie la cui somma culmina in esplosioni conflittuali.
Ora, in un momento in cui la condizione dei detenuti, avere il diritto a un congedo regolare, a vivere in condizioni di detenzione umana nelle carceri normali o di tipo C, sembra degradarsi poiché le reazioni dei detenuti – per il momento – non mostrano dinamiche particolari, diventa ancora più intensa la mancanza di figure come quella di Vangelis Pallis. Qualcuno, insomma, che si faccia avanti senza calcolare i rischi e i costi personali, qualcuno che si impegni con le proprie qualità a promuovere la lotta collettiva con chiarezza e generosità.
Qualunque cosa accada, non importa quanti passi si fanno dentro e fuori le mura verso la barbarie, la risposta arriva però da una frase tratta dal libro di un brigatista rosso e membro dei NAP, Pasquale Abatangelo, quando parla dell’inferno che ha vissuto con altri detenuti nelle orribili condizioni di detenzione nella prigione dell’Asinara negli anni ’70 e si ripete: “sopportare, avere pazienza, sopportare, avere pazienza”.
Buona continuazione e buona forza a tutti quanti.
Giannis Dimitrakis, carceri di Domokos, 30/10/2020
*Vangelis Pallis. Rapinatore e prigioniero sociale. Nei suoi numerosi soggiorni nelle carceri greche si è reso protagonista, spesso promotore, di numerose proteste e rivolte carcerarie. È stato assassinato a colpi di pistola in condizioni mai chiarite nel quartiere ateniese di Kallithea il 5 ottobre 2020